Linguistica e sociolinguistica la questione della connotazione

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Linguistica e sociolinguistica la questione della connotazione

“A democrazia e libertà ghe pensi mi” (Berlusconi agli industriali di Monza, 13 ottobre 2009) La questione delle escort (settembre 2009) Il dibattito sul dialetto a scuola (estate 2009) “Fazio aveva seguito il suo sguardo. “È stato mentre mangiava. L’hanno giustiziato con un solo colpo alla nuca.” Montalbano arraggiava quando, alla televisione, scangiavano il verbo ammazzare con giustiziare. E pure con i suoi se la pigliava. Ma questa volta lasciò correre, se Fazio se l’era fatto scappare, significava ch’era restato impressionato da quell’unico colpo alla nuca sparato con freddezza” (A. Camilleri, Sostiene Pessoa, in Gli arancini di Montalbano, Mondadori 1999, p. 66).

Museruola a Donat Cattin (tit Museruola a Donat Cattin (tit.), Il popolo dc vorrebbe giustiziarlo, ma poi lo grazia (s.tit.) (CdS 15.9.1989, cit. da Proietti 1992: 152) Servizio del Tg1 h.20, 6.10.2003 sull’assassinio della missionaria Annalena Tonelli in Somalia: “Un’esecuzione ancora senza un perché” (cit. in Loporcaro, Cattive notizie, Feltrinelli 2005: 136)

“Ho letto la sua istanza…va bene…c’è però quella parola “progioniero”, che rende difficili le cose. Mi dia retta, la cambi, metta ad esempio “detenuto”, così semplifichiamo e risolviamo in fretta” […] Riprendendo l’istanza, il recluso, con un solo sguardo ne rilesse il test. A lui quella parola – prigioniero – non sembrava affatto inappropriata. Intuiva che il consiglio del direttore nascondeva un comando, e che il gioco iniziato trascendeva le apparenze lessicali […]: “quel che cerco di dirle è che per me ogni etichetta si equivale e, quindi, mi chiami come vole ma lasci anche a me la libertà di nominarmi come meglio credo. Le etichette sono parole sue, solo sue, non mie….”[…] – Mi fa specie sentire queste cose. Ma voglio dirle quel che penso: lei oppone resistenza alla parola “detenuto” non perché sia un’”etichetta” ma per continuare in qualche modo ad opporre resistenza alle istituzioni. Lei insiste a presentare le cose come se parlassimo due lingue contrapposte. Questo voler dividere le parole in “mie” e “sue” non aiuta. C’è una sola lingua, creda […] insistendo a definirsi prigioniero lei nuoce soltanto a se stesso. (Renato Curcio, Nicola Valentino, Stefano Petrelli, Nel Bosco di Bistorco, Roma, Sensibili alle foglie, pp. 107-109; cit. in S. Traini, La connotazione, Bompiani 2001, pp. 9-11)

Il problema della connotazione Significatio (logica scolastica) interpretante (Peirce) Sinn (Frege) intensione (Carnap) connotazione (Stuart Mill) contenuto (Hjelmslev) Suppositio (logica scolastica) oggetto (Peirce) Bedeutung (Frege) estensione (Carnap) denotazione (Stuart Mill) Segno/representamen (Peirce) Zeichen (Frege) Espressione (Hjelmslev) Cfr. S. Traini, La connotazione, Bompiani, 2001:24

Nella tradizione logico-filosofica (antipsicologista e referenzialista) la connotazione comprende tutta l’area del significato Nella tradizione linguistica strutturale (antireferenzialista e antipsicologista) è uno degli aspetti del significato. Leonard Bloomfield (Language, 1933) inserisce la nozione di connotazione legandola alle diverse classi sociali, e poi ai significati marginali, gergali, tecnici ecc. i significati connotativi sono ramificazioni semantiche supplementari rispetto a un nucleo di significato più stabile, normativo, standard. Qui la coppia denotazione/connotazione non ha più nulla a che fare con il problema del referente (Hjelmslev). Nella semantica cognitivista (incentrata sulla non autonomia della semantica e sul rapporto tra significato e concetto), il concetto di connotazione tende a essere collocato nel flusso della semiosi,è uno stadio dell’analisi. Qui si tende ad annullare la nozione di connotazione perché non sembra più possibile parlare di significati primi, di grado zero del significato ecc. (Traini, La connotazione, cit. p. 234-235)

Bloomfield, Il linguaggio (1933), tr. it. p. 176: “i termini marinareschi suonano decisi, franchi, strafottenti i termini legali suonano precisi e un po’ capziosi ecc. Le forme gergali sono scherzose e sfacciate” Le varietà di connotazione sono innumerevoli e indefinibili e in definitiva non possono essere distinte dal significato denotativo.

Per Hjelmslev denotazione è la relazione tra piano dell’espressione e piano del contenuto E (R) C = denotazione Connotazione: variazioni della pronuncia, che indicano ad esempio “milanesità”, toscanità” “sicilianità”; Variazioni del lessico, che indicano l’età del parlante, la sua provenienza socio-culturale, uno stile ricercato (/destriero/ vs /cavallo/, /dimora/ vs /casa/, ecc.) > Pluriplanarità

Esempi di connotatori Forme stilistiche (versi, prosa, loro combinazioni) Valori di stile (illustre, volgare, neutro) Diversi mezzi (parola, scrittura, gesto, ecc.) Diversi toni (irritato, gioioso ecc.) Diversi idiomi Vernacoli (lingua comune, lingue speciali, gruppi di professione ecc.) Lingue nazionali Lingue regionali (varianti fonetiche, aferesi, apocopi; strutture sintattiche, lessico) Fisionomie (registri, ecc.) I connotatori appartengono al piano individuale oppure collettivo, alla sostanza e alla forma; e possono trovarsi nei due piani della semiotica: espressione e contenuto; possono essere definiti sensi indiretti

Hjelmslev, I Fondamenti della teoria linguistica (1961), tr. it “È strano che la teoria linguistica fino ad ora non abbia prestato molta attenzione a questa esigenza […]. Per esempio si è ritenuto possibile stabilire, partendo da una vaga base sociologica, il postulato (secondo ogni ragionevole probabilità falso) che l’esistenza di una norma sociale implicasse che una lingua nazionale dovesse essere anche uniforme e specifica nella sua struttura interna e che, d’altra parte, una fisionomia linguistica, in quanto fisionomia, dovesse essere una quantità trascurabile e si potesse considerare senz’altro indiscriminatamente rappresentativa della lingua nazionale […]. Dato un testo non limitato (produttivo) ci sarà sempre “traducibilità” (che qui significa sostituzione della espressione) fra due segni appartenenti ciascuno a una classe di segni, la quale a sua volta è solidale con il rispettivo connotatore. Questo criterio è particolarmente ovvio e facilmente applicabile ai segni di grande estensione che l’analisi testuale incontra nelle prime operazioni: ogni derivato testuale (per esempio un capitolo) si può tradurre da una forma stilistica, da uno stile, da uno stile di un certo valore, da un mezzo, da un tono, da un vernacolo, da una lingua nazionale o regionale, da una fisionomia, in un’altra di tali forme stilistiche, stili, ecc.”

Semiotiche connotative: semiotiche il cui piano dell’espressione è una semiotica (Ed R Cd) R Cc = connotazione Metasemiotiche semiotiche il cui piano del contenuto è una semiotica (es. la linguistica è una semiotica il cui piano del contenuto è un’altra semiotica, il linguaggio verbale)

“Per chiarire non solo le basi della linguistica ma anche le sue conseguenze più remote, la teoria linguistica deve aggiungere allo studio delle semiotiche denotative anche lo studio delle semiotiche connotative e delle metasemiotiche” (Hjelmslev, 1968: 129) La sociolinguistica può essere definita come una metasemiotica della semiotica connotativa: “A questa metasemiotica spetta il compito di analizzare varie materie del contenuto (geografiche e storiche, politiche e sociali, sacrali, psicologiche) legate a nazione (come contenuto della lingua nazionale), regione (come contenuto della lingua regionale), forme di valore degli stili, personalità (come contenuto della fisionomia; compito essenziale della psicologia individuale), stato d’animo ecc. e qui ci vorrà il contributo di molte scienze particolari e in primo luogo, presumibilmente, della sociologia, della etnologia e dellapsicologia.” (ivi: 133)

(Hudson, Sociolinguistica (1996), tr. it. il Mulino 1998) La sociolinguistica si occupa del significato in una prospettiva sociale: uso del linguaggio per stabilire rapporti sociali. Distinzione tra un modo diretto Es.: Ascolta, il capo sono io Sei il mio migliore amico è mia figlia E un modo indiretto Ciao, Betta che c’è? è la persona giusta, vero? La sociolinguistica si occupa dei sensi indiretti come modo per costruire lo spazio sociale. Competenza sociolinguistica: capacità di muoversi in questo spazio, di usare e riconoscere i modi indiretti di comunicare informazione sui rapporti sociali (p.e. distinzione formale/informale). (Hudson, Sociolinguistica (1996), tr. it. il Mulino 1998)

Linguistica e Sociolinguistica Saussure, Cours de linguistique générale (1916) “il segno è sociale per natura” (CLG:26) La Langue “è sociale nella sua essenza e indipendente dall’individuo” (CLG:29)

La lingua è sia istituzione (dimensione sociale) che sistema (dimensione linguistica) Istituzione: insieme di varietà e di registri Sistema: livello semantico, lessico-grammaticale, fonologico

Diverse prospettive di studio del linguaggio Linguistica autonoma: orientata allo studio del linguaggio in quanto sistema linguistico (linguistica interna) Linguistica strumentale: studio del linguaggio teso alla comprensione di qualcos’altro (linguistica esterna)

Linguistica interna Fonologia: studio del sistema delle minime unità distintive di una lingua Morfologia: studio del sistema delle minime unità significative di una lingua Sintassi: studio del sistema di relazioni tra le minime unità significative di una lingua

Semiologia linguistica: studio dei sistemi di valori di significato di una lingua Lessicologia: studio delle relazioni tra le minime forme libere di una lingua Tipologia linguistica: studio dei caratteri tipologici generali costitutivi di una lingua

Linguistica interna Studio del sistema lingua Grammatica Fonologia morfologia sintassi lessicologia semiologia tipologia linguistica linguistica

Linguistica esterna o implicata Studio del variabile Lingua come strumento di comunicazione Lingua e fattori extra-linguistici

Linguistica esterna Fonetica (studio della realizzazione dei fonemi di una lingua) Semantica (studio della realizzazione dei significati nell’attività di significazione) Pragmatica (studio degli usi linguistici: lingua nell’interazione comunicativa)

Linguistica esterna Psicolinguistica (studio del reciproco condizionamento tra lingua e mente) Sociolinguistica e etnolinguistica (studio delle varietà di lingua in rapporto alla struttura e alla interazione sociale) Geolinguistica e dialettologia (studio delle varietà di lingua nello spazio) Linguistica storica (studio della variazione della lingua nel tempo)

Linguistica e Sociolinguistica Modello sociolinguistico Linguistica esterna Competenza comunicativa Oggetto: varietà linguistiche Studio delle funzioni Modello chomskiano Linguistica interna Competenza grammaticale Oggetto: Lingua Studio della forma

Definizione ampia della SL Fishman (1975): la SL “concentra la sua attenzione sull’intera gamma degli argomenti connessi alla organizzazione sociale del comportamento linguistico” Hudson (1980): la SL “è lo studio della lingua in rapporto con la società” Cardona (1988): “ramo della linguistica che si propone lo studio in senso lato dei rapporti tra società e attività linguistica”

Definizione stretta della SL Berruto (1974 e 1995): la SL è lo studio della natura e delle manifestazioni della variabilità linguistica, del rapporto tra lingua e stratificazione sociale, della covarianza tra fatti linguistici e variabili sociali Compito della SL è cercare di determinare chi parla quale varietà di lingua, quando, a proposito di che cosa e con quali interlocutori (Fishman). Perché, come e quando i parlanti parlano in modo diverso. Ma soprattutto gli effetti sociali delle variazioni linguistiche

Diversità linguistica Esterna Diversità delle lingue (Humboldt) (tipologia, linguistica comparata e contrastiva) Interna Varietà di lingua (varietistica, dialettologia, sociolinguistica, stilistica)

Discorso vs parole Il linguista è un curioso delle parole Il sociolinguista è un curioso dei discorsi

Breve storia della sociolinguistica 1952 Comparsa del termine sociolinguistics (ma già all’inizio del Novecento esisteva una Sprachsoziologie, come ricorda Devoto) 1956 M. Cohen, Pour une sociologie du langage 1963 T. De Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita 1964 C. Grassi, Comportamento linguistico e comportamento sociologico, “Archivio glottologico italiano”

1968 Numero speciale della “Rassegna italiana di Sociologia” dedicato alla SL, a cura di P.P.Giglioli. 1973 F. Rossi-Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato 1974 G. Berruto, La Sociolinguistica 1987 R. Cardona, Introduzione alla sociolinguistica 1995 G. Berruto, Fondamenti di sociolinguistica

Sociolinguistica e antropologia Ambiente urbano Metodologia quantitativa e correlazionale Ma dall’inizio degli anni Ottanta evidente progressivo spostamento di accento e di interessi verso una impostazione più qualitativa Società rurali e di piccole dimensioni Metodologia qualitativa e interpretativa Dell Hymes (1964): The ethnography of communication Duranti (1997): Linguistic Anthropology Rischio: rinuncia all’astrazione

Sociolinguistica e sociologia del linguaggio Indagine del linguaggio e della lingua nel contesto sociale, studio della lingua in rapporto alla società studio della natura e delle manifestazioni della variabilità linguistica, del rapporto tra lingua e stratificazione sociale, della covarianza tra fatti linguistici e variabili sociali: concetto centrale: variazione indagine sulla portata sociologica della lingua, studio della società in rapporto alla lingua studio della distribuzione, della collocazione, della vita e dello status dei sistemi linguistici nelle società Livello macro-sociolinguistico

Varietà Insieme di forme comunicative e di norme che ne governano l’uso limitato a particolari gruppi e a particolari attività Una lingua è una somma di varietà, ha cioè un carattere eterogeneo per l’influsso di fattori temporali, spaziali, socio-culturali e della situazione comunicativa

Variabile = insiemi di modi alternativi di dire (quasi) la stessa cosa (a livello lessicale, fonologico, morfologico o sintattico) Variante = diverse realizzazioni di una variabile da parte di individui diversi o dello stesso individuo (nello stesso contesto o in contesti diversi)

Competenza linguistica (relativa alla struttura) (modo diretto di comunicare informazioni) Competenza sociolinguistica (relativa alle funzioni sociali delle diverse varianti) (modo indiretto di comunicare informazioni sui rapporti sociali) importanza del posizionamento dell’individuo nello spazio linguisticamente e socialmente organizzato

Diasistema Sistema di livello superiore, costituito da un sottosistema comune e da sottosistemi parziali (Berruto, 1995) La terminologia variazionista caratterizzata dall’uso del prefisso dia- (attraverso) viene introdotta da Coseriu negli anni Sessanta del ‘900

Dimensioni della variazione Diacronica: relativa all’evoluzione della lingua nel tempo; oggetto della linguistica storica Diatopica: relativa alla diversità di origine e distribuzione geografica dei parlanti; specifico oggetto della dialettologia, della geografia linguistica e della linguistica delle varietà Diastratica: relativa ai diversi strati socioculturali dei parlanti; oggetto specifico della SL Diafasica: relativa alle diverse situazioni dell’interazione linguistica; oggetto specifico della SL Diamesica: relativa al mezzo utilizzato lingua parlata/scritta/trasmessa; oggetto specifico della SL

Relazioni tra le dimensioni di variazione diafasica diatopica diastratica diamesica

Continuum della situazione sociolinguistica italiana (Berruto) It. formale sorvegliato periferia It. tecnico scientifico centro It. burocratico It. standard letterario Asse diamesico Scritto-scritto Parlato-parlato It. neo-standard Cfr. G. Berruto, Sociolinguistica dell’Italiano contemporaneo, Carocci, 1998, p. 21. Asse diafasico It. informale trascurato Asse diastratico periferia It. gergale

Spazio linguistico italiano (De Mauro) Italiano scientifico Formale Italiano standard Italiano popolare unitario (italiano colloquiale rilassato) Ital. regionale colloquiale Dialetto regionale Informale Dialetto locale stretto idiolettale Parlato Scritto

Cosa significa “formale”? Rispetto di regole di comportamento, di norme e usanze condivise: formalità nei comportamenti sociali (accezione sociologica e giuridica) Grado di autonomia di senso di un enunciato e di un segno rispetto ai dati di situazione e contesto esterni alla forma di un segno (accezione logico-linguistica)

Competenza sociolinguistica Capacità di muoversi con disinvoltura entro queste coordinate, alternando anche nel medesimo contesto comunicativo un livello formale (richiesto dall’argomento) con un livello più informale (per esigenze di espressività). Parlare una lingua significa essere coinvolti in un processo decisionale continuo

Repertorio linguistico Totalità di forme linguistiche regolarmente utilizzate nel corso di interazioni sociali significative (Gumperz, 1964) Insieme complessivo delle varianti dialettali e sovrapposte usate regolarmente in una comunità (Gumperz 1968) Somma delle risorse linguistiche a cui possono attingere i parlanti nell’interazione sociale.

Repertorio italo-romanzo medio Due diasistemi: italiano e dialetto: bilinguismo endogeno a bassa distanza strutturale con dilalia (Berruto)

Diglossia Ferguson, 1959: Rapporto gerarchico (prestigio) e di differenziazione funzionale tra una varietà alta (A) e una varietà bassa (B) Haiti: francese A + creolo B Svizzera tedesca: tedesco A + tedesco svizzero B Paesi arabi: arabo classico A + varietà regionali B Grecia moderna: katharévousa A + dhimotikì B

Continuum delle varietà Gamma di varietà non rigorosamente delimitabili l’una rispetto all’altra, ma comprese tra due varietà estreme facilmente identificabili. Si oppone alla nozione di discretezza, caratteristica della concezione strutturalista di sistema.

Prototipi Punti focali individuabili entro il continuum di varietà; punti di riferimento cognitivi entro una data categoria, casi più salienti, per ragioni che possono essere di volta in volta di tipo percettivo, cognitivo, culturale. A partire dall’elemento percepito come più saliente, confrontiamo e valutiamo gli altri elementi secondo giudizi di maggiore o minore similarità che sono giudizi graduati, inferenziali, perché non seguono una regola di sostituzione ma un principio di analogia parziale.

Somiglianze di famiglia Tipo particolare di similarità fra differenti membri di una stessa famiglia che non devono necessariamente condividere tutti una medesima proprietà, ma posseggono solo somiglianze locali. Manca un esemplare modello.

Norma linguistica Varietà neutra, non marcata in senso stilistico o geografico Soggetta al tempo e alle mode Tendenziale risalita verso la norma di fenomeni prima ritenuti non accettabili (o viceversa) Fallimento dei tentativi di normativizzazione degli usi linguistici da parte di una politica linguistica Gramsci, Quaderni dal carcere (pubblicati tra il 1948-51, composti tra il 1929 e il 1935): La norma è definita dal controllo reciproco, dall’insegnamento reciproco, dalla censura reciproca La sensibilità normativa è plasmata dalla scuola e dai media

Dialetto Entità dialettale regionale o subregionale autonomamente riconoscibile nella classificazione delle varietà italo-romanze parlate in Italia. Coseriu introduce l’espressione dialetti italiani primari (e la terminologia varietistica)

Indagine Istat 2006 Italofoni esclusivi In famiglia: 45,5% con gli amici: 48.9% con gli estranei: 72,8% Alternano italiano e dialetto (code-mixing e code-switching) In famiglia: 32,5 Con gli amici: 32,8% Con gli estranei: 19% Dialettofoni esclusivi In famiglia 16% Con gli amici 13,2% Con gli estranei 5,4%

Questioni: Cosa intendono gli intervistati per dialetto? Dove comincia il dialetto e dove finisce la lingua? Problema del continuum Si è avverata la previsione di Pasolini? Come interpretare la previsione di Berruto che alla fine degli anni novanta ipotizzava la scomparsa dei dialetti intorno al 2030?

Il dialetto, seppure indebolito dal punto di vista qualitativo e regredito dal punto di vista quantitativo, comunque tiene e recupera terreno in funzione antagonista nei confronti della lingua nazionale come lingua del potere, omologante e massificante

La percentuale d’uso della lingua nazionale varia in modo consistente In rapporto al grado di istruzione i dialettofoni esclusivi tendono a coincidere con gli italiani privi di titolo di studio; livelli più alti di istruzione sono correlati a una maggiore italofonia

Da regione a regione (vedi tabella in D’Agostino, p. 59): Diffusione maggiore del dialetto in famiglia: Veneto 38,9 Trento 38.5 Calabria 31,3 Basilicata 29,8 Diffusione maggiore dell’italiano in famiglia Toscana 83,9 Liguria 68,5 Lazio 60,7 Piemonte 59,3 Lombardia 57,6 Bolzano 1,5 Calabria 20,4

Tra città e piccoli comuni Italiano in città In famiglia 64,4 Con amici 67,9 Con estranei 83,4 Italiano in comuni sotto i 2000 abitanti In famiglia 36,2 Con amici 38,7 Con estranei 67,1

In rapporto alle fasce d’età Italofonia nel 2006 6-10 68,2 11-14 62,4 65-74 31,9 75 e più 28,2

Minoranze alloglotte Cittadini residenti da secoli sul territorio italiano che usano primariamente Albanese (Campania, Molise, Abruzzo, Puglia, Bailicata, Calabria, Sicilia) Catalano (Alghero) Croato (Molise) Greco (Puglia, Salento, Calabria) Friulano (Udine, Pordenone, Gorizia) Francese (Val d’Aosta e Piemonte) Francoprovenzale (Val d’Aosta e provincia di Torino) Occitano (Piemonte occidentale e Guardia Piemontese (CS) ) Ladino (province di Bolzano, Trento, Belluno) Sardo (Sardegna escl. Alghero, Carloforte e Calasetta) Sloveno (Udine, Gorizia, Trieste) Tedesco (diversi gruppi distribuiti lungo l’arco alpino) Totalità dei parlanti: 5%

Altre lingue di recente immigrazione: Neolatine: Rumeno Spagnolo Slave: Polacco Russo Bulgaro Non indoeuropee: Cinese Arabo Parlate africane

Costituzione italiana (1° gennaio 1948) Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione […] di lingua. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 6 La Repubblica salvaguarda con apposite norme le minoranze linguistiche. Art. 21 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Legge 482, 15 dicembre 1999 Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche La Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo Applicazione dell’art. 6 della Costituzione italiana

Programma Lingua materna più due (Mioni 2004) Commissione dell’Unione Europea (2003) Non si tiene conto della distinzione tra minoranze linguistiche storiche e minoranze di recente immigrazione Conciliazione tra prospettiva locale e prospettiva globale

Definizione provvisoria Comunità linguistica Definizione provvisoria Insieme costituito dalla lingua e dai parlanti Gruppo reale di parlanti che condividono qualcosa del modo in cui utilizzano la lingua Concetto altamente problematico e denso di implicazioni sia per quanto riguarda la definizione stessa dell’oggetto di indagine sia per quanto riguarda lo statuto disciplinare della sociolinguistica e il suo rapporto con la sociologia.

In sociologia Il concetto di comunità diviene già a partire dalla fine del XIX secolo la vera e propria posta in gioco dei diversi approcci epistemologici. Serie di dicotomie concettuali: Tönnies (1887), Gemeinschaft und Gesellschaft Durkheim (1893), De la division du travail sociale solidarietà meccanica / solidarietà organica Weber (1922), Il metodo delle scienze storico-sociali Comunità/ associazione

Prime tracce del concetto in SL Karl Vossler, Sprachgemeinschaft und Interessengemeinschaft, 1924 Bloomfield, Language, 1933 (capitolo sulle comunità linguistiche) Indipendenza e priorità della dimensione linguistica rispetto ad altre forme di coesione sociale (economica, politica e culturale) densità di comunicazione -> rete relazionale: comunità come rete ad alta densità B. Terracini (1886-1969) Appartenenza Sentimenti di adesione al gruppo Legami reciproci tra parlanti Sono forze centripete

Quali aspetti linguistici condivide una comunità linguistica? una determinata lingua (Bloomfield) e le norme che ne governano l’uso (Fishman) una determinata lingua e lo stanziamento geografico (Whitney e Meillet) un insieme di varietà di lingua e una qualche forma di aggregazione socio-politica (Berruto 1995)

Una interazione regolare e frequente (Gumperz) Una interazione regolare e frequente (Gumperz). Carattere intrinsecamente eterogeneo della comunità linguistica Atteggiamenti. Per Labov una comunità linguistica è un gruppo di parlanti che condivide un insieme di atteggiamenti sociali nei confronti della lingua -> analisi del senso comune, delle norme, del prestigio, dell’egemonia e del potere, cioè della ideologia linguistica (Kroskrity, 1992) Sentimenti di appartenenza e di autoidentificazione (avvicinamento alla psicologia sociale). Comunità come somma di reti sociali -> comunità come rete di relazioni (Milroy 1980) D’Agostino (p. 105): “Realtà assai diverse come una regione, una città, un piccolo centro, un gruppo generazionale o ancora un gruppo di immigrati provenienti dalla stessa area, possono essere viste come una comunità linguistica nel momento in cui sono un sistema di riferimento per il comportamento linguistico dei singoli individui e, nello stesso tempo, hanno nella lingua uno dei fattori essenziali di coesione sociale […]. Le lingue sembrano essere uno dei luoghi fondamentali attorno a cui si formano sentimenti comunitari da parte degli individui.”

In sintesi passaggio da criteri più oggettivabili (spazio geografico-politico, dimensione storica, lingua) a criteri meno oggettivabili (atteggiamenti, condivisione di norme e valori, ecc.) L’identificazione di una comunità linguistica è sempre meno un primitivo dell’analisi linguistica. Piuttosto è un risultato Accezione pragmatico-interazionale di comunità linguistica prevalente in linguistica antropologica: prodotto delle attività comunicative in cui è coinvolto un determinato gruppo di persone. In questo caso si preferisce l’espressione “comunità di comunicazione” (Dittmar)

Eteroglossia Bachtin: l’omogeneità linguistica (comunità linguistica) è una costruzione ideologica, storicamente legata alla costruzione degli stati europei e agli sforzi di creare una lingua nazionale. Nella realtà quotidiana il discorso è pieno di “voci” e la lingua è stratificata in lingue socioideologiche: lingue di gruppi sociali, lingue professionali, di genere, la lingua letteraria. Costante tensione tra forze centripete e forze centrifughe

Modello di Gnerre (1996) Atteggiamenti comunicativi attivi passivi Comunanza comunicante Comunanza parlante Comunità parlante Comunità linguistica Prassi comunicativa Confini socio-comunicativi definiti Comunanza: relazioni identitarie e comunicative deboli Comunità: relazioni identitarie e comunicative forti, caratterizzate dalla consapevolezza dei parlanti

Reticoli linguistici Variante sociolinguistica del reticolo sociale. Nozione funzionale alla spiegazione della formazione e del mantenimento del controllo sociale e della diffusione di modelli di comportamento linguistico. Struttura a cipolla, definita da una serie di proprietà interne: molteplicità = quantità di relazioni, densità = grado in cui i membri della rete relativa a un individuo sono a loro volta in contatto tra loro frequenza e durata dell’interazione fra coppie di individui all’interno della rete centralità dell’ego di riferimento.

Rete sociolinguistica Zona allargata Zona utilitaristica Cella personale Zona confidenziale

Reticolo egocentrato Ego

Reticolo sociocentrato Chiara Enzo Gianni Elena Andrea Luca Gaia Paola

Densità Rapporto tra le relazioni attuali (Na) e i contatti potenziali (N) D = 100 Na% N N = (numero dei nodi -1) x2 100 x 4% Na = 4 N = 6 D= = 66,6% 6

Applicazioni dei reticoli sociali Fenomeni di cambiamento/mantenimento linguistico (lingue in contatto, emigrazione, urbanizzazione) Variazione linguistica in centri urbani Variazione linguistica nella interazione Questi fenomeni non possono essere capiti e spiegati con la nozione di strato sociale, perché nozione troppo astratta e perché il concetto di stratificazione sociale è analizzabile solo da un punto di vista etnocentrico

Il mutamento linguistico a Belfast (1980) Lo studio dei Milroy sul mutamento delle vocali /e/, /a/nell’inglese di Belfast: innalzamento della /e/ e posteriorizzazione della /a/ Distinzione tra innovatori e attuatori: Innovatori: ceto operaio alto Attuatori: ceto medio basso Presupposto: legami forti comportano coesione locale e frammentazione generale Legami deboli producono frammentazione locale e coesione più estesa

Vocali Anteriori Posteriori i u chiuse e o medie 3 c a aperte Centrali

Le innovazioni (provenienti dall’esterno) penetrano in un gruppo ad opera dei parlanti che ad esso aderiscono marginalmente (mediante legami deboli) e si diffondo a seguito dell’adozione da parte di parlanti “centrali” Il mutamento si innesca in concomitanza con l’allentarsi dei reticoli sociali che legano i parlanti e con l’aumentare dei legami deboli

Adattamento Forza trainante dell’acquisizione e del mutamento linguistico (Hudson) Funzione fondamentale della lingua, che risponde al bisogno di mostrare solidarietà sociale. L’adattamento dipende da quanto il parlante vuol piacere all’altra persona. Non è detto che la solidarietà sia reciproca Il mondo sociale per il bambino è organizzato in reti, caratterizzate da diversi livelli di solidarietà tra le persone. Il bambino si costruisce una comunità mentale, assimilando le sue abitudini linguistiche alle persone con le quali ricerca una maggiore solidarietà Nella scelta della variante di una variabile operano due fattori centrali: fedeltà socialtipica e il giudizio di distintività (Bourdieu) --> prestigio