Metodi e tecniche per l’E-Tutor nella scuola

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Metodi e tecniche per l’E-Tutor nella scuola Modulo 2 Lezione 1 L’integrazione dei disabili, i suoi valori e il modello di valutazione ICF. Docente: Maura Gelati Modulo 1 – Tecnologie didattiche e comunicazione multimediale

1. Da Handicappato a Disabile a Diversamente Abile a Diversabile Metodi e tecniche per l’E-Tutor nella scuola 1. Da Handicappato a Disabile a Diversamente Abile a Diversabile

Stiamo vivendo a livello internazionale una stagione nella quale non casualmente è sparito il termini handicappato e il concetto di disabilità ha perso la connotazione di “caratteristica di un soggetto”.

L’ Organizzazione Mondiale della Sanità (O. M. S. ) con l’ I. C. F L’ Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) con l’ I.C.F.(International Classification of Functioning, Disability and Health), pubblicato nel 2002, ha offerto invece spazio a termini come: Funzionamento Attività Partecipazione

Tutto l’ICF ruota infatti intorno ad un’idea: risultano determinanti i fattori contestuali (ambientali e personali) che, interagendo con l’individuo e il suo stato di salute, ne definiscono il grado di attività, funzionamento e di partecipazione

Attività e partecipazione Nell’I.C.F. sono compresi in un unico elenco che, copre l’intera gamma delle aree di vita, i domini riguardanti Attività e Partecipazione Le aree sono quantificate rispetto a: performance (ciò che un soggetto fa nel suo ambiente attuale) capacità (abilità ad eseguire un compito)

Domini d1 Apprendimento e applicazione delle conoscenze d2 Compiti e richieste generali d3 Comunicazione d4 Mobilità d5 Cura della propria persona d6 Vita domestica d7 Interazioni e relazioni interpersonali d8 Aree di vita fondamentali d9 Vita sociale, civile e di comunità

I fattori contestuali Visto il ruolo determinante che hanno nella qualità di vita della persona, consideriamo i fattori contestuali, nel loro comprendere fattori ambientali e personali.

Fattori ambientali Comprendono l’ambiente fisico, sociale e degli apprendimenti in cui le persone vivono e conducono la loro esistenza e hanno un peso determinante, sia in senso negativo, sia positivo, sulla partecipazione attiva o meno del soggetto alla società, dunque sul suo “funzionamento”.

Fattori personali Sono il background personale della vita e dell’esistenza di un individuo. Rappresentano quelle caratteristiche dell’individuo che non fanno parte delle condizioni di salute o degli stati di salute .  

Tra i fattori personali annoveriamo: “ il sesso, la razza, l’età, (…) lo stile di vita, le abitudini, l’educazione ricevuta, la capacità di adattamento, il background sociale, l’istruzione, la professione e l’esperienza passata e attuale (eventi della vita passata e eventi contemporanei), modelli di comportamento generali e stili caratteriali, che possono giocare un certo ruolo nella disabilità a qualsiasi livello”. (dall’I.C.F.)  

Fattori contestuali facilitanti e relazione educativa. Molti dei fattori contestuali che giocano un ruolo nella disabilità e nel funzionamento del disabile hanno le loro radici nel contesto sociale. Diventa allora responsabilità della società creare condizioni tali da favorire lo sviluppo di ogni individuo secondo linee che tendano a ridurne la disabilità ed aumentarne la partecipazione.  

In un’ottica di funzionamento e di partecipazione Il processo educativo e il processo d’integrazione occupano allora un posto “chiave” rispetto a quella che sarà l’acquisizione dei fattori personali di un soggetto.

Per realizzare tutto ciò occorre: Una piena solidarietà da parte di tutta la società che si dovrà esprimere attraverso: 1. I mezzi 2. Le strutture 3. La formazione 4. La cultura dell’integrazione

Riflettiamo sulle ragioni che rendono tanto complicati i processi d’integrazione    Poiché la premessa perché vi sia necessità d’integrare è che esista diversità, è sul problema della diversità che ci soffermeremo.

Diversità La diversità è stata spesso bersaglio di pregiudizi, di discriminazioni, di stereotipi, di paure e di persecuzioni di vario genere.  

Infatti il diverso è stato riconosciuto come portatore di valori ed integrato solamente nelle società nelle quali: - prevalgono principi come il rispetto dei diritti dei soggetti e delle differenze, - nei contesti nei quali vengono messi in atto modelli di condivisione, di etica, di tolleranza in vista di costruire una società più giusta.  

La diversità accoglie al suo interno una molteplicità di variabili ma per eccellenza i diversi sono coloro che nel tempo sono state indicati con termini come anormale, handicappato, disabile, diversamente abile, diversabile.  

Questo tipo di diversità è oggi in larga misura presente nella nostra società, in individui di varie età e situazioni che a causa di fattori contestuali, ambientali e personali possono partecipare o meno attivamente alla vita sociale e sviluppare a pieno tutte le loro potenzialità solamente se educati all’interno di un contesto integrante.

2. Integrazione

Un soggetto è integrato in un contesto sociale quando si sente parte del contesto stesso, vive alcune esperienze relazionali, emotive, cognitive in sintonia con le persone che appartengono ad un gruppo, scambia con esse esperienze significative.

Integrarsi per partecipare L’integrazione va favorita in funzione dell’aiutare il soggetto a sviluppare tutte le sue potenzialità, anche quando queste sembrano ridotte, affinché egli possa realizzare rapporti di partecipazione e di scambio, dunque integrarsi, nel tempo libero, nello sport, nel lavoro, ecc…,

Integrazione e vita adulta L’accesso all’integrazione nella vita adulta è modulato da una educazione che ha visto il soggetto in età evolutiva sperimentare le sue risorse in contesti integranti, sia istituzionali, sia non istituzionali, capaci di accogliere le diversità.  

Dispersione Un mondo opposto a quello dell’integrazione è certamente il contesto che può essere definito della dispersione. Il disabile vive un forte rischio di essere coinvolto in processi di esclusione sociale che conducono a dispersione.

Per evitare la dispersione si deve lavorare per lo sviluppo di metodologie, di progetti e di esperienze per aumentare le occasioni d’integrazione di chi mostrava bisogni educativi speciali ; sollecitare la società tutta affinché si producano leggi a favore dell’integrazione dei disabili;

E ancora - - richiedere l’abbattimento delle barriere fisiche, determinanti per l’esclusione dei disabili;   attivare reti sociali per migliorare i servizi atti a ridurre l’esclusione sociale dei disabili; -  impegnarsi affinché la partecipazione dei diversabili avvenga anche nei contesti non istituzionali (tempo libero, e dello sport, associazionismo ecc…).  

Sono tante le forme di dispersione Oggi alcuni segnali ci dicono che permangono per i disabili gravi occasioni di dispersione: di esperienze, di lavoro, di risorse. Questo significa privare alcuni, i più deboli, della possibilità di avere prospettive e di vivere opportunità.

Sentirsi escluso Situazioni di questo genere risultano, oltre che dannose sul piano materiale, un rischio per l’equilibrio psichico del soggetto escluso, perché mettono in discussione la sua autostima, portandolo a pensare che non è tanto la società a commettere un errore nei suoi confronti, ma piuttosto che vi è da parte sua inadeguatezza.

3. Integrazione scolastica

Oggi la legislazione italiana garantisce a tutti i soggetti in situazione di disabilità di assolvere l’obbligo scolastico frequentando scuole comuni, dall’asilo nido all’Università.

L’integrazione scolastica Il raggiungimento di questo obiettivo è stato lungo e difficile, segnato da importanti traguardi, ma anche da frequenti periodi d’incertezza.

Le 4 grandi tappe di questo percorso sono state: 1a tappa Inizio del diritto/dovere alla scolarizzazione, esclusivamente in istituzioni speciali, di alcune categorie di disabili (ciechi e sordi) che, per menomazioni, minorazioni o deficit ,uscivano dalla “norma”. (Riforma Gentile 1923).

2a tappa Avvio dei primi processi d’inserimento nelle scuole comuni di alcuni disabili puntando soprattutto sulla loro socializzazione (Legge n. 118 del 30 marzo 1971)

3a tappa Chiusura delle classi differenziali e passaggio degli alunni nelle classi comuni con la collaborazione: di servizi psicopedagogici, insegnante specializzati per i disabili, attività di sostegno interclassi. (Legge n. 517 del 4 agosto 1977).  

4a tappa   Integrazione scolastica prevista per ogni alunno, anche con grado molto severo di menomazioni o di deficit. (Legge –quadro n.104 del 5 febbraio 1992).

Processi d’integrazione L’integrazione scolastica si realizza pienamente all’interno di un ecosistema educativo convinto della sua validità.

Costituiscono l’ecosistema educativo Il dirigente scolastico. I docenti curriculari della classe. L’insegnante specializzato per il sostegno. Il personale scolastico non docente del plesso. Gli alunni della classe. Le famiglie degli alunni abili e disabili. I servizi sociosanitari per i disabili.

I documenti dell’integrazione scolastica Ogni alunno disabile, integrato nella scuola comune, deve essere accompagnato da: Diagnosi Funzionale (DF) Profilo Dinamico Funzionale (PDF) Piano Educativo Individualizzato (PEI).

I 3 documenti Sono realizzati con la collaborazione dei servizi sanitari, della scuola, del territorio, della famiglia del soggetto con bisogni educativi speciali, in funzione di costruire un unitario Progetto Educativo Individualizzato

Alle classi in cui sono presenti disabili è assegnato l’insegnante specializzato per l’integrazione che non è l’unico responsabile dell’integrazione scolastica dell’alunno disabile. Tutto il sistema sociale deve operare per raggiungere questo obiettivo.

4. Una comunità che integra

Visto il ruolo dei fattori personali per il funzionamento e la partecipazione del disabile alla vita sociale egli deve trovare nella scuola, sin dall’infanzia, la possibilità di svilupparli, attraverso processi di cooperazione, di condivisione, di partecipazione che, correttamente condotti, aprono la strada alla piena integrazione sociale.

Tutto ciò avviene solamente se la scuola è messa in condizione di rispondere ai bisogni educativi speciali di questi alunni speciali, senza soggiacere alla tentazione di costruire categorie separate, ma individualizzando e “specializzando” la propria offerta educativa.

Ciò richiede che Sia potenziata la formazione di tutti i docenti nell’ottica dell’integrazione degli alunni disabili; La dirigenza scolastica sia sensibilizzata al valore dell’integrazione scolastica . Gli operatori educativi siano preparati a rispondere ai bisogni educativi speciali degli alunni in situazione di disabilità.

Inoltre che Gli Enti Locali provvedano a fornire le risorse di loro competenza (servizi trasporto, assistenza alla persona, materiali didattici speciali -trascrizioni in Braille- ecc.) Siano diffuse le tecnologie informatiche per la didattica speciale (Tecnologie assistive, software didattico speciale).  

I benefici dell’integrazione Dove l’integrazione scolastica è ben realizzata “fa bene” non solamente al disabile, ma alla scuola tutta.

Lavoro di Rete e Progetto di Vita La scuola realizza l’integrazione in interazione con la famiglia dell’alunno in situazione di disabilità e con le figure professionali (sanitarie, riabilitative, sociali del territorio) chiamate a dare risposta ai bisogni del soggetto con minorazione o deficit. Questo significa lavorare in rete.

Progetto di Vita Qualsiasi il Piano Educativo Individualizzato rischia di rimanere poca cosa se non si sviluppa in una dimensione esistenziale di rete che lo trasformi in un Progetto di vita.

Tre obiettivi L’O.M.S., nell’I.C.F. ( Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute), specifica tre obiettivi a lungo termine che devono connotare il Progetto di vita di ogni soggetto disabile.

Primo obiettivo: mirare al potenziamento di capacità, competenze, attività del soggetto.  

Secondo obiettivo: garantire la partecipazione sociale del disabile, in rapporto alla quale egli potrà spendere nei contesti di vita le sue competenze.

Terzo obiettivo: prendere in considerazione i fattori contestuali facilitanti, personali e ambientali, che “rappresentano l’intero background della vita e della conduzione dell’esistenza di un individuo”.

L’integrazione scolastica, quando è correttamente realizzata comprende tutti i 3 gruppi di obiettivi segnalati dall’ICF come elementi chiave del Progetto di Vita.

Infatti, il Progetto di vita non sopporta interruzioni e ogni azione educativa messa in atto nei confronti del disabile deve essere vista in funzione dello sviluppo di tutte le potenzialità che questi possiede.

Per il massimo grado di autonomia Il processo d’integrazione è un potente stimolo al raggiungimento del massimo grado di autonomia possibile per ogni soggetto, abile o diversamente abile.  

E non dimentichiamo che quando parliamo di contesto sociale non possiamo limitarci ad identificarlo esclusivamente con la scuola, ma in ogni tempo della vita di ogni individuo in situazione di disabilità devono essere realizzati processi d’integrazione come mezzi e fine di sviluppo e di crescita delle sue potenzialità.

5. Disabilità e tecnologie

Disabilità È l’espressione che l’O.M.S. usa: “…come termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività o restrizioni della partecipazione” nelle quali si può trovare un individuo in rapporto alla propria salute”.

Disabilità o diversabilità? La “normalità si frammenta in una pluralità di modi di agire, di pensare, di “funzionare”, di raggiungere obiettivi. La normalità diventa pluralità di differenze, non uniformità fissa, definita attraverso standard”. Allora più che di disabilità dobbiamo parlare di diversabilità.

Credere che si posseggono diverse abilità    Aiuta a vedere nelle tecnologie una risorsa allo sviluppo delle potenzialità anche di coloro che vivono realtà di limitazioni che li fanno raggruppare sotto il grande ombrello dei soggetti che posseggono abilità diverse.  

Le tecnologie informatiche possono:   * favorire e migliorare l’integrazione scolastica e sociale in generale dei diversamente abili; * contribuire allo sviluppo della “cultura dell’integrazione dei diversabili.

Scuola e tecnologie informatiche Negli ultimi 15 anni anche buona parte della scuola italiana ha “aperto le porte” alle tecnologie informatiche, da prima limitandone la presenza nei laboratori d’informatica, poi inserendole in modo sempre più disinvolto nell’attività didattica quotidiana. 

Tutto ciò ha richiesto ai docenti di: - aggiornare le proprie competenze; - ripensare il loro ruolo di docente all’interno del gruppo classe; - cambiare il concetto stesso di classe, da gruppo chiuso e circoscritto dai confini dell’aula, a gruppo aperto in interazione continua con gli altri e con il contesto globale della società della comunicazione. 

Tra gli elementi che hanno richiesto e richiedono l’acquisizione di abilità e di competenze che il docente deve fare proprie, per non vivere le risorse tecnologiche né come superflue, né come onnipotenti, possiamo ricordare: - l’accesso ad un panorama sterminato di informazioni e risorse, - la possibilità di lavorare in rete, - l’abbattimento delle distanze temporali e geografiche

“Tecnologie Didattiche” (TD) La distanza tra il mondo della formazione e quello dell’informatica oggi si è ridotta anche grazie alle “Tecnologie Didattiche” (TD), impegnate a studiare: gli strumenti per migliorare il processo di comunicazione didattica; gli effetti delle tecnologie sui processi di crescita, sviluppo e formazione degli individui.  

Strumenti Non bastano le nuove tecnologie per migliorare l’apprendimento degli alunni, poiché esse sono solamente degli strumenti. In sé non sono né buoni, né cattivi. La loro “bontà” dipenderà: - dalle condizioni in cui si useranno, - dagli obiettivi che si perseguiranno.

E per il disabile? - adattarsi alle sue molteplici esigenze   Per il disabile le nuove tecnologie possono risultare strumenti flessibili, in grado di: - adattarsi alle sue molteplici esigenze   - favorirne lo sviluppo e - una buona integrazione.

Rischi Qualche volta si affida alle “macchine” il compito quasi taumaturgico di modificare sostanzialmente i comportamenti e le situazioni di chi le usa. La conseguenza è che non solo non si raggiungono gli obiettivi attesi, ma viene meno anche la fiducia nello stesso strumento tecnologico

Precauzioni Usare il computer a scuola come strumento che entra nel progetto didattico richiede alcune precauzioni: la macchina possiede, infatti, un notevole potere d’attrazione e questo può portare il soggetto disabile ad isolarsi dal gruppo dei coetanei.

inoltre   i docenti e i compagni di classe possono dimenticare una “presenza scomoda”, quella del diversamente abile, affidandola al computer quasi fosse una baby-sitter.  

Pregiudizi I materiali tecnologici possono essere vissuti dal disabile o dai suoi famigliari, come un rinforzo alla diversità, finendo per essere rifiutati o accantonati, perché giudicati barriere alle interazioni sociali e perciò all’integrazione.

La famiglia del disabile dovrà per questo essere coinvolta nel momento nel quale all’alunno disabile venga rivolta una proposta didattica che preveda l’uso di tecnologie informatiche per: l riuscire a capirne eventuali dubbi ed incertezze, l smantellarne le false credenze, l averla alleata nei momenti di difficoltà che si possono sperimentare