Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 1 Pavia 2008 L’abbinata shakespeare e management può apparire incongrua. Innanzitutto perché non so quanti di voi conoscano il significato del termine management. Per management si intende quella disciplina che studia la gestione d’impresa, con particolare riferimento alle strutture organizzative, ai metodi e processi di lavoro, le metodologie per la selezione, la valutazione e la valorizzazione delle persone. Detto questo l’apparente incongruità resta: cosa c’entra shakespeare con la gestione delle aziende? Questa è la domanda cui cercherò di rispondere in questo intervento.
Presentazione del Corso Il Corso di Humanistic Management si propone di avviare lo studente ad una modalità di interpretare l’azienda alternativa al tradizionale scientific management: una apertura al nuovo che guarda alle possibilità dell’Information & Communication Technology coniugate a discipline che solo da qualche tempo hanno cominciato ad essere utilizzate in contesti imprenditoriali – la letteratura, la filosofia, la drammaturgia, la cinematografia, la poesia. Una parte del Corso sarà dedicata all’illustrazione dell’apparato teorico illustrato nel “Manifesto dello humanistic management”. Questo avverrà principalmente attraverso testimonianze e una lettura critica dei Principi dello Scientific management di Taylor.
Presentazione del Corso La seconda parte sarà costituita da un approfondimento pratico fondato sull’analisi di venticinque poesie del Premio Nobel per la Letteratura Wisława Szymborska. Tale analisi si focalizzerà su cinque temi fondamentali per la comprensione delle aziende attuali: la definizione dell’identità individuale e di gruppo; la costruzione delle relazioni interpersonali; la selezione delle competenze necessarie a produrre innovazione; la gestione delle diversità e quindi dei talenti; il processo di produzione di significato nelle organizzazioni, per il quale Karl Weick ha coniato il termine sensemaking.
Presentazione del Corso I vari argomenti trattati verranno presentati utilizzando l’approccio metadisciplinare caratteristico dello humanistic management. Dunque durante le lezioni ci si avvarrà delle tradizionali presentazioni PowerPoint, ma anche di letture di romanzi e poesie, visione di scene tratte da film, fotografie, eccetera. L’approccio del corso è di tipo narrativo. A tal fine in particolare verrà utilizzato il volume “Le Aziende In-Visibili” riscrittura mutante de “Le città invisibili” di Italo Calvino
Bibliografia Marco MINGHETTI – Fabiana CUTRANO, Nulla due volte. Il management attraverso le poesie di Wisława Szymborska, Libri Scheiwiller, 2006 Marco MINGHETTI & The LMS, Le Aziende In-Visibili, Libri Scheiwiller, 2008 Le slide utilizzate nel corso saranno messe a disposizione sul sito. Ulteriori riferimenti bibliografici sulle tematiche discusse in aula verranno forniti nel corso delle lezioni. Letture consigliate: Italo CALVINO, Le città invisibili, Einaudi. Marco MINGHETTI- Fabiana CUTRANO, Le nuove frontiere della cultura d’impresa, ETAS, 2004.
Modalità d’esame Presentazione di una tesina scritta di circa 20.000 battute da fare avere al docente almeno 15 giorni prima della data dell’esame. In alternativa discussione di tre capitoli a scelta da Nulla due volte e di tre capitoli da Le Aziende In-Visibili Sarà gradito l’impegno a discutere ciò che verrà svolto a lezione insieme ai contenuti di altri testi fra quelli che verranno suggeriti nel corso delle lezioni
E-mail e indirizzo web I materiali delle tesine – sotto forma di commento libero ad una delle città/aziende invisibili: vedi anche materiali pubblicati sul metablog: http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/) possono essere inoltrati a: minghetti.m@gmail.com Info sullo humanistic management al sito: www.humanisticmanagement.it Profilo di Minghetti accessibile anche su Facebook
Le parole sono importanti
Most Young People Entering the U. S Most Young People Entering the U.S. Workforce Lack Critical Skills Essential For Success October 2, 2006 – As the baby boom generation slowly exits the U.S. workplace, a new survey of leaders from a consortium of business research organizations finds the incoming generation sorely lacking in much needed workplace skills — both basic academic and more advanced “applied” skills, according to a report released today.
The report is based on a detailed survey of 431 human resource officials that was conducted in April and May 2006 by The Conference Board, Corporate Voices for Working Families, the Partnership for 21st Century Skills, and the Society for Human Resource Management. Its objective was to examine employers’ views on the readiness of new entrants to the U.S. workforce — recently hired graduates from high schools, two-year colleges or technical schools, and four-year colleges. “The future workforce is here, and it is ill-prepared,” concludes the report. The findings reflect employers’ growing frustrations over the preparedness of new entrants to the workforce. Employers expect young people to arrive with a core set of basic knowledge and the ability to apply their skills in the workplace – and the reality is not matching the expectation. NOT EVEN THE BASICS Business leaders report that while the three “R’s” are still fundamental to every employee’s ability to do the job, applied skills such as teamwork, critical thinking, and communication are essential for success at work. In fact, at all educational levels, these applied skills trump basic knowledge skills such as reading and mathematics in importance in the view of employers. In order to succeed in the workplace of the 21st Century, high school and college graduates need to master basic academic skills as well as a complement of applied skills. The survey also found though that too many new entrants to the workforce are not adequately prepared in these important skills.
Cosa è un organigramma
Managemenent: etimologia Il latino manus, di origine indoeuropea, parla dell’organo del corpo umano, ma porta con sé, anche, una originaria idea di ‘tutela’, ‘protezione’. Nella prima metà del 1100, in francese manière significa ‘modo di fare’, da cui l’italiano maniera. In italiano, nel 1300, maneggiare. Un secolo dopo si aggiunge il senso figurato di ‘governare’. Maneggio si afferma nel 1500: c’è il senso di ‘lavoro fatto con le mani’, ma anche di ‘negozio’, ‘traffico’. Da F. Varanini, “Le parole del manager”, Guerini, 2006
Management: una definizione L’insieme delle prerogative che riguardano la direzione e la gestione amministrativa di una azienda
Management: declinazioni Sapere.it Trovati 34 risultati management a) L'attività e la funzione del manager; b) tecnica della gestione industriale; c) l’insieme dei quadri dirigenti di un'impresa personnel management inglese (propr., direzione del personale). Indica l'attività di selezione, assunzione e addestramento del personale impiegatizio e direttivo di un'azienda, ed è connessa a motivazioni interne tese al raggiungimento del successo aziendale load management ingl. (propr. gestione del carico). Gestione dei carichi di un sistema elettrico in modo tale che la richiesta di energia elettrica sia congrua con la presente disponibilità degli impianti di generazione e con gli obiettivi a lungo termine
Management: declinazioni project management Tecnica manageriale consistente nel predisporre una struttura organizzativa in cui la divisione dei compiti avviene sulla base delle specifiche esigenze dei singoli clienti Customer relantionship management Filosofia aziendale e strategia di business, volte a selezionare e a gestire le relazioni con i clienti di maggior valore per l’azienda, attuando a tal fine un approccio di tipo integrato che coinvolga persone, reparti, procedure e tecnologie attraverso una cultura aziendale “cliente-centrica”, stabilendo una comunicazione a due vie anziché solo da azienda a cliente, così da fidelizzarlo e accrescerne la profittabilità.
Scientific management: taylorismo Indirizzo di studi sull'organizzazione scientifica del lavoro, elaborato inizialmente dall'ingegnere statunitense F. W. Taylor all'interno delle industrie siderurgiche della Midvale Steel Co. Il sistema è illustrato nel suo saggio del 1911, The Principles of Scientific Management, Criteri scientifici di organizzazione e direzione aziendale.
Scientific management: taylorismo Taylor elaborò tecniche come il cronometraggio dei tempi di lavoro in un sistema produttivo diviso in tante piccole unità semplici e ripetibili che non consentivano alcun spreco di energia né di tempo. Gli operai cioè dovevano svolgere solo determinati movimenti sempre uguali per tutta la durata della giornata lavorativa. Chi aveva la capacità di essere straordinariamente veloce era anche incentivato economicamente con un premio di produzione. I metodi suggeriti da Taylor si diffusero rapidamente sebbene fossero vivamente criticati da chi li considerava motivo di superlavoro, di azioni ripetitive e monotone, causa di disoccupazione. E in verità il taylorismo trascurava i lati psicologici del lavoro puntando unicamente sull'aumento della produzione. Ma nonostante i suoi difetti e i suoi limiti il taylorismo si diffuse largamente nei Paesi industrializzati.
Humanistic management 1 Rinvia ad una specifica appartenenza intellettuale, storicamente datata e radicata in Europa, specialmente nella Grecia classica e nel Rinascimento italiano. Un’appartenenza intellettuale che, però, non può essere solo ridotta o semplificata ad una sorta di italian o european style dai modi inconfondibili e aggraziati: gusto per il bello, per le arti, per le cose buone e per i piaceri della vita. L’umanesimo certo è in buona parte quello spirito geniale mediterraneo, greco, latino e rinascimentale, elitario, aristocratico ed estetizzante, che punta ad un ideale di epicurea felicità dell’attimo; ma si nutre anche di quell’etica del rispetto, di quelle elaborazioni evangeliche e laiche (tormentate), che appartengono ad esempio al pensiero della rinascenza erasmiana: una mediazione sapiente (o temperata, socratica) tra pietas e cultura dell’impegno morale. Cfr. Premessa a Manifesto dello Humanistic Management
Humanistic management 2 L’umanesimo che noi vogliamo proporre ha fra le sue caratteristiche il superamento delle opposizioni tipiche del pensiero dicotomico moderno: quindi anche quella fra “scientifico” e “umanistico”. Dando enfasi all’aggettivo “umanistico”, il rischio, per assurdo, non solo è quello di perdere di vista ciò che di buono c’è nel paradigma scientifico, ma, soprattutto, ciò che l’umanesimo è sempre stato: sintesi di tante culture, fra cui anche quella scientifica.
Breve storia dello H.M. 1 Nella prima metà degli anni Novanta, Marco Minghetti pubblica una serie di saggi che descrive l’avvento di un “nuovo dominio manageriale in cui confluiscono, connettendosi e modificandosi reciprocamente, discipline un tempo separate.” Tuttavia, scrive nel 1993 su Mondo Economico, “il determinarsi del nuovo dominio manageriale è possibile solo all’interno dell’organizzazione d’impresa che adesso si sta affermando e, allo stesso tempo, esso è necessario per il corretto funzionamento di questo nuovo modello organizzativo. La nuova organizzazione cui mi riferisco si caratterizza per essere “piatta”, rapida, interfunzionale, reticolare. In una parola, l’organizzazione comunemente definita “post-tayloristica”, basata quindi non sulla massima divisione possibile del lavoro, ma sul principio opposto, vale a dire la massima compattazione possibile del lavoro e sulla riduzione delle entità non strettamente necessarie. Per questo motivo, l’organizzazione post-tayloristica può essere definita anche “organizzazione occamista”. Al filosofo Guglielmo d’Occam (1300-1347) si fa infatti risalire la famosa frase “entia non sunt moltiplicanda sine necessitate” (le entità non devono essere moltiplicate oltre quanto è strettamente necessario). E’ il “rasoio di Occam” che gli stessi storici della filosofia chiamano “principio di economia”. E’ chiaro allora che se l’organizzazione tayloristica è caratterizzata da un moto centrifugo, che tende a distinguere e moltiplicare gli specialismi, nell’organizzazione occamista tutte le discipline manageriali sono soggette ad un processo centripeto, per il quale esse sono attratte le une verso le altre. La massima compattazione del lavoro genera quindi una tendenziale interdisciplinarietà e quello che abbiamo definito un nuovo dominio manageriale.”
Breve storia dello H.M. 2 Nel 1995 Marco Minghetti dà vita a Biblioteca Agip, una collana di libri che Agip realizza in coedizione con Sperling & Kupfer e Jaca Book. Con il primo editore la collana pubblica libri di carattere manageriale, con il secondo opere letterarie dei Paesi in cui Agip (oggi Divisione Exploration & Production di ENI) opera. La Biblioteca Agip vive due anni e rappresenta il primo tentativo nato in ambito imprenditoriale di rinnovare la pionieristica esperienza delle Edizioni Comunità di Olivetti, di con-fondere autori specialisti in management con poeti e romanzieri di tutto il mondo, di sperimentare quella “conversazione permanente tra passione e ragione che deve andare insieme alla ricerca di quanto vi è di buono nelle altre civiltà”, posta ancora recentissimamente da Edgar Morin come priorità etica se si vuole guardare con serenità al futuro. Una decina i titoli pubblicati, tutti di altissimo livello, fra cui la raccolta di poesie Attento, Soul Brother, che fece conoscere in Italia lo scrittore nigeriano Chinua Achebe, e il volume vincitore del Pulitzer Il premio, di Daniel Yergin. In questo quadro, Minghetti firma Le cose e le parole, libro-inchiesta su prassi e strumenti per lo sviluppo della cultura d’impresa in 20 multinazionali (coautore Giorgio Del Mare) e cura il volume miscellaneo La metamorfosi manageriale: due testi nei quali si individuano alcuni concetti (ad esempio quello di “personigramma” e di “impresa circense”) che in seguito diverranno centrali nell’elaborazione dei principi dello humanistic management.
L’esperienza di Hamlet nasce nel marzo del 1997 come rivista ufficiale dell’AIDP destinata a 30.000 imprenditori e manager mission: sperimentare una modalità innovativa di riflessione manageriale fondata sull’apporto delle diverse discipline umanistiche In realtà ci sono diverse possibili risposte. Innanzitutto va però chiarito perché è stato chiesto a me di rispondere al quesito. La ragione è che io da 15 anni opera nella Direzione del Personale e sono associato all’AIDP. Proprio per conto di AIDP nel marzo del 1997 ho fondato la rivista Hamlet, che si proponeva proprio di affrontare i temi manageriali con un linguaggio nuovo, che traesse ispirazione da Shakespeare. .
A long way of Metadisciplinar and multicultural meditations… 1997 fundation and Minghetti’s direction till 2003. Magazine of AIDP (Italian Association for Personnel Management) 2003-2005 Magazine Personae :metadisciplinar approach applied to organisation world
Shakespeare nella letteratura manageriale
L’approccio anglosassone All’epoca di Shakespeare, l’alto dirigente veniva chiamato leader e aveva il compito di guidare una nazione, un clan o una contea. Gran parte delle sue opere mostrano quali sono i difetti del cattivo leader e le qualità del buon capo. I manager di oggi possono quindi trarre da queste opere lezioni di comportamento ancora attuali.
Nasce lo humanistic management Nell’impresa shakespeariana vi è invece un approccio metodologico che porterà nel 2004 alla nascita di un nuovo modello: lo humanistic management per il quale la poesia, l’arte, la filosofia: sono concepiti come strumenti operativi volti al superamento dei linguaggi settoriali si traducono in catalizzatori metadisciplinari -
Necessità di un nuovo discorso Di fronte ad un mondo ‘complesso’, in rapido e continuo mutamento occorre non un nuovo paradigma, non una nuova verità assoluta, assiomatica, ma piuttosto un nuovo tipo di discorso: che ci parli di come si coglie l’emergere del nuovo di come si impara ad imparare dunque di un discorso che metta al centro l’‘arte’, quale ci è mostrata in massimo grado da poeti, romanzieri, drammaturghi: da “umanisti” nel senso rinascimentale, narratori di storie, “facitori di senso” (sensemakers) tramite il romanzo, la poesia, l’autobiografia, il teatro, il cinema.
Manifesto: Parte Prima. Concetti Sezione 1: Il contesto: un approccio metadisciplinare La dimensione filosofica, ermeneutica, storica, economica, organizzativa, politica, strategica, sociologica Cosa ci chiede il post. Sei domande per il management umanistico (Piero Trupia). Il management della modernità riflessiva. La conoscenza come risorsa per esplorare e per condividere (Enzo Rullani) Da Esiodo al Duemilaventicinque. Un modello umanistico latino per le imprese (Domenico De Masi) Sezione 2: Il mondo vitale dell’impresa Valorizzare l'intangibile: esperienze, conoscenze , relazioni, intelligenze, emozioni, regole, morali, etiche Il capitale intellettuale. Come dischiudere la ricchezza nascosta dell’organizzazione (Franco D’Egidio) L’azienda razionale e l’azienda emotiva. Emozione ed intelligenza per lavorare divertendosi (Luca, Laura, Maria Ludovica, RiccardoVarvelli) L’azienda etica. L’impresa come protagonista di una storia che le persone desidererebbero sentire (Giampaolo Azzoni)
Manifesto: Parte Seconda: Strumenti Sezione 3: Identità individuale. La cura di sé. Letteratura, autobiografia, cinema. Un certo tipo di letteratura. Breve storia di un mondo possibile (Francesco Varanini). La scrittura di sé nell’autoformazione umanistica. L’impresa come spazio narrativo ritrovato (Duccio Demetrio) Nutrire l’enigma. Il cinema come strumento di pensiero e di comunicazione nelle realtà complesse (Giuseppe Varchetta). Sezione 4: Identità collettiva. La cura per gli altri. Networking, Business TV, Teatro d’impresa, Edutainment. Il Simposio platonico nel XXI secolo. Competenze di ruolo per la gestione della comunità e lo sviluppo della conoscenza negli ambienti virtuali (Paolo Costa) La business television. La tv come media e come schema mentale (Andrea Notarnicola). Esperienze e sogni di un formattore. La cultura d’impresa fra formazione, comunicazione e intrattenimento (Enrico Bertolino)
Humanistic management 3 “Le nuove frontiere della Cultura d’Impresa. Manifesto dello humanistic management, pubblicato da Etas nel 2004. In quella occasione, un gruppo di noti esponenti della cultura italiana ha proposto una visione alternativa di che cosa sia e di come gestire il “mondo vitale” delle imprese: lo humanistic management. Una apertura al nuovo che guarda alle possibilità dell’Information & Communication Technology coniugate a discipline che solo da qualche tempo hanno cominciato ad essere utilizzate in contesti imprenditoriali – la letteratura, la filosofia, l’antropologia, la drammaturgia, la cinematografia. “Dalla poesia all’apprendimento”: così è sintetizzata la questione nella controcopertina del libro.
Societing. (da un articolo scritto da Giampaolo Fabris) Credo siano davvero maturi i tempi, il neologismo intende porlo con forza, per una radicale rifondazione del marketing. Di quella funzione cioè che ha sempre presieduto ed ottimizzato gli interventi dell' impresa sui mercati. Una disciplina ancora improntata a una filosofia di stampo fordista/taylorista dell' epoca che ne ha costituito il terreno di coltura, dei grandi mercati di massa che l' hanno vista nascere e consacrato i suoi successi. Da allora il contesto a cui il marketing deve applicarsi, e il sistema di prodotti e servizi che deve promuovere, è profondamente cambiato. E' una società nuova dove produzione e consumo vedono abbattere i tradizionali steccati, e l' abituale separatezza, per divenire due facce di una medesima realtà.
Societing significa porre l' enfasi su questi incisivi cambiamenti e sottolineare che il mercato è parte della società, è un suo subsistema e non un hortum clausum di esclusiva pertinenza degli aziendalisti; che i significati intangibili, simbolici delle merci prevalgono largamente sugli aspetti strumentali, performativi; che il consumatore ha ormai acquisito un potere ed una discrezionalità che contrasta sempre più vistosamente con gli stereotipi della sua tradizionale subalternità. Significa anche che i mercati, per usare un lessico caro ai cultori delle nuove tecnologie, sono ormai divenuti "luoghi di conversazione": in transizione da mercati di massa a una massa di mercati (Anderson) composti da tante nicchie, al limite formati da singoli individui, in cui si frammenta oggi la domanda.
Ma, soprattutto, il richiamo al societing significa prendere atto delle crescenti responsabilità sociali delle imprese; della richiesta nuova di trasparenza e di eticità da parte del consumatore lungo tutta la filiera di ciò che acquista; della presa di consapevolezza delle gravi patologie che possono derivare da alcune pratiche di consumo; dell' inadeguatezza dell' etica one spot che è stata, sino ad adesso, prassi ricorrente anche da parte delle imprese più lungimiranti. .