CHE COS’E’ LA DIDATTICA MUSEALE *

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Transcript della presentazione:

CHE COS’E’ LA DIDATTICA MUSEALE * L’insieme delle metodologie e degli strumenti utilizzati da istituzioni museali e scolastiche per rendere accessibili ad un più vasto pubblico collezioni, raccolte, mostre e in generale ogni tipo di esposizione culturale.

Indice 1) Il patrimonio culturale degli Stati italiani pre- unitari e la funzione conservativa e formativo- professionale delle collezioni: 2) Raccolte, collezioni e gallerie 3) Cultura e istruzione dopo l’Unità d’Italia: - i monumenti - i nuovi grandi musei dell’arte e dell’industria - i musei civici

3) L’Amministrazione scolastica del nuovo Stato italiano: - il problema dell’analfabetismo - la scuola dell’obbligo - il problema delle metodologie e dei mezzi didattici

Cultura e istruzione nel Secondo dopoguerra Cultura e istruzione nel Secondo dopoguerra. La funzione educativa dei musei: - l’apertura dei musei al grande pubblico - le prime esperienze di didattica museale in Italia 5) Nascita della Didattica Museale. - Il carattere interdisciplinare - la questione sociale - la dimensione psicologica

Il patrimonio culturale degli Stati italiani prima dell’Unità Il nuovo Stato italiano, nato nel 1861, eredita dagli Stati Preunitari un considerevole patrimonio culturale, tra monumenti, biblioteche, raccolte e musei spessori grande valore. Molti di questi beni offrivano grandi risorse anche dal punto di vista etico-educativo. Vediamo alcuni esempi.

A Milano, nel 1625, il cardinale Federico Borromeo aveva lasciato le proprie raccolte di opere d’arte alla Biblioteca Ambrosiana di Milano per offrire materiali di studio ai giovani artisti.

Nel 1776, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria fonda nel Palazzo di Brera una raccolta di opere d’arte ad uso didattico

A Bologna, nel 1603, il naturalista Ulisse Aldrovandi, considerato il fondatore della Storia Naturale moderna, aveva donato le proprie collezioni al Senato di Bologna. Interessanti, dal punto di vista didattico, le illustrazioni, allegate ai suoi studi, destinate a mostrare oggetti e fenomeni in modo concreto a tutti i lettori.

A Firenze il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo di Lorena, nel 1769, esponeva, per la prima volta al pubblico le collezioni d’arte della famiglia Medici nella Galleria degli Uffizi (1769).

A Roma, nella seconda metà del Settecento, i Papi organizzavano in senso moderno le raccolte pontificie aprendo al pubblico i Palazzi ed i Musei Vaticani.

Le raccolte e i musei annessi agli istituti scolastici. Il Liceo Ginnasio “C. Beccaria”, a Milano. E’ uno fra i più antichi d’Italia. Il Ginnasio fu fondato dalla Congregazione dei Barnabiti nel 1603. La denominazione Liceo fu introdotta nel periodo napoleonico quando fu dato alle scuole superiori d’indirizzo umanistico un ordinamento più affine alle scienze

Liceo “ Ennio Quirino Visconti,” di Roma Il Liceo classico "E. Q . Visconti" di Roma fu istituito nel 1870 ed è il più antico della capitale. Occupa una parte del complesso del Collegio Romano, fondato nel XVI sec. è oggi monumento nazionale. Originariamente Università dei Gesuiti, fu per secoli uno dei centri culturali più attivi di Roma. Il governo italiano, nel 1870, trasformò l'istituto in liceo-ginnasio statale intitolandolo ad E.Q. Visconti, illustre antichista (1751 – 1818).

Il ginnasio-liceo “Terenzio Mariani” di Roma Questo Liceo è intitolato al nome del senatore Terenzio Mamiani. Dispone di ricche collezioni di Fisica e Scienze Naturali con strumenti di Meccanica, Acustica, Ottica, Termologia, Elettromagnetismo, Botanica, Zoologia, Paleontologia Litomineralogia, Astronomia, Chimica, Microscopia e Stereoscopia. Per un totale di 2200 reperti

La valorizzazione del patrimonio culturale italiano I monumenti nazionali Il nuovo Stato italiano cerca di rafforzare l’immagine della propria identità sia richiamandosi all’enorme patrimonio storico-culturale del Paese, sia esaltando i valori del recente Risorgimento.

Roma monumento nazionale Il ministro dell’Istruzione Guido Baccelli fu promotore di legge per la conservazione e la tutela dei monumenti esistenti sulla zona meridionale di Roma.

I nuovi grandi musei dell’arte e dell’industria Nel XIX secolo, con l’impetuoso sviluppo dell’industrializzazione in tutta Europa, si creano grandi musei sia per finalità economico-produttive, sia per scopi educativo-formativi. Per l’Italia è il periodo dell’istituzione di grandi musei nazionali, come il Regio Museo Industriale italiano (1862).

Il Museo “Gaetano Filangieri” a Napoli” Si volle creare uno strumento didattico costituito da due istituzioni diverse: scuola e museo, unite da un unico obiettivo ideale: il museo inteso come strumento didattico, luogo di studio e di crescita per la città: l'istruzione industriale ed il design, la teoria e la pratica, il recupero del passato (nelle forme) e l'aggancio con il futuro (nelle tecniche).

I musei “Civici” Agli inizi del XIX secolo viene creato - soprattutto nell’Italia settentrionale - un nuovo tipo di museo, volto a superare le raccolte d’arte o naturalistiche di principi e studiosi in direzione di una più precisa identità tipologica delle collezioni stesse, secondo l’ideale illuminista del tempo. Si tratta dei cd. “musei civici”,

questi musei volevano avere, soprattutto, una chiara ispirazione pedagogico-didattica nella volontà di formare nei cittadini un’autocoscienza civile e un’identità culturale. I musei civici italiani, in pratica, divennero il principale punto di riferimento per la storia delle città italiane e “ il punto di partenza per ogni futura conoscenza tutela e valorizzazione del patrimonio culturale di interi territori”

I musei civici di Reggio Emilia

La scuola dell’obbligo dopo l’Unità d’Italia: il problema dell’analfabetismo

Nel 1860 l’Italia inizia il proprio cammino scolastico “ereditando” dagli Stati preunitari una popolazione con il 78% di analfabeti, dei quali gran parte donne ed anziani, residenti nel Centro e nel Meridione del Paese (dove si raggiungevano punte del 90% !). L’istruzione pubblica appare subito come una drammatica questione nazionale. La prima legge organica sulla pubblica istruzione in Italia fu la legge Casati del 1859.

Di fronte al persistere del grave problema dell’analfabetismo lo Stato italiano si impegna nell’approfondire il problema attraverso una serie di studi e statistiche ministeriali. L’insuccesso della politica dell’istruzione dipendeva sicuramente dalle disagiate condizioni economico-sociali della popolazione, ma anche sul piano più specificatamente scolastico la situazione appariva del tutto inadeguata.

Il problema riguardava soprattutto la scuola primaria Il problema riguardava soprattutto la scuola primaria.Quest’ultima, infatti, doveva essere finalizzata, in modo quasi assoluto, all’esigenza di alfabetizzare rapidamente la maggior parte della popolazione italiana. Così, in pratica, unici sussidi didattici furono i libri di testo, la “tavola nera” (cioè la lavagna), i tabelloni murali e le raccolte scolastiche formate per iniziativa di insegnanti ed alunni sulla base delle visite d’istruzione all’ambiente circostante.

La ricerca di nuovi metodi didattici Si cercarono possibili soluzioni anche introducendo nuove metodologie e mezzi didattici nelle pratiche di insegnamento. E’ questo un periodo di grandi trasformazioni scientifiche, tecnologiche e sociali e anche l'epoca delle grandi esposizioni internazionali.

Il ministro dell’Istruzione Ruggero Bonghi visitò personalmente l'Esposizione universale di Vienna del 1873 riportando in Italia una quantità di nuovi materiali didattici.

Tali materiali andarono a formare il primo Museo di Istruzione e di Educazione nazionale, destinato “a raccogliere in un luogo i modelli più progrediti degli arredi e della casa scolastica”, oltre a libri e mezzi d’insegnamento di ogni genere... “ tenuti quali altrettanti strumenti per cui mediante il fedele testimonio degli occhi si avviva l’intelletto e si forma l’abito del retto osservare”.

I Programmi del 1888 Aristide Gabelli Un notevole progresso dal punto di vista pedagogico-didattico si ha con i programmi scolastici del 1888 elaborati da una Commissione di esperti, di cui facevano parte, tra gli altri, Pasquale Villari e Aristide Gabelli.

“ Lezioni oggettive ” e “ lezioni per immagini ”

Maria Montessori Uno dei contributi più importanti allo sviluppo della ricerca e della pratica educativa fu dato da Maria Montessori

La separazione tra scuola e musei Dal 1867 era stata creata presso il Ministero della Pubblica Istruzione la Giunta di Belle Arti (trasformata, poi, nel 1881 in Direzione Generale delle Antichità e Belle arti) per “informare il Ministro sullo stato delle Gallerie, dei monumenti e di tutto quello che riguarda le Belle Arti”. In realtà nella visione del il Ministero della Pubblica Istruzione di allora la principale finalità dei musei doveva consistere nell’opera di conservazione e di tutela del patrimonio culturale nazionale

In pratica, fino al secondo dopoguerra, è prevalsa nei musei “la dimensione conservativa , cioè un orientamento rivolto soprattutto alle collezioni (le cd. Raccolte governative) anziché al pubblico. Lo stesso termine “museo” viene espunto dal lessico ufficiale. Per queste ragioni il sistema scolastico e quello dei beni culturali - anche se formalmente collocati in un’unica Amministrazione - rimarranno separati, in pratica, sul piano della funzionalità educativo-didattica fino a tempi relativamente recenti.

La separazione tra scuola e musei diviene istituzionalmente definitiva, poi, con l’istituzione del Ministero per i Beni culturali con legge 29 gennaio 1975, n. 5. I rapporti tra scuola e museo furono perciò per molti anni scarsi e rapsodici

Soprattutto –come osservava in modo penetrante Pietro Romanelli (il primo Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti nel secondo dopoguerra ad affrontare in modo conseguente la questione) “insegnanti e studenti restavano passivi testimoni di una cultura organizzata secondo criteri molto lontani dai loro reali interessi e dalle effettive possibilità di comprensione.

Che il museo potesse diventare un necessario ed insostituibile complemento della scuola e che, come tale, dovesse essere aperto e reso accessibile e comprensibile a tutti, non era neppur pensato e tanto meno realizzato o era, al più, vagheggiato da pochi come simpatica utopia”.

Le osservazioni del Direttore Generale Romanelli riflettevano, in realtà, i profondi cambiamenti che stavano avvenendo nel mondo della cultura sul piano internazionale.

L’apertura dei musei al grande pubblico Già a partire dagli anni ’50 si era diffusa in ambito internazionale, una nuova sensibilità volta a promuovere la conoscenza dei musei presso il grande pubblico oltre la ristretta cerchia degli esperti e dei ceti più colti.

In Italia la nascita della Didattica museale è legata ad una serie di iniziative istituzionali lungo l’arco di un ventennio, tra gli anni ’50 e ’70. L’evento fondamentale della Didattica dei Musei, in Italia, è rappresentato dal Convegno “ Il museo come esperienza sociale, Roma, 4-5-6- dicembre 1971sotto il patronato del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat,

Le prime esperienze di didattica museale in Italia la Galleria Nazionale di Arte moderna di Roma il Museo Poldi Pezzoli di Milano la Pinacoteca di Brera il Gabinetto Nazionale delle Stampe il Museo Etrusco di Villa Giulia i Musei Comunali di Roma il Museo del Sannio di Benevento il Museo Nazionale di Reggio Calabria Il Museo nazionale Messina il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Nuove metodologie di didattica museale

La questione sociale Fra le principali considerazioni che portavano ad evidenziare l’importanza di un approccio precoce al mondo della cultura e dei musei vi era la considerazione dei gravi problemi sollevati dalle grandi migrazioni interne (nord –sud) del Paese con la conseguente perdita delle radici socioculturali

Il contributo della Psicologia Uno dei primi, importanti, contributi alla Didattica Museale fu offerto dalla più avanzata ricerca internazionale nel campo della Psicologia, come la psicologia della Gestalt, la scuola del New Look dell’Università di Harvard, e in Italia l’Università di Milano). Si metteva in evidenza come l'atto del percepire non si risolve nella semplice riproduzione di un dato stimolo, in quanto ogni percezione viene elaborata dal "vissuto soggettivo" di ciascun individuo.

COME APPRENDIAMO

Il contributo della Teoria della Gestalt (o Psicologia della Forma).