Giovanni Manetti Scienze della Comunicazione Università di Siena

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Transcript della presentazione:

Giovanni Manetti Scienze della Comunicazione Università di Siena

Modello di Shannon e Weaver

Il modello comunicativo

Modello Comunicativo Riformulato

Funzioni del Linguaggio

Il circuito della Parole (o Processo)

3 Processi Processo psichico Processo fisiologico Processo fisico

Langue (Sistema) vs Parole (Processo) La Langue è “un tesoro depositato dalla pratica della parole nei soggetti appartenenti a una stessa comunità, un sistema grammaticale esistente virtualmente in ciascun cervello o, più esattamente, nel cervello di un insieme di individui, dato che la lingua non è completa in nessun singolo individuo, ma esiste perfettamente soltanto nella massa” (CLG: 23) La Parole è “il momento individuale, nel senso della realtà psico-fisiologica del singolo atto linguistico, mentre la langue è la parte sociale del langage, esterna all’individuo, che non può né crearla, né modificarla” (Lepschy, 1966:45)

La Langue (o Sistema) E’ la parte sociale del linguaggio, esterna all’individuo, che non può né crearla, né modificarla E’ un oggetto che si può studiare separatamente dalla parole (infatti si possono studiare le lingue morte) E’ di natura omogenea, a differenza del linguaggio, che complessivamente è eterogeneo E’ un oggetto di natura concreta, poiché i segni linguistici non sono delle astrazioni

Pertinenza Langue/Parole

Linguaggio vs Lingua

Il funzionamento inferenziale della comunicazione In molte situazioni il codice comune non c’è e deve essere costruito, come nei seguenti esempi: Traduzione radicale Allusioni e sottintesi Interazione con un apparato tecnico di cui non si conosce il funzionamento Detection

Modello inferenziale

L’Interprete cercherà di ipotizzare che cosa l’emittente abbia verosimilmente voluto comunicargli (il Messaggio) in una determinata occasione. Il Segnale fornisce delle indicazioni per la strategia interpretativa, ponendo al contempo dei limiti. La comunicazione può dirsi riuscita quando il messaggio di partenza è maggiormente simile a quello finale.

Conseguenze del modello inferenziale Scompare la nozione di codice Il lavoro dell’emittente e dell’interprete non sono più identici e speculari

Forme della Comunicazione

Significato secondo Grice

Livelli della Comunicazione

Significazione e Comunicazione Un sistema di significazione collega entità presenti, o percepibili, a entità assenti, o non percepibili Un processo di comunicazione usa le unità di un sistema di significazione per istituire una relazione interazionale tra un emittente e un ricevente

Quattro distinzioni Comportamento: qualsiasi azione motoria di un individuo, osservabile in qualche modo da un altro. Interazione: qualsiasi contatto (sia fisico che virtuale) che avvenga fra due o più individui, anche in modo involontario, in grado di modificare lo stato preesistente delle cose tra loro.

Informazione: acquisizione di conoscenze inferite in modo autonomo da parte di B nei confronti di A, anche se quest’ultimo non ne è stato consapevole. Comunicazione: esige la presenza di un’intenzione comunicativa che è sempre la combinazione simultanea di due intenzioni: 1) l’intenzione di A di comunicare qualcosa a B; 2) l’intenzione di A di fare in modo che il suo atto comunicativo sia riconosciuto in quanto tale da B.

Tre funzioni della comunicazione Funzione proposizionale: la comunicazione serve a elaborare, organizzare e trasmettere conoscenze tra i partecipanti. Tali conoscenze vengono organizzate e veicolate sotto forma di proposizioni. Proposizionalità del pensiero Significato Immagini mentali Capacità computazionale (deduzione, induzione, abduzione)

Funzione relazionale: la rete delle relazioni in cui uno è inserito è costituita, alimentata, rinnovata e modificata dalla comunicazione. Essa: Genera e sviluppa una relazione Mantiene e rinnova la relazione Cambia la relazione Restaura una relazione Estingue una relazione

Funzione espressiva: la comunicazione consente di declinare in modo personale e soggettivo le molteplici traiettorie di significato e di senso nell’interazione con gli altri. Creatività Emozioni e sentimenti Ironia Seduzione

Elementi di Public speaking

Che cosa significa “comunicare”? Cercare di manipolare in una certa maniera la mente del destinatario, fatto che corrisponde all’azione di assemblare una insieme di dati in un modo tale da modificare l’ambiente cognitivo dell’interprete, portandolo a costruire delle rappresentazioni simili a quelle già contenute nell’ambiente cognitivo di chi emette l’informazione. Ciò si verifica: - sul piano cognitivo (far-credere): chi comunica vuole plasmare o intaccare le cognizioni dl proprio destinatario; - sul piano pragmatico (far-fare)

Conoscere il pubblico a cui si comunica Conoscere il profilo personale (status e personalità di chi ascolta, interessi, motivazioni). Conoscere il profilo tecnico-professionale di chi ascolta (permette di adattare il linguaggio alle competenze culturali e linguistiche dell’ascoltatore)

Caso del “pubblico disomogeneo” Posizionamento sul gruppo più numeroso o di maggiore importanza

La comunicazione non verbale tra il 75 e l’80% delle informazioni che raggiungono la nostra corteccia cerebrale passa attraverso gli occhi solo il 10-15% giunge dall’orecchio.

Efficacia comunicativa

Sguardo e sue funzioni Funzione vettrice Funzione di captazione Trasmette la sensazione del colloquio a due. Elimina le distrazioni visive. Ottiene un rallentamento delle altre attività dell’uditorio. Funzione di captazione Ottiene la padronanza dell’uditorio, controllando le reazioni. Funzione espressiva

Lo scanning Consiste nello scorrere con lo sguardo i visi delle persone che compongono l’uditorio, nessuno escluso, sforzandosi di guardarle effettivamente negli occhi per non più di 3-5 secondi ciascun ascoltatore, proiettando il proprio contatto visivo su ogni partecipante.

Benefici del contatto visivo

Errori da evitare (1) Mani ai fianchi: nota come “Mussolini position”, dà ai presenti un’idea di arroganza, di sfida. Braccia incrociate: la percezione è di chiusura, di scarsa disponibilità al dialogo. Pollici nella cintura dei pantaloni: posa “alla John Wayne”, poco professionale ed eccessivamente disinvolta. Mani incrociate davanti: “posa adamitica”, suggerisce l’idea che l’oratore regga la foglia di fico. Mani intrecciate dietro: “posa a genio immerso nei suoi pensieri”, soprattutto se l’oratore si muove lateralmente senza guardare l’uditorio.

Errori da evitare (2) Mani congiunte: “posa della preghiera”, che suggerisce l’idea di un oratore remissivo. Mani in tasca: posa del “guardate come sono disinvolto!”; si perde l’efficacia dei gesti e si mostra un atteggiamento non molto professionale. Toccarsi il corpo o gli abiti: insistere col gesto su naso, orecchi, testa, occhiali, giacca dimostra nervosismo. Uso della bacchetta per mostrare lucidi: “posa del direttore d’orchestra”; può essere un boomerang e dare luogo ad un atteggiamento goffo per un gesto incontrollato.

Emblemi (gesti simbolici) Sono quegli atti non verbali che hanno una traduzione verbale immediata; potrebbero essere sostituiti da una o due parole o da una frase, senza alterare il senso dell’informazione trasmessa

Emblemi (2) Sono prodotti da uno sforzo intenzionato di comunicare Hanno significato specifico codificato Sono normalmente sostitutivi del linguaggio verbale Sono meno personali di altre categorie Sono di solito emessi consapevolmente Hanno origine dall’apprendimento, molto del quale è specifico di una cultura.

Illustratori Movimenti che sono direttamente collegati al discorso e servono ad illustrare ciò che viene detto verbalmente; possono ripetere, sostituire, aumentare o contraddire l’informazione fornita verbalmente. Bacchette: movimenti che danno il tempo, accentuano o enfatizzano una particolare parola o frase, “battono il tempo del moto del pensiero” Ideografi: movimenti che delineano una direzione del pensiero, tracciando l’itinerario di un processo logico.

Illustratori (2) Deittici, che indicano un oggetto presente Movimenti spaziali, che descrivono una relazione spaziale Cinetografi, che delineano un’azione del corpo Pittografici, che tracciano un disegno del loro referente Meno coscienti degli emblemi Meno intenzionali Sono appresi culturalmente, soprattutto attraverso l’imitazione, da parte del bambino, di coloro con cui vuole identificarsi Il tipo di illustratori varia con l’ambiente etnico

Adattatori (1) Sono così chiamati perché sono appresi dapprima come sforzo di adattamento per soddisfare bisogni psichici o fisici. Permettono di scaricare, e/o controllare l’emotività e l’ansia che si determinano in una interazione Quando l’adattatore appare nell’adulto è perché qualcosa riporta alla luce strutture comportamentali apprese nell’infanzia

Adattatori (2) autoadattatori (es.: leccarsi o toccarsi le labbra; mettersi le mani nel naso; schioccare la lingua contro il palato; stringere le gambe; darsi dei pizzichi; grattarsi, accarezzarsi la faccia o massaggiarla; grattarsi il capo, lisciarsi i capelli; strofinarsi la fronte; coprirsi gli occhi; strofinarsi le mani) eteroadattatori (es.: corteggiamento; toccare l’altro mentre si parla; ecc.) oggetto-adattatori (es.: giocare con la penna mentre si parla; ecc.) di solito l’interlocutore ignora l’adattatore altrui e distoglie lo sguardo

Regolatori (1) Si tratta di azioni che mantengono e regolano l’alternanza discorso-ascolto nella conversazione. Segnalano a chi parla di continuare, ripetere, sviluppare un concetto, oppure di affrettarsi; possono segnalare la volontà dell’interlocutore di prendere a sua volta la parola; possono segnalare all’interlocutore di attendere a prendere la parola, di parlare, di prestare particolare attenzione, ecc. Definiscono mutamenti di comportamento indipendenti dai significati verbali (sono diversi dagli illustratori) e sono dipendenti dalla situazione conversazionale. (es.: cenno con la testa; movimenti oculari; ecc.)

Regolatori (2) Non hanno generalmente significato autonomo, ma convogliano una informazione necessaria alla buona condotta della comunicazione, regolando lo scambio dei ruoli tra parlante e ascoltatore Hanno funzione regolativa, in quanto influenzano il comportamento altrui Se ne percepisce l’assenza, anche se di solito non si percepisce la loro presenza. Non sono intenzionali, ma abituali e appresi inconsciamente.

Espressioni del volto Segnale. L’atto di comunicare un sentimento, opinione, emozione, atteggiamento o altro messaggio contraendo i muscoli del volto Uso: La forza espressiva combinata dei muscoli del mento, delle labbra, degli occhi, delle sopracciglia è senza pari nel regno animale. Più di ogni altra parte del corpo la nostra faccia rivela emozioni, opinioni e stati d’animo. Mentre possiamo imparare a manipolare alcune espressioni (ad es. il sorriso), alcune espressioni facciali inconsapevoli (ad es. sporgere le labbra, tendere la bocca, mostrare la lingua) riflettono i nostri veri sentimenti. Molte espressioni facciali sono universali, altre dipendono da regole e usanze culturali.

Dimostratori di emozioni Il viso è il luogo di elezione dei dimostratori di emozioni. Ma anche alcuni movimenti del corpo possono essere dimostratori (es.: ritrarsi come reazione ad uno spavento improvviso; tremore) Ci sono movimenti distintivi dei muscoli facciali per ciascuna delle emozioni primarie: felicità sorpresa timore tristezza rabbia disgusto interesse

Espressioni mimiche

Dimostratori di emozioni (2) Sembra che i dimostratori di emozioni siano in una certa misura comuni a tutta l’umanità. Tuttavia possono scaturire da stimoli differenti e essere sottoposti a regole dimostrative differenti L’informazione fornita dai dimostratori di emozioni è più personale di quella fornita dalle categorie precedenti Le dimostrazioni emotive sono informative Hanno spesso conseguenze interattive Molti dimostratori di emozioni non sono comunicativi, in quanto non sono prodotti con l’intenzione di trasmettere un messaggio.

Spazio Variabili culturali e situazionali Distanza interpersonale Contatto corporeo Orientazione Postura Variabili culturali e situazionali

Distanza interpersonale Spazio personale (“Bolla invisibile”) Distanza intima (0-45 cm) tatto, odore, calore Distanza personale (45-120 cm) distanza amicale (ci si può toccare) Distanza sociale (120-360 cm) relazioni formali, contatto visivo e uditivo Distanza pubblica (oltre 360 cm) situazioni pubbliche, principalmente contatto visivo

Contatto corporeo Contatti reciproci Contatto individuale Strette di mano, baci sulla guancia, ecc. Contatto individuale Pacca sulla spalla ecc. Può denotare rapporto asimmetrico Zone del corpo “consentite”

Orientazione Frontale (faccia a faccia) Laterale (fianco a fianco) Distanza angolare: L’orientamento spaziale, misurato in gradi, delle spalle di un individuo rispetto a quelle di un altro individuo. 2. La posizione della porzione superiore del corpo di un parlante in relazione a quella di un ascoltatore. 3. Il grado di allineamento del corpo tra parlante e ascoltatore, misurato sul piano coronale (che divide il corpo in una parte frontale e in una dorsale). USO La distanza angolare rivela come ci rapportiamo a persone sedute, in piedi, o che sono in attesa vicino a noi. La parte superiore del nostro corpo involontariamente si adatta, si rivolge e “punta” coloro che ci piacciono, che stimiamo e con i quali andiamo d’accordo, ma si dispone ad angolo nei confronti delle persone che non ci piacciono e con le quali non andiamo d’accordo. La distanza angolare può variare dagli 0° (faccia a faccia) ai 180° (quando si “voltano le spalle” a qualcuno). (Givens 2002)

Postura La postura del corpo è importante per trasmettere all’uditorio la sensazione di professionalità e sicurezza. Collocarsi in piedi al centro della sala. Evitare ogni barriera di separazione (tavolo, leggio). Mantenere una posizione equilibrata sulle gambe Tenere le spalle erette

Movimenti in sala Evitare: Movimenti tipici dell’animale in gabbia Rimanere fissi sul posto, oscillando come un orologio a pendolo Piccoli passi avanti e indietro Cercare di: Tenersi al centro, muovendosi in direzione degli uditori (per es. per rispondere ad una domanda o farne una), ma ritornando poi al punto di partenza.

Segnali vocali (1) Paralinguistica Qualità della voce Timbro Intensità o volume Estensione Tono Risonanza Controllo dell’articolazione Velocità

Segnali vocali (2) Vocalizzazioni Caratterizzatori vocali (pianto, sospiri, riso); esprimono le emozioni Segregati vocali (intercalazioni sonore); intercalano le parole. Segnali vocali non verbali (indipendenti dal discorso, “impronta vocalica”) Fattori biologici Fattori sociali Fattori di personalità Fattori emotivi Silenzio