La gestione infermieristica del paziente oncoematologico

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Transcript della presentazione:

La gestione infermieristica del paziente oncoematologico Morbilità infettiva: tipi di infezioni, loro profilassi e terapia Bianco Luciana, Patrizia Troglia Paolat, DH di Ematologia ASL 9 Ospedale di Ivrea

Le infezioni nel paziente oncoematologico: premesse fisiologiche Le strutture che l’organismo ha a disposizione per difendersi dalle aggressioni dei microorganismi patogeni sono essenzialmente le seguenti: Barriere antomico-funzionali. Cute, mucose ad epitelio cilindrico vibratile come quello delle prime vie respiratorie, muco delle cellule caliciformi mucipare dello stesso epitelio, pH acido gastrico e vaginale, riflesso della tosse, motilità intestinale. L’integrità e il corretto funzionamento di queste strutture rende difficoltoso l’ingresso di eventuali microorganismi che vengono a contatto con l’organismo. Immunità cellulare aspecifica. Costituita da Macrofagi tissutali e Granulociti Neutrofili. Questi ultimi, in risposta a stimoli chemiotattici, lasciano il torrente circolatorio e raggiungono la sede di focolai infettivi “ripulendoli” tramite la fagocitosi dei microorganismi responsabili (soprattutto batteri e miceti). Inoltre prevengono infezioni da batteri opportunisti, cioè normali costituenti della flora microbica dell’organismo, ma non patogeni in condizioni normali.

Le infezioni nel paziente oncoematologico: premesse fisiologiche (II) 3) Immunità cellulare specifica. Costituita da Linfociti B e T. I Linfociti B, a contatto con un Antigene, producono e secernono una Ig (IgG, IgA, IgM) che lega l’Antigene stesso e ne determina la distruzione. Queste cellule B acquisiscono una “memoria immunologica” dela reazione immunologica. Così se in futuro dovessero avere un nuovo incontro con lo stesso tipo di Antigene elaboreranno una risposta anticorpale (Ig) con grande rapidità. I Linfociti T sono in grado di determinare una risposta citocida sull’antigene direttamente, senza necessità di produzione di Ig, tramite sintesi di citochine citotossiche. Inoltre molte citochine da loro formate servono a modulare la attività dei linfociti B. 4) Immunità umorale specifica. Costituita dalle Immunoglobuline, proteine complesse che sono prodotte dai linfociti B e si legano all’Antigene distruggendolo.

Le cause predisponenti Quello oncoematologico è un malato immunodepresso. La suscettibilità alle infezioni è facilitata da fattori diversi: La malattia oncoematologica midollare all’esordio provoca granulocitopenia (LAM) e/o linfocitopenia (GB<1000/mmc o Neutrofili <500/mmc). La chemioterapia determina un transitorio periodo di pancitopenia (aplasia midollare: GB<1000/mmc o N<500/mmc) per un periodo variabile da alcuni giorni a più di un mese. Il posizionamento di un catetere venoso centrale (CVC) interrompe l’integrità della barriera cutanea favorendo una porta d’ingresso per patogeni occasionali, talora anche facenti parti della flora residente cutanea che si “virulentano” e provocano infezione. La mucosite del cavo orale e del tratto G.I. provocata dalla terapia interrompe l’integrità della barriera mucosa favorendo batteriemie di ceppi normalmente residenti in questi distretti. L’ambiente ospedaliero e, nella fattispecie, quello ematologico, è uno spazio di selezione di ceppi patogeni che spesso maturano resistenza ai comuni antibiotici.

Le cause predisponenti 6) I condizionatori e gli impianti di aerazione di alcuni ambienti ospedalieri sono ricettacoli di batteri (soprattutto Legionelle) che si sviluppano in ambiente umido e diffondono per via aerea. 7) I lavori edilizi di manutenzione degli ambienti nosocomiali (accumulo di laterizi, mattoni, sabbia) sono fattori di proliferazione e contaminazione di miceti (soprattutto Aspergilli). 8) Determinati alimenti (carne cruda, verdure e frutta con la buccia, insaccati non industriali) possono favorire il veicolo di alcuni protozoi (Toxoplasma Gondii). 9) I visitatori. Anche se sani possono veicolare attraverso le vie aeree (goccioline di Pflugge) virus, batteri, più raramente miceti e protozoi. 10) Il personale ospedaliero è il più frequente veicolo di infezione tra pazienti ricoverati soprattutto per scarsa sensibilizzazione a misure preventive elementari, ma di grande efficacia.

Le infezioni Fino a prova contraria un episodio febbrile nel paziente neutropenico deve essere considerato la conseguenza di una infezione e come tale trattato. L’incidenza degli episodi infettivi nel paziente neutropenico ospedalizzato è direttamente proporzionale alla durata della neutropenia: da circa 15% nelle neutropenie di durata non > 7 gg a > 50% nei pazienti con neutropenie di durata > 20 gg. La mortalità degli episodi infettivi nella neutropenia è complessivamente stimata intorno al 30% globalmente, ma questo valore cambia significativamente a seconda di altre variabili che sono: Il tipo di malattia oncoematologica; La fase di malattia Eventuali co-morbidità Il P.S. del paziente Il tipo di infezione (batterica, micotica, virale etc) La ospedalizzazione o il trattamento domiciliare

Le infezioni batteriche Circa il 64% degli episodi febbrili nel p.te neutropenico sono associati a infezioni documentate. Il 60-80% di queste fino alla fine degli anni ’80 erano dovute a batteri aerobi gram-negativi, prevalentemente Pseudomonas Aeruginosa. Il 20% delle infezioni da gram-positivi erano sostenute da Staphylococcus Aureus. Dalla metà degli anni ’80 incremento delle infezioni da gram-positivi: oggi il 60-70% degli episodi di batteriemia sono sostenuti da cocchi gram-positivi (stafilococchi, streptococchi, enterococchi). Le cause di questo cambiamento sono probabilmente multifattoriali: profilassi con chinolonici, alte dosi di Ara-C, più frequenti mucositi etc., più diffusi CVC che caratteristicamente sono colonizzati da G+. Drammatico problema: emergenza di ceppi di enterococchi vancomicino-resistenti (VRE) soprattutto di origine nosocomiale (E. faecium): loro batteriemie mortali > 80% dei casi!

Le infezioni batteriche I cocchi gram-positivi hanno spiccato tropismo per il polmone: il 10% dei pazienti infettati da streptococchi sviluppano una sindrome respiratoria acuta (ARDS) mortale dal 6 al 30% dei casi. Pseudomonas Aeruginosa è invece uno dei più temibili ceppi di enterobacteriacee, gram-negativo, sviluppato in ambiente nosocomiale che ha già mostrato diversi episodi di resistenza a cefalosporine di III generazione così come Legionella Pneumophila ed E. Coli.

Le infezioni batteriche: i sintomi La febbre: ipertermia intermittente-remittente > 38,5°C in almeno tre controlli successivi. Talora unico segno di infezione in atto. Caratteristicamente preceduta da brivido scuotente (batteriemia). Quando la fonte è dovuta a colonizzazione del CVC il brivido e la ipertermia si inducono aprendo la cannula e generalmente regrediscono se questa è chiusa e inutilizzata. Sintomi legati a sede di interessamento: polmone, skin exit catetere, rene, SNC (raro), osso (rare, ma non eccezionali le spondilodisciti od osteomieliti), vescica, colon, ascessi in pressocché tutti i distretti organici. Dolori diffusi, ipotensione, tachicardia, nausea, vomito, fino allo shock settico. Talora le manifestazioni patologiche si estrinsecano all’uscita da aplasia quando i granulociti neutrofili riformatisi vengono attratti dalla sede di infezione: in tal caso l’uscita da aplasia può essere un momento delicato per il pericolo di formazione di ascessi in precedenza assenti.

Le infezioni fungine Sono un vero incubo per l’ematologo e uno dei più seri pericoli per il paziente in aplasia per una serie di ragioni: La frequenza con cui colpiscono: fino al 20% dei pazienti nei casi diagnosticati. La percentuale sale al 40% se si comprendono le casistiche autoptiche, segno che la metà dei pazienti muore di micosi non diagnosticata! La difficoltà di diagnosi talora per localizzazioni difficilmente raggiungibili (seni paranasali, encefalo, esofago, orbite, fegato etc). Risposta al trattamento solo in circa il 50% dei casi e a prezzo di utilizzo di farmaci spesso nefrotossici e poco tollerati (soprattutto prima dell’avvento dell’Anfotericina liposomiale). Compromissione dei piani di trattamento successivi: talora necessità di ridurre i successivi cicli di chemioterapia per un pregresso episodio grave di micosi che potrebbe ripresentarsi nelle fasi successive di terapia (profilassi antimicotica molto discussa…).

Le infezioni fungine: I patogeni più comuni Candida (albicans, glabrata, krusei etc). Le Candidosi disseminate: Più frequenti in presenza di CVC; Dopo lunghe terapie con steroidi; Dopo interminabili profilassi con Fluconazolo (Krusei); In presenza di gravi mucositi; Complicazioni viscerali: epatospleniche, oftalmiche, polmonari; Mortalità globale circa 60%! Trattamento tempestivo con farmaci appropriati per non meno di 14 gg e comunque fino al recupero dei granulociti neutrofili Importanti le colture di sorveglianza: se prima della chemioterapia si dimostrano sul paziente almeno tre siti di localizzazione di Candidosi circoscritte (ad es. ascella, vagina, retto) c’è elevata probabilità che il paziente svilupperà in aplasia una candidemia e una candidosi disseminata.

Le infezioni fungine: I patogeni più comuni Aspergillo (fumigatus, tereus, flavus etc). Le aspergillosi invasive: Considerate a buon diritto tra le più gravi infezioni del paziente neutropenico; Oltre ai già visti fattori di rischio sono legate strettamente alla GVH nel post trapianto allogenico di midollo; Porta di ingresso privilegiata è il polmone: quadro Rx caratteristico con lesione flogistica circolare a margini netti. Talora visibile solo/o meglio caratterizzabile con Tc torace a strato sottile. Sedi comuni i seni paranasali e, da qui, il SNC con mortalità elevatissima prossima all’80%. Capacità distruente sull’osso del massiccio faciale. Spore allignanti comunemente su laterizi, mattoni, sabbia e polveri provocate da lavori di ristrutturazione edilizia. Unici farmaci con potenzialità curative l’Anfotericina liposomiale e, in sub-ordine, il Voriconazolo. TAC dei distretti sospetti e ricerca Antigene Galattomannano sierico unici mezzi di diagnosi. Talora biopsia TAC guidata.

Le infezioni fungine: I patogeni più comuni Mucor. Le Mucormicosi: In assoluto le più gravi e distruenti infezioni nel paziente neutropenico. Spesso mortali, scarsamente rispondenti a terapia. Seni paranasali e orbite. Erosione distruttiva dell’osso è la regola. Capacità litica nei confronti dei tessuti circostanti elevatissima. Spesso fistole tra strutture contigue (esofagoaortiche, tracheoesofagee etc). Frequentemente diagnosi autoptica. Nessun screening di laboratorio e nessun fattore predittivo. Unico farmaco utilizzabile: Anfotericina.

Le infezioni virali Più rare delle infezioni batteriche e fungine, verosimilmente perché più dipendeti dalla immunità cellulare specifica (linfociti T) meno compromessa di quella aspecifica (granulociti neutrofili) nel paziente oncoematologico. Herpes virus. Prevalentemente Herpes Zooster, soprattutto nel linfoma di Hodgkin che, già di per sé, è caratterizzato da anergia immunologica. Diagnosi clinica. Terapia con Valaciclovir per almeno 10 gg. Citomegalovirus. Quasi endemico nel decorso in post-trapianto di midollo allogenico. Tropismo per il midollo osseo dove si manifesta attraverso una pancitopenia. Metodi sierologici in PCR per identificarne il genoma e l’Antigene precoce sierico. Terapia con Ganciclovi (Cymevene) per almeno 14 gg consecutivi. Morbilità e mortalità nettamente inferiori alle infezioni batteriche e fungine.

La profilassi non farmacologica La profilassi non farmacologica si basa su una serie di procedure atte a ridurre al minimo la possibilità di contaminazione del paziente ospedalizzato. Riduzione della carica batterica sulle mani del personale sanitario incoraggiando il lavaggio frequente delle mani, evitando anelli o altri gioielli, curando scrupolosamente pulizia unghie. Riduzione contatti con oggetti potenzialmente contaminati: NO piante, fiori, acqua dei rubinetti dell’ospedale. Decontaminazione cute e mucose (disinfezione). Screening dei visitatori. Uso di lavandini con sistemi di apertura “a leva” non rubinetti. Uso di guanti, maschere e camici.

La profilassi non farmacologica I Guanti L’uso dei guanti NON E’ IN GRADO DI SOSTITUIRE UN LAVAGGIO ADEGUATO DELLE MANI. La qualità dei guanti può variare con percentuali di permeabilità tra il 4 e il 63% (Viscoli et al.). La carica batterica sulla superficie delle mani aumenta dopo avere indossato i guanti a lungo. Per cui: cambiarli spesso e lavarsi le mani dopo averli tolti. Indispensabili comunque nella manipolazione dei fluidi corporei del paziente.

La profilassi non farmacologica La mascherina Appropriata in caso di pazienti affetti da infezioni veicolabili con goccioline di Pflugge. Probabilmente NON protegge il paziente dal personale sanitario (Viscoli et al.). Non previene l’aspirazione di goccioline microscopiche. Durata della protezione limitata: circa 10-30’ per quelle di carta, circa 1h per quelle di stoffa, 3h per quelle di plastica.

La profilassi non farmacologica Isolamento fisico del paziente Stanza singola ad aerazione normale. Il paziente è in una stanza singola, con porta chiusa, senza filtri per l’aria. Chi entra deve indossare camice, mascherina, guanti, soprascarpe. Nessuna dimostrazione in studi controllati di riduzione di morbilità e/o mortalità infettiva! Solo misura di normale buonsenso. Anche due pazienti non infetti nella stessa stanza. Stanza a pressione positiva con filtrazione dell’aria (HEPA). Il paziente è in una camera con aria condizionata filtrata attraverso filtri ad alta efficienza (HEPA) trattenenti particelle fino a 0,3 micron. Minor incidenza di aspergillosi, non di altre infezioni. Stanza a flusso laminare a protezione totale. L’aria inspirata filtrata da HEPA viene spinta unidirezionalmente da una parete a quella opposta. Manicotti guantati sporgenti da una parete utilizzati per maneggiare il paziente. Riduzione della morbilità, ma non della mortalità infettiva.

La profilassi farmacologica Basata sulla somministrazione di antibiotici per via orale al paziente sottoposto a chemioterapia allo scopo di prevenire infezioni batteriche e/o fungine e/o protozoarie nel paziente aplastico soprattutto se ospedalizzato. Prevalentemente utilizzati antibiotici facilmente assorbibili dal tratto G.I. e diffusibili a tutti i tessuti (chinolonici, co-trimossazolo, fluconazolo). Utilità controversa: non studi che attestino in maniera univoca una riduzione di incidenza di morbilità infettiva. Negli ultimi anni un uso troppo disinvolto e indiscriminato della profilassi antibiotica ha favorito il nascere di ceppi multiresistenti. Per questa ed altre ragioni ultimamente si sono applicati criteri più selettivi sulla scelta del candidato alla profilassi antibiotica No a pazienti in cui si preveda neutropenia< 7 gg. Non accordo sugli altri.

La profilassi farmacologica Chinolonici: Norfloxacina, Ciprofloxacina, Levofloxacina. Attivi soprattutto su batteri G- (E. Coli), ma del tutto inefficaci su G+, addirittura dubbio di aumento di incidenza nei trattamenti a lungo termine! (NHL, LAM, LAL) Co-Trimossazolo (Bactrim). Attivo su Pneumocystis Carinii trisettimanalmente. Non più usato quotidianamente per profilassi su G- (LAL; NHL con MoAb). Fluconazolo. Attivo su Candida Albicans. Negli ultimi tempi osservazioni di aumento di selezione di ceppi di Candida non Albicans resistenti (LA, NHL). Itraconazolo. Attivo sui miceti sopramenzionati e su Aspergillo. Aciclovir. Attivo su Herpes Zooster (LAM). Decontaminazione intestinale con Vancomicina o altri glicopeptidi. Non più utilizzata.

Diagnosi e cenni di terapia 1) Il paziente oncoematologico neutropenico va subito trattato non appena compare la febbre o altro segno di infezione. 2) Il trattamento antibiotico viene iniziato immediatamente dopo l’esecuzione di emocolture meglio se eseguite durante il brivido. Le emocolture devono essere eseguite sia da sangue periferico che da CVC. Probabilità di isolare il microorganismo direttamente proporzionale a quantità di sangue prelevata (4 flaconi). 3) Se le emocolture basali sono negative scarse possibilità di ottenere una positività dalle successive. 4) Oggi esistono metodi microbiologici di emocolture quantitative (Isolator) che permettono identificazione e quantificazione dei ceppi patogeni: se il CVC ha una quantità di batteri 5 volte > a quelle del sangue periferico ci sono elevate probabilità di infezione del CVC anche in assenza di segni flogistici. 6) La positività di ceppi VRE in colture di sorveglianza (faringe, retto, feci, etc) non è sinonimo di infezione e non è da trattare.

Diagnosi e cenni di terapia 6) Solo il 30% circa delle emocolture sono positive e di queste circa il 15% hanno falsa positività spesso da Staphilococcus Epidermidis da contaminazione delle mani dell’operatore o dalla cute del paziente. Importante quindi l’uso di guanti sterili e una ottimale disinfezione dei siti di prelievo. 7) Altro esame mandatorio nella comparsa della febbre in neutropenia è l’Rx del torace che deve essere eseguito sempre, anche dopo l’inizio della terapia antibiotica. 8) Mezzi diagnostici strumentali più complessi (Tc strato sottile, ecografia, etc) vengono utilizzati solo in casi particolari di localizzazioni sospette. 9) Nella maggior parte dei casi l’episodio febbrile non è accompagnato dall’isolamento di uno specifico ceppo patogeno. Per cui spesso la regola è che la terapia antibiotica impostata sia empirica, cioè non mirata.

La terapia antibiotica empirica In mancanza di un microorganismo specifico e quindi di un antibiogramma, scopo della terapia antibiotica empirica è quella di associare più farmaci in uno schema terapeutico capace di “coprire” la maggior parte dei patogeni gram-positivi, gram-negativi, miceti che possano infettare il paziente neutropenico. L’associazione di prima linea più utilizzata negli ultimi 5 anni è stata aminoglucoside (amikacina, tobramicina etc) + cefalosporina di III generazione (Ceftazidime, Cefepime o altri) che comprendano una efficacia su Ps. Aeruginosa e anaerobi gram-negativi. Oggi si tende ad abbandonare l’associazione con gli aminoglucosidi data la loro oto e nefrotossicità e visto che probabilmente non aggiungono nulla alla sola cefalosporina. Se in III giornata il paziente non si sfebbra è utile la sostituzione della cefalosporina con un carbapenemico in monoterapia (imipenem,meropenem) la cui somministrazione durerà per tutta la durata dell’aplasia fino al recupero dei neutrofili.

La terapia antibiotica empirica In presenza di CVC, visto il tropismo dei cocchi gram-positivi per tale supporto è necessario utilizzare anche un glicopeptide (vancomicina o teicoplanina) in associazione ai farmaci visti precedentemente. Se in V-VI giornata non si verifica lo sfebbramento nonostante l’inizio della terapia antibiotica è mandatorio l’uso dell’antifungino. Nel paziente ospedalizzato gravemente aplastico l’unico antifungino “sicuro” è l’Anfotericina liposomiale (Ambisome, Abelcet, Anfocil) ad alte dosi. Solo in caso di quadri clinici specifici di microorganismi particolari o in caso di dimostrazione della loro presenza questo schema di massima andrà opportunamente modificato con la introduzione di farmaci più specifici (ad es. Co-trimossazolo e.v. nel caso di polmoniti da Pn. Carini).