la cultura dello sviluppo locale

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la cultura dello sviluppo locale Dalla grande impresa alle reti di PMI Fordismo: impresa più autonoma dall’ambiente e dalla società Post-fordismo. Impresa dipende da economie esterne o beni collettivi locali: Es. manodopera qualificata, infrastrutture materiali e immateriali, legalità, accesso al credito, ecc.

la cultura dello sviluppo locale L’attuale politica di intervento per lo sviluppo punta ad accrescere la competitività territoriale il baricentro si sposta dalla singola impresa ai sistemi produttivi territoriali

la cultura dello sviluppo locale “….per il successo di una impresa conta certamente tutto quello che avviene all’interno dei cancelli della fabbrica: la sua efficienza produttiva, la sua capacità finanziaria, il suo marchio, la sua rete commerciale. Ma conta anche, e forse più, quel che avviene al di fuori dei cancelli della fabbrica. Conta quanto, oltre a competere, l’impresa riesca a collaborare con altre imprese localizzate nello stesso territorio. Quanto nel territorio si vadano creando mercati del lavoro in grado di offrire professionalità specializzate. Quanto esistano sul territorio istituzioni pubbliche, private e private sociali in grado di facilitare la cooperazione con le imprese e fra le imprese; di creare capitale umano; di favorire i processi di acquisizione e di diffusione delle conoscenze soprattutto tecnologiche e scientifiche”.

le politiche di sviluppo locale: le tre fasi Spontaneismo territoriale Combinazione mista di dirigismo regionale e di spontaneismo territoriale Neo-centralismo regionale

lo spontaneismo territoriale Tutto il percorso di ideazione, di costruzione e di realizzazione del Patto è l’esito di un processo circolare : dalla fase decisionale – il cosa fare – alla fase gestionale – il come farlo – gli attori locali partecipano con le medesime opportunità di incidere sulle scelte e sugli interventi

lo spontaneismo territoriale All’avvio delle prime esperienze dei Patti Territoriali vi è stata: partecipazione sociale concertazione mobilitazione delle risorse presenti sul territorio ruolo dei Comuni e delle Province assenza dell’amministrazione regionale

i patti territoriali il patto territoriale è il primo strumento della cosiddetta programmazione negoziata o concertata Gli attori L’iter

i patti territoriali: gli attori i sindaci (eletti direttamente dai cittadini) la “società di mezzo” ( i soggetti della rappresentanza) microceto imprenditoriale “sotto sforzo” (consapevole delle difficoltà del fare impresa nelle aree deboli ma consapevole anche di svolgere un ruolo sociale in contesti territoriali dove il lavoro e l’impresa sono beni ancora da valorizzare) le banche (costrette a modificare una cultura del credito tutta orientata a gestire i grandi flussi di finanziamenti dell’intervento straordinario)

i patti territoriali: l’iter il processo di concertazione tra questi quattro attori, promosso dalle forze sociali come dalle autonomie locali, si sviluppa in base a cinque parametri: perimetrazione del territorio gerarchia degli interessi e selezione delle idee - forza dello sviluppo ruolo della pubblica amministrazione rapporto con i saperi locali individuazione delle fonti di finanziamento

esiti dello spontaneismo territoriale Frammentazione del potere decisionale nella filiera istituzionale (proliferazione di numerosi governi territoriali di dimensione sub-provinciale) Scarsa incidenza sulle dinamiche economiche locali (deficit di cultura progettuale del pertenariato) Le strutture di gestione (forma organizzata e stabile promossa dal partenariato locale) generano concorrenza e/o supplenza rispetto all’azione di governo regionale

Mix di dirigismo regionale e spontaneismo territoriale l’amministrazione regionale svolge un ruolo di riordino, di coordinamento e di indirizzo delle iniziative pattizie, mediante: Recupero dei processi già avviati Avvio della progettazione integrata

il neo-dirigismo regionale L’amministrazione regionale riconduce sotto la propria sfera di governo, perlomeno dal punto di vista normativo, tutti i processi di trasformazione territoriale

la progettazione integrata POR 2000-2006: Piani Integrati Territoriali (PIT) Piani Integrati Settoriali (PIS) POR 2007-2013: Piani Strategici di Area vasta

esiti del neo-dirigismo regionale/1 Il territorio è esautorato delle sue funzioni di partecipazione: la progettazione integrata riverticalizza le relazioni tra gli enti locali; la rappresentanza degli interessi viene riconsegnata alle organizzazioni imprenditoriali e sindacali di livello regionale

esiti del neo-dirigismo regionale/2 La progettazione integrata si fonda su una concertazione quasi virtuale : la concertazione è legittimata e sostenuta politicamente ma è praticata con forme e modalità molto restrittive

conclusioni “ Se si cerca di rispondere alle domande di crescita delle comunità rinserrandosi nelle Istituzioni si ha solo l’effetto negativo o di incrostarsi in sovrastrutture o furbizie burocratiche, o di proporre all’esterno una retorica delle Istituzioni che soddisfa solo chi la esercita. Solo abitando la realtà così come si presenta, si può rinnovare la cultura delle Istituzioni e sviluppare un lavoro paziente di nuova istituzionalizzazione. L’unica modalità vera per storicizzare l’impegno delle Istituzioni, è quella di abitare la società e accompagnare i suoi diversi percorsi di sviluppo. Si governa accompagnando e non comandando.” Giuseppe De Rita

la cultura dello sviluppo locale: piccola bibliografia Gianfranco Viesti, Abolire il Mezzogiorno, Laterza Carlo Trigilia, Sviluppo locale. Un progetto per l’Italia, Laterza Nicola Rossi, Il Mediterraneo del Nord. Un’altra idea del Mezzogiorno, Laterza Carlo Trigilia (a cura), Per lo sviluppo. Processi innovativi e contesti territoriali, Il Mulino C.Trigilia, G.Viesti, F.Ramella, P. Magnati, Patti territoriali. Lezioni per lo sviluppo, Il Mulino G.De Rita, A.Bonomi, Manifesto per lo sviluppo locale, Bollati Boringhieri Giuseppe De Rita, Il regno inerme, Einaudi G.De Rita, A.Bonomi, M.Cacciari, Che fine ha fatto la borghesia?, Einaudi