La teoria dell’attribuzione di causalità
L’autore che ha contribuito maggiormente a gettare le fondamenta per lo studio dei processi di attribuzione è stato Fritz Heider (1958)
Heider analizza la “psicologia del senso comune” o “psicologia ingenua”: un insieme di principi inespressi che vengono comunemente utilizzati per rappresentare l’ambiente sociale e che guidano le azioni.
“La psicologia ingenua guida il nostro comportamento verso le altre persone. Nella vita quotidiana noi ci formiamo delle idee sugli altri individui e sulle situazioni sociali; interpretiamo le azioni degli altri individui e cerchiamo di prevedere come si comporteranno in date circostanze.”
“Sebbene queste idee non siano, in genere, chiaramente formulate, esse tuttavia funzionano spesso in modo adeguato, realizzando in una qualche misura ciò che si suppone qualsiasi scienza realizzi: una descrizione adeguata del fenomeno in esame che renda possibile fare delle previsioni”
Modello di individuo come scienziato ingenuo: come uno scienziato, l’individuo raccoglie i dati necessari alla conoscenza di un certo evento e giunge a conclusioni logiche sui fenomeni.
Un principio fondamentale della psicologia ingenua è la credenza che l’uomo sia in grado di padroneggiare la realtà
Le persone avvertono il bisogno di: prevedere il futuro controllare gli eventi
L’attribuzione causale è quel processo che le persone mettono in atto quando cercano spiegazioni per il proprio e per l’altrui comportamento, ossia quando inferiscono le cause che stanno dietro specifiche azioni.
Il criterio fondamentale per interpretare il comportamento di qualcuno consiste nello stabilire il locus della causalità: - fattori interni o personali; - fattori esterni o situazionali.
Rientrano nelle cause personali (interne) fattori come la motivazione o l’abilità. Appartengono a cause situazionali (esterne) fattori che possono favorire o ostacolare l’azione
Inoltre, nell’ambito di entrambi i tipi di cause, possiamo distinguere tra: fattori transitori e fattori permanenti.
L’attribuzione causale ha una sua naturale prosecuzione nella percezione di responsabilità, in cui il problema dell’intenzionalità è centrale.
La responsabilità dell’attore L’attore non ha fatto nulla per impedire l’evento Associazione L’attore ha prodotto personalmente l’evento in modo accidentale Causa Intenzione L’attore ha agito intenzionalmente per dar luogo all’evento Giustificazione L’evento è stato provocato in risposta a circostanze specifiche
Il limite della visione di Heider sta nell’aver “ristretto” il mondo sociale ai rapporti tra le persone, i quali sembrano svolgersi in un “vuoto sociale”.
La TEORIA DELL’INFERENZA CORRISPONDENTE di Jones e Davis (1965)
Osservando le azioni di un soggetto e gli effetti prodotti, l’osservatore deduce che una certa azione è causata da specifici tratti di personalità (disposizioni) di colui che agisce.
AREA DELLE OSSERVAZIONI AREA DELLE INFERENZE DISPOSIZIONI Egoista Freddo Orgoglioso Aggressivo Scherzoso Estroverso Impulsivo … EFFETTO 1 CONOSCENZA INTENZIONE AZIONE EFFETTO 2 CAPACITA’ EFFETTO 3
In che modo una persona può collegare le intenzioni a criteri disposizionali? Si tratta di analizzare sia le caratteristiche dell’azione intrapresa dall’attore sociale, sia gli effetti da essa prodotti.
Effetti non comuni: l’osservatore giunge a un’inferenza corrispondente quando l’azione scelta dall’agente provoca conseguenze relativamente uniche o non comuni.
Desiderabilità sociale: l’inferenza circa le disposizioni personali è più attendibile quando le conseguenze dell’azione scelta siano indesiderabili
Le possibilità di scelta: un’altra strategia per inferire le disposizioni di un attore sociale consiste nel verificare se il comportamento messo in atto sia in qualche modo frutto di vincoli situazionali o se invece sia frutto di una libera scelta
Il MODELLO DELLA COVARIAZIONE di Kelley: ANOVA (Analysis of Variance) (1967)
Quale informazione viene utilizzata per produrre un’inferenza causale?
Nel processo d’attribuzione si devono considerare tre variabili: Entità: che caratterizzano la situazione di osservazione; Persone: che interagiscono con questa entità; Modalità: tempi e modalità d’interazione
Quando si posseggono informazioni da più fonti, l’osservatore le analizzerà attraverso il principio della covariazione.
Il principio della covariazione prevede che un effetto è attribuito a quella condizione che è presente quando l’effetto è presente e che è assente quando l’effetto è assente.
Kelley ha preso spunto da una procedura statistica, l’analisi della varianza (ANOVA), che esamina i cambiamenti in una variabile dipendente (l’effetto) quando si modificano le variabili indipendenti (le condizioni)
Le variabili indipendenti costituiscono i tre modi possibili di esaminare le variazioni negli effetti: Negli stimoli (distintività): l’effetto si manifesta solo quando è presente lo stimolo?
2. Nel tempo e nelle modalità (coerenza): l’effetto si manifesta ogni volta che lo stimolo è presente, indipendentemente dalle forme di interazione?
3. Nelle varie persone (consenso): le altre persone subiscono lo stesso effetto in riferimento allo stesso stimolo?
Le critiche al modello di Kelley: la correlazione non presuppone necessariamente l’esistenza di un nesso causale le persone possono essere poco abili nel valutare la covariazione fra gli eventi
I modelli classici del processo di attribuzione (Heider, Jones e Davis e Kelley): interpretazione causale attiva e costruttiva; individuo come scienziato ingenuo interesse alle spiegazioni del senso comune (perché?)
Rispetto agli scienziati e agli statistici, le persone “profane”: fanno attribuzioni in modo rapido mostrando tendenze a servirsi di “scorciatoie” (errori attribuzionali)
Gli errori di attribuzione o biases sono delle modalità di giudizio distorte in maniera sistematica. Tali biases permettono di descrivere i fenomeni di attribuzione causale meglio dei modelli normativi complessi.
L’errore fondamentale: tendenza generale a sottostimare l’impatto dei fattori situazionali e sovrastimare il ruolo dei fattori disposizionali nel comportamento altrui.
Gli effetti di self-serving: tendenza generalizzata ad attribuire a se stessi il successo e a negare responsabilità per l’insuccesso Biases di auto-innalzamento nella gestione del successo Biases di auto-protezione nella gestione dell’insuccesso
L’effetto del falso consenso: tendenza a percepire il proprio comportamento come tipico e nell’assumere che nelle stesse circostanze gli altri si sarebbero comportati nella stessa maniera