Storia naturale dei disturbi dello spettro autistico Pistoia – 10 Dicembre 2007 Dr. Enrico Biagioni U.O. Neuropsichiatria Infantile ASL 3 di Pistoia
L’autismo: definizione L’Autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri. L’Autismo, pertanto, si configura come una disabilità “permanente” che accompagna il soggetto nel suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo.
Epidemiologia La prevalenza dell’autismo è passata da 3-4/10000 (anni 70-80) a circa 6/1000 (dati attuali), forse anche a causa di: - una maggiore definizione dei criteri diagnostici, con inclusione di forme più lievi; - una maggiore diffusione di procedure diagnostiche standardizzate; - una maggiore sensibilizzazione degli operatori e della popolazione in generale La frequenza è maggiore nei maschi rispetto alle femmine.
L’autismo: questo sconosciuto A più di 60 anni dalla prima descrizione (Kanner, 1943), persistono ancora notevoli incertezze in termini di: eziologia elementi caratterizzanti il quadro clinico confini nosografici con sindromi simili diagnosi presa in carico evoluzione a lungo termine
Il disturbo autistico: la diagnosi compromissione qualitativa dell'interazione sociale compromissione qualitativa della comunicazione modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati ritardo o funzionamento anomalo in almeno una delle seguenti aree, con esordio prima dei 3 anni di età: (1) interazione sociale, (2) linguaggio usato nella comunicazione sociale, (3) gioco simbolico o di immaginazione
Compromissione qualitativa dell'interazione sociale a) marcata compromissione nell'uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l'espressione mimica, le posture corporee e i gesti, che regolano l'interazione sociale b) incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo c) mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con altre persone (per es., non mostrare, portare, né richiamare l'attenzione su oggetti di proprio interesse) d) mancanza di reciprocità sociale o emotiva
Compromissione qualitativa della comunicazione a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica) b) in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri c) uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico d) mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo
Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati a) dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione b) sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo) d) persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti
Gli strumenti diagnostici Checklist of Autism in Toddlers (CHAT) Childhood Autism Rating Scale (CARS) Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) Autism Diagnostic Interview - Revised (ADI-R) Autism Behaviour Checklist (ABC) Gillian Autism Rating Scale (GARS) Psycho-Educational Profile (PEP-R) Vineland - Adaptive Behaviour Scales (VABS) ..
Gli esami strumentali Esame audiometrico Indagini genetiche (cariotipo ad alta risoluzione , ricerca X-fragile) Indagini neurometaboliche EEG RM-encefalo
Perché l’autismo? Basi neurobiologiche Modelli interpretativi della clinica Modelli di ispirazione psicodinamica ..
Basi neurobiologiche Maggiore incidenza nei soggetti autistici di encefalopatie ipossico-ischemiche perinatali e di malformazioni cerebrali Maggiore incidenza di epilessia ed anomalie EEGrafiche Alterazioni “specifiche” documentate in studi di RM-funzionale; diversa organizzazione delle connessioni all’interno dell’encefalo Alterazioni di tipo neurometabolico e neurotrasmettitoriale
L’autismo è una malattia genetica? Maggiore incidenza nei fratelli dei soggetti autistici (+ nei gemelli omozigoti rispetto agli eterozigoti). Alcune sindromi genetiche (es. X-fragile) hanno un’elevata incidenza di autismo Implicazione di particolari siti genici (cromosomi 7, 2, 16, 17, ecc.)
Modelli Interpretativi della Clinica - Teoria Socio-Affettiva - - Teoria della Mente - Coerenza Centrale - Funzioni Esecutive
Teoria Socio-Affettiva La teoria socio-affettiva parte dal presupposto che l'essere umano nasce con una predisposizione innata ad interagire con l'altro Secondo la teoria socio-affettiva, pertanto, esisterebbe nell'autismo un'innata incapacità, biologicamente determinata, di interagire emozionalmente con l'altro. Tale incapacità, secondo una reazione a cascata, porterebbe all'incapacità di imparare a riconoscere gli stati mentali degli altri, alla compromissione dei processi di simbolizzazione, al deficit del linguaggio, al deficit della cognizione sociale.
La Teoria della Mente Indica la capacità di riflettere sulle emozioni, sui desideri e sulle credenze proprie ed altrui e di comprendere il comportamento degli altri in rapporto non solo a quello che ciascuno di noi sente, desidera o conosce, ma in rapporto a quello che ciascuno di noi pensa che l'altro senta, desideri o conosca. L'autismo sarebbe legato ad un’incapacità da parte del bambino di accedere ad una Teoria della Mente. Il bambino sarebbe perciò incapace di comprendere e riflettere sugli stati mentali propri ed altrui e, conseguentemente, di comprendere e prevedere il comportamento degli altri.
Debolezza della Coerenza Centrale La Coerenza Centrale va intesa come quella capacità di sintetizzare in un tutto coerente, o se si preferisce di sistematizzare in un sistema di conoscenza le molteplici esperienze parcellari che investono i nostri sensi. Una “debolezza” in suddetta capacità porta il bambino autistico a rimanere ancorato a dati esperenziali parcellizzati, con incapacità di cogliere il significato dello stimolo nel suo complesso. Un tale modello suggerisce che il funzionamento mentale di tipo autistico si caratterizza come uno stile cognitivo che investe non solo l’elaborazione degli stimoli sociali, ma più in generale di tutti i dati esperenziali.
Deficit delle Funzioni Esecutive Con il termine di Funzioni Esecutive vengono indicate una serie di abilità che risultano determinanti nell’organizzazione e nella pianificazione dei comportamenti di risoluzione dei problemi. Molti dei comportamenti autistici sarebbero l’espressione di un deficit di tali abilità (impulsività, incapacità di inibire le risposte inappropriate, iperselettività, incapacità di cogliere il tutto senza rimanere ancorato al particolare, perseverazione, incapacità di ridirezionare in maniera flessibile l’attenzione, ecc.).
L’autismo: diagnosi differenziale Gli altri disturbi generalizzati dello sviluppo I disturbi psicotici ad insorgenza precoce Il ritardo mentale …
I disturbi generalizzati dello sviluppo Disturbo autistico Disturbo di Rett Disturbo disintegrativo della fanciullezza Disturbo di Asperger
Disturbo di Rett Disturbo neurodegenerativo con eziologia definita (mutazione nel gene MECP2) Colpisce quasi esclusivamente le femmine ed esordisce tra i 6 e i 18 mesi, dopo un periodo di sviluppo normale È caratterizzato da: decelerazione della crescita del capo (non costante); atassia e tremori; perdita delle competenze prassiche e della coordinazione motoria; perdita delle competenze comunicative verbali e non verbali; anomalie EEGrafiche ed epilessia
Disturbo disintegrativo della fanciullezza Esordio successivo ai primi due anni di età Perdita di capacità già acquisite in ambito linguistico, sociale, delle autonomie, del gioco, ecc. (entro i 10 anni di età) Compromissione significativa dell’interazione sociale Compromissione significativa della comunicazione Interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, inclusi manierismi e stereotipie motorie
Disturbo di Asperger Marcata compromissione dei comportamenti sociali non verbali (sguardo, mimica, gestualità) Incapacità di sviluppare relazioni sociali adeguate Mancanza di reciprocità, mancata ricerca di condivisione (di gioie, di interessi, ecc.) Interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipi Assenza di ritardo del linguaggio Assenza di ritardo cognitivo
Quando inizia l’autismo? Sicuramente in alcuni bambini è possibile evidenziare i primi segni di autismo già nei primi mesi di vita Ci sono sicuramente alcuni bambini che “sembrano” autistici prima dei due anni e che poi non lo sono più (falsi positivi o guariti?) Sicuramente alcuni bambini diventano autistici dopo i due anni (cfr. “disturbo disintegrativo della fanciullezza”)
Quando si fa diagnosi di autismo? Differenza (significativa) fra il momento in cui l’operatore si accorge che il bambino è autistico e il momento in cui la diagnosi è comunicata ai genitori Età della diagnosi: auspicio 18 mesi realtà 3-4 anni (cfr. dati epidemiologici Regione Toscana)
Qual è l’evoluzione di un bambino autistico? Sembra proprio che nessun bambino riconosciuto autistico dopo i due anni di vita cessi di esserlo successivamente Un (buon) intervento terapeutico-riabilitativo può modificare la storia naturale dei disturbi autistici?
Autismo: finalità (possibili) del trattamento Ampliare le competenze cognitive e linguistiche Ampliare le competenze comunicativo-relazionali Raggiungere spazi sempre più ampi di autonomia Evitare il sovrapporsi di altre patologie psichiatriche (depressione, problematiche di tipo ansioso, segni “psicotici”, ecc.) nonché di sintomi molto disturbanti sul piano sociale (p.e., aggressività auto- o etero-diretta)
Autismo: finalità (impossibile?) del trattamento Eliminazione del deficit sociale
Autismo: quale trattamento Approcci estremamente diversi. comunque… Necessità di intraprendere un trattamento precoce e “intensivo” (alcune ore al giorno per diversi giorni alla settimana), almeno nel bambino piccolo. (cfr. Linee Guida Autismo SINPIA)
Autismo: un buon trattamento Un trattamento in strutture dedicate Un trattamento che coinvolga la famiglia e che sia ben integrato con la scuola Un trattamento rivolto al bambino “globale”, che integri competenze ed approcci diversi (psicoterapia, logoterapia, psicomotricità, terapie occupazionali, musico-terapia, arte-terapia, ecc.) Un trattamento capace di integrarsi con eventuali terapie farmacologiche
L’autismo: a life-long disease? L’autismo sembra sparire da molte casistiche dopo il 18° anno di vita In realtà è ovvio che un bambino autistico non può che diventare un adulto autistico
L’autismo nella vita adulta: quali possibilità Soggetti nei quali sono (state) preservate le competenze cognitive e linguistiche: spesso buona qualità della vita con qualche possibilità di vita autonoma (con necessità, tuttavia, di facilitatori sociali) Soggetti con ritardo mentale: impossibilità di vita autonoma
Il soggetto adulto autistico non autonomo: quali finalità di intervento? Preservare le competenze cognitive, linguistiche e comunicativo-relazionali Preservare le autonomie raggiunte Evitare il sovrapporsi di altre patologie psichiatriche
Il soggetto adulto autistico non autonomo: quali possibilità di intervento? Da tenere presente che: “l’impatto sociale” dell’autismo è altissimo al passaggio dall’adolescenza all’età adulta (fine della scuola, genitori non più giovani, ecc.) sembra controproducente inserire il giovane adulto autistico in centri (p.e., semiresidenziali) dove coesistono soggetti con altre patologie psichiatriche
Il soggetto adulto autistico non autonomo: un buon intervento Un intervento in strutture dedicate Un intervento che coinvolga comunque la famiglia e che sia ben integrato con la società civile Un intervento in cui si integrano competenze sanitarie e competenze sociali Un intervento con un approccio meno riabilitativo e più occupazionale in un ambiente sereno e accogliente