La flessibilità interna al rapporto di lavoro subordinato Il contratto di lavoro a tempo determinato Il part time
Flessibilità è sinonimo di precarietà?
Non tutti i lavori flessibili danno la medesima idea di precarietà E’ possibile una graduatoria di lavori flessibili in termini di maggiore > minore precarietà nell’ordinamento giuridico italiano?
La Hit parade del precariato Al vertice le forme maggiormente precarie: alla base i lavori “precari stabili” I lavoratori occasionali e a termine breve Più precari COCOCO E COPROPRO LUNGHI I lavoratori Somministrati a termine Gli associati in partecipazione i soci coop Contratti a termine lunghi Meno precari I lavoratori part time sono fuori da questa hit parade?
Alcuni dati recenti In Italia negli anni 2009-2010 (recessione globale) il 76 per cento delle assunzioni è stato fatto utilizzando i contratti temporanei. Più di tre assunzioni su quattro effettuate con lavori temporanei.
IL MERCATO DEL LAVORO COME UNA PORTA GIREVOLE: si entra e si esce continuamente
IL CONTRATTO A TERMINE NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO Il contratto “senza futuro” per eccellenza
Tempo e rapporto di lavoro La “atipicità” temporale del contratto di lavoro La “atipicità” temporale della prestazione di lavoro IL CONTRATTO A TERMINE a tempo pieno o parziale IL CONTRATTO A TEMPO PARZIALE a tempo determinato o indeterminato
Tempo e rapporto di lavoro IL CONTRATTO A TERMINE La “atipicità” temporale del contratto di lavoro La “atipicità” temporale della prestazione di lavoro a tempo pieno o parziale IL CONTRATTO A TEMPO PARZIALE a tempo determinato o indeterminato
La disciplina giuridica del lavoro a termine in Italia fino al codice civile NEL CODICE DEL 1865 NEL CODICE DEL 1942 L’intento è di evitare la costituzione di vincoli perpetui e legami di tipo servile tipici dell’epoca pre-industriale ò Si tutela il lavoratore vietando le assunzioni a tempo indeterminato. Vengono meno le preoccupazioni del 1865 ò “Il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato” (art. 2097 cod. civ.)
…e nella legislazione post-costituzionale Atteggiamento di netto disfavore: la regolazione restrittiva del contratto a termine La limitazione del contratto a termine (1962) come logico complemento della limitazione alla facoltà di recesso (1966 e 1970)
Gli sviluppi successivi: Una proposta in discussione: La “formula” della stabilità nel diritto del lavoro italiano degli anni ‘60-’70 Limiti al contratto a termine + Limiti alla possibilità di licenziare = _____________________________________________ Stabilità massima del posto di lavoro Gli sviluppi successivi: L’abbandono della stabilità massima realizzato attraverso un progressivo allentamento dei vincoli al contratto a termine (mentre resta inalterata la disciplina dei licenziamenti) Una proposta in discussione: Contratto a tempo indeterminato per tutti ma con maggiore possibilità di licenziare (Boeri-Garibaldi)
Dal vincolo alla liberalizzazione 1962 1987 2001
Quando si può stipulare un contratto a termine? 3 risposte Quando sia richiesto dalla natura dell’attività derivante dal carattere stagionale Per sostituire lavoratori con diritto alla conservazione del posto Per l’esecuzione di un’opera o di un servizio aventi carattere straordinario e occasionale Lavorazioni che richiedono maestranze specializzate Nel settore dello spettacolo Nel settore del trasporto aereo per un periodo di sei mesi compreso tra aprile e ottobre 1962 A fronte ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo 2001 Nelle ipotesi di picchi stagionali individuate dai contratti collettivi 1987
La legge 230/1962: esempio paradigmatico di una stagione particolare del diritto del lavoro Utilizza tutte le tecniche che rivelano l’intenzione di considerare la fattispecie come una eccezione rispetto allo standard Tassatività delle ipotesi (c.d. lista chiusa) Forma scritta Parità di trattamento Conversione sanzionatoria del rapporto Interpretazioni giurisprudenziali restrittive
Il culmine dell’interpretazione restrittiva a) Quando sia richiesto dalla natura dell’attività derivante dal carattere stagionale c) Per l’esecuzione di un’opera o di un servizio aventi carattere straordinario e occasionale L’intensificazione della attività di un albergo o di una agenzia di viaggi nel periodo estivo; o di un esercizio commerciale nel periodo natalizio, possono farsi rientrare in una delle due categorie?
La Direttiva comunitaria del 1998 e la sua attuazione nell’ordinamento interno: il D. lgs. 368/2001
L’esigenza deve essere Il d. lgs. 368/2001: il primo atto della “modernizzazione” del mercato del lavoro italiano È un rinvio alla libera scelta datoriale tra due tipologie del tutto fungibili (tesi a-causale?) “E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” L’esigenza deve essere temporanea?
Il lavoro a termine è ammesso solo come extrema ratio, cioè quando sia inevitabile a causa della oggettiva temporaneità dell’occasione di lavoro, oppure anche quando, pur in presenza di un occasione permanente di lavoro, sussista una qualche ragione che, nella valutazione datoriale, renda in concreto preferibile un rapporto a termine?
Il dissidio tra due opinioni Nella disciplina delineata dal D. Lgs. 368/01 appare superato l'orientamento volto a riconoscere la legittimità dell'apposizione del termine soltanto in presenza di una attività meramente temporanea Il Ministero del lavoro (Circolare 42/2004) La Corte di Cassazione (sent. 7468/2002) La tendenza di progressiva apertura al termine, che sbocca nel d.lgs. 368/2001, trova il proprio limite nella direttiva 99/70. Questo limite è recepito nel fondamento stesso del d.lgs. 368/2001: poiché per il contratto a termine è necessario un atto scritto e motivato, il termine costituisce deroga di un generale sottinteso principio: il contratto di lavoro subordinato, per sua natura, non è a termine
Tendenza confermata anche dalla recente giurisprudenza della CGCE SENTENZA DELLA CORTE 4 luglio 2006 Caso Adeneler L’accordo quadro parte dalla premessa che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro, pur riconoscendo che i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori e per determinate occupazioni e attività (v. nn. 6 e 8 delle considerazioni generali dell’accordo quadro). Di conseguenza, il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori (v. sentenza Mangold, cit., punto 64), mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (v. secondo comma del preambolo e n. 8 delle considerazioni generali dell’accordo quadro).
Un importante parametro interpretativo di riferimento […] 6. Considerando che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento; La Direttiva 1999/70/CE (i “Considerando”)
Corte d'Appello Milano ( Sezione Lavoro) Sentenza 24/08/2007 , n. 794 Il passaggio da un sistema di casi tassativamente indicati alla liberalizzazione della casistica non è sufficiente ad escludere il carattere di eccezionalità dell'apposizione del termine, rispetto ai contratti a tempo indeterminato, che continuano a costituire la forma ordinaria e normale del rapporto di lavoro. Ciò significa che la liberalizzazione dei motivi per i quali è consentito apporre un termine al contratto non ha fatto venire meno l'impianto che tradizionalmente regola i rapporti di lavoro e cioè quella della necessità di un ancoraggio alla reale esistenza di specifiche esigenze temporanee.
La clausola inserita nei contratti individuali Poste S.p.A. “…Per esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi Con il Decreto 368/01, il contratto a termine è stato liberalizzato oppure no? Alcune ulteriori applicazioni giurisprudenziali La clausola inserita nei contratti individuali Poste S.p.A.
Trib. Catania, sez. lavoro 2006 (ennesimo episodio del contenzioso “Poste”) “Considerato che con la nuova disciplina (…) non è venuto meno il principio generale per cui il contratto a termine rimane possibilità ammessa in via di eccezione rispetto alla regola del rapporto a tempo indeterminato, occorre che in concreto siano dal datore di lavoro esplicitate (e provate in giudizio) le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo astrattamente indicate della disposizione dell’art. 1 d. lgs. n. 368 del 2001”
Secondo parte della giurisprudenza, dunque, NON vi è alcun ribaltamento del paradigma regola (contratto a tempo indeterminato) – eccezione (contratto a termine)
Il disfavore per l’utilizzo del contratto a termine per soddisfare esigenze stabili “l’accordo quadro osta all’applicazione di una normativa nazionale che vieta in maniera assoluta, nel solo settore pubblico, di trasformare in un contratto di lavoro a tempo indeterminato una successione di contratti a tempo determinato che, di fatto, hanno avuto il fine di soddisfare «fabbisogni permanenti e durevoli» del datore di lavoro e che devono essere considerati abusivi”.
il legislatore ha sentito l’esigenza di esplicitare che… “Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato” (nuovo comma “01” dell’art. 1 del decreto 368/2001, introdotto dalla Legge Finanziaria per il 2008) Dicembre 2007
Le oscillazioni (frenetiche) del legislatore E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro Giugno 2008 Il “Decreto Brunetta” (d.l. 112/08, convertito in l. 133/08)
Che succede ora? LA MODIFICA NORMATIVA MUTERA’ L’INDIRIZZO DELLA GIURISPRUDENZA? Conflitto tra giurisprudenza e legislatore
Limiti quantitativi e ruolo dell’autonomia collettiva Le clausole collettive di contingentamento l’art. 10, comma 7 Ai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi viene affidata la individuazione “di limiti quantitativi di utilizzazione dell’istituto” Tali clausole dovrebbero avere il ruolo di bilanciare la realizzata liberalizzazione dell’istituto
Le clausole di contingentamento …e il loro sostanziale “svuotamento” La individuazione di limiti quantitativi di utilizzazione del contratto a termine, è affidata ai contratti collettivi. Sono in ogni caso esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi: nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità; per spettacoli ovvero programmi radiofonici o televisivi. stipulati con lavoratori di età superiore ai 55 anni, per intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi a conclusione di un periodo di tirocinio o di stage quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio aventi carattere straordinario o occasionale di durata non superiore ai sette mesi
I divieti a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi; c) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale; d) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626
Si computano negli organici? Prima della riforma del 2001, la normativa e giurisprudenza tradizionalmente consideravano i lavoratori a termine come pienamente computabili Ai fini di cui all’articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computabili ove il contratto abbia durata superiore a nove mesi (d. lgs 368/2001). Dal 2001
La forma L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma l (art. 1, comma 2 D. Lgs. 368/2001) ? (1) L’apposizione del termine può risultare anche da un atto scritto diverso dal contratto di lavoro (2) La data di “scadenza” del rapporto si può ricavare indirettamente facendo riferimento ad un evento certo nell’an, incerto nel quando, ma che comunque risulta per iscritto nel contratto
La disciplina dell’utilizzo “continuato” del contratto a termine Contratto a termine e precarizzazione: La disciplina dell’utilizzo “continuato” del contratto a termine
…E la sua traduzione nell’ordinamento Interno: IL FINE ESSENZIALE DELLA DIRETTIVA COMUNITARIA… Prevenire gli abusi derivanti dalla successione di contratti a termine …E la sua traduzione nell’ordinamento Interno: Continuazione Proroga Riassunzioni L’art. 5 del decreto 368/01
1) Continuazione “di fatto” del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato 1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine il datore di lavoro è tenuto a corrispondere una maggiorazione per ogni giorno di continuazione pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore. 2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini Il periodo di “tolleranza” La conversione ex nunc
2) La disciplina delle proroghe Proroga ammissibile soltanto una volta, per un periodo non superiore a quello inizialmente previsto, per contingenze impreviste e imprevedibili per la stessa attività (l.230/1962) Il termine del contratto può essere, prorogato una sola volta quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa a condizione che si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni (D. lgs. 368/2001)
Quando l’intervallo proprio non c’è, la sanzione è più pesante 3) LE RIASSUNZIONI SUCCESSIVE Qualora il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Quando si tratti di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto. Presunzione assoluta di frode in caso di mancato rispetto degli intervalli Quando l’intervallo proprio non c’è, la sanzione è più pesante
Domanda Allora è possibile, rispettando gli intervalli, procedere a reiterate ed illimitate assunzioni a termine? Si, fatto salvo il 1344 c.c. Il rimedio approntato dalla Finanziaria 2008, confermata dalla “Legge Brunetta”
Il nuovo comma 4.bis dell’art. 5 Qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato
Il triennio: limite insuperabile? Qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato Vale solo per lo svolgimento di mansioni equivalenti Rimangono le altre tipologie atipiche, che non si computano nel limite dei 36 mesi (cococo, interinale…) È derogabile dai contratti collettivi
(avviso comune di aprile 08) Inoltre… In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. 8 mesi (avviso comune di aprile 08)
Le conseguenze del contratto a termine illecito… Per insussistenza del “causalone” Per violazione dei divieti espressi Per ragioni attinenti alla forma O al superamento della percentuale consentita
Il nuovo art. 4-bis introdotto dalla 133 Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro è tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell'ultima retribuzione
L’ENORME ECO SUSCITATA DALLA DISPOSIZIONE Problemi di costituzionalità Problemi “pratici” Chi ha vinto la causa in I grado ed è stato reintegrato, cosa dovrebbe fare? Restituire le somme? L’art. 3 della Costituzione
Le prime reazioni della giurisprudenza
Tale normativa appare non infondatamente sospetta di violare il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. Ad alimentare tale sospetto basti pensare che, ove mai altro lavoratore nelle stesse identiche condizioni dell'odierna appellante facesse valere le stesse ragioni con un giudizio introdotto in data odierna, quel lavoratore avrebbe diritto alla riassunzione e non già all'indennità non essendo a lui applicabile la norma transitoria. Ne consegue che diverse persone, nella medesima situazione giuridica, si troverebbero a godere di una tutela sensibilmente diversa senza alcuna giustificazione se non quella di aver proposto la domanda giudiziale in tempi diversi. Tutto ciò con evidente violazione del principio di ragionevolezza.
Corte cost. 14 luglio 2009 n. 214 Le questioni sollevate in riferimento all'art. 3 Cost. sono fondate in quanto situazioni di fatto identiche (contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nello stesso periodo, per la stessa durata, per le medesime ragioni ed affetti dai medesimi vizi) risultano destinatarie di discipline sostanziali diverse (da un lato, onversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato e risarcimento del danno; dall'altro, erogazione di una modesta indennità economica), per la mera e del tutto casuale circostanza della pendenza di un giudizio alla data del 22 agosto 2008 (giorno di entrata in vigore dell'art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001)
Siffatta discriminazione è priva di ragionevolezza, né è collegata alla necessità di accompagnare il passaggio da un regime normativo ad un altro. Infatti l'intervento del legislatore non ha toccato la disciplina relativa alle condizioni per l'apposizione del termine o per la proroga dei contratti a tempo determinato, ma ha semplicemente mutato le conseguenze della violazione delle previgenti regole Limitatamente a fattispecie selezionate in base alla circostanza, del tutto accidentale, della pendenza di una lite giudiziaria tra le parti del rapporto di lavoro
Il “Collegato lavoro” (L. 183/2010, entrata in vigore il 24.11.2010) Art.- 32. 5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto Questioni di costituzionali già sollevate
Il contratto a termine nel pubblico impiego dopo la privatizzazione (altre frenetiche oscillazioni del legislatore) L’originario Art. 36 T.U.P.I. “Le p.a. si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa” 2001
La “stretta” della Finanziaria 2007 Le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro a tempo indeterminato e non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa se non per esigenze stagionali o per periodi non superiori a tre mesi La ratio: il completamento del disegno di stabilizzazione 2006
Brunetta I (l. 133/2008) 2008 Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le p.a. assumono esclusivamente con contratti di lavoro a tempo indeterminato Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le p.a. possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Al fine di evitare abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, le p.a. non possono ricorrere all'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio
Brunetta II (l. 102/2009) 2009 Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le p.a. assumono esclusivamente con contratti di lavoro a tempo indeterminato Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le p.a. possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Al fine di evitare abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, le p.a. non possono ricorrere all'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio
Le conseguenze del contratto a termine illecito nella p.a. “In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle p.a., non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ferma restando ogni responsabilità e sanzione” (art. 36.2 TUPI)
La questione di costituzionalità con riferimento all’art. “Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le p.a. hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave”. La sanzione La responsabilità
La risposta della Corte Costituzionale (27 marzo 2003 n. 89) “Il principio fondamentale in materia di instaurazione del rapporto di impiego alle pubblico è quello dell’accesso mediante concorso, posto a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione. Ciò giustifica la scelta del legislatore di ricollegare alla violazione di norme imperative conseguenze di carattere esclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione del rapporto prevista per i lavoratori privati”