Antonio Rainone 2005 Cogito dunque sono Una cosa che pensa
NO! E perché? Cosa è una cosa che pensa? *Quando penso di pensare è il (mio) cervello che pensa? *Si può dire che per Cartesio il cervello è la cosa che pensa? NO! E perché? Il cervello disegnato da Vicq d’Azir all’inizio dell’Ottocento
Se decalottiamo il cranio, nel cervello non troviamo nessuna “idea”! Il cervello è “una cosa estesa” e quindi il cerebro non può essere il luogo in cui si trovano le “cogitationes” che non hanno estensione. Eppure “Io sono una cosa che pensa”, scrive Cartesio: un paradosso che richiede la pensabilità di DUE mondi separati che però si tocchino da qualche parte. Se decalottiamo il cranio, nel cervello non troviamo nessuna “idea”! Qui il cervello disegnato da Cartesio con lo schema della connessione del sistema visivo.
La ghiandola pineale “in cui si trova la sede dell’immaginazione e del senso comune, facoltà che devono esser prese come idee, vale a dire per le forme o immagini che l’anima razionale considererà immediatamente, quando essendo unita a questa macchina (il corpo umano) essa immaginerà o sentirà qualche oggetto”, CARTESIO, De l’homme, 177 Nel modello cartesiano del cervello la ghiandola pituitaria o ipofisi occupa una posizione centrale. Proprio per la sua posizione al centro del cranio, Cartesio si convinse erroneamente che in essa dovessero convergere tutti gli impulsi provenienti dal sistema nervoso periferico e di lì passare anche gli impulsi rivolti alla periferia. Con “B”, Cartesio indica le regioni cerebrali in cui egli localizza le aree della MEMORIA Cartesio non dedica attenzione al modo in cui si formano le idee dell’anima razionale. Il problema della “produzione delle entità mentali” è risolto con la ipotesi della anima razionale. In ciò egli rimane entro la cornice della metafisica tradizionale
L’uomo-bambino crede illusoriamente che tutto si giochi fra “A” e “B” Cosa vuol significare sul piano sensoriale la separazione fra mente e corpo in Cartesio? La mentalizzazione del rapporto “AB” avviene nella res cogitans Però è nella mente che viene percepita la sensazione mentale immaginativa DUE regioni /due luoghi La “vis imaginativa” (Meditationes II) sposta nel mondo della estensione corporea la esistenza della relazione “AB”: dove è vitale alla sopravvivenza! FUOCO/BRUCIATURA La Sensazione corporea del dolore è localizzata nella periferia dell’arto
Dalla mente partono gli impulsi nervosi che determinano il movimento degli arti corporei Più complessa è la correlazione fra percezione del fenomeno esterno e rappresentazione oculovisiva dello stesso in correlazione alla prorpiocinesi motoria e alla “idea della forma dello spazio”: sempre tutto converge in “H” (ipofisi).
Perché il modello cognitivo cartesiano è oculo-visivo? Cartesio si convince, come già Platone (Teeteto), che essendo la percezione visiva stereoscopica, perché le immagini percepite non siano due distinte fra loro ma una sola, le due immagini oculari devono convergere ed essere fuse in un luogo unico (senso comune o immaginario) che è funzione della ipofisi “H”. Questa soluzione ripropone il problema del “terzo occhio” ovvero di CHI POSSA PENSARE O VEDERE L’IMMAGINE MENTALE UNIFICATA
Il cuore (De homine) visto da Cartesio. Un motore meccanico. La mente e il corpo: Una macchina regolata dalla mente ma mossa dal cuore e alimentata dal sistema digerente Il cuore (De homine) visto da Cartesio. Un motore meccanico.
Il cervello, in quanto organo del pensare, non si lascia definire per una sua funzione meccanica (come il cuore o lo stomaco), richiedendo “l’io penso” come atto sovrasensibile o intenzionalità spirituale. IL CERVELLO NON È LA MENTE, e LA MENTE NON È CORPO. Nello studio del rapporto corpo-mente, Cartesio (De Homine; Meditationes I-IV) insiste su una difficoltà inerente la fisiologia del rapporto organo-funzione. Infatti … Dialogo fra un Cuore, uno Stomaco e un Cervello cartesiano: - “Io sono una cosa che pulsa”, dice il Cuore; “Io sono una cosa che digerisce”, dice lo Stomaco; -“Io penso quello che siete Voi – dice il Cervello cartesiano – ma non posso dire di essere una cosa che pensa se non perché penso di essere una cosa che pensa”; - Il Cuore e lo Stomaco, in coro: “il solito snob!”. Se la funzione del cuore si risolve nella sua azione meccanica di “pulsare” Se la funzione del fegato o dello stomaco egualmente si esplicano nella meccanicità del digerire Antonio DAMASIO (L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi 1995) ha mostrato quanti gravi errori siano derivati dall’idea cartesiana di una mente scissa dal corpo e dalla emotività.
Il dualismo cartesiano ripropone una divisione forte fra mondo delle idee e mondo delle cose METAFISICA / FISICA
Deus (res cogitans) L’UOMO Mente Corpo Natura (res extensa)
Le cose sono qui (Mondo due) Deus (res cogitans) Le idee sono qui (Mondo uno) Per Cartesio solo nella ghiandola pineale avviene una comunicazione fra corpo e mente Mente Corpo Le cose sono qui (Mondo due) L’uomo, in quanto pensante, è quindi un ponte gettato fra due dimensioni abissalmente inesauribili in cui rischia di cadere costantemente per il fragile equilibrio del suo essere “tra”. (Meditationes, IV 43) Natura (res extensa)
…di essere (qui) un Corpo che pensa Arriviamo ad una conclusione! L’UOMO: pensa dove non è; è dove non pensa (Definizione apodittica di Jacques LACAN) La Mente pensa (qui)… …di essere (qui) un Corpo che pensa
La formulazione del dubbio metodico: il rigoroso dubitare Il paradosso del mentitore dice: “C’è un retore che davanti ad un uditorio comincia il suo discorso dicendo … Signori tutte le cose che dirò sono rigorosamente false, ….” La formulazione del dubbio metodico: il rigoroso dubitare di tutto può giungere sino alla supposizione limite (dubbio assoluto) che tutto sia falso. E però, ammettendo proprio che di ogni possibile conoscenza si debba ritenere che sia ingannevole, ammetteremmo che qui vi è una certezza di cui non si deve dubitare perché sia vero che tutto è falso. L’argomento non è nuovo, infatti era stato già enunciato da Eubulide di Mileto nell’antichità con il nome di “Paradosso del mentitore” Questa essendo però una CERTEZZA vera anche nel caso di un UNIVERSO logico fatto tutto di falsità, vuol dire che quest’ultima ipotesi è paradossalmente falsa proprio perché vera.
{U-niverso logico del (dubbio assoluto)} La forma logico-matematica del paradosso è semplicemente questa: VERO che tutti gli enunciati qui presenti sono falsi CERTEZZA CARTESIANA Questo enunciato non deve essere FALSO affinché tutti gli altri che non sono esso (ma sono ad esso sub-ordinati) possano essere FALSI {U-niverso logico del (dubbio assoluto)}
Vero che A-vero Falso che Il dubbio cartesiano mette in rilievo come sia più importante la funzione della falsificazione rispetto a quella della verificazione, in quanto la certezza presuppone l’incertezza. Vero che A-vero Falso che Il Vero conferma il falso. Il Falso smentisce il vero. Servendoci di una analogia con il modo di operare di una chiave: Il FALSO “apre e chiude” mentre il VERO lascia invariato sia il vero che il falso , “chiude il chiuso, apre l’aperto”. QUESTA FORMA è sempre quella del paradosso del mentitore In questo caso avremmo verità smentibili veramente!
Vero che Falso che A-vero La freccia (simbolo di uno spazio ordinato) è veramente nella res extensa. L’idea dela freccia è veramente nella res cogitans. DUE VERITA’ coesistono in due mondi separati. Questo anche se nella retina degli occhi, in modo ingannevole, la freccia non è la freccia (apparendo rovesciata, duplicata ecc.). L’utilità della forma logica del dubbio si apprezza meglio se proiettata sul sistema della percezione fenomenica nella relazione res extensa/res cogitans: L’occhio inganna le due verità della Fisica e della Metafisica.
La vignetta è tratta dall’ed. del 1662 del De Homine. Cosa vuol dire, per Cartesio, la certificazione matematica della fisica? Se non inserire nel quadro della rappresentazione della realtà estesa il modo di funzionare dell’occhio e del suo esser pensato come “occhio strumentale della mente”. L’oggetto-mondo può quindi essere riscritto con precisione geometrica per via che il soggetto della sua percezione visiva si include nel paesaggio stesso della rappresentabilità. La vignetta è tratta dall’ed. del 1662 del De Homine.
L’algebrizzazione della geometria
UN PUNTO DI PARTENZA In modo molto elegante e non del tutto originale Cartesio rende produttiva la relazione linea/circolo Renato Cartesio Geometria IIIa ed. Amsterdam 1637 I teoremi generativi della geometria algebrica
ab = h² h = √ab Il secondo teorema della Geometria di Catesio: l’algebrizzazione della geometria Il valore di GI (h) è dato dalla radice quadratica del prodotto di ‘a’ e ‘b’ ab = h² cioé h = √ab I h b a F G H K Sommando GH a FG si ottiene FH, dal cui centro K si tracci una (semi)circonferenza. Si unisca quindi il punto G ad I (intersezione della semicirconferenza) Siano GH e FG due grandezze lineari espresse dalle lettere ‘a’ e ‘b’ (espressioni aritmetiche delle stesse).