EGITTO La nascita e l’evoluzione della civiltà egizia sono collegate strettamente al fiume NILO Proprio la presenza del fiume, che rende possibile la vita.

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EGITTO La nascita e l’evoluzione della civiltà egizia sono collegate strettamente al fiume NILO Proprio la presenza del fiume, che rende possibile la vita in una regione peraltro desertica, è il motore primo del precoce nascere della civiltà urbana e del suo persistere quasi immutata, ai nostri occhi, per quasi tremila anni. La storia egiziana è suddivisa in differenti periodi. Le date degli eventi sono ancora oggetto di studio. Sin dall'antichità furono stilati diversi cataloghi delle dinastie che si susseguirono in Egitto. Periodo predinastico (precedente al 3200 a.C.) Periodo Arcaico (I - II dinastia) (3150 a.C. - 2700 a.C.) Antico Regno (III - VI dinastia) (2700 a.C. - 2200 a.C.) Primo periodo intermedio (VII - X dinastia) (2200 a.C. - 2040 a.C.) Medio Regno (XI - XII dinastia) (2040 a.C. - 1790 a.C.) Secondo periodo intermedio (XIII - XVII dinastia) (1790 a.C. - 1540 a.C.) Nuovo Regno (XVIII - XX dinastia) (1530 a.C. - 1080 a.C.) Terzo periodo intermedio (XXI - XXV dinastia) (1080 a.C. - 672 a.C.) Periodo tardo (XXVI - XXX dinastia) (672 a.C. - 343 a.C.)

Con il termine Antico Egitto si intende la civiltà sviluppatasi in quella sottile striscia di terra fertile che avvolge il Nilo a partire dalle cateratte (rapide che non consentono la navigazione) al confine col Sudan fino allo sbocco nel Mediterraneo con l'ampio delta in tempi incalcolabilmente lontani, riconosciuta come stato a partire dal 3300 a.C. fino al 343 a.C., quando perse la sua indipendenza.

Gli egiziani affermano che la loro storia ha inizio con il regno di Osiride, il dio-re ed uomo, che è ricordato come re di sconfinata bontà e sapienza, che riunisce tutte le tribù nomadi ed insegna loro a cambiare il danno delle inondazioni in beneficio, a respingere la distruzione del deserto con l'irrigazione e la lavorazione della terra e, in particolare, la coltivazione del grano per farne farina e pane, dell'uva per farne vino, dell'orzo per ricavarne birra. Osiride insegna ai suoi sudditi anche la scrittura e l'arte e poi, compiuta la sua missione, lascia sul trono l'amata compagna e collaboratrice Iside, e parte per l'oriente (Mesopotamia) ad istruire tutti i popoli. Al suo ritorno il fratello Seth l'attira in un tranello, lo uccide, si impadronisce del trono e sparge le membra del cadavere per tutto l'Egitto. Iside, sconvolta dal dolore, parte alla ricerca dell'amato sposo, per divina ispirazione riesce a trovarne le reliquie e con l'aiuto del fedele Anubi (il dio con la testa di cane) le ricompone. Ed ecco il miracolo: grazie alle lacrime dell'inconsolabile sposa, Osiride risuscita e sale al cielo (diventa il signore dell’oltretomba) dopo averle lasciato un figlio: Horus. Diventato adulto, dopo lunga e incerta lotta, Horus sconfigge definitivamente l'usurpatore e riprende l'opera del padre Osiride.

Con Periodo predinastico dell'Egitto si intende la fase precedente alla formazione dello stato unitario egiziano. La fase comincia nella preistoria e arriva fino al 3100 a.C., il paese è suddiviso nei due regni del Basso Egitto e Alto Egitto. Da questo momento (3000 circa a.C.) la civiltà egizia si sviluppa all’interno di un grande e potente Stato unitario che vede la fusione dell’Alto Egitto montuoso (a Sud) e del Basso Egitto pianeggiante (a nord) sotto il governo assoluto di un unico faraone.

Il Faraone era la suprema autorità della piramide sociale Egizia. La parola "Faraone" significa "grande casa". Il faraone veniva raffigurato con la barba, ricurva o fissata al mento da un nastro. Altri simboli dichiaravano il suo potere, come la corona, bianca quella dell'Alto Egitto, rossa quella del Basso Egitto, doppia quella del Paese unificato. Attaccata alla cintola del gonnellino aveva una coda di animale, variamente identificata in una coda di cane o di toro. Il Re impugnava un bastone pastorale ricurvo ed il flagello. Sulla sua testa compariva spesso l'Ureos, il serpente cobra femmina, rappresentazione dell'occhio del dio solare; sulle spalle era appollaiato il falco Horus, il figlio di Iside ed Osiride.

Al sovrano ci si poteva avvicinare solo nell'atto del suddito che si prostra sino a baciare la terra. La giornata tipo del Faraone era minuziosamente organizzata, da una parte gli impegni ufficiali, dall'altra le occupazioni domestiche. Quanto si sa dei Faraoni vivi, dei loro pensieri, dei sentimenti é nulla rispetto a quello che si sa di loro da morti, unica eccezione quella del Faraone Akhenaton che pitture di gusto insolitamente realistico ritraggono in scene di vita familiare che ne testimoniano l'attenzione verso le figlie e la moglie

La Scrittura Sacra Secondo gli egiziani la scrittura fu loro insegnata dal dio Thot durante il regno di Osiride; e questa tradizione ne conferma le origini antichissime. Nel quarto millennio a.C. i primitivi segni pittografici vanno maturando in segni geroglifici: la rappresentazione più o meno diretta della realtà si fa sempre più sintetica fissandosi nel simbolo e, arricchendosi di altri elementi, forma in poco tempo quella scrittura che molti anni più tardi (210 a.C.) i Greci chiameranno geroglifici o meglio «hiero-glyphicà» cioè « segni sacri». Con questa denominazione viene ricordata, dopo millenni, l'origine sacra dell'evolutissima scrittura egiziana. Nei primi secoli i geroglifici erano scolpiti e colorati sulla pietra. Poi furono anche tracciati, con inchiostro nero o rosso, su interminabili rotoli di papiro, rimanendo per tremila anni pressoché immutabili. Bisogna arrivare al 1800 d.C. perché un uomo straordinario come Champollion riesca a trovare la chiave perduta e ad avviare la decifrazione dei geroglifici.

La lettura e quindi i suoni di questi « segni sacri» si sono potuti conoscere grazie alle traduzioni fattene in scrittura con l'alfabeto greco; e a questa individuazione dei suoni ha concorso anche la conoscenza di molti nomi di faraoni, personaggi e città degli ultimi secoli di storia dell'Antico Egitto. La stele di Rosetta

L’arte egizia è essenzialmente religiosa L’arte egizia è essenzialmente religiosa. Architettura, pittura e scultura servono, infatti, ad onorare Dei o il Faraone (che è di natura divina). Essa rimarrà per tre millenni immutabile, cioè conserverà certe caratteristiche proprie e ben riconoscibili senza essere influenzata dall’esterno.

ARCHITETTURA I primi esempi di architettura egizia, di cui ci sono pervenuti i resti, sono le cosiddette MASTABE (= panca), tombe monumentali del periodo protodinastico nelle zone di Abido e Saqqara. Esse inizialmente furono usate per la sepoltura dei faraoni e dei loro familiari, ma quando iniziarono la costruzione delle piramidi, furono riservate ai dignitari di corte: visir, nobili, scribi e sacerdoti. Esse imitavano la struttura dei palazzi o dei templi; il gran numero di ceramiche e oggetti in pietra, in avorio e in osso intagliato che vi sono stati rinvenuti attestano l'elevato livello di sviluppo artistico e artigianale dell'Egitto dell'Antico Regno. La mastaba si componeva di due parti: la prima, sotterranea, è costituita da un sepolcreto scavato in fondo a un pozzo dove veniva calato il sarcofago del morto. La seconda parte, in superficie, ha la funzione di chiudere per l’eternità il pozzo di accesso al sepolcreto e di indicarne la presenza in modo monumentale. Questa parte in superficie è costruita in un primo tempo in mattoni crudi e successivamente in pietra calcarea.

Sepolcreto Pozzo Sarcogago Struttura fuoriterra Stanza per le offerte

All’interno vi si collocava la cosiddetta “porta falsa” che consiste in una stele recante il nome e i titoli del defunto e raffigurante una finta porta che aveva la funzione di consentire al defunto di accedere dall’aldilà alla sala del banchetto dove i vivi avevano depositato le loro offerte

LA MUMMIFICAZIONE Poiché il mondo era stato creato dalla forza vitale dell'universo, lo spirito eterno, doveva tornare, quando il suo percorso terreno giungeva al termine, all'ordine e all'armonia. Sia il racconto sacro che fa morire e poi rinascere Osiride, sia la quotidiana vicenda del dio-sole che al tramonto è sopraffatto dalle tenebre ma il giorno dopo risorge trionfante, rappresentavano per gli egizi la garanzia della fede nella sopravvivenza dell'anima dopo la morte. Tuttavia, perché ciò avvenisse, l'anima aveva bisogno che il corpo non si corrompesse o si disperdesse. Nei tempi più antichi, una vera vita oltre la morte era considerata privilegio del faraone e i sudditi speravano che l'immortalità del sovrano si riflettesse in qualche modo su di loro. Più tardi, alla fine dell'Antico Regno, la sopravvivenza diventò un diritto di tutti coloro che potevano disporre di una tomba e permettersi i riti funebri.

Nella religione egizia l'idea della resurrezione era fortemente radicata. Il Ba ed il Ka lasciavano temporaneamente il corpo nel momento del decesso per poi fare ritorno. Il Ba era il portatore delle eterne energie, il Ka rappresentava una specie di spirito custode. Pur nascendo con la persone le sopravvivevano. Quando facevano ritorno bisognava che ritrovassero l'antico corpo, ecco perché esso non doveva marcire. Inoltre ogni salma mummificata rappresentava Osiride, il dio dei defunti. Soltanto lui aveva il potere di dare la vita al morto. Gli egizi si resero presto conto che l'imbalsamazione risultava imperfetta se non toglievano le parti molli e le interiora. L'operazione più difficile fu quella dell'estrazione del cervello, perché non si dovevano produrre ferite visibili. Per questo iniziarono ad usare i famosi uncini ricurvi necessari per far uscire la materia cerebrale.

Più facile era strappare gli organi interni. Erodoto scrive: "Veniva tracciata sul lato sinistro del corpo la linea del taglio, poi la carne veniva tagliata con una pietra etiopica. L'operatore introduceva il braccio destro nell'apertura addominale, toglieva i visceri intestinali, poi svuotava la cavità toracica. Il fegato, i polmoni, lo stomaco e gli altri visceri furono conservati nei canopi. I quatto figli di Horus dovevano custodirli: Daumutef,il vaso con la testa di sciacallo, conteneva lo stomaco; Quebehsemut, il falco, conservava gli intestini; nel vaso con la testa umana, quella di Ismet, veniva riposto il fegato; quello di Hapy,con la testa di babbuino,conteneva i polmoni. I canopi venivano collocati nelle tombe in un cofano apposito. Il cuore, che serviva al defunto per essere giudicato, veniva ricollocato nel corpo svuotato.

Poi i corpi venivano trattati a secco (cosparsi di sodio asciutto, di un miscuglio naturale con carbonato, bicarbonato, cloruro e solfato di sodio) per trentacinque giorni, eliminando così dai tessuti ogni traccia di liquido. opo un simile trattamento chimico, il cadavere appariva piuttosto malconcio. Ecco perché i mummificatori facevano ricorso ad ogni sorta di cosmetici per abbellire il morto: tingevano mani, piedi e i capelli con l'henna, un pigmento fulvo-brunastro. Le altri parti del corpo non coperte dalle bende venivano dipinte con l'ocra rossa (uomini ) e con l'ocra gialla (donne ). Gli occhi artificiali dovevano assomigliare il più possibile a quelli veri. Poi cominciava l'imbalsamazione vera e propria: vino, olio, grassi, resine e miele dovevano togliere ogni odore sgradevole alla salma. Il processo di mummificazione non poteva durare meno di tre mesi.

Finita la bendatura, si poneva una maschera sul volto del defunto, d'oro e d'argento per i re, di cartapesta dipinta, ossia di papiro e lino mescolati a gesso, per i meno abbienti. La mummia era quindi deposta in una cassa antropoide dipinta, a volte contenuta all'interno di altre; per i ceti sociali più elevati e per i re si usava anche un sarcofago rettangolare di pietra. Durante la bendatura, la collocazione nella cassa e la sepoltura si versavano grandi quantità di preziosi unguenti e profumi, che formavano poi quella sostanza caratteristica dura e simile alla pece. La mummia, dentro la cassa e con un baldacchino sovrastante che rappresentava il cielo e le stelle, veniva portata su una slitta verso la tomba. La seguiva una processione funebre recante cibi e bevande, mobili e oggetti personali per arredare le camere funerarie, mentre le donne emettevano lamenti funebri. All'entrata della tomba avveniva la cerimonia detta "apertura della bocca"; la cassa veniva sollevata verticalmente, in modo che un sacerdote potesse toccare gentilmente con un'ascia da falegname in miniatura, i punti corrispondenti agli occhi, al naso, alle labbra, alle orecchie, alle mani e ai piedi come per sollevare il legno e permettere ai sensi di funzionare.

A questo punto il defunto doveva compiere un lungo viaggio fino ad arrivare davanti ad Osiride per essere giudicato. Per il popolo Osiride è il "dio del sentimento", il dio "buono" che permette di superare i confini dell'ignoto assicurando un destino ultraterreno corrispondente ai meriti ed al comportamento morale di ognuno. Egli è giudice inflessibile e dinanzi a lui l'uomo interiore si deve rivelare completamente. All'estremità opposta della sala siede Anubis dalla testa di cane che introduce il defunto. Tutti ascoltano la confessione del defunto che non può mentire. Su un piatto della grande bilancia viene posto il Cuore del defunto; sull'altro la penna di Maat (una piuma); Anubis controlla il peso ed in questo momento l'uomo deve rendere conto delle proprie azioni e dimostrare di essere stato giusto in vita. Se il suo cuore pesa meno della piuma egli è assolto e avanza verso Osiride guidato da Ra e si trasforma egli stesso in Osiride nell'Eternità ed al defunto beato si aprono le porte celesti, sale sulla barca del sole perché è sia Signore delle Tenebre che del Cielo; navigando sulla barca celeste, siede accanto al Re; prende posto con le Divinità. Se al contrario in questo mondo si è comportato male, viene divorato dalla "mangiatrice d'Occidente", condannato alla seconda morte da cui non esiste ritorno.

La regola di Maat   Nei simboli geroglifici, Maat veniva rappresentata come lo zoccolo del trono. Il suo significato è l'ordine, la saggezza, la ritualità, la rettitudine, la giustizia, la morale, l'armonia universale. Essa è la custode della legge divina, verità perfetta e sapienza assoluta. Simbolo di Maat, nel linguaggio dei geroglifici, era lo zoccolo del trono, rettitudine per eccellenza. Ogni decisione del faraone veniva ispirata a Maat come garanzia di assoluta giustezza e perciò accettata dal popolo come incontestabile verità. Maat è la figlia di Ra, il dio sole, e sorella di Thot, dio della sapienza. Con lui sedeva sulla prua della nave di Ra, impugnando lo scettro e l'ankh e portando la piuma bianca della verità. Nel momento della sua salita al trono, il faraone prestava giuramento a Maat, mentre, al termine della vita terrena, nella sala di Maat, o sala della giustizia, si svolgeva la pesatura del cuore del defunto con la piuma della giustizia. Questa era la tradizionale dichiarazione di innocenza (dal Papiro di Ani) di fronte a Osiride:

Durante la III dinastia, l'architetto Imhotep costruì per il faraone Zoser a Saqqara, nei pressi della capitale Menfi, un intero complesso funerario composto da un gruppo di templi ed edifici annessi, e dalla grande piramide a gradoni nella quale fu deposto il corpo del re: quest'ultima è forse il più antico esempio conservatosi di architettura monumentale e una delle prime versioni della tipica piramide egizia.

La piramide è la struttura architettonica caratteristica delle tombe reali dell'Antico e del Medio Regno: al suo interno veniva garantita la vita del sovrano oltre la morte, nell'oltretomba; nelle vicinanze sorgevano a volte anche un tempio e a altre costruzioni religiose. L'edificio racchiudeva la camera funeraria (talvolta sotterranea), dove veniva deposta la mummia del faraone. Le piramidi testimoniano di un tecnica costruttiva di alto livello, tenuto conto della mancanza di attrezzi in ferro e di macchine per il sollevamento: gli strumenti erano in pietra e i blocchi da costruzione, del peso di molte tonnellate, erano trascinati su scivoli e terrapieni, in tempi molto lunghi e con impiego di un elevatissimo numero di uomini e animali da tiro.

Complesso monumentale della piramide. Pianta e sezione dello schema tipo. A - Piramide costruita a settori inclinati di pietrame e rifinita con pietra fine delle cave di Tura. B - Piramidi satelliti per le principesse del faraone. C - Tempio funerario a monte per il culto del faraone divinizzato. D - Galleria di collegamento. E - Tempio funerario a valle per la purificazione e l'iniziazione. 1)Recinto della piramide. 2)Galleria di accesso all'interno della piramide con apertura a levante.3) Camere dei tesori e cappella del sarcofago sotterraneo. 4)Santuario con sette cappelle degli dei ed atrio per l'adorazione del faraone-dio. 5)Corte colonnata per i sacerdoti e i familiari iniziati. 6)Magazzini delle offerte e celle per i sacerdoti 5)Tempìetto delle offerte e delle preghiere per la regina.8)Atrio del tempio funerario. 9)Barche sacre interrate. 10)Vano del «Guardiano della Soglia». 11)Magazzini e celle dei sacerdoti. 12)Sacrario dell‘«apertura degli occhi e della bocca». 13)Atrio della purificazione e del completamento della mummia. 14)Approdo sul canale proveniente dal Nilo.

Le piramidi di Giza, in cui furono sepolti i faraoni della IV dinastia, testimoniano la perizia ingegneristica degli architetti egizi, capaci di edificare monumenti che sono ancora oggi considerati fra le meraviglie del mondo. La grande piramide di Cheope raggiungeva originariamente l'altezza di 147 m ed era formata da circa 2.300.000 blocchi di pietra del peso medio di 2,5 tonnellate ognuno. Oltre che dalla piramide, ogni impianto funerario era costituito da un tempio a valle, una strada d'accesso e un tempietto o una cappella in cui venivano celebrati i riti religiosi in onore dello spirito del faraone. Le sue quattro facce triangolari sono rivolte simbolicamente ai 4 punti cardinali e hanno un’inclinazione di 52 gradi. Il rivestimento era in lastre calcaree ma ora è perduto. La cella funeraria è posta, caso unico, non alla base ma quasi al centro della costruzione.

Templi divini e funerari Oltre all'architettura sepolcrale ha grande importanza per gli Egizi anche l'architettura sacra, relativa cioè alla costruzione dei templi. I TEMPLI possono essere divini, in quanto consacrati a una o più divinità, o funerari, quando sono eretti per facilitare la vita ultraterrena di un faraone o di qualche sua consorte. I templi divini I templi egizi non hanno alcuna similitudine, quanto a funzione, né con altre costruzioni sacre dell'antichità né, tanto meno, con quelle dei nostri giorni. Essi non sono luoghi di preghiera né di predicazione; rappresentano l'abitazione terrena degli dei e vengono consacrati esclusivamente alla conservazione della Creazione. Infatti per gli Egizi il succedersi del giorno e della notte non è mai dato per scontato, ma deriva dalla vittoria quotidiana degli dei sulle forze oscure dell’universo.

Tempio di Karnak dedicato ad Amon

Pilone Cortile colonnato Sala ipostila Vestibolo Santuario Naos

Elementi costruttivi del tempio: Il pilone (ingresso monumentale) Il cortile colonnato (l’unico spazio aperto ai fedeli) La sala ipostila (per i riti di purificazione dei sacerdoti) Il vestibolo (dove i sacerdoti preparavano le offerte) Il santuario Il naos (la cella che conteneva la statua del Dio)

naos Sala ipostila con 134 colonne alte 23 metri con capitelli papirifomi aperti Lo sviluppo del tempio è a cannocchiale perché il percorso si svolge in linea retta e in salita: dal portale trionfale ricavato nel pilone di ingresso, fino al santuario. cortile pilone

L'accesso al tempio, il più grande mai costruito al mondo, avviene dalla Via degli Dei, un lungo viale fiancheggiato da quaranta monumentali fii in pietra con il corpo di leone e la testa di ariete, poste a eterna guardia dell'intero complesso. Nel colossale pilone d'ingresso si apre la porta trionfale che immette nel cortile maggiore. Esso è percorso per tutta la sua lunghezza da due file di colonne monumentali che indirizzano verso il portale d'un secondo pilone, attraverso il quale si accede alla vastissima sala ipostila. Una selva di 134 colonne papirifórmi (aventi cioè il capitèllo a forma di campana rovesciata sorregge la copertura Dopo altri tre piloni si arriva al santuario, che rappresenta il centro spirituale di tutto il complesso organismo templare. Il naos, infine, consiste in un piccolo locale di granito, basso e poco illuminato. Al suo interno c’era la statua di Amon e la barca divina.

I templi funerari Rappresentava il prolungamento simbolico nel mondo dei vivi del faraone defunto. Secondo la credenza, infatti, attraverso il tempio a lui dedicato, il faraone poteva partecipare ai riti funebri in suo onore. La struttura è la stessa dei templi divini, ma accanto al culto di Amon si affianca quello del faraone a cui è dedicato il tempio. Due esempi importanti sono il Ramesseum dedicato a Ramses II e quello dedicato alla faraona Hatshepsut. Ramesseum dedicato a Ramses II, il più grande esempio di tempio funerario

Tempio di Hatshepsut

È costituito da tre livelli tra loro comunicanti È costituito da tre livelli tra loro comunicanti. In esso troviamo la cappella di Hathor, la dea ritenuta la madre della faraona con il capitelli hathorici. Di questo tempio si conosce il nome dell’architetto, Senmut che, insieme ad Imhotep, è l’unico conosciuto della storia egizia.

Pittura e rilievo Per gli Egizi esistevano due tipi di tecniche di pittura: Quella dipinta in cui prima si disegnava il contorno di una figura su una superficie liscia e poi la si riempiva di colore; Quella a rilievo inciso, che consisteva nell'incidere la figura su un supporto di pietra precedentemente levigato. Esso si otteneva se veniva scolpito solo il contorno delle figure e queste mantenevano la stessa sporgenza dello sfondo.

Se l'incisione, invece, era eseguita asportando completamente lo sfondo e lasciando in risalto solo il soggetto e le scene principali, si aveva il cosiddetto bassorilievo (che è quasi una scultura). Inizialmente, nell'arte egizia, pittura e rilievo sono quasi sempre compresenti, nel senso che ogni tipo di scultura e di incisione era anche vivacemente colorato. La tecnica pittorica egizia consiste nella miscelazione di pigménti ottenuti dalla macinazione di varie terre colorate con un agglutinante (dal latino glùten, colla), sostanza collosa a base di acqua, lattice di gomma e albume d'uovo. Il colore così ottenuto ha una consistenza semiliquida e viene disteso grazie, a dei pennelli ricavati dalle fibre di palma. Questo tipo di pittura si definisce solitamente a tèmpera (dal latino temperare, mescolare) e, potendosi sciogliere con l'acqua, va necessariamente usata solo su delle superfici perfettamente asciutte e al riparo da eventuali piogge.

La funzione dei rilievi e dei dipinti egizi non è decorativa, ma religiosa. Essi, infatti, sono realizzati sui sarcofagi, nelle camere sepolcrali e all'interno dei templi, al riparo da occhi indiscreti. Il loro utilizzo, del resto, era riservato esclusivamente ai defunti, che nella loro esistenza ultraterrena avrebbero potuto essere confortati dalle rappresentazioni che erano loro più care. In genere i soggetti riprodotti fanno pertanto riferimento alla tranquilla vita dei campi (semina, vendemmia, mietitura, allevamento del bestiame)

Non mancano, infine, anche cerimonie e banchetti con danzatrici e suonatori e, per le spose dei faraoni, scene di vita domestica che le raffigurano intente a farsi vestire o acconciare dalle ancelle o, ancora, ad abbracciare teneramente il marito.

Caratteristiche della pittura: La tecnica è e sempre rigidamente prefissata: le figure umane devono sottostare a una precisa simbologia che si manterrà immutata per più di tre millenni. La realtà, infatti, non viene rappresentata per come appare alla vista, ma nel modo più elementare e intuitivo possibile: La figura umana viene dipinta (o incisa) mettendo contemporaneamente in evidenza le sue caratteristiche fisiche essenziali e più significative: - il volto e la testa vengono rappresentati di profilo per mettere ben in evidenza il contorno. L'occhio è rappresentato frontalmente, poiché solo tale visione ne descrive compiutamente la forma e l'espressione. il busto è rappresentato frontalmente, in modo da esaltarne la simmetria. i piedi sono rappresentati di profilo, mostrando solo l’alluce. gli arti di profilo perché la rappresentazione è più efficace e intuitiva. Il bacino è rappresentato sempre di tre quarti e poiché la gamba più lontana dall'osservatore è sempre raffigurata mezzo passo più avanti dell'altra, ogni figura offre alla vista l'inguine.

i piedi sono rappresentati di profilo, mostrando solo l’alluce. il volto e la testa vengono rappresentati di profilo L'occhio è rappresentato frontalmente Il bacino è rappresentato di tre quarti il busto è rappresentato frontalmente gli arti di profilo

Errori anatomici e prospettici Errori anatomici e prospettici. 1) testa di profilo 2) occhio frontale, 3) corpo frontale, 4) bacino di ¾; 5) piedi di profilo, e 6) la mano frontale sulle braccia di profilo.

Nelle donne, però, almeno uno dei seni viene rappresentato lateralmente, il che ne definisce la forma in modo più comprensibile di quanto possa essere una visione esclusivamente frontale. ll colore della pelle è un altro degli elementi simbolici che contribuisce a rendere i personaggi più facili da identificare. Gli uomini, infatti, appaiono sempre di colore rosso-bruno, mentre le donne sono di colore più chiaro (di solito ocra o giallognolo).

Fregio delle oche

La scultura Per gli Egizi la scultura è l'arte di realizzare statue «a tutto tondo» (cioè dotate di un volume proprio). Per realizzare le loro opere essi hanno sperimentato tutti i materiali allora disponibili: dal legno alla terracotta, dalla pietra al bronzo, dall'oro all'avorio. Nel caso del legno o della pietra la scultura si ricava da un unico blocco di materiale, facendo uso di scalpelli di metallo. L'artista procedeva scolpendo in contemporanea sui quattro lati (fronte, retro, fianco destro e fianco sinistro), in modo che, strato dopo strato, l'opera prendesse progressivamente forma e definizione. Una volta ultimata questa prima fase si passava a quella della politura e della lucidatura.

Nel caso di altri materiali i procedimenti tecnici sono diversi: una statua in terracotta, ad esempio, viene realizzata plasmando l'argilla, che poi va cotta in un forno; una statua in bronzo, invece, si ottiene colando il metallo fuso dentro uno stampo di terracotta precedentemente realizzato, che viene spezzato dopo il raffreddamento del metallo stesso. Compito principale della scultura e della statuaria in genere è quello di reincarnare i defunti. La religione egizia, infatti, non fa differenza tra realtà e rappresentazione della realtà e per questa ragione ciascuno è convinto che nella propria statua si possa continuare a vivere anche dopo la morte. Tale certezza rende però necessario che ogni scultura sia il più somigliante possibile al defunto cui è dedicata e, soprattutto, che ne porti inciso il nome. Una statua senza nome è ritenuta una sorta di involucro vuoto, all'interno del quale nessun ka potrà mai più reincarnarsi. Anche nella scultura vi sono precise leggi alle quali ogni artista deve scrupolosamente attenersi: deve rappresentare solennità e serena monumentalità. Al pari dell'architettura e della pittura, anche la scultura è vista in funzione quasi esclusivamente religiosa, le statue egizie non hanno che due collocazioni possibili: all'interno delle camere funerarie o nei templi.

Vi sono due tipi di statue: figura stante e figura seduta L’uomo è in posizione stante, cioè in piedi, con la gamba sinistra avanzata, il torso nudo, il capo eretto, le braccia lungo i fianchi, i pugni che serrano due corti scettri del potere.

Chefren assiso in trono È rappresentato con il shenedyt (il gonnellino) e la barba posticcia sul mento. Alla base del trono ci sono i simboli del basso e alto egitto. La testa è abbracciata da Horus

In esso sono riassunte quasi tutte le caratteristiche simboliche richieste a una scultura egizia. Il faraone è in posizione stante, cioè in piedi, con la gamba sinistra avanzata, il possente torso nudo, il capo eretto acconciato con il klaft o nemes, le braccia rigidamente stese lungo i fianchi, i pugni che serrano due corti scettri del potere. La regina, anch'essa stante, più bassa di statura e minuta, ha invece i piedi uniti, indossa un lungo e leggerissimo kalasìris. Ella abbraccia il marito cingendolo alla vita con il braccio destro, appoggiando nel contempo la propria mano sinistra sul braccio sinistro del consorte, secondo una rigida e ricorrente convenzione che sta simbolicamente a significare un'unione felice. La finezza dell'intaglio e la perfetta levigatura delle superfici appaiono tanto più sorprendenti se si considera che il materiale impiegato è il basalto, una delle pietre più dure esistenti in natura.

La straordinaria testa in calcare dipinto della regina Nefertìti costituisce uno dei migliori esempi di abilità tecnica e di profondità espressiva di tutto il Regno Nuovo. Nefertiti era sposa di del faraone Ekhnàton (o Akhènaton), l'eretico, che dedicò tutta la vita al culto monoteista di Àton, incarnato nel disco del Sole. Il marito Ekhnaton si fa sempre rappresentare con una nuca particolarmente pronunciata, occhi a mandorla, naso lungo e sottile, labbra carnose, mento rotondo e sporgente. Una sorta di severa maschera sempre solcata da due caratteristiche rughe che, partendo dalla base del naso, arrivano agli orli della bocca, disegnando sul volto un'espressione di simbolica e misteriosa fissità.

Caratteristiche del tutto simili si riscontrano anche nel torso in quarzite rossa di Nefertiti (ca 1345 a.C). L'opera, che purtroppo ci è giunta priva delle gambe, della testa, dell'intero braccio destro e di parte del sinistro, Il corpo della bellissima regina, infatti, è rappresentato avvolto da un sottile kalasiris, finemente plissettato, che lascia nuda la spalla destra raccogliendosi in un morbido nodo sotto il seno. La lieve prominenza in corrispondenza del ventre richiama il concetto della fertilità femminile.

La solennità delle rappresentazioni scultoree egizie viene meno solo quando si raffigurano servi intenti ai loro lavori. Questi personaggi, al loro risveglio ultraterreno, non dovranno incarnare uomini o donne realmente esistiti, ma assicurare semplicemente i propri servigi al defunto, cui sono stati destinati. Le statuette di questo tipo, generalmente in terracotta o in legno, sono di piccole dimensioni e stupiscono per la vivacità e l'immediatezza con la quale se ne riconoscono le azioni: la birraia, che fa macerare in un gran vaso di terracotta l’orzo necessario alla preparazione della birra.

Ci sono poi statua enormi, le più grandi della storia come quelle del Tempio di Abu Simbel Questi colossi faraonici, però, non hanno la funzione di consentire la reincarnazione del defunto quanto, piuttosto, quella di tramandarne e onorarne la memoria.

Statue gigantesche assumevano spesso anche il ruolo di guardiani dei templi o delle tombe. Un esempio per tutti è costituito dalla mastodontica Sfinge di Giza (ca 2550-2500 a.C), posta da ben quarantasette secoli a guardia simbolica della piramide di Chefren. Direttamente scolpita in una collinetta calcarea, essa ha un'altezza di circa 20 metri e una lunghezza di oltre 73 e rappresenta un mostro con il corpo di leone accovacciato e la testa umana. Questa, forse simbolicamente ispirata al volto dello stesso Chefren, è rivolta al sole nascente, quasi a sottolineare la diretta discendenza del faraone da Ra, dio del sole La severa maestà di quella che, ancora oggi, è la più grande scultura esistente al mondo ne ha fatto, fin dall'antichità, un mito di magia e di mistero. In questo modo la Sfinge, che per gli Egizi era solo un fedele guardiano soprannaturale, è diventata, in seguito, il simbolo di tutti gli interrogativi che l'uomo, nella sua limitatezza, non può né comprendere né risolvere.