Francesco Borromini (1599 -1667) “Chi segue altri, non li va mai inanzi, et io al certo non mi sarei posto a questa professione col fine di esser solo copista”, Originario di Bissóne sul lago di Lugano (oggi Canton Ticino), dove nacque il 27 settembre 1599, si recò giovanissimo a Milano per apprendere l'arte di costruire.Trasferitosi a Roma lavorò alle dipendenze del conterraneo Carlo Maderno e, successivamente, di Gian Lorenzo Bernini al quale fu sempre ostile per il diverso modo di concepire l'architettura.
Egli operò esclusivamente come architetto, contrariamente all'antagonista Bernini dedito anche alla scultura e alla pittura. In tal modo il Borromini si libera, in un certo senso, dal costume rinascimentale secondo il quale l'artista doveva essere universale, cioè esperto nel maggior numero possibile di discipline. Con Borromini nasce dunque il moderno concetto di «specializzazione», consistente nel concentrare tutte le proprie capacità in un unico campo nel quale si tende a essere quanto più possibile eccellenti. Francesco Borromini morì suicida a Roma, dopo una notte di disperazione e sofferenze il 3 agosto 1667.
Roma, chiesa di San Carlo alle quattro fontane Francesco Borromini, 1638-1641 Roma, chiesa di San Carlo alle quattro fontane
Tra il 1634 e il 1641 Francesco Borromini costruisce per i Padri Trinitari Scalzi spagnoli il «quarto» (o ala del dormitorio), il chiostro (1) e la chiesa (2)
Il piccolo chiostro ha pianta pressoché rettangolare e si compone, in alzato, di un doppio ordine di colonne. Quelle inferiori tuscaniche hanno l'abaco prolungato fino a costituire un architrave che sostiene alternativamente un muro pieno e un arco; quelle superiori, invece» sono trabeate (architravate). Gli angoli del rettangolo di base smussati secondo archi di cerchio, ospitano coppie di colonne sulle quali insistono porzioni di muro convesse. La pianta si trasforma dunque in un ottagono con quattro lati curvi e di dimensione ridotta rispetto ai rimanenti.
La chiesa ha una pianta basata sull'ellisse (formata dall’accostamento di due triangoli equilateri), costituita da succedersi di rientranze e di sporgenze con quattro nicchie che si aprono nella muratura L'andamento sinuoso del perimetro si legge ancora, continuo e limpido, nell'alta cornice alla base della cupola. Quattro arconi, infine, riconducono la struttura alla perfetta imposta ovale della cupola.
Nel complesso disegno del cassettonato che la decora, croci, esagoni e ottagoni si fondono mirabilmente con un potente effetto scultore. L'impressione che si ricava da questo spazio perennemente mosso avvolgente e modellato dall'architettura fu ben espressa dalla testimonianza di un contemporaneo che casi riferisce il comportamento dei visitatori: «et quando stano in chiesa altro non fanno che guardar allo alto et voltarsi per tutta la chiesa» per che tutte le cosse d'essa sono in tal modo disposte che una chiama alla altra».
Nel progetto della chiesa di San Carlo di Borromini la pianta ellittica risulta da due triangoli equilateri con le basi sull’asse trasversale e con i lati incurvati verso l’interno, in maniera da determinare una concezione unitaria dello spazio che prevede contrazione ed espansione. Borromini crea, così, un’ellisse il cui perimetro è vivacizzato da nicchie contenenti altari. All’interno della chiesa Borromini esprime tutta la carica rivoluzionaria della sua concezione dello spazio architettonico. Movimento e mutamento per Borromini non sono segni di imperfezione, perché un universo vivente deve potersi muovere e mutare: non ci sono confini, limiti o muri che possano sottrarci “la infinita copia delle cose, perché dall’infinito sempre nuova copia di materie nasce”. All’interno della chiesa si percepiscono la compressione e dilatazione dello spazio disegnato in pianta, il vano ellittico sembra scaturire dall’incontro di direttrici di forza opposte, provenienti dall’esterno verso l’interno e viceversa, che producono un continuo susseguirsi di piani concavi e convessi. In esso si aprono quattro grandi nicchie, dove sono gli altari. La forte trabeazione perimetrale assume il valore di elemento unificante delle tensioni dinamiche che percorrono l’interno.
Nella facciata di San Carlo alle Quattro Fontane Borromini associa un ordine piccolo a uno gigante, ripetuti per due volte in altezza; essa viene così distinta nettamente in due parti, superiore e inferiore, che si contraddicono in un dinamico gioco di opposti: alternanza di settori concavi e convessi, articolarsi dei cornicioni, inversione delle parti chiuse e aperte e anticipano il serrato gioco dello spazio interno.
Francesco Borromini, San Carlo alle quattro fontane a Roma, 1664-67 La facciata ha l’andamento di una sinusoide Una curva continua presenta concavità agli estremi e una convessità al centro ed è contenuta in alzato tramite quattro colonne. Queste sostengono una trabeazione che si modella anch’essa sulla sinusoide Francesco Borromini, San Carlo alle quattro fontane a Roma, 1664-67
IN SINTESI Opera commissionata dall’ordine dei Trinitari; Opera di dimensioni ridotte che sfrutta con genialità e fantasia lo spazio a disposizione; Concezione dinamica e drammatica dello spazio elaborata secondo un concetto di dilatazione-contrazione; Facciata che invita ad una visione in obliquo.
Sant’Ivo alla Sapienza di Borromini
Borromini dovette misurarsi con un preesistente cortile, un lato del quale era curvilineo. Egli concepisce una facciata concava nella parte inferiore e convessa in quella superiore
La pianta: Da un triangolo equilatero con un semicerchio su ciascun lato e con gli angoli tagliati da un arco di cerchio si genera uno schema planimetrico mai impiegato prima, costituito da tre ampie absidi lobate alternate a tre nicchie introdotte da pareti convergenti aventi il fondo convesso e che ha al centro un esagono
La forma della pianta prosegue in alzato senza variazioni per culminare nella cupola la cui struttura ripete gli stessi spigoli e le medesime rientranze e sporgenze presenti nella pianta. Queste si annullano soltanto nell'anello del serraglio della lanterna, le cui facce sono tutte convesse
Alla stessa logica compositiva risponde l'esterno, specie nel tiburio che nasconde la cupola e nelle gradinate che ne costituiscono le nervature scoperte. Dei contrafforti radiali curvilinei, ad arco rovescio (cioè con la concavità rivolta verso l'alto), stringono la cupola e vanno a sorreggere la lanterna che ha facce concave separate da colonne binate, concluse da candelabri fiammanti.
La lanterna è un'elica scultorea che si conclude in una corona fiammeggiante sormontata dalla croce. L'elica, che via via si restringe procedendo verso l'alto, imprime all'edificio un senso di movimento rotatorio sempre più accelerato. Infine la lanterna si accende nella corona sulla sommità formata da lingue di fuoco, sulla quale la palla e la croce, sostenute da quasi immateriali archetti di metallo, sembrano miracolosamente sospesi.
Trasformazione della Basilica paleocristiana di San Giovanni in Laterano. IlBorromini conciliò le esigenze statiche (la chiesa minacciava di crollare) con quelle di conservare l'antica basilica secondo il desiderio del pontefice.L'architetto trattò l’edificio come una reliquia racchiudendola in un prezioso reliquiario in muratura. Egli, infatti, ne rinforzò le strutture inglobandole nelle nuove ma rendendole visibili a tratti. Testo