ISO e gli standard grafici: come aumentare la qualità e il valore del processo di creazione e stampa Seminario tecnico sull'utilizzo pratico delle norme per studi grafici, agenzie, fotolito, stampatori offset e digitali, interessati ad aumentare la percezione di qualità del proprio lavoro e a ridurre i costi di gestione. Grafitalia - Milano 27 marzo 2009
ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa Le basi teoriche di una stampa a norma: conoscere il colore Ho un profilo bellissimo?!?!?! Io non converto in CMYK perché non voglio perdere l’azzurro dei cieli. Se l’ho stampato io con la mia stampante da 300,00 euro vuoi mai che non si possa ottenere con una macchina offset a 6 colori? A me non interessa se è difficile: io ho fatto uno scatto con dei colori bellissimi e li voglio avere tutti, altrimenti che fotolito e che stampatori sono? Una volta questi erano discorsi che facevano soprattutto gli architetti (prestati in gran misura alla grafica) ai quali nulla era precluso … Oggi stanno a dimostrare la professionalità nulla di chi li pronuncia …
Periferiche di input Prendiamo scanner e dorsi digitali diversi. A parità di immagine acquisita ci forniranno, nello stesso pixel, numeri diversi. R200 G0 B55 R237 G0 B32 R230 G20 B80 R228 G0 B24 ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Periferiche di output Prendiamo stampanti diverse. A parità di numeri che ricevono dai nostri programmi di computer grafica stampano colori diversi.
ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa Periferiche di input/output Prendiamo monitor diversi e guardiamo una identica tacca colore. A parità di numeri ognuno manda fuori una risposta diversa e cioè un colore diverso. È nota a tutti la diversità di risposta dei monitor nelle distese dei televisori in un supermercato sintonizzati sullo stesso canale … R255.G51.B0
Ma allora, qual’é il colore vero? Il colore vero sarebbe quello che vedrebbe l’osservatore standard, un ipotetico signore “creato” nel 1931 dalla CIE (Commission Internationale de l'Eclairage) in occasione della definizione del primo spazio colore moderno. Il colore vero, per definizione, è quello percepito da quel signore quando la sua retina è colpita da una lunghezza d’onda riferibile ad una terna di numeri (tristimolo), che identifica quel colore in uno spazio che venne definito XYZ e da questo si deriva. Farà piacere sapere che – a parte i daltonici – quasi tutti vediamo i colori in modo abbastanza simile a come li vede l’osservatore standard. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Tanti pregi e un grande difetto Spazio non omogeneo e quindi non è possibile calcolare agevolmente la distanza percettiva tra due colori. I due segmenti che hanno la stessa lunghezza mostrano come quello più in alto stia sempre nell’ambito dei verdi, mentre il secondo passa dai gialli ai rossi. In parole più semplici non è agevole determinare con dei numeri se un colore sta dentro, o meno, le tolleranze previste per quella particolare procedura. Nel nostro caso, se una stampa è stata realizzata bene o meno. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
1976: CIELAB = lo spazio omogeneo In questo nuovo spazio i colori, caratterizzati da un asse delle luminosità L* (che va da 0=nero a 100=bianco), da una asse a* (o dei rosso/verdi che per i nostri programmi di computer grafica va da 127=rosso a -127=verde e un asse b* o dei gialli/blu che va da 127=gialli a -127=blu), a parità di distanza geometrica sul diagramma (tridimensionale, quindi in tutte le direzioni) c’è proporzionalità percettiva tra due colori. Se L* 1 a* 1 b* 1 sono le coordinate di un colore e L* 2 a* 2 b* 2 le coordinate dell’altro, la loro distanza è data dalla seguente formula: formula che si può agevolmente impostare in Excel per fare le proprie considerazioni. A questa differenza è stato dato il nome di E.
Quando due colori sono diversi Esiste una regola empirica secondo la quale: entro la differenza 1 i colori sono apparentemente uguali, entro la differenza 3 i colori non sono significativamente diversi, oltre la differenza 5 i colori sono decisamente diversi. Ma sarà poi vero? Non è vero! O meglio dipende da quali colori. Da quando è nato lo spazio CIELAB è stato revisionato ben 4 volte perché ci si è resi conto che non è poi così uniforme. Dal sito di Mauro Boscarol potrete attivare un link che vi farà scaricare, gratuitamente, dal sito Adobe il suo calcolatore di E secondo le varie revisioni. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Tanti, troppi E Questo rosso ha un E CIE 1976 pari a 3. Ma il E CIE 1994 è 1,32, per le arti grafiche (perché per il tessile sarebbe 1,02). Il E CIE 2000 invece è 1,23. Il E CMC 2:1 è 1,19 oppure CMC 1:1 1,41. Anche questo marron ha un E CIE 1976 di 3. Vi lascio confrontare gli altri … E allora? È una vera babele nella quale però la norma ISO fornisce una certezza richiedendo che si usi il E CIELAB 1976: il primogenito. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Lo spazio colore (Gamut) un solido che contiene i colori riproducibili La dimensione di questo solido (cioè il volume) è un elemento importante: più è grande e più colori ci stanno dentro. Uno spazio colore è definito anche dalla modalità di colore: RGB, CMYK, Gray, Exacrome® … sostanzialmente i primari che lo contraddistinguono. Per gli scopi che ci siamo prefissati ci limitiamo al volume: vedremo quindi quanto grandi sono quasi tutti gli spazi colore, anche quelli di una macchina fotografica da 100,00 euro (sRGB) rispetto allo spazio della macchina da stampa … … che è proprio piccolo, ma quello è e non può essere ingrandito e quindi va considerato immodificabile. Sarà espressione della nostra professionalità ricavarne il massimo.
Questa è la condizione classica in cui si lavora: uno spazio monitor “normale”, un ampio spazio RGB (Adobe 1998) in cui si salvano le immagini acquisite da scanner o da dorso digitale, e lo spazio ISO Coated v2 (ECI) che definisce e rappresenta le macchine da stampa offset su carta patinata. La cosa che balza evidente è che gli spazi pratici (monitor e macchina da stampa) hanno zone reciprocamente non visibili cioè zone in cui il risultato in stampa può essere una sorpresa … non sempre gradita. Il Gamut delle periferiche
… succede che tutti questi colori non sono riproducibili e da qui le discussioni, contestazioni, cause... Fino a pochi anni fa non esisteva una stampante da ufficio che potesse eguagliare una macchina da stampa. Andateglielo a spiegare al vostro cliente che le situazioni si sono invertite e che quei bellissimi verdi brillanti che è possibile ottenere con 300,00 euro non si ottengono con ,00 euro! Anche perché su molte macchine digitali quei colori si possono ottenere … Ma c’è di più ed è anche molto peggio: cosa succede se il nostro grafico creativo si è fatto la “sua prova colore” sulla sua stampante da meno di 300,00 euro mettendo la più bella carta fotografica che ha potuto comprare e che gli ha consentito di usare uno spazio colore “immenso” (volume ) rispetto al “minuscolo” Fogra 39 (volume , ovvero solo il 56%)?
Le carte trattate a parità di macchina e di inchiostro cambiano notevolmente il Gamut. Notevole è la differenza tra una carta mattata e una fotografica. Per questo quando si affronta un lavoro in modalità professionale elevata è necessario impostare correttamente i parametri dei software grafici al fine di potersi rendere conto di quello che potrà essere il risultato in stampa. Per un creativo, fare una “bella stampa” con ampio Gamut, lungi dal metterlo al riparo sulla qualità del proprio operato, può rivelarsi MOLTO, MA MOLTO pericoloso.
ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa E adesso possiamo parlare di profili e quindi di spazi cromatici standard Le periferiche danno risposte diverse a stimoli uguali. A parità di colore abbiamo bisogno di qualcosa che forzi le periferiche a dare risposte uguali, magari modificando gli stimoli. Poi c’è il problema della dimensione degli spazi colore e allora occorre qualcosa che consenta di passare da uno spazio grande a uno più piccolo (intento di rendering) preservando al massimo i colori percepiti. Queste esigenze ci stanno avvicinando al concetto di profilo colore. Alessandro Beltrami: un profilo ICC è una “carta d’identità” di un dispositivo di acquisizione (scanner o fotocamera), di visualizzazione (monitor), di stampa. I profili ICC ci permettono di comunicare con il colore percepito invece che con i numeri. Mauro Boscarol: cambiare i numeri per non cambiare i colori.
ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa Il primo profilo: il cromista Nella fotolito tradizionale si poteva lavorare anche con un monitor in bianco e nero: il cromista sapeva che un determinato colore in stampa si otteneva con una particolare combinazione di ciano, magenta, giallo e nero. Il cromista controllava le immagini digitali col “densitometro” e modificava i numeri in modo che diventassero quelli adatti per quella periferica. Non ci poteva essere confusione tra le varie periferiche perché allora se si voleva stampare lo si faceva in un modo solo e cioè in offset. Possiamo dire che il cromista equivaleva a quello che oggi si potrebbe chiamare Generic_CMYK.icc
ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa Mettiamo tutto assieme … e avremo sviluppato la gestione colore se abbiamo una immagine a disposizione di cui conosciamo esattamente quali colori contiene, cioè come li vedrebbe l’osservatore standard Cie, se contemporaneamente riusciamo a sapere come si comporta una periferica, attraverso la sua carta d’identità (=profilo.icc), se attraverso una qualche operazione (motore di colore) e con una particolare modalità (intento di rendering) riusciamo a cambiare i numeri in modo che la periferica ci faccia vedere i colori come erano dal vero (o meglio, il più vicino possibile a quello che dovrebbero essere), allora stiamo facendo gestione colore, cioè stiamo usando correttamente i profili colore
ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa E adesso che abbiamo i profili a cosa ci servono in pratica? Compensazione monitor Separazione colore Softproof/Hardproof Device link – repourposing I profili non risolvono completamente il problema della uniformità del colore ma quello che fanno lo fanno praticamente a costo zero. Il cromista costerebbe molto perché impiegherebbe molto tempo a realizzare, nella sua testa, quello che un buon sistema calibrato (scanner/dorso digitale – monitor – periferica di stampa) può fare tutto in automatico.
Applicazione dei profili Ottenuto il profilo si tratta di applicarlo: ma dove? Come? Quando? Perché? Semplificare le relazioni con i nostri interlocutori (= ovvero vedere gli stessi colori anche a distanza). Consentire ai nostri impianti, spesso costituiti da tecnologie diverse, di eseguire output simili Consentire ai creativi di prevedere il risultato di stampa in base al tipo di carta e/o alla tecnologia usata (offset; digitale elettroink, a toner, inkget; serigrafica, flessografica, fotografica …) Eseguire delle separazioni professionali e adatte ai nostri impianti di stampa Eseguire delle riseparazioni (repouposing) per migliorare il risultato tecnico attraverso l’armonia qualitativa degli stampati Ebbene ognuna di queste esigenze può richiedere l’uso di un profilo diverso, ma nonostante questa diversità, il tutto può essere realizzato in un contesto armonico di miglioramento globale della qualità della produzione. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
E siamo arrivati all’obiettivo: spazi cromatici standard CMYK ed RGB Per il CMYK è facile. È la che ci dice quali sono i profili standard che definiscono gli spazi cromatici che ci interessa valutare e/o sui quali vogliamo operare. In pratica ogni tipo di carta (per l’offset) ha il suo profilo di riferimento. Siamo oramai abituati a quelli della (ISOCoated v2, Coated Fogra 39, ISOUncoated …), ma ci sono quelli per le rotative da giornali, quelli per la rotocalco, per la serigrafia, per la flexo … Se quel profilo lo attiviamo come spazio di lavoro dei nostri programmi di grafica saremo in grado di simulare a video quello che succederà in stampa. La qualità della simulazione dipenderà dal software grafico, dal monitor (e dalla sua profilazione), dalla luce ambiente. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Per RGB è meno scontato Argomento dove se ne sentono di “tutti i colori”. Dipende da cosa si deve fare. Valgono alcune regole generali (limitatamente allo spazio di lavoro di default, quindi alle nuove immagini, perché le immagini che provengono dall’esterno con un loro profilo restano con quello). Azienda di stampa (o di prestampa o fotografi orientati alla stampa) agli inizi del percorso: sRGB (D65 – 2.2) Come sopra, ma con padronanza di profili e spazi colore standard: ECI RGB (D50 – 1.8) o Adobe RGB 1998 (D65 – 2.2) L’uso dell’sRGB rende “meno traumatico” l’eventuale taglio dei colori, ma per l’archiviazione si rischia di perdere inutilmente dei colori realizzabili su periferiche diverse dalla stampa offset. ProPhoto è meglio non prenderlo in considerazione nel nostro mestiere. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Dove si impostano gli spazi cromatici Quasi tutti i programmi dichiarano la gestione colore. Non tutti la sanno fare fino alla creazione del Pdf (o del Postscrip). Nella creative suite (che lavora bene) è nei menu delle Impostazioni colore. È importante sapere che se disponiamo di un buon monitor correttamente calibrato e profilato possiamo vedere nel nostro studio cosa succederà in stampa. Non avremo sorprese e saremo in grado di ottenere ciò che abbiamo progettato. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
La soft proof Consiste nel visualizzare a monitor il risultato di stampa atteso, che tornando alla teoria dei profili colore, equivale a simulare il profilo. Limitatamente all’offset ( ) consiglio di creare le 4 condizioni di prova per i 5 tipi di carte standard, più, eventualmente, una per i quotidiani ( ). Le opzioni dipendono in larga misura dai parametri che si utilizzeranno per la generazione del Pdf. Simulare a video quello che un service di stampa professionale fornirebbe con una hard proof (ovvero una prova colore cartacea) contrattuale: intento di rendering colorimetrico assoluto simulazione della carta Simulazione carta fondamentale per vedere come l’immagine sarà modificata. Photoshop a volte esagera nella simulazione carta, ma piuttosto che niente …
Solo RGB = compensazione monitor Carta Uso mano Carta patinata Carta da giornali
Cosa è successo È successo che l’immagine, i cui colori nello spazio Lab vanno fuori dal gamut dei due tipi di carte, la più bella patinata e la più brutta da giornale, sono stati portati all’interno dei rispettivi Gamut con una operazione che si chiama intento di rendering.
Gli intenti sono diversi Abbiamo visto che per la soft proof abbiamo usato il colorimetrico assoluto che vuole che tutti i colori che stanno nei due Gamut vengono rappresentati uguali e gli altri vengono portati tutti al bordo dello spazio colore. Qui invece abbiamo usato il percettivo che prevede che tutti i colori siano spostati in modo proporzionale affinché l’immagine sia più bilanciata. Non c’è un intento migliore di un altro, dipende dalla immagine e dall’uso che se ne deve fare. È però possibile provarli e scegliere il più adatto. È quasi certo che se dovremo preparare una immagine per un quotidiano, la convertiremo con il percettivo.
Sulla patinata colori vivi Visto nel grafico bidimensionale è agevole notare che sulla carta patinata i colori saturi, quelli verso l’esterno del diagramma, sono molti e ben distribuiti.
E la carta da giornale? Spostandosi dall’esterno, dove ci sono i colori più saturi (a* e b * da +127 a – 127) verso l’asse dei grigi (a* e b * tendente a 0) il grigiore aumenta ed ecco il motivo dei colori più slavati e meno brillanti.
Ricapitolando … Sulla carta patinata il Gamut è ampio e pertanto i colori saranno più vivi (in quanto è rimasta una parte importante dei colori più saturi che sono verso l’esterno dello spazio Lab) Sulla carta da giornale il Gamut è più piccolo e i colori più spenti. In particolare si sono persi quelli a maggior saturazione e quindi sono rimasti solo quelli con la maggior componente di grigio. Se però nella conversione useremo l’intento percettivo riusciremo, in questo caso, a ottenere un risultato più gradevole in quanto avremo meglio distribuito i colori in modo che a parità di Gamut ristretto avremo fatto ricorso ad una maggior quantità di colori che, per questo solo fatto, daranno la percezione di una immagine più viva.
Senza un buon monitor (ISO 12646) calibrato e profilato parleremmo di niente Monitor da layout (o impaginazione) ampio gamut. Monitor da soft proof gamut preciso. In ogni azienda grafica dovrebbe esistere un monitor da soft proof. Sarà un monitor che copre con precisione tutto il gamut della stampa offset. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa ISOCoated v2 Adobe Rgb 1988 Monitor moderno
Kit di profilatura economici e funzionali Esistono molti strumenti per profilare un monitor. Con 200 euro si può avere un colorimetro che consente un salto di qualità. Si può anche spendere meno, ma 200 euro è un ottimo investimento. Non è difficile calibrare e profilare un monitor. Per la stampa offset si è notato che la percezione del D50 (richiesto dalla norma) si ha impostando 5800 K (gamma 1,8). Il monitor non deve essere scadente. Esistono ottimi monitor da layout (24”) sui 600,00 euro. Un monitor da soft proof parte dai euro (accessori di calibrazione e profilatura compresi). ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Regolare l’illuminazione (ISO 3664) Anche questo può costare poco Tutta l’azienda grafica dovrebbe essere illuminata con neon di tipo daylight (costano pochi euro in più dei normali neon) con temperatura colore di 5000 K. In questa zona la “pressione luminosa” dovrebbe essere di 500 lux (± 125 lux). Nella zona di verifica stampe (i pulpiti di controllo) la “pressione luminosa” dovrebbe essere di 2000 lux (± 250 lux). In questa zona la luce deve essere anche uniforme (fino a 1 mq non si devono rilevare valori inferiori al 75% rispetto al centro, oltre il mq non meno del 60%. Il piano e le pareti debbono essere grigio neutro. La luce ambiente può essere misurata con uno spettrofotometro (i1 lo fa). La ISO 3664 si occupa anche dei visori per trasparenza.
Il documento digitale: chi e come deve prepararlo Non esiste nessun alibi all’incapacità di prevedere il risultato di stampa. Tutti gli attori debbano avere la necessaria consapevolezza: le conversioni deve farle il creativo: è lui infatti che può intervenire modificando le modalità al fine di ottenere i risultati migliori, qualsiasi operatore che converta una immagine RGB in CMYK dovrà ridurre i colori: fa parte della sua professionalità e responsabilità scegliere la modalità che gli consente di ottenere il risultato migliore. Se non è capace si affidi ad una fotolito: ne esistono ancora che sanno lavorare con in colori per l’offset, il creativo curerà di tenere i suoi archivi al massimo del Gamut, ma sarà lui che dovrà preparare i Pdf convertiti nell’attesa di stampa. Ogni altro atteggiamento è perdente anche grazie all’affermarsi della che pretende che ognuno si prenda le proprie responsabilità. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Come limitare gli errori con un Pdf corretto e controllato Non c’è professionista che non abbia avuto brutte avventure con i Pdf: è possibile fare qualcosa per eliminare tutti i possibili errori presenti in un generico Pdf? La risposta purtroppo è NO e questo per un motivo strutturale. Esempio tipico è la risoluzione che deve essere alta per la stampa e bassa per il Web. La risposta può invece diventare SI se ci riferiamo ad un Pdf espressamente realizzato per la stampa (Pdf/X), correttamente generato e poi opportunamente controllato. La maggior parte degli errori per i Pdf per la stampa discende o da cose che non si vedono (esempio le sovrastampe) o dai Rip un po’ datati che non riescono a interpretare i moderni effetti grafici. Tutto ciò però è totalmente prevedibile e controllabile: vediamo come. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Qualche esempio? Questa è una pagina Test fatta apposta per verificare il comportamento dei Rip. Come si vede il test funziona bene: il Rip un po’ meno … ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
… ma questo è un buco vero che il grafico che ha prodotto il documento digitale non poteva vedere perché non è lui che ha fatto cose non previste, ma il Rip che non ha interpretato correttamente l’effetto impostato. Queste sono cose che si vedono anche abbastanza bene in cianografica, ma tutte le situazioni non sono uguali, a volte questi effetti sono in posizioni strane che fanno perdere dei pezzi di pagina senza discontinuità e il risultato è visibile solo sul lavoro confezionato in mano al cliente …
Tanti tipi di Pdf, ma solo uno è genericamente adatto per la stampa Il Pdf è un formato che ha tantissimi usi e quindi altrettante esigenze di salvataggio da cui derivano caratteristiche e possibilità operative. Conoscerli tutti è molto complesso ma per il 99% delle esigenze di stampa è sufficiente che noi ne conosciamo solo uno: il Pdf/X-1a. Il fatto che il Pdf possa contenere filmati o altri oggetti multimediali a noi interessa qualcosa? Che sia proteggibile con password con algoritmi a 128 bit? Certamente NO e questo ci dice che tra i tanti formati di Pdf (dall’1.3 della versione 4 di Acrobat all’1.7 della versione 8 e 9) possiamo già escludere l’1.6 e l’1.7. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
… anche l’1.5 è per noi poco utile mentre con l’1.4 rischiamo di farci male Se non lavoriamo nel packaging certamente ci bastano i colori di quadricromia più altri 8 colori gestibili con deviceN. Inoltre se non lavoriamo con edizioni multilingua possiamo fare a meno anche dei livelli (nel Pdf, non nel nostro programma di impaginazione) e quindi possiamo fare a meno anche del Pdf 1.5. Poter usare le trasparenze invece sarebbe molto comodo oltre a consentire un sicuro balzo in avanti in termini qualitativi (Pdf 1.4), ma io valuto che oggi oltre il 90% dei Rip di fronte a un Pdf superiore all’1.3 o va in errore o non capisce bene, quindi per prudenza meglio escluderlo se non si è certi dell’impianto a valle. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
… resta l’1.3, possibilmente nella sua versione X-1a Se la stragrande maggioranza dei Rip per lavorare con i Pdf debbono fare il flattenig facciamolo noi, quando siamo nella posizione del creativo, questo flattening in modo da poterlo poi verificare ed eventualmente intervenire. Per fare un Pdf 1.3 basta impostare il distiller (per il flusso che passa dal Postscript) oppure scegliere l’opzione relativa in caso di esportazione diretta in Pdf. Oramai che ci siete impostate l’opzione Pdf/X-1a. Se siete nelle condizioni di ottenerlo bene, altrimenti non avrete nulla di peggio rispetto ad un Pdf non X-1a. Se non riuscite a ottenerlo avrete invece la certezza che dovete cambiare qualcosa nel vostro file se non volete correre un qualche rischio che può essere nelle fonti, nella risoluzione delle immagini, nella presenza di colori diversi da CMYK, scale di grigio e spot, nell’uso improprio di profili colore …. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Il Pdf e gli standard: un vero labirinto dove non è facile orientarsi Uno degli aspetti più impegnativi della conoscenza di questo standard è la collocazione dei vari standard che lo riguardano. La versione 1.0 è datata 1993 (Adobe ha cominciato a lavorarci dal 1991), oggi siamo alla versione 1.7 (da non confondersi con la versione di Acrobat, che è il software di gestione per eccellenza, che invece è giunto alla versione 9). Acrobat infatti è uno dei tanti programmi a pagamento (certamente il principale) che consente di interagire col Pdf che invece è uno standard aperto e quindi disponibile a chiunque voglia crearlo e manipolarlo rispettando le specifiche. Nel 2001 si è affermato come standard ISO :2001 (International Organisation for Standardization) proprio nel nostro settore per lo scambio di dati nell’industria grafica ed ha preso il nome di Pdf/X dove X sta per eXchange. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Lo standard Pdf/X serie ISO È lo standard di interscambio nato espressamente per l’industria grafica. I Pdf/X sono di tre tipi principali due dei quali hanno subito due revisioni: Pdf/X-1a: basato sugli standard generali Pdf 1.3 e 1.4 (senza trasparenza) :2001 il più usato, ammette CMYK, scale di grigio, colori spot :2003 come il :2001 ammette il formato Pdf 1.4 (ma senza supporto della trasparenza) Pdf/X-3: basato sugli standard generali Pdf 1.3 e 1.4 (senza trasparenza) :2002 ammette anche RGB con profilo e colori Lab :2003 come il :2002 ammette il formato Pdf 1.4 (ma senza supporto della trasparenza) Pdf/X-4: basato sullo standard Pdf 1.6, ammette le trasparenza :2008 è appena nato, non ancora di uso pratico. Diventerà di attualità solo quando il parco Rip nazionale sarà aggiornato con l’Adobe Print Engine in grado di gestire le trasparenze ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Cosa c’è nei Pdf/X e cosa non ci deve essere Le norme ISO della serie prevedono che i Pdf di interscambio non debbano subire alcun ulteriore intervento per poter essere elaborati. Il Pdf/X non è un Pdf diverso, ma un Pdf con alcune limitazioni (altre le vedremo parlando del Pdf/X Plus definito dal Ghent Pdf Workgroup). In particolare: le pagine debbono essere composite (non è ammessa la separazione) i font utilizzati debbono essere inclusi le immagini debbono essere incluse (non è ammesso l’OPI) debbono essere presenti media box (geometria della pagina con abbondanze e segni di taglio e di registro) e trim box (geometria della pagina raffilata) non è consentita la trasparenza (escluso il nuovo standard x-4) non sono consentiti script, bottoni interattivi e oggetti multimediali deve essere specificata la condizione del trapping per i colori esistono delle precise regole che differiscono tra l’X-1a e l’X-3 deve essere presente l’output intent, ovvero la condizione colore per la quale è stato previsto l’output ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Gestione colore nei Pdf/X I Pdf/X sono abbastanza rigidi per la gestione colore. Il più usato, il Pdf/X-1a, di fatto non ammette profili ma solo l’indicazione della condizione colore cui è stato impostato il lavoro e, quindi, prevista la stampa del documento digitale. Per il Pdf/X-1a sono ammessi solo CMYK, scale di grigio o colori spot ed è ammesso un unico profilo (dichiarato nell’output intent) che riguarda tutti gli oggetti Per il Pdf/X-3 sono ammessi oggetti vari CMYK ciascuno con un suo profilo, ma anche oggetti RGB (purché con profilo) e oggetti con colori Lab Se il nostro documento digitale dal quale si dovrà generare il Pdf contiene solo immagini CMYK previste per una unica condizione di stampa si esporterà (o si farà una elaborazione con Distiller) in Pdf/X-1a, in caso di esigenza di gestire tipi di immagine diverse compresi RGB (purché con profilo) e/o Lab si dovrà optare per il Pdf/X-3. Io considero assolutamente inutile il Pdf/X-3 in quanto chi lo ha creato non vede il risultato così come può essere fissato in un Pdf X-1a e quindi, mentre rischia di creare dei problemi ai reparti a valle ci si espone inutilmente a rischi di interpretazione. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Il Ghent Pdf WorkGgroup: restrizioni sulle restrizioni Le specifiche Pdf/X ritenute troppo “permissive”. Il GWG (Ghent Pdf Workgroup) è un gruppo internazionale di associazioni industriali europee e statunitensi, di fornitori e di aziende grafiche, che ha l’obiettivo di sviluppare e aggiornare le specifiche del formato Pdf in modo da permettere all’industria dell’editoria e della stampa, lo scambio efficiente dei file digitali. Al fine di risolvere questi problemi, il Ghent Pdf Workgroup ha sviluppato diverse specifiche orientate a specifici segmenti di mercato. Sono nove che partono dal Pdf/X-1a:2001 e apportano ulteriori restrizioni in un documento digitale che prende il nome di Pdf/X Plus. Il GWG fornisce joboption e altri file di specifiche da utilizzare durante un Preflight: o passano, o vengono modificate da Acrobat o da Pitstop, o forniscono errore e quindi il Pdf non è ritenuto valido. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Il Certified Pdf: la filiera controllata di Enfocus Tra i vari standard ne esiste uno ulteriore (questo solo di fatto) definito Certified Pdf proposto e imposto da Enfocus col suo Pitstop e che prevede che tutte le modifiche effettuate nel documento vengono “registrate” per sessione di modifica e ne venga tenuta traccia nel file del registro delle modifiche. Un flusso di lavoro Certified PDF prevede che il Pdf sia sottoposto a preflight al fine di: Offrire al fornitore del documento PDF un modo semplice per eseguire il preflight con un Profilo fornito dal destinatario del documento stesso. Includere il Profilo PDF e il relativo rapporto di preflight nel documento PDF. In questo modo, lo stato del preflight del documento PDF è trasparente per tutte le persone coinvolte nel lavoro. Consentire al destinatario del documento PDF di verificare che il documento è stato sottoposto a preflight con un profilo da lui fornito. ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa
Prove colore in simulazione gamut e carta … ci viene in aiuto la ISO Posta la impossibilità tecnica di usare le carte a norma, se escludiamo – per evidenti ragioni economiche e organizzative – la prova in macchina, bisogna ricorrere ad una simulazione. Si tratta peraltro di adempiere alla , che è la norma delle prove colore ottenute direttamente da dati digitali. La simulazione deve tenere conto dell’attesa di stampa. Non si deve fare (come invece accade di regola) una prova colore per un lavoro che sarà stampato su una carta uso mano simulando una carta patinata lucida. C’è di mezzo un differente Gamut del 55%. Una buona prova contrattuale in simulazione che deve riprodurre una macchina meccanicamente in ordine è una certezza di risultato.
ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa Cosa vuole la È molto più rigorosa della ma accetta carte adatte alle tecnologie di simulazione digitale: quindi consente l’esecuzione di una prova colore a norma. Rigore significa che se per una prova in misurando la scala Ugra/Fogra Media wedge possiamo avere il E del colore peggio rappresentato fino a 10, con la non è consentito eccedere 6, la media dei E non può superare 4 contro 3, i primari sono in tolleranza fino a E 5, ma con la viene controllata la tinta con H max di 2,5 per i primari e di 1,5 per i grigi in tricromia. Prevede tre tipi di carta: Glossy white, Semi-matte white e Matte white Misurate con spettrofotometro debbono avere un valore L* ≥ 95, a* e b* = 0 (quindi assolutamente neutre=bianche) con tolleranza di ± 2 su a* e b*. Con questi valori del bianco i valori Lab della carta in stampa si ottengono semplicemente con simulazione della carta attraverso gli inchiostri. Il grado di gloss dovrà essere, rispettivamente: 65, 35, 10 con tolleranza di ± 10.
Grazie per l’attenzione Elia Nardini corGae – San Lazzaro di Savena [bologna] consulenza in organizzazione editoriale, service di stampa digitale e prestampa ISO 12647: la filiera virtuosa di prestampa