Dr Alberto R. De Caterina Fondazione Toscana “G. Monasterio” Fondazione Lilly “La ricerca in Italia: un’idea per il Futuro” Remote ischemic conditioning to protect from ischemia-reperfusion injury in ST-elevation myocardial infarction Lo studio è stato presentato nell’ambito della Cerimonia di premiazione presso la sala Zuccari, Palazzo Giustiniani, Senato della Repubblica, l’11 febbraio scorso. Dr Alberto R. De Caterina Fondazione Toscana “G. Monasterio” Roma, 11 febbraio 2014
Infarto miocardico… …cosa facciamo Come noto, l’infarto del miocardio è dovuto all’occlusione trombotica acuta di una delle arterie coronarie, e l’esecuzione immediata dell’ECG consente la diagnosi. Negli ultimi 20-30 anni i cardiologi si sono adoperati essenzialmente su tre fronti: (1) istruire i pazienti a riconoscere i sintomi dell’infarto, (2) ridurre al minimo i tempi di trasporto del paziente verso un ospedale dotato di sala di Emodinamica e (3) migliorare le strategie, farmacologiche e meccaniche, di ricanalizzazione del vaso occluso.
Danno da ischemia-riperfusione NEJM 2009 Estensione della necrosi Ischemia Danno da riperfusione + 25-50% dell’estensione finale della necrosi Accanto al danno tipico “ischemico”, ovvero strettamente correlato al tempo di ischemia, esiste una seconda componente dell’estensione finale della necrosi, ovvero il danno da riperfusione. In una loro famosa review sul NEJM, Yellon e Hausenloy, hanno brillantemente schematizzato il concetto che, potendo proteggere il miocardio anche dal danno di riperfusione, potremmo arrivare addirittura a salvare fino al 95% dell’area messa a rischio dall’infarto.
Ma come applicare questo meccanismo nell’uomo? Precondizionamento ischemico Przyklenk et al, Circulation, 1993 Precondizionamento “remoto” intra-organo 4 cycles of 5 min ischemia + 5 min reperfusion in LCx territory 1h LAD occlusion Ma come applicare questo meccanismo nell’uomo? La storia del precondizionamento ischemico nasce nel 1986, quando Murry dimostrò, nel topo, che brevi periodi di ischemia e riperfusione poco prima dell’occlusione prolungata di una coronaria inducevano una protezione nel miocardio stesso tale da ridurre l’estensione della necrosi rispetto ai cuoricini non precondizionati. 7 anni dopo Przyklenk dimostrò che tale meccanismo protettivo si verificava anche inducendo il precondizionamento sull’arteria circonflessa ma provocando un infarto sull’arteria discendente anteriore, un meccanismo denominato “precondizionamento ischemico remoto intraorgano”. Ma come applicare questo meccanismo nell’uomo e, soprattutto, nell’infarto miocardico, che è un evento non prevedibile? Murry et al Circulation, 1986
Precondizionamento ischemico remoto L’idea nasce dall’intuizione, e dalla sua dimostrazione nell’animale, che anche l’induzione di brevi cicli di ischemia-riperfusione a distanza, ad esempio semplicemente attraverso cicli di 3-5 minuti di gonfiaggio e sgonfiaggio di un bracciale della pressione ad un arto di un paziente, possono conferire un analogo meccanismo protettivo. Nella fattispecie, tale stimolo induce l’induzione di meccanismi di tipo neuro-umorale, ancora in gran parte sconosciuti, che vanno ad attivare meccanismi intracellulari protettivi, soprattutto a livello mitocondriale, capaci di rendere più resistenti le cellule all’ischemia e alla ripefusione. La protezione si manifesta attraverso una riduzione dei fenomeni infiammatori ed è stata dimostrata non solo sulle cellule cardiache, ma anche a livello cerebrale, epatico, renale e polmonare. Kharbanda et al, Lancet 2009
Precondizionamento ischemico remoto: efficacia nell’uomo Che tale meccanismo funzioni nella realtà lo dimostrano alcuni studi nell’uomo già presenti in letteratura. L’applicazione del precondizionamento ischemico remoto è stata dimostrata ridurre la liberazione di troponina sia nell’ambito della chirurgica cardiaca sia in quello dell’angioplastica coronarica elettiva. Al momento un solo studio nell’ambito dell’infarto del miocardio ha testato l’efficacia nell’uomo del precondizionamento ischemico remoto.
Precondizionamento ischemico remoto nello STEMI Pazienti STEMI Randomizzazione in ambulanza (n=333) rIPerC (n=124) Ischemia intermittente ad un arto durante trasporto in ambulanza 4 cicli di 5-minuti Controlli (n=122) Trasporto convenzionale in ambulanza In tale studio sono stati confrontati pazienti con STEMI trattati convenzionalmente a pazienti sottoposti a 4 cicli di gonfiaggio e sgonfiaggio del bracciale della pressione durante il trasporto in ambulanza. L’endopoint primario dello studio era l’indice di salvataggio miocardico valutato tramite scintigrafia miocardica... Metodica: SPECT Endpoint primario: Salvage index ad 1 mese (n=69 and 73) Botker, Kharbanda ..et al, Lancet, 2010
Botker, Kharbanda ..et al, Lancet, 2010 Risultati …e ha dimostrato un aumento dello stesso nei pazienti precondizionati, con una tendenza, statisticamente non significativa, alla riduzione dell’estensione finale dell’infarto. L’effetto protettivo si osservava maggiormente nei pazienti che si presentavano alla coronarografia con coronaria occlusa o con coinvolgimento dell’arteria discendente anteriore. Botker, Kharbanda ..et al, Lancet, 2010
Postcondizionamento ischemico remoto Da ultimo, nel modello animale è stato dimostrato che anche periodici cicli di gonfiaggio e sgonfiaggio di un bracciale della pressione subito dopo l’induzione di un infarto, fenomeno denominato “postcondizionemto ischemico remoto”, induce una riduzione delle dimensioni dell’infarto e una riduzione dell’entità della risposta infiammatoria perinecrotica. Wei et al, Circ Res 2011
Idea del progetto Condizionamento ischemico remoto Combinare Pre e Post-condizionamento remoto nello STEMI L’idea del progetto di ricerca è quello di combinare pre- e postcondizionamento remoto nello STEMI, ovvero quello che si può denominare “condizionamento ischemico remoto” Condizionamento ischemico remoto
Condizionamento ischemico remoto Protocollo PPCI Post PPCI, 6h, 24h e poi quotidianamente fino alla dimissione Nello specifico, il progetto di svolgerà all’Ospedale del Cuore “G. Pasquinucci” di Massa, che rappresenta centro Hub di 5 centri spoke distribuiti in una vasta area che va dall’alta Lunigiana alla Versilia. Durante il trasporto in ambulanza, in modo prospettico e randomizzato, 120 pazienti (60 per gruppo) saranno trattati con precondizionamento ischemico remoto (4 cicli di gonfiaggio e sgonfiaggio di un bracciale della pressione all’arto del paziente) durante il trasporto in ambulanza. Una volta eseguita la ricanalizzazione del vaso “culprit” tramite angioplastica primaria, i pazienti randomizzati a precondizionamento saranno sottoposti anche al postcondizionameto ischemico remoto, applicato con le medesime modalità, subito alla fine dell’angioplastica primaria, 6 ore dopo e poi quotidianemente fino alla dimissione. Il pazienti raranno sottoposti a RMN cardiaca entro 10 giorni dall’evento e ad un follow-up di 4 mesi. Studio MRI - in fase subacuta (entro 10 giorni) - in fase cronica (a 4 mesi di follow-up)
Protocollo MRI Indice di salvataggio miocardico: (area a rischio-area di necrosi)/area a rischio Il motivo di tale timing della RMN cardiaca risiede nel fatto che in fase subacuta la RMN consente la valutazione dell’area a rischio dell’infarto, valutata attraverso sequenze T2-pesate, mentre a 4 mesi può esser valutata l’estensione finale dell’infarto, attraverso l’enhancement del gadolinio. Questi due paramenti consentiranno di stimare l’indice di salvataggio cardiaco, dato dal rapporto tra la differenza tra area a rischio e area di necrosi finale e area a rischio stessa. Questo parametro costituisce l’endpoint primario dello studio. Dall’Armellina et al, Circ Imaging 2011
De Caterina et al, Curr Pharm Des 2013 Endpoint secondari ECG: prePPCI, postPPCI, 60-90 min, 24h, 4 mesi FU Eco: predimissione, 4 mesi FU Analisi angiografica: TIMI flow, cTFC, MBG, QuBE De Caterina et al, Curr Pharm Des 2013 Parallelamente lo studio valuterà una serie di endpoint secondari, quali ECG, Ecocardiogramma, vari parametri angiografici e la misurazione di biomarcatori di danno miocardico, danno vascolare e risposta infiammatoria, ovvero le tre componenti che contribuiscono al danno finale stesso nell’ambito dell’infarto. Nello specifico verranno raccolti, centrifugati e storati a -80C campioni di sangue venoso prima e dopo l’angioplastica primaria, a 6, 24 e 48 ore oltre che a 4 mesi di follow-up.
del microcircolo coronarico Studio invasico del microcircolo coronarico Riserva di flusso coronarico (CFR) Cuculi et al, EHJ 2013 Indice di resistenze microcircolatorie (IMR) Oldroyd et al, JACC Intv 2009 Sottostudio principale del progetto di ricerca riguarda la valutazione invasiva del microcircolo coronarico al termine della PCI primaria. Attualmente esistono varie metodiche indirette per la valutazione del microcircolo coronarico, quali l’angiografia, l’ECG, l’ecocontrastografia e la RMN stessa. Esistono tuttavia evidenze che alcuni indici della funzione microcircolatoria coronarica, valutati direttamente all’interno delle coronarie mediante guida di pressione/temperatura, siano più sensibili e accurati rispetto alle metodiche non invasive. Nello specifico, la Riserva di flusso coronarico (CFR) alla fine della PCI primaria correla direttamente con l’indice di salvataggio miocardico e inversamente con l’AUC della troponina, mentre l’indice di resistenze microcircolatorie (IMR) attualmente è il miglior predittore di funzione contrattile a 3 mesi di follow-up.
Obiettivo secondario Sottogruppo di pazienti con IMA anteriore valutare l’effetto del RIPreC su CFR e IMR alla fine della PPCI (n=30 vs 30) Pertanto, nel sottogruppo di pazienti con STEMI anteriore, valuteremo se i pazienti randomizzati a precondizionamento ischemico remoto in ambulanza mostreranno un effetto protettivo sulla funzione microcircolatoria coronarica attraverso la misurazione di CFR e IMR alla fine della procedura. Correlare CFR and IMR con l’entità della MVO alla MRI in fase subacuta
Fondazione “G. Monasterio” Ospedale del Cuore Fondazione “G. Monasterio” Massa Grazie!!!!! Questa è parte del gruppo che eseguirà lo studio, reso possibile dalla Fondazione “G. Monasterio”, che lo ospita nella sede dell’Ospedale del Cuore di Massa, e dalla Fondazione Lilly, che ha premiato questo progetto di ricerca con una Borsa di Studio che lo renderà materialmente realizzabile. Parte del gruppo…