LA NUOVA GENERAZIONE LIBRO DEI NUMERI CAPP.26-36
CAPITOLO 26 La nuova generazione riparte con un nuovo censimento, senza i leviti a cui verranno date le “città rifugio”. Ma poi dal v.58-65 vengono censiti anche se ci si sofferma su Amram, Aronne, Mosè… Il numero degli israeliti è inferiore
Mentre il primo censimento era stato disposto in funzione del viaggio, in questo vengono posti i criteri per l’assegnazione della Terra Ma si è in vista della guerra contro Madian (cap.31). Impegno dirimente ai fini dell’entrata nella Terra
Num. 26,46: c’è il nome di Sera, figlia di Aser Num.26,46: c’è il nome di Sera, figlia di Aser. La stranezza di questa “nomination” viene spiegata dal Targum, in quanto fu le a dare a Giacobbe la notizia che Giuseppe era ancora vivo (Gen 45,25-28). Essa è l’evangelizzatrice per eccellenza “Tuo figlio vive”. Secondo il Targum essa è ascesa al cielo. Si verifica una strana coincidenza come se il testo di Num. 26,46 voglia mettere in relazione l’entrata nella Terra con il ritorno di Giuseppe a casa.
In questo modo si recupera quella storia misteriosa di Giacobbe, rievocata come il ritorno di un “figlio morto/perduto, e ora, vivo e ritrovato. Entrare nella terra promessa significa ritrovare Giacobbe, cioè ritornare su quell’itinerario che egli aveva percorso nella sua storia di “convertito”. Questa è la sua storia di un peccatore che si converte (Gen 32,23-33), ma anche il peccatore benedetto che sa ritrovare Dio; che getta via ogni compromesso idolatrico (Gen35,1-15). Giacobbe, colpito al nervo sciatico, perciò zoppicante, non rinuncia e non cede nella sua lotta (con Dio). A lui viene detto “tuo figlio vive”! Giacobbe, per chi entra nella Terra, è emblematico e deve essere imitato, nella sua presa di posizione decisa verso Dio che chiama Ma c’è anche una fanciulla che annuncia “Tuo figlio vive”
Capitolo 27 Si prende in considerazione la richiesta delle figlie di Selofcad. Se non ci sono i figli maschi l’assegnazione della Terra viene dispersa. Allora le femmine potranno ereditare (ma non sposarsi fuori della tribù cfr. Num.36)
b) Num 27,13-23: c’è bisogno di un successore di Mosè per entrare nel Terra Promessa. Egli chiede “un pastore per il gregge”. - Egli pone le mani su Giosuè - Egli è posto per il “tempo della guerra”: è il combattente e a guidare nel conflitto le tribù.
Capitoli 28-29- 30 a)Norme relative alle grandi feste. Nella lettura emerge l’olocausto per quel particolare momento liturgico. E’ l’elemento fondamentale. E’ la richiesta da parte di Dio al suo popolo di un SI’ definitivo/un olocausto b) Agli olocausti si aggiungono i “voti”. (E si potrebbe richiamare la dipendenza gli uni dagli altri) °°°°°°° E’ giunto il giorno in cui si va in guerra contro Madian, cioè contro l’idolatria e Dio vuole una risposta totale e definitiva
Capitolo 31 LA GUERRA CONTRO MADIAN Il racconto ha un valore didattico: si tratta di quella guerra che Israele, nella Terra Promessa deve fare, se non rischia il suo annientamento. L’esperienza del deserto mette in evidenza quella “malattia” che sempre insidia il popolo di Dio dovunque (idolatria) e giunto alle soglie della Terra esso è ammalato e lì deve arrivare a una soluzione fortissima: “distruzione dei figli maschi e cattura delle donne, che in parte vengono uccise e rese schiave” (31,1-19; 25-34) Questo è anche il momento in cui non si può più tergiversare: Dio attende che il suo popolo “si consegni a Lui”, deciso a combattere la battaglia definitiva.
Capitoli 32-36 L’incontro con la Terra è esigente e richiede un impegno totale. Questo comporta un radicale discernimento di ogni compromesso con l’idolatria. Il popolo che entra è quel popolo che ha imparato nel corso del deserto a spendersi in una totale consegna di sé. Si tratta infatti di quel discernimento degli atteggiamenti interiori, fino alla completa conversione.
DIO FA SUL SERIO Il tempo del deserto è il tempo della rivelazione di Dio, cioè del valore di tutte le sue parole con cui egli chiama, delle promesse e delle iniziative che Egli prende con amore geloso. Israele ha imparato a contemplare IL VOLTO DI DIO
Capitolo 32 Una volta entrato nella terra, due tribù non ci sono: Ruben e Gad mezza tribù di Manasse. Cosa vuol dire? Da questo momento in poi la storia di Israele vedrà un progressivo assottigliamento Mosè ne dà il permesso, ma queste tribù daranno tutto il loro apporto alle altre. In senso teologico, l’entrata nella Terra farà constatare la presenza invisibile di coloro che non ci sono più e che hanno dato il loro apporto. Il giorno in cui Israele prende la sua decisione definitiva con Dio, egli vive una profonda comunione anche con chi non c’è. Cioè Israele, ridotto a un piccolo numero vive la sua profonda responsabilità con tutti. Si sente cioè legato alla storia dell’umanità intera.
Capitolo 33: Memoria e futuro Cap. 33, 1-49: sono ricordate tutte le tappe del viaggio con uno sguardo sempre più fisso alla Terra. E’ un insieme di ricordi, di luoghi insignificanti, in cui si riconosce - e bisogna continuarlo a fare - la presenza di Dio, cioè la sua Rivelazione. Niente va smarrito. E’ in fondo l’identità di Israele: ricordare e custodire in vista di un avvenire
Cap.33,50- 34,1-2 : lo sguardo verso il Giordano è l’insieme di una memoria proiettata verso una promessa ancora incmpiuta.
Capitolo 34 Num.34,3-20: Mosè assegna i confini della terra di Canaan. L’insieme di tanti luoghi insignificanti danno l’idea di un’ampiezza smisurata rispetto ai confini della “terra di Canaan”. Si tratta proprio di “terra promessa”, che va oltre… Nel NT la “terra promessa” è il “corpo di Gesù” glorioso e risorto e salito al cielo… gli orizzonti si allargano
Num. 34,21-29 Nonostante l’ampiezza smisurata, questa terra deve essere meticolosamente spartita L’avvenire (lo spazio) che è lontano passa attraverso la concretezza del quotidiano (“il già e il non ancora”)
Capitoli 35-36 Il cap.35 è tutto dedicato ai leviti a cui vengono assegnate le “città rifugio”. Essi che sono “i senza terra” che danno “rifugio” a chi sarebbe coinvolto nella spirale della vendetta Il cap. 36 (cfr cap.27): le figlie, che possono ereditare, debbono sposarsi all’interno della tribù. Anche questo “rimanere il nome dei defunti” è proiezione verso l’avvenire, pur rispettando il presente.