EDUCAZIONE INTERCULTURALE
Al pari di Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, l’Italia si avvia a diventare una società multiculturale, caratterizzata dalla convivenza di persone differenti per origine, cultura e religione. Il fatto che la presenza degli stranieri si stia gradualmente consolidando e radicando nella società italiana, è attestato sia dall’esistenza di una cosiddetta “ seconda generazione”, di cui fanno parte i figli di immigrati nati in Italia, sia dal numero di studenti stranieri che frequentano le scuole italiane. I principali stati dai quali gli stranieri giungono in Italia, sono Albania, Marocco e Romania, che insieme, raggiungono il 42,9% del totale degli studenti stranieri nelle scuole italiane. La distribuzione per nazionalità nelle varie regioni italiane non è omogenea, perché vi sono alcune comunità che sono significativamente più numerose di altre, è il caso degli albanesi in Puglia, dei romeni in Lazio e dei marocchini in Valle d’Aosta.
Universalismo e Relativismo Qualunque sia l’origine del fenomeno della multiculturalità, si è sviluppata nel corso degli anni un’attenta e approfondita riflessione sul tema della convivenza tra persone diverse per appartenenza etnica e culturale, che a sua volta ha prodotto interessanti modelli teorici come quello dell’universalismo e del relativismo. Secondo il punto di vista universalistico, le differenze culturali, etniche o religiose, contano poco rispetto all’indiscutibile fatto che siamo tutti uomini; in questa prospettiva, si tende a rimuovere le differenze e a sottolineare gli elementi comuni alla famiglia umana. L’universalismo, ha il limite di cancellare il concreto, cioè le differenze culturali, in favore dell’astratto, che sono principi universali che poi nella realtà vengono interpretati e determinati in modi diversi. Il punto di vista relativistico, nega risolutamente non solo l’esistenza concreta ma anche la possibilità di principi universali, enfatizzando le differenze culturali, etiche e religiose. Pur partendo dalla condivisibile esigenza di rispettare tutte le credenze e le tradizioni, la posizione relativistica può giungere ad una forma di indifferenza etica, in base alla quale non ha senso valutare le norme di un gruppo sociale alla luce di presunti principi universali, poiché le norme etiche di ogni comunità non sono indipendenti dall’imposizione culturale complessiva, dalla quale anzi, discendono e traggono alimento. La convivenza interculturale, accoglie l’aspirazione a costruire una comunità umana sempre più ampia e unita tipica dell’universalismo, ma anche l’invito del relativismo al rispetto e alla valorizzazione delle differenze, considerate non più come un problema o un ostacolo ma come una risorsa e un’opportunità di crescita per tutti.
Pedagogia interculturale La pedagogia interculturale, è una disciplina che comprende l’insieme delle teorie e delle strategie operative, atte a raggiungere appunto l’obiettivo di educare le persone all’interculturalità. Oggi, per la legge italiana, gli alunni stranieri, hanno diritto ad essere inseriti nella scuola pubblica in qualunque momento dell’anno; essi vengono iscritti nella classe corrispondente all’età anagrafica, salvo diversa decisione del collegio docenti, che valuta di caso in caso la corrispondenza tra il sistema scolastico del paese d’origine e quello italiano. La presenza degli stranieri, deve essere equamente distribuita nelle varie classi di ogni scuola, per evitare che sia predominante in alcune sezioni. La legge, stabilisce che devono essere predisposte alcune importanti iniziative di accoglienza e sostegno, quali la formazione di una commissione per l’inserimento, l’intervento di mediatori linguistici e culturali, l’utilizzo di materiali didattici in più lingue e l’attivazione di corsi aggiuntivi di lingua italiana.
Lo “spazio dell’incontro” Oltre che all’utilizzo di strumenti diversi rispetto a quelli presenti nella scuola tradizionale, l’educazione interculturale, obbliga anche al ripensamento delle procedure didattiche, comprese quelle più consolidate. Come avverte il pedagogista Franco Cambi, l’impostazione didattica di un percorso interculturale, dovrebbe attivare 4 dispositivi per costruire una sorta di “spazio dell’incontro”: - lo “sguardo da lontano”, espressione metaforica coniata da Claude Lèvi-Strauss per tematizzare l’atteggiamento interiore proprio dell’antropologo, il quale guarda “da lontano”, ovvero con distacco e oggettività necessari allo studioso, tutte le culture, a partire dalla propria. “l’ottica dell’alterità”, che consiste nell’ammettere il nostro debito culturale nei confronti degli altri popoli, cioè nel riconoscere che le altre culture, sono portatrici di valori diversi dai nostri, ma proprio per questo importanti, perché ci consentono di leggere criticamente il nostro sistema culturale, con le sue consolidate prescrizioni sociali ed etiche. La “decostruzione”, ovvero una pratica critica largamente utilizzata dai filosofi contemporanei, che consiste in una radicalizzazione dei processi interpretativi. Decostruire, significa riconoscere i presupposti, i pregiudizi, gli strati di senso apparentemente impensabili, che si celano dietro i concetti portanti di una cultura. - infine, “etica del dialogo”, ovvero un nuovo tipo di etica, in cui tutti si possano riconoscere. Questa, è una etica discorsiva, che si fonda su una particolare idea di comunicazione, intesa non come semplice trasmissione di messaggi, ma come attitudine a “mettere in comune” idee, comportamenti e valori per costruire una comunità capace di mantenersi in vita e di risolvere i conflitti che la riguardano.
Nuovo concetto di cultura e modalità dell’intercultura Il concetto dinamico di intercultura è composto dal prefisso “inter-”, che richiama la dimensione dell’incontro, della relazione e della reciprocità e che vede una posizione di assoluta centralità le persone. Per quanto riguarda le modalità dell’intercultura, si può prendere come esempio un laboratorio scolastico, che è il luogo più importante secondo i principi della pedagogia interculturale. Il laboratorio, infatti, è il luogo dell’incontro, della progettazione comune, dei lavori di gruppo; in un contesto cooperativo, dove non esiste competizione individuale, dove non si lavora per discipline ma per aree tematiche o problematiche, dove si svolgono attività di ricerca, dove gli studenti si sentono protagonisti dell’apprendimento, comunicano maggiormente tra loro e si aiutano reciprocamente, anche attraverso forme di tutoraggio particolarmente utili nel caso di allievi di altra etnia. Come si può facilmente immaginare, l’esercizio del decentramento, è particolarmente utile in una progettazione didattica interculturale, perché si dispone all’apertura nei confronti dell’altro e fa comprendere i limiti e la parzialità del proprio punto di vista.