IL LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO

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IL LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO Adriana Topo Università di Padova Venezia, 5 marzo 2011

GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO preavviso RAGIONE INERENTI ALL’ATTIVITA’ PRODUTTIVA ALL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO ED AL REGOLARE FUNZIONAMENTO DI ESSA (ART. 3 L. 604 DEL 1966) Non nel contratto a termine Soppressione del posto di lavoro Impossibilità sopravvenuta della prestazione Perdita appalto Factum principis (es. ritiro patente) Es. Carcerazione preventiva o espiativa e il Trasferimento d’azienda?

LICENZIAMENTO PER SOPPRESSIONE DEL POSTO DI LAVORO Il mantenimento in azienda della posizione e delle mansioni del lavoratore determina l’illegittimità del recesso T. Milano, 28.11.2008 Cass., 13.8.2008, n. 21579 Il datore di lavoro deve provare che al momento del licenziamento non c’era alcuna posizione in azienda analoga a quella soppressa e di aver prospettato al lavoratore il reimpiego in mansioni inferiori compatibili con il bagaglio professionale del lavoratore. E il mantenimento parziale che Risulta dalla ripartizione delle mansioni fra altri lavoratori rende legittimo il licenziamento solo Se il lavoratore ha rifiutato il Part-time Cass., 16.3.2007, n. 6229, diversamente da Cass., 9.8.2003, n. 12037 La soppressione deve essere effettiva e non pretestuosa T. Novara,14.2.2008 La ripartizione fra altri rende legittimo il licenziamento T. Napoli, 31.12.2004

SOPPRESIONE DEL POSTO E RICERCA DEL MAGGIOR PROFITTO Cass., 2.10.2006, n. 21282, già Cass., 7.7.2004, n. 12514 (Cass. S.U., n. 3353 del 1994) La soppressione del posto non deve essere strumentale a un aumento del profitto ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti T. Milano, 20-01-2009. È legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto al comprovato calo dell’attività anche quando il datore di lavoro, pur avendo ancora bisogno delle prestazioni rese dal lavoratore licenziato, decida di «esternalizzarle» affidandole a soggetti estranei all’organizzazione aziendale. Non è invece sindacabile la scelta gestionale prodromica alla scelta di riorganizzare Il datore di lavoro deve provare la Necessità di ridurre i costi

Custodia cautelare o carcerazione Cessazione dell’attività aziendale LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO DOVUTO A IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA DELLA PRESTAZIONE Custodia cautelare o carcerazione Cessazione dell’attività aziendale Infermità permanente malattia Factum principis

Ricordare art. 102 disp. att. c.p.p CUSTODIA CAUTELARE Ricordare art. 102 disp. att. c.p.p Chi sia stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ovvero a quella degli arresti domiciliari ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro qualora venga pronunciata in suo favore sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero venga disposto provvedimento di archiviazione.

Contratto a tempo determinato Sopravvive l’utilizzo della risoluzione per impossibilità sopravvenuta Art. 1463 e ss. c.c.

Licenziamento per malattia (superamento del periodo di comporto) Fattispecie autonoma rispetto al g.m.o. Cass. civ., sez. lav., 26-05-2005, n. 11092. Il licenziamento per superamento del periodo di comporto è assimilabile non già ad un licenziamento disciplinare, sibbene ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, causale di licenziamento a cui si fa riferimento anche per le ipotesi di impossibilità della prestazione riferibile alla persona del lavoratore diverse dalla malattia; solo impropriamente, riguardo ad esso, si può parlare di contestazione delle assenze, non essendo necessaria la completa e minuta descrizione delle circostanze di fatto relative alla causale e trattandosi di eventi, l’assenza per malattia, di cui il lavoratore ha conoscenza diretta; ne consegue che il datore di lavoro non deve indicare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive, idonee ad evidenziare un superamento del periodo di comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile, come l’indicazione del numero totale delle assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo restando l’onere, nell’eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato. A. Torino, 28-11-2007. Poiché le previsioni di cui all’art. 2110 c.c. hanno carattere di specialità sia rispetto alla norma generale sull’impossibilità parziale sopravvenuta della prestazione (art. 1464 c.c.), sia rispetto alla disciplina dei licenziamenti, in caso di assenze reiterate e discontinue, che non superino tuttavia il periodo di comporto previsto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro che non abbia fatto accertare l’inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore non può licenziarlo né sotto il profilo del giustificato motivo oggettivo, né sotto il profilo della perdita di un apprezzabile interesse alla sua prestazione ex art. 1464 c.c.

Sopravvenuta infermità permanente Conforme Cass. civ., sez. lav., 28-10-2008, n. 25883. Cass. civ., sez. lav., 19-08-2004, n. 16305. In caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, l’impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (art. 1 e 3 l. n. 604 del 1966 e art. 1463 e 1464 c.c.) non è ravvisabile per effetto della sola ineseguibilità dell’attività già svolta dal prestatore di lavoro, perché può essere esclusa dalla possibilità di adibire il lavoratore ad una diversa attività, riconducibile - alla stregua di un’interpretazione del contratto secondo buona fede - alle mansioni già assegnate o altre equivalenti l’art. 2103 c.c. (e cioè comprese nella stessa area professionale e salariale, soggettivamente, armonizzantisi con la professionalità già acquisita dal lavoratore nel corso del rapporto) o, se ciò fosse impossibile, a mansioni inferiori, purché tali da impedire comunque la dequalificazione o la mortificazione del dipendente, e sempre che tali diverse attività siano utilizzabili nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore; la valutazione dell’interesse dell’imprenditore alla prestazione lavorativa, secondo buona fede oggettiva, è rimessa al giudice del merito, che vi provvede avuto riguardo, secondo quanto sopra premesso, alle residue capacità lavorative del prestatore ed alla organizzazione dell’azienda; detta valutazione, ove correttamente e congruamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità

CESSAZIONE ATTIVITA’ Cass. civ., sez. lav., 22-10-2009, n. 22417. In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’ultimazione delle opere edili per la cui realizzazione i lavoratori sono stati assunti non è sufficiente a configurare un giustificato motivo di recesso, salvo che il datore di lavoro non dimostri l’impossibilità di utilizzazione dei lavoratori medesimi in altre mansioni compatibili, con riferimento alla complessità dell’impresa e alla generalità dei cantieri nei quali è dislocata la relativa attività, dovendosi peraltro esigere dal lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell’accertamento di un possibile reimpiego, mediante l’indicazione di altri posti in cui poteva essere collocato, cui corrisponde l’onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti, da intendersi assolto anche mediante la dimostrazione di circostanze indiziarie, come la piena occupazione negli altri cantieri e l’assenza di altre assunzioni in relazione alle mansioni del dipendente da licenziare.

REPECHAGE E ONERE DELLA PROVA A. Venezia, 30-06-2009. Nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo - nella specie, per esternalizzazione del servizio di assistente informatico - grava sul datore di lavoro l’onere di provare sia l’effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento, sia l’impossibilità di ricollocare diversamente il dipendente licenziato nell’ambito dell’organizzazione aziendale, nonché prospettare al lavoratore la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale purché compatibili con l’assetto organizzativo aziendale; è quindi illegittimo il licenziamento intimato senza prima aver ottemperato ai suddetti oneri datoriali. Cass. civ., sez. lav., 22-10-2009, n. 22417. In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’ultimazione delle opere edili per la cui realizzazione i lavoratori sono stati assunti non è sufficiente a configurare un giustificato motivo di recesso, salvo che il datore di lavoro non dimostri l’impossibilità di utilizzazione dei lavoratori medesimi in altre mansioni compatibili, con riferimento alla complessità dell’impresa e alla generalità dei cantieri nei quali è dislocata la relativa attività, dovendosi peraltro esigere dal lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell’accertamento di un possibile reimpiego, mediante l’indicazione di altri posti in cui poteva essere collocato, cui corrisponde l’onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti, da intendersi assolto anche mediante la dimostrazione di circostanze indiziarie, come la piena occupazione negli altri cantieri e l’assenza di altre assunzioni in relazione alle mansioni del dipendente da licenziare T. Milano, 24-03-2009. È onere del datore di lavoro fornire la prova dell’effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dell’esistenza del nesso di causalità tra le ragioni inerenti all’attività produttiva o l’organizzazione del lavoro ed il licenziamento del lavoratore e dell’impossibilità di impiegare quest’ultimo in altri ruoli e mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Cass. civ., sez. lav., 12-12-2007, n. 26084. Nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il lavoratore licenziato, pur non avendo l’onere di provare la possibilità di impiego nell’ambito dell’organizzazione aziendale in mansioni equivalenti a quelle svolte in precedenza, ha comunque un onere di deduzione e di allegazione di tale possibilità di repechage (fattispecie in tema di dispensa dal servizio per motivi di salute di dipendente appartenente al personale Ata trasferito all’amministrazione scolastica)

Sussistenza del giustificato motivo oggettivo: esempio di giudizio di merito T. Treviso, 16-04-2009. Non è sorretto da giustificato motivo oggettivo di licenziamento (nella specie, motivato dall’intervenuta riorganizzazione dell’attività del settore «mobili») di un lavoratore, qualora si accerti che la chiusura di due società straniere consociate con la società datrice di lavoro per il passivo maturato era avvenuta alcuni anni prima del licenziamento; che la società datrice di lavoro non aveva documentato il lamentato calo di fatturato nel settore «mobili»; che il lavoratore licenziato era adibito anche ad altro settore centrale («pavimenti in legno») della società datrice di lavoro; che il licenziamento era stato intimato tre giorni dopo il ricevimento della lettera del legale del lavoratore, con cui si contestava l’avvenuta riduzione dello stipendio e si chiedevano le differenze retributive per svolgimento di mansioni superiori e lavoro straordinario. T. Treviso, 23-10-2009. In uno studio professionale, un calo dei ricavi nei settori dell’elaborazione della contabilità, pari al dieci per cento, e delle dichiarazioni dei redditi, pari al trentacinque per cento, compensato dal titolare dello studio dedicando maggiormente le proprie energie professionali all’attività di sindaco di diverse società, configura giustificato motivo oggettivo di licenziamento della lavoratrice addetta a tali settori.

Factum principis es. “revoca autorizzazione” Cass. civ., sez. lav., 06-06-2005, n. 11753. Qualora il lavoratore non possa più svolgere le mansioni cui sia addetto e l’impedimento sia a lui imputabile per dolo o colpa, è legittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro per giustificato motivo oggettivo consistente nella sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa in relazione alle mansioni suddette, senza che il recedente debba fornire la prova di non aver potuto adibire il lavoratore ad altro posto nell’azienda, anche con mutamento di mansioni, essendo tale prova necessaria solo quando l’impedimento non sia addebitabile al lavoratore (nella specie, la corte di cassazione ha cassato la sentenza di merito che, senza dare rilievo al comportamento dei lavoratori, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento di due dipendenti della società aeroporti di Roma - cui era stato ritirato il tesserino di accesso all’area aeroportuale in seguito a denuncia in flagranza per tentato furto di bagagli - per non aver la società fornito la prova dell’impossibilità di un loro diverso utilizzo).

Perdita appalto Cass. civ., sez. lav., 14-07-2000, n. 9398. I fatti riguardanti la gestione e l’organizzazione dell’impresa, imputabili al datore di lavoro e rientranti nella sfera del rischio imprenditoriale, non costituiscono ipotesi di risoluzione di diritto del rapporto di lavoro per impossibilità sopravvenuta, e non escludono quindi la necessità, ai fini dell’estinzione del rapporto, dell’intimazione del licenziamento (fattispecie relativa a perdita di appalto del servizio mensa).