Trascrivere il parlato

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Transcript della presentazione:

Trascrivere il parlato Statuto e funzioni della mimesi del parlato all’interno di un testo letterario

Chi parla? L’oralità primaria delle culture che non conoscono la scrittura e la sua continuazione nell’arte oratoria La subalternità culturale del parlante poco o scarsamente alfabetizzato nel mondo chirografico, tipografico e elettronico Il parlato standard delle classi colte: “parlare come libri stampati” La lingua familiare e della comunicazione quotidiana Il parlato substandard: italiano regionale, dialetti, gerghi

Varietà delle situazioni comunicative Discorso pubblico Dialogo e narrazione Consapevolezza / non consapevolezza del registro utilizzato Finalità pratica o estetica

Chi scrive (trascrive)? L’antropologo che studia tribù di oralità primaria Il folclorista che raccoglie canti popolari L’investigatore alle prese con una intercettazione telefonica L’addetto alla sottotitolazione di un filmato Lo scrittore interessato alla mimesi del parlato

Trascrivere se stessi Lettere e diari Le nuove forme di comunicazione (CMC): Mail Tweet Chat SMS

La «oralità primaria» Si definisce «oralità primaria» una cultura del tutto ignara della scrittura e della stampa. Nelle culture orali il pensiero e l’espressione richiedono forme di organizzazione che sono estranee e poco congeniali alla mente di chi scrive. Per esigenze mnemoniche e di trasmissione orale si ricorre a formule e proverbi. A differenza delle culture alfabetizzate, ciò che conta è l’aggregazione piuttosto che l’analisi, la partecipazione piuttosto che la distanza, la situazione specifica più che l’astrazione. (W. Ong, Oralità e scrittura, 1982, passim)

Caratteri del pensiero e dell’espressione orale Paratassi vs ipotassi Aggregazione vs analisi Copiosità vs sinteticità Tradizionalismo vs creatività individuale Agonismo vs introspezione Enfasi e partecipazione vs oggettività e distacco Sincronia (omeostasi) vs diacronia Situazionalità vs astrazione

La «oralità secondaria» …con il telefono, la radio, la televisione e i vari tipi di nastri da registrare, la tecnologia elettronica ci ha condotti in un’era di «oralità secondaria». Questa nuova oralità ha sorprendenti somiglianze con quella più antica per la sua mistica partecipatoria, per il senso della comunità, per la concentrazione sul momento presente e persino per l’utilizzazione delle formule. Ma si tratta di un’oralità più deliberata e consapevole, permanentemente basata sull’uso della scrittura e della stampa … (W. Ong, pag. 191)

Lo specifico letterario Funzione della mimesi del parlato all’interno del testo letterario: 1. ricerca della naturalezza e della spontaneità 2. creatività linguistica, uso ludico della lingua, ricerca della espressività

Parlare e scrivere: breve storia di una lunga storia Tra la fine dell’antichità classica e l’età moderna, per quasi un millennio, il prestigio e la dignità (garantite dalla grammaticalità) sono appannaggio di lingue che nessuno apprende come lingua madre nell’infanzia: il latino colto, l’ebraico rabbinico, l’arabo classico, lo slavo ecclesiastico, il greco bizantino. Si tratta di lingue utilizzate solo da maschi, che le apprendono mediante l’uso della scrittura.

Scrivere come si parla Agli inizi della modernità, uno dopo l’altro, i vernacoli rivendicano una dignità pari a quella delle lingue colte (e sacre) e si muniscono di una grammatica (norma = dignità). La cultura si secolarizza, inizia a mutare il ruolo delle donne. Modello di tutti i dibattiti è la “Questione della lingua” italiana.

Le accademie L'Académie française è fondata nel 1635 dal cardinale Richelieu: «la principale funzione dell'Académie sarà quella di operare con tutta la cura e la diligenza possibili per dare delle regole certe alla nostra lingua e a renderla pura, eloquente e capace di trattare sia le arti che le scienze». Nel 1783 la zarina Caterina II fonda a Pietroburgo la Akademija Rossijskaja, che si prefigge gli stessi obiettivi. La dignità della lingua nazionale è una questione di stato.

I Dizionari delle lingue nuove Pubblicato nel 1694 il Dictionnaire de l’Académie françoise (DAF) costituisce un modello indiscusso, preso a riferimento da tutta Europa. Nel primo centenario (tra il 1789 e il 1794) esce in sei volumi a Pietroburgo lo Slovar’ Akademii Rossijskoj (SAR): contiene 43257 parole ordinate per radici (nidi di parole), secondo il sistema utilizzato per la prima edizione (1694) del DAF.

“scrivere come si parla” in Russia: europeizzazione e modernità Nel 1735 (centenario della fondazione dell’Académie Française) è creata la “Assemblea russa presso l’Accademia delle Scienze” su modello dell’Académie Française e con le stesse finalita: “correggere la lingua russa, comporre una grammatica e dei dizionari, così come è stato fatto in Francia”. Nel discorso programmatico ai membri dell’Assemblea Trediakovskij ricorda i successi dell’Accademia della Crusca, dell’Académie Française, dell’Accademia Lipsiense confidando nella possibilità dei russi di imitare così illustri precedenti.

Johann Christoph Adelung (1732 –1806) Grammatisch-kritisches Wörterbuch der hochdeutschen Mundart (1774–1786) Deutsche Sprachlehre für Schulen (1781) Magazin für die deutsche Sprache (1782–1784). He believed strongly that the orthography of the written language should match that of the spoken language. He declared, "Write as you speak and read as it is written." This principle has later been accepted as the key point of the reform of the Serbian literary language initiated by Vuk Stefanović Karadžić.

Lingue naturali e lingue artificiali Polifunzionali, organizzate in una norma unitaria e autorevole, differenziata stilisticamente e obbligatoria per tutti, le nuove lingue nazionali si distaccano dai vernacoli che le hanno originate: la correttezza linguistica assume valore sociale, ed è frutto di istruzione scolastica. Abbandonato alla sua impraticabile ingenuità il motto “scrivi come parli”, che non badava alla differenziazione stilistica delle nuove lingue, lingua parlata e lingua scritta tornano ad allontanarsi. La mentalità risente sempre più profondamente della stampa.

Alla ricerca del parlato Dalla fine del Settecento la letteratura esplora nuove forme di rapporto tra la scrittura e il parlato. Questo avviene con modalità differenti nei diversi ambiti culturali. Si possono tuttavia individuare due linee di tendenze: la stilizzazione del parlato popolare (per esempio il narratore di Walter Scott e di Gogol’) e l’assunzione della lingua parlata dalle classi colte.

La rivalutazione del parlato Il tentativo di riprodurre nella pagina scritta le intonazioni orali, la «parola viva» — l’attenzione per l’articolazione mimico-fonetica del linguaggio, con i suoi «gesti sonori», le sue pause e i suoi tic — e in generale l’orientamento sul parlato, sulle varietà colloquiali e informali della lingua, hanno la funzione di rinnovare e ampliare uno standard che si è fossilizzato. Esempi: l’italiano «illustre» contro cui lotta, a cominciare da Manzoni, la letteratura italiana l’inglese britannico, letterario ed estraneo, rivoluzionato da Mark Twain Il russo che la grande stagione letteraria ottocentesca consegnava alla giovane prosa sovietica

finalità della stilizzazione A – stile semplice B – prosa ornamentale (espressionista) oggetto della stilizzazione 1 – varietà orali della lingua standard (diverse gradazioni di informalità) 2 – idioletti (tic linguistici e concettuali) 3 – varietà diastratiche e diatopiche del parlato (substandard) 4 – modalità espressive della cultura popolare orale

Ornamentalismo vs naturalismo Stilizzare la lingua del popolo ha in genere una funzione espressiva: la prosa si stratifica, la voce del narratore entra in relazione dialogica con quella dell’autore, sono possibili giochi di parole, etimologie popolari, calembours involontari, spesso dotati di effetto comico. La comicità non esclude di per sé l’idealizzazione romantica del popolo e dei suoi valori genuini.

Naturalismo vs ornamentalismo Fare ricorso alla parlata delle classi colte è in genere funzionale alla ricerca di uno stile medio, di una lingua semplice, soprattutto in paesi, quali l’Italia, in cui uno standard linguistico nazionale non esiste, poiché il ceto medio, non troppo diffuso, non parla italiano. Oggi questo stile medio può sfuggire alla nostra attenzione, giacché nella prospettiva falsata dei posteri è possibile che lo percepiamo come lingua standard (Turgenev).

Lo stile semplice Caratteristico dello stile semplice è l’orientamento verso una lingua media e colloquiale la cui naturalezza comunicativa determina la riduzione della centralità estetica della parola con incremento dei suoi tratti denotativi. Qui si va dal tentativo manzoniano di creare una lingua media e autenticamente comune all’apertura a varietà basse e a elementi linguistici marginali degli scrittori neorealisti. E solo di recente ha trovato rappresentazione letteraria, anche nella diegesi, una lingua media, colloquiale, ricalcata sul parlato ed eventualmente sull’italiano regionale. (E. Testa, Lo stile semplice. Discorso e romanzo, passim)

Le scritture brevi La dicotomia stile semplice / prosa espressiva riguarda anche le scritture brevi tra trascrizione del parlato (spontaneità) e gioco linguistico, creatività individuale (espressività). A livello di modellizzazione secondaria è sicuramente espressiva la scelta di uno scrittore che imiti il linguaggio delle chat (consapevolezza autoriale massima).

I formalisti russi I primi a porre l’accento sulla dimensione aurale della parola, dopo un secolo di strapotere della parola scritta, sono alcuni filologi tedeschi. I loro studi vengono ripresi a proseguiti da molti studiosi russi degli anni ‘20, per lo più vicini alla cosidetta “scuola formale”. Negli anni ‘20 il problema della “parola viva” è molto attuale e dibattuto in Russia, dove masse di analfabeti si affacciano alla vita politica. Particolarmente indagato è il ruolo del narratore. La stilizzazione di una narrazione orale “ingenua” è definita SKAZ (leggi: skas).

Lo skaz e la ricerca formalista degli anni ‘20 1915-16 – inizio anni ’30 Circolo linguistico moscovita  R. Jakobson, G. Vinokur, O. Brik, B. Tomaševskij OPOJAZ (Pietroburgo)  V. Šklovskij, Ju. Tynjanov, B. Ėjchenbaum + V. Vinogradov Messa a nudo dei procedimenti artistici Ostranenie e sdvig come basi dell’opera d’arte  distorsione creativa dei fenomeni naturali Rapporto reciproco suono-significato Autonomia dell’opera d’arte

Boris Ėjchenbaum Ohrenphilologie/sluchovaja filologija Centro dell’opera: parola viva  l’opera letteraria deve essere orientata sul discorso orale (lessico, sintassi e intonazione) Non sono né il narratore, né l’autore a parlare, è il testo stesso a farlo, “skazka rasskazyvaet” La trama perde peso, mentre l’elemento fonetico diventa predominante Calembour: somiglianza fonica, gioco etimologico, dissimulazione dell’assurdo Skaz che narra e skaz che riproduce Narratore-attore Ritorno all’oralità

Viktor Vinogradov Critica ad Ėjchenbaum: parlato e parola viva sono categorie troppo generali. Spesso il vero parlato manca quando si ha skaz Predomina l’attenzione all’elemento stilistico  rielaborazione artistica del parlato, è un discorso artificioso, imitazione Narratore come funzione del testo, si fonde con la propria lingua Presenza dell’interlocutore Scarto tra elemento soggettivo e finalità oggettivante = comicità Arricchimento della lingua letteraria

Jurij Tynjanov Viktor Šklovskij Ruolo del lettore Introduzione di modalità vicine al parlato come arricchimento della lingua letteraria Accento sulla percettibilità della parola, “avvertibile a livello fisiologico”, monologo Viktor Šklovskij L’oralità svela il “doppio fondo” della narrazione Percettibilità della parola, non del narratore (inattendibile)  indebolimento della trama, che comunque è presente (critica ad Ėjchenbaum e Vinogradov, bisogna operare su tutti i livelli testuali) Continua sollecitazione del lettore

Boris Tomaševskij Analisi del testo poetico Ruolo dell’intonazione nel conto delle sillabe Il ritmo non deriva dallo skaz o dalle forme vicine alla lingua viva, è piuttosto vero il contrario: è il ritmo ad influenzare la forma letteraria Ritmo come principio creativo

Viktor Gofman Skaz motivato dalla presenza di un narratore “reale” Centro: percettibilità del racconto in quanto tale Parlato (rielaborato: topoi e formule tradizionalmente letterari) come elemento costruttivo, organizza la narrazione Grande ruolo dell’intonazione Skaz  alto grado di improvvisazione, peso della coscienza particolare del narratore  folclorico, narodnost’

Conclusioni È utile utilizzare oggi le analisi dei formalisti? È pensabile che si vada verso la realizzazione dell’obiettivo di “scrivere come si parla”? Come reagisce la letteratura al rovesciamento della gerarchia parlato / scritto nella nostra epoca di oralità secondaria?