IL PARADISO DI DANTE.

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IL PARADISO DI DANTE

IL PARADISO DI DANTE Se l’Inferno è stato il regno del male e il Purgatorio il mondo della speranza, della fisicità e della libertà, il Paradiso è l’universo della felicità e della pace per sempre

DOVE SI TROVA IL PARADISO PER DANTE? NON MOLTO LONTANO DAL MONDO SENSIBILE

Come fa Dante a salire in cielo con il corpo? Risponde Beatrice: Non dei più ammirar, se bene stimo, lo tuo salir, se non come d’un rivo se d’alto monte scende giuso ad imo. Meraviglia sarebbe in te, se privo d’impedimento, giù ti fossi assiso, com’a terra quiete in foco vivo.

In che modo Dante si accorge di essere in Paradiso? e di subito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d’un altro sole addorno (…) La novità del suono e ‘l grande lume di lor cagion m’accesero un disio mai non sentito di cotanto acume

Poi Beatrice spiega: Tu non se’ in terra, si’ come tu credi; ma folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu ch’ad esso riedi.

A quale filosofia aderisce Dante? Il primo verso della Cantica fa riferimento alla filosofia di Tommaso d’Aquino La gloria di colui che tutto move e anche la terzina 76-78 Quando la rota che tu sempiterni desiderato, a sé mi fece atteso con l’armonia che temperi e discerni…

TUTTAVIA TROVIAMO TRACCE di platonismo del cosiddetto “Averrosimo latino” di agostinismo di filosofie islamiche

Tema della inadeguatezza della parola umana …e vidi cose che ridire né sa né può chi di là su discende; perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire. Veramente quant’io del regno santo ne la mia mente potei far tesoro, sarà ora materia del mio canto.

Questa affermazione all’inizio del Paradiso… (canto I) …insieme a quella dell’ultimo canto del Paradiso (canto XXXIII) costituisce come una cornice in cui si raccoglie tutto il racconto:

Dal canto XXXIII: Qual è colui che sognando vede, che dopo ‘l sogno la passione impressa rimane, e l’altro a la mente non riede cotal son io, che quasi tutta cessa mia visione, e ancor mi distilla nel core il dolce che nacque da essa.

Così la neve al sol si disigilla; così al vento ne le foglie levi si perdea la sentenza di Sibilla

DEL RESTO TALE TEMATICA NON E’ NUOVA: “Mostrasi sì piacente a chi la mira, che dà per li occhi una dolcezza al core, che ‘ntender no la può chi no la prova…” (Dal sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare)

Il mondo classico è stato ora dimenticato, dato che siamo in una prospettiva solo cristiana? No, anzi è maggiormente valorizzato. Troviamo infatti: L’invocazione ad Apollo già nei primi versi, moltissime similitudini tratte dal mondo pagano come spiegazione di ciò che Dante prova o avviene

IL MONDO CLASSICO E PAGANO… è “figura” della verità che ha portato Cristo e il poeta vi attinge per trarre esempi, metafore e lo stesso linguaggio

I RIFERIMENTI ASTRONOMICI Già presenti nell’Inferno, ancora più precisi nel Purgatorio (poiché Dante vede il cielo sopra di sé)… …si fanno ora molto specifici e carichi di significati simbolici e mistici

DANTE CI INDICA CHE LA SUA SALITA AVVIENE A MEZZOGIORNO ATTRAVERSO UNA PERFIFRASI (di 3 terzine: 37-45) CHE INDICA UN’IMMAGINE ASTRONOMICA la quale “sembra stringere tutto l’universo tra due segni: il cerchio e la croce”

Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci, con miglior corso e con migliore stella esce congiunta, e la mondana cera più a suo modo tempera e suggella

Una possibile interpretazione vede nei quattro cerchi LE VIRTU’ CARDINALI = prudenza, giustizia, fortezza temperanza (già all’inizio del Purgatorio nelle stelle che illuminano Catone) e nelle tre croci LE VIRTU’ TEOLOGALI = fede, speranza, carità

Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco quello emisperio, e l’altra parte nera,

IL CANTO PRIMO SI CONCLUDE.. CON L’IMMAGINE DI Beatrice che guarda verso il Cielo Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso

NEL CIELO DELLA LUNA Si tratta di un canto didascalico, in cui Dante pone domande a Beatrice: Dante è veramente in cielo con il corpo? Che cosa sono le macchie lunari?

ALCUNE ESPRESSIONI DI QUESTO CANTO SONO RIMASTE CELEBRI: L’INCIPIT: “O voi che siete in piccioletta barca” “l’acqua ch’io prendo già mai non si corse” Il “pan de li angeli” ( = le cose divine di cui parla)

DANTE CHIEDE: Ma ditemi: che son li segni bui di questo corpo, che là giuso in terra fan di Cain favoleggiare altrui?

SECONDO IL METODO DELLA SCOLASTICA Beatrice ascolta il parere di Dante Riprende le sue argomentazioni e le confuta (= dimostra che sono errate) Conferma le proprie argomentazioni con esempi (l’esperimento degli specchi) Ricomincia il ragionamento da un altro punto di vista e lo dimostra filosoficamente e con esempi

LA DIFFERENTE LUMINOSITA’ DELLA LUNA Non deriva da densità o rarità di materia, ma dall’influenza angelica che si mescola con la materia incorruttibile del cielo, proprio come la vita che anima il corpo dell’uomo. Si tratta del “Primo Mobile” che riceve il movimento dal “Motore Immobile” e lo trasmette a tutto l’universo.

Virtù diversa fa diversa lega col prezioso corpo ch’ella avviva, nel qual, sì come vita in voi, si lega. Per la natura lieta onde deriva, la virtù per lo corpo luce come letizia per pupilla viva.

Da essa vien ciò che da luce a luce par differente, non da denso e raro; essa è formal principio che produce, conforme a sua bontà, lo turbo e ‘l chiaro.

LA SPIEGAZIONE DELL’ORIGINE DELLE MACCHIE LUNARI introduce tutta la tematica del bellissimo canto III riguardante la Volontà di Dio i diversi gradi di santità dei beati la felicità e la pienezza (=contentezza) che comunque pervadono tutto il Paradiso

PICCARDA DIRA’: …sì che, come noi sem di soglia in soglia per questo regno, a tutto il regno piace com’a lo re che ‘n suo voler ne ‘nvoglia. E ‘n la sua volontade è nostra pace: ell’è quel mare al qual tutto si move ciò ch’ella cria o che natura face.

E DANTE, CHE FINALMENTE HA COMPRESO, AFFERMA: Chiaro mi fu allor come ogni dove in Cielo è Paradiso, etsi la grazia del sommo ben d’un modo non vi piove