Di Eleonora Pasqui e Silvia Palmi Progetto: “Parole e musica nella lirica e nel teatro della Grecia antica” Tragedia Greca: musica, cori e danze Di Eleonora Pasqui e Silvia Palmi “Il teatro non ha categoria ma si occupa della vita.E’ il solo punto di partenza,l’unico veramente fondamentale.Il teatro è la vita” Peter Brook
La tragedia Greca come fenomeno di massa La tragedia antica non era solo uno spettacolo, come lo intendiamo oggi, ma piuttosto un rito collettivo della pòlis. Si svolgeva durante un periodo sacro, in uno spazio consacrato (al centro del teatro sorgeva l'altare del dio). Le rappresentazioni teatrali si svolgevano durante due periodi dell’anno: gennaio per le Lenee e a Marzo per le Grandi Dionisie. Durante le Lenee il pubblico era composto solo da cittadini Ateniesi, dunque gli argomenti erano attinenti alla vita della città; mentre nelle Dionisie,sempre volte a celebrare la grandezza di Atene, il pubblico era composito e così venivano trattati argomenti universali. Il teatro assunse la funzione di cassa di risonanza per le idee, i problemi e la vita politica e culturale dell'Atene democratica: la tragedia parla di un passato mitico, ma il mito diventa immediatamente metafora dei problemi profondi della società ateniese. Il teatro di Dioniso ad Atene ( illustrazione del 1891) Dall’enciclopedia” The German “ di Joseph Kürschner “Pierers Konversationslexikon”.
Struttura della tragedia La tragedia greca è strutturata secondo uno schema rigido, di cui si possono definire le forme con precisione. La tragedia inizia generalmente con un prologo (da prò e logos, discorso preliminare), che ha la funzione di introdurre il dramma; segue la parodo (ἡ πάροδος), che consiste nell'entrata in scena del coro attraverso dei corridoi laterali, le pàrodoi; l'azione scenica vera e propria si dispiega quindi attraverso tre o più episodi (epeisòdia), intervallati dagli stasimi, degli intermezzi in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena; la tragedia si conclude con l'esodo (èxodos). Dioniso e satiri. Vaso attico a figure rosse su fondo nero, ca. 480 a.C
Come si svolgevano? Durante le Dionisie si svolgeva un agone tragico, cioè una gara tra tre poeti, scelti dall'arconte eponimo forse sulla base di un copione provvisorio, ognuno dei quali doveva presentare una tetralogia composta di tre tragedie e un dramma satiresco; ogni tetralogia veniva recitata nello stesso giorno a partire dal mattino, così che le rappresentazioni tragiche duravano tre giorni, mentre il quarto giorno era dedicato alla messa in scena di tre commedie. Alla fine dei tre giorni di gara si attribuiva un premio al miglior coro.La giuria era formata da dieci persone (una per tribù) estratte a sorte, che al termine delle rappresentazioni ponevano in un'urna una tavoletta in cui scriveva i nomi dei tre poeti in ordine di merito, infine venivano estratte cinque tavolette sulla base delle quali veniva proclamato il vincitore.
Il Canto caprino L'origine della tragedia greca è uno dei tradizionali problemi irrisolti della filologia classica. La fonte primaria di questo dibattito è la Poetica di Aristotele. L'autore poté raccogliere una documentazione di prima mano, a noi oggi inaccessibile, sulle fasi più antiche del teatro in Attica, la sua opera è dunque contributo inestimabile per lo studio della tragedia antica.All'origine della tragedia gli antropologi avrebbero individuato, come appunto sembrerebbe confermare l'etimologia stessa della parola, un rito sacrificale propiziatorio in cui molte popolazioni tribali offrono ancora oggi animali agli déi, soprattutto in attesa della messe o di una partita di caccia. Momenti cruciali che scandivano la vita degli antichi erano infatti i mutamenti astrali (equinozi e solstizi che segnavano il passaggio da una stagione all'altra). I sacrifici avvenivano dunque in questi momenti, ad esempio poco prima dell'equinozio primaverile, per assicurarsi l'avvento della buona stagione. In epoca preistorica recente, tali sacrifici dovettero trasformarsi in danze rituali in cui era raffigurata la lotta primordiale del bene, il giorno, la luce, quindi la bella stagione, contro il male (la notte e l'inverno), e il trionfo finale del bene sul male. Rimangono però molti punti oscuri sull'origine della tragedia, a partire dall'etimologia stessa della parola trago(i)día (τραγῳδία): si distinguono in essa le radici di "capro" (τράγος / trágos) e "cantare" (ᾄδω / á(i)dô), sarebbe quindi il "canto per il capro", forse in riferimento al premio che in origine era consegnato al vincitore dell'agone tragico (per l'appunto, un capretto), o al sacrificio di questo animale, sacro a Dioniso, che spesso accompagnava le feste in onore del dio; una teoria più recente (J. Winkler) fa derivare "tragedia" dal vocabolo raro traghìzein (τραγὶζειν), che significa "cambiare voce, assumere una voce belante come i capretti", in riferimento agli attori. A meno che, suggerisce D'Amico, tragoidía non significhi più semplicemente «canto dei capri», dai personaggi satireschi che componevano il coro delle prime azioni sacre dionisiache. Altre ipotesi sono state tentate, in passato, tra cui una etimologia che definirebbe la tragedia come un'ode alla birra. [1]Quello che è possibile affermare con certezza è che la radice trag- (τραγ-), anche prima di riferirsi al dramma tragico, fu utilizzata per significare l'essere "simile ad un capro", ma anche la selvatichezza, la libidine, il piacere del cibo, in una serie di parole derivate che gravitano intorno alla «zona» linguistica del rito dionisiaco. Menadi danzanti, che portano un agnello o capretto sacrificale Calcidica, 330-320a.C.
Dal ditirambo al dramma Scrive Aristotele nella Poetica che la tragedia nasce all'inizio dall'improvvisazione, precisamente "da coloro che intonano il ditirambo" (ἀπὸ τῶν ἐξαρχόντων τὸν διθύραμβον, apò tōn exarchòntōn tòn ditýrambon), un canto corale in onore di Dioniso. All'inizio queste manifestazioni erano brevi e di tono burlesco perché contenevano degli elementi satireschi; poi il linguaggio si fece man mano più grave e cambiò anche il metro, che da tetrametro trocaico, il verso più prosaico, divenne trimetro giambico. Questa informazione è completata da un passo delle Storie (I, 23) di Erodoto e da fonti successive, in cui il lirico Arione come è definito inventore della tragedia e compositore di ditirambiIl Ditirambo, in origine improvvisato, assume poi una forma scritta e prestabilita. Il coro s'indirizzava a thymele (θυμέλη), l'ara sacrificale, e cantava in cerchio, disponendosi intorno ad essa. Ad un certo momento dal coro che intonava questo canto in onore di Dioniso il corifeo, cioè il capocoro, si sarebbe staccato e avrebbe cominciato a dialogare con questo, diventando così un vero e proprio personaggio; in seguito il coro stesso, sdoppiandosi in due semicori, diede vita a un dialogo tra i due corifei, e venne introdotto un hypocritès (ὑποκριτής, risponditore, in seguito significherà attore), che pronunciava le parole di Dioniso, rivolte al coro: è la nascita del dramma. Da canto epico-lirico, il ditirambo diventa teatro. Mentre nasceva e si strutturava la tragedia vera e propria, lo spirito più popolare dei riti e delle danza dionisiache sopravvissero nel dramma satiresco. Maschera di Dioniso conservata al museo del Louvre Trovata a Myrina (oggi in Turchia). Terracotta, II-I sec a.C
La musica nell’Antica Grecia I tre grandi periodi della storia della musica greca: 1-Periodo arcaico:dalle origini al VI sec a.C. 2-Periodo classico:dal VI sec al IV sec a.C.Fu il periodo della grandi città di Atene Sparta e della grande fioritura dell’arte e del pensiero filosofico greco; 3-Periodo ellenistico –romano:dal IV sec a.C.fino al 146 a.C.(conquista della Grecia da parte dei Romani). Nella storia della cultura occidentale, l'antichità greca ha rappresentato un concreto modello di classicità, specialmente per l'architettura, la scultura e la letteratura. Diverso è stato per la musica, arte altrettanto importante e praticata nel mondo classico, della quale, a differenza delle discipline precedentemente dette, ci sono rimasti solo pochi frammenti e di difficile interpretazione. L'elemento di continuità tra il mondo della civiltà musicale ellenica e quella dell'Occidente europeo è costituito principalmente dal sistema teorico greco, che fu assorbito dai romani e da essi trasmesso al medioevo cristiano. Altri aspetti comuni alla musica greca e ai canti della liturgia cristiana dei primi secoli dell'era volgare furono il carattere rigorosamente monodico della musica e la sua stretta unione con le parole del testo.
Il canto Verso la fine del periodo arcaico cominciò a svilupparsi una lirica monodica, affidata ad una voce sola ed eseguita in contesti conviviali. Monodiche furono, ad esempio, le intonazioni con cui si declamavano i poemi omerici e la lirica delle epoche alessandrina e romana.In alcune città come Sparta, invece,dove si sviluppò un forte senso civile e si diede importanza alla dimensione collettiva della vita civile, si sviluppò una produzione di musica corale, affidata ad eventi celebrativi pubblici sia religiosi che laici. Nella lirica corale si realizza pienamente l'unione delle tre arti della Mousikè, perché alla poesia si aggiunge la danza (il coro si muoveva coreograficamente durante l'esecuzione dei canti corali).Il ritmo di questi canti era lo stesso della poesia. Il coro greco cantava all'unisono, utilizzando il procedimento dell'eterofonia: veniva cantata un'unica melodia, ma ad altezze diverse. Massimi poeti e musicisti dei canti corali furono Stesicoro e Pindaro. Siamo tra il periodo arcaico e classico. Lezione di musica, idria attica a figure rosse, c. 510 a.C., Staatliche Antikensammlungen
Il coro La disposizione circolare del coro greco e l'organizzazione dei testi dei ditirambi, anche dal punto di vista metrico, fu introdotta da Arione di Metimna. Successivamente, dal coro si distaccò un corifeo (capo del coro) che raccontava le gesta del dio Dioniso e di altri dei. Il racconto del corifeo si alternava agli interventi del coro. Il salto verso il dramma, cioè verso la rappresentazione, avvenne con il passaggio dalla struttura lirica (quando il corifeo raccontava una storia all'uditorio) a quella drammatica (quando il corifeo diventò attore, impersonificando Dioniso o un altro dio). Secondo la tradizione, questa trasformazione fu operata da Tespi.Al coro era affidata una funzione decisiva.Esso partecipava ai casi degli eroi individuandone la portata universale per cui la sua riflessione diventava una indagine del destino che regge le sorti di tutta l’umanità. Il coro finiva così per costituire una sorta di pubblico ideale,che interpreta e guida le reazioni del pubblico reale che assiste alla rappresentazione (idea ripresa anche dal Tasso nell’Aminta).L’evento teatrale costituisce un microcosmo in cui si rappresenta simbolicamente la problematica vicenda dell’umanità e la parola è il suo strumento d’espressione.La realtà presenta un mistero insondabile ,l’enigma della divinità;e la storia dell’uomo simboleggia la tensione volta a svelarlo.Sappiamo che Eschilo utilizzava un coro di 12 elementi,con a capo un corifero; Sofocle portò i coreuti a 15 in modo tale da poter dividere all’occorrenza il coro in due semicori,entrambi guidati da un coreta,mentre il corifero assumeva il ruolo di rappresentante del coro dialogando con gli attori in rappresentanza del coro stesso.Il coro esordiva nella parodo ,di norma ,negli stasimi; non era insolito però servirsene all’interno delle scene in dialoghi diretti fra l’attore e il coro,(i commi), e fra una scena e l’altra di uno stesso episodio,(i canti episodici).Le parti corali si presentavano in metri lirici e utilizzavano il dialetto dorico. Il registro sintattico utilizzava un livello linguistico elevato e si tendevano ad evitare modi colloquiali a scapito di quelli formali.
Ipotesi di ricostruzione del teatro di Dioniso Eleutereo ad Atene nella prima metà del V sec. a. C.: orchestra quadrangolare, íkria (tribune lignee, gradinate) e skenothèke (dove gli attori sostavano prima e dopo l'entrata in scena e dove cambiavano maschera e costumi) (Christian Schieckel).
La danza nella Tragedia Secondo la poetica di Aristotele la poesia tragica si configura essenzialmente come mimesis (imitazione) della realtà,raggiunta con tre mezzi: rhythmos (ritmo), logos (parola) e harmonia (musica).L’unione delle tre arti performative (poesia, musica e danza) in tragedia era capace di un’imitazione veramente vicina alla realtà soprattutto della sua tridimensionalità in quanto la poesia sembrerebbe rievocare la dimensione delle lunghezza (il metro appunto), la musica quella dell’altezza e la danza quella della profondità (per lo spazio interessato dalle sue evoluzioni). Nella tragedia e nella commedia dell’antica Grecia infatti il "coro" si esprimeva principalmente danzando nello spazio antistante l’edificio scenico (σχηνέ, skené) denominato ορχήστρα, (orchéstra). Il fatto che in quello spazio il coro danzasse non solo spiega l’etimologia della parola "orchestra", che deriva appunto dal verbo ορχήομαι (orchéomai, danzare), ma è anche il motivo per cui in molte lingue moderne i termini che si riferiscono alla danza (italiano: "coreografia", "coreutica"; francese: chorégraphie, choreutique; inglese: choreography, choreutic) portano in sé l’etimo greco χόρος, (kóros).Data l’importanza della danza nel teatro i Greci la posero sotto la protezione della musa Tersicore facendone un simbolo della propria cultura..
Rappresentazione su vaso greco di un gruppo di musici, Museo del Louvre
Bibliografia - Prof . D. LO SCALZO, conferenza “Le nuvole di Aristofane”, tenutasi in data 8/2/2010 presso l’aula magna del liceo classico Plinio il Giovane www.wikipedia.it:Umberto Albini, Nel nome di Dioniso. Il grande teatro classico rivisitato con occhio contemporaneo, Garzanti 1999 - ISBN 8811674204 Charles Rowan Beye, La tragedia greca. Guida storica e critica - Laterza - ISBN 8842032069 Silvio D'Amico, Storia del Teatro drammatico, Garzanti 1960. Dario Del Corno I narcisi di Colono. Drammaturgia del mito nella tragedia greca - Cortina 1998 - ISBN 8870784851 Letteratura Greca, dall'età arcaica alla letteratura cristiana - Principato 1995 - ISBN 8841627492 Moreno Morani, Giulia Regoliosi, Cultura classica e ricerca del divino. Di fronte alla tragedia greca, Il Cerchio 2002 Friedrich Nietzsche (a cura di P.Chiarini-R.Venuti) La nascita della tragedia ovvero grecità e pessimismo - Laterza - ISBN 8842046442 Max Pohlenz, La tragedia greca - Paideia 1979 - ISBN 8839400176 Jean-Pierre Vernant - Pierre Vidal-Naquet: Mito e tragedia nell'antica Grecia. La tragedia come fenomeno sociale estetico e psicologico, Einaudi 1976 - ISBN 8806140922 Mito e tragedia due. Da Edipo a Dioniso - Einaudi 1991 - ISBN 8806158570 Cuddon, J. A. The Penguin Dictionary of Literary Terms and Literary Theory. Harmondsworth, Penguin, 1998. ISBN 0-14-051363-9 "Tragedia" in: Enciclopedia Europea, vol XI, p.399. Milano, Garzanti, 1984. Anthony Burgess, English Literature. Burnt Mill, Longman, 1958. ISBN 0-582-55224-9 G. Ugolini, Sofocle e Atene. Vita politica e attività teatrale nella Grecia classica, Carocci, Roma 2000. G.BALDI, S.GIUSSO, M.RAZETTI, G.ZACCARIA, La letteratura (vol.3) Varese, Italia, Paravia 2007