IL SISTEMA FAMILIARE E CICLO VITALE

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IL SISTEMA FAMILIARE E CICLO VITALE APPROCCIO SISTEMICO-RELAZIONALE

LO STUDIO DELLA FAMIGLIA COME SISTEMA LA STRUTTURA FAMILIARE Lo studio della famiglia da un punto di vista strutturale si deve principalmente a Salvador Minuchin, che ha concettualizzato la famiglia come un sistema caratterizzato da una struttura ben definita. In questa prospettiva, con il termine di struttura familiare si indica “l’invisibile insieme di richieste funzionali che determina i modi in cui i componenti della famiglia interagiscono”. Per essere funzionale, un sistema deve essere sufficientemente flessibile e adattarsi ad eventuali richieste evolutive o ambientali.

Attraverso l’esame delle transazioni tra i membri di un sistema familiare, è possibile ottenere informazioni su quelle che possono essere considerate le tre dimensioni strutturali fondamentali, ovvero la gerarchia, i confini, e gli schieramenti. Inoltre, poiché nessun sistema familiare ha carattere monadico, ma risulta sempre inserito nel contesto più ampio del sovrasistema sociale di cui fa parte, è importante valutare anche la rete sociale nella quale una famiglia si trova ad interagire.

GERARCHIA E CONFINI I rapporti gerarchici vigenti all’interno di un sistema familiare rappresentano una dimensione strutturale fondamentale, la cui attenta osservazione è di capitale importanza, sia per una corretta valutazione che per un’adeguata pianificazione dell’intervento. L’esistenza di una gerarchia generazionale sufficientemente solida è ritenuta fondamentale per il buon funzionamento familiare. La gerarchia familiare è un concetto che attiene non tanto all’esercizio del potere all’interno della famiglia, bensì all’attuazione della propria competenza genitoriale.

Soprattutto nelle famiglie nucleari con figli bambini o adolescenti, il buon funzionamento è determinato dal fatto che i genitori dovrebbero essere in grado di esercitare la loro autorità con potere esecutivo, seppure in modo flessibile e razionale, senza che vi siano eccessive disparità di potere tra padre e madre. Oltre ad una netta gerarchia generazionale, un altro parametro importante per un valido funzionamento familiare è la chiarezza dei confini tra i sottosistemi, indipendentemente dalla specifica composizione della famiglia. I confini possono essere definiti come “le regole che presiedono al passaggio dell’informazione”. Loro funzione è la protezione della differenzazione del sistema nei vari sottosistemi che lo compongono.

L’informazione che passa attraverso confini funzionali è adeguata sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, ed è caratterizzata da una prevalenza dei messaggi di contenuto su quelli di relazione. In generale, ogni sottosistema deve disporre delle informazioni che sono di sua pertinenza, e tali informazioni debbono rimanere circoscritte ad esso, in modo tale che i suoi membri possano esercitare le loro funzioni in modo adeguato e senza interferenze. Per consentire un adeguato funzionamento del sistema è necessario che i confini della famiglia siano sufficientemente permeabili, in modo da permettere il contatto tra i membri dei diversi sottosistemi che la compongono.

I confini dovrebbero essere valutati non solo sul piano quantitativo, ma anche su quello qualitativo: l’informazione che passa deve infatti essere pertinente, cioè adeguata alla relazione esistente tra i comunicanti e alla fase del ciclo vitale in cui essi si trovano. Ad esempio, è ben diverso parlare di difficoltà coniugali o di complesse problematiche economiche o lavorative a un figlio adulto o a un bambino: mentre nel primo caso l’informazione trasmessa può essere pertinente, nel secondo certamente non lo è.

Si parla di confini distinti qualora passino informazioni che siano adeguate per quantità e pertinenza rispetto alla relazione e alla fase del ciclo vitale, i confini diffusi se si ha il passaggio di una quantità eccessiva di informazione e/o informazioni qualitativamente non pertinenti, di confini rigidi nel caso in cui una persona riceva una quantità insufficiente di informazione e/o venga privata di informazioni che gli competerebbero. Sia i confini diffusi che quelli rigidi risultano disfunzionali. Nel primo caso, la differenzazione del sistema familiare viene a essere ridotta, il comportamento di un membro esercita un’influenza immediata su quello degli altri, ed ogni tipo di tensione subita dal singolo si riflette rapidamente sugli altri componenti della famiglia, con il risultato che il sistema reagisce ad ogni perturbazione con eccessiva rapidità ed intensità.

Nel secondo caso, la comunicazione tra i sottosistemi risulta difficoltosa, il che rende scarsamente reattivi i sistemi di sostegno e difesa della famiglia, i quali tendono a non rispondere anche in casi in cui sarebbe necessario e si attivano soltanto se un membro è sottoposto ad un livello di tensione molto alto. Classicamente, si fa riferimento a queste due situazioni con i termini di invischiamento e di disimpegno.

Un buon esempio di famiglia disimpegnata è fornito dalle famiglie dei tossicodipendenti definiti di tipo D nella nota classificazione di Cancrini, nei quali l’uso di droga rientra nelle manifestazioni di un disturbo di personalità di tipo antisociale. Al momento della richiesta di aiuto, la coesione tra i membri i queste famiglie è tipicamente molto scarsa, e la raccolta dell’anamnesi familiare evidenzia come il paziente abbia patito una spiccata carenza di cure genitoriali.

Un classico esempio di famiglia invischiata è costituito da famiglie con un membro affetto da anoressia mentale. In genere in queste famiglie le gerarchie generazionali sono evanescenti, i confini sono diffusi, vi è confusione nei ruoli e nelle funzioni. Inoltre in ogni componente della famiglia si nota una tendenza all’intrusività nei confronti dei pensieri, dei sentimenti, delle azioni e delle comunicazioni altrui. Si ratta di famiglie che manifestano una spiccata resistenza ad ogni cambiamento, a che sono governate da regole alquanto rigide. Tipicamente non tollerano i conflitti espliciti al loro interno, ma tendono piuttosto a presentarsi, in conformità con gli standard di accettabilità sociale, come famiglie estremamente unite, armoniose, le quali sarebbero assolutamente prive di problemi se non fosse per il comportamento della paziente.

La presenza di confini diffusi può essere riscontrata in una serie di comportamenti e situazioni interattive che caratterizzano tali famiglie: di regola queste famiglie hanno le porte aperte, tanto in senso metaforico che reale. Tipicamente gli spazi personali, sia fisici che psichici, non vengono rispettati: ad esempio, non è raro che i figli possano assistere ai rapporti sessuali dei loro genitori, e che le operazioni di igiene intima si svolgano senza il minimo grado di riservatezza.

Le famiglie con un membro affetto da una malattia psicosomatica rappresentano un altro classico caso di invischiamento. Ad esempio, nelle famiglie di pazienti affetti da asma bronchiale e diabete, Minuchin e i suoi collaboratori hanno evidenziato la presenza di un notevole invischiamento, con gerarchie generazionali labili, confini diffusi tra gli individui e tra i sottosistemi, ruoli e funzioni confusi e mal definiti. Ciascun familiare tende a comportarsi in modo intrusivo nei confronti delle emozioni, dei pensieri, e delle azioni altrui, e si nota inoltre una spiccata iperprotettività.

Infine, è opportuno notare che, per il buon funzionamento di un sistema familiare, è importante che non soltanto i confini tra i sottosistemi, ma anche quelli con l’esterno non siano diffusi o rigidi. Un tipico esempio di disfunzionalità dei confini tra sistema familiare e ambiente è costituito dal fenomeno della “ barriera di gomma” descritto da alcuni autori in famiglie con un membro psicotico. Con questo termine si indica il fatto che queste famiglie presentano solitamente confini con l’esterno assai poco permeabili, ed appaiono come circondate da una barriera apparentemente flessibile, ma in realtà estremamente difficile da varcare.

IL CICLO VITALE FAMILIARE Trasformazioni e cambiamenti hanno luogo continuamente nelle persone nel corso della vita, e numerosi autori hanno descritto il ciclo di vita individuale, individuando alcuni caratteristici periodi di transizione, in occasione dei quali avviene un netto mutamento nella percezione soggettiva del tempo. Il ciclo vitale familiare rappresenta dunque un modello evolutivo che esamina e descrive i cambiamenti che tipicamente avvengono in una famiglia nel corso degli anni. Il concetto di vita di una famiglia è stato riconosciuto dai terapeuti relazionali come strumento concettuale utile in riferimento al loro lavoro, infatti pensare in termini di ciclo vitale rappresenta alcuni vantaggi, sia perché accentua la continuità della famiglia nel corso del tempo e delle generazioni,

sia perché consente di vedere la famiglia come un’entità che, inserita in un flusso di continuo cambiamento, incessantemente vive e si evolve. Il ciclo vitale familiare si articola in una serie di fasi, ognuna delle quali deve essere superata perché si possa passare con successo alla successiva. In occasione di ciascuna fase del ciclo vitale, un sistema familiare si trova a confrontarsi con una situazione nuova, che richiede un cambiamento nell’organizzazione del sistema stesso, in quanto le precedenti modalità di funzionamento non risultano più adeguate. Debbono cioè avvenire all’interno del sistema alcuni cambiamenti opportuni nelle relazioni interpersonali, in modo tale che le modalità di funzionamento possano modificarsi e divenire adeguate alla nuova fase.

E possibile distinguere, nella tradizionale famiglia occidentale moderna, cinque stadi fondamentali legati a cinque diversi eventi critici: In seguito ad un matrimonio o ad una convivenza, si ha la formazione della coppia; successivamente, con la nascita dei figli, si entra nello stadio della famiglia con bambini; quindi, allorché i figli entrano nell’adolescenza, si ha la fase della famiglia con adolescenti; a quella segue con lo svincolo dei figli e la loro uscita da casa, la fase della famiglia “trampolino di lancio”, infine il pensionamento e la malattia o la morte della prima generazione caratterizzano la fase dell’età anziana.

In linea generale, nel passaggio attraverso le varie fasi gli individui dovrebbero progredire nel processo di individuazione e raggiungere un sufficiente livello di differenzazione dalle famiglie di origine, creandosi un proprio spazio personale e accrescendolo. Nel corso di questo processo egli ha modo di sperimentare nuove modalità relazionali, e diviene sempre più autonomo dal punto di vista emotivo e cognitivo. Un individuo ben differenziato può appartenere a diversi sottosistemi, sia all’interno che all’esterno della famiglia, rispetto ai quali può partecipare e separarsi senza perdere il senso della propria continuità personale.

LE DIFFICOLTA’ Se si incontrano difficoltà in questo processo di cambiamento, il ciclo vitale può bloccarsi, oppure la tappa in questione può venire superata in modo incompleto. Si parla di blocco del ciclo vitale se, nel corso di una determinata fase, non avvengono le ridefinizioni delle relazioni interpersonali e la riorganizzazione del sistema che sarebbero necessarie per passare alla fase successiva. Si parla invece di passaggio incompleto se il passaggio alla fase successiva avviene soltanto apparentemente, senza che si siano in realtà modificate le relazioni interpersonali e le modalità di funzionamento del sistema familiare: ad esempio, non è raro che una persona si sposi senza essersi sufficientemente differenziata dalla propria famiglia d’origine.

Qualora il sistema familiare non riesca ad affrontare con successo il compito di sviluppo che contraddistingue la fase del ciclo vitale che sta attraversando, è probabile che si verifichi una sofferenza del sistema e uno o più componenti possono divenire sintomatici. In casi simili il sintomo rappresenta una spia dell’esistenza di difficoltà nel superare una tappa del ciclo vitale, e l’intervento terapeutico dovrà mirare a sbloccare il proprio ciclo vitale o a superare un passaggio incompleto, attivando nuove modalità interattive tra i membri.