“I parroci e la violenza familiare. Uno sguardo di accoglienza”.

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“I parroci e la violenza familiare. Uno sguardo di accoglienza”. Sono caduta dalle scale “I parroci e la violenza familiare. Uno sguardo di accoglienza”.

La ricerca In questo capitolo sarà analizzata la posizione dei parroci per comprendere meglio come si relazionano e interagiscono con le donne che raccontano loro episodi di violenza. I dati sono stati raccolti attraverso un questionario, i cui dati sono stati descritti nel capitolo precedente, e un’intervista in profondità effettuata a 177 parroci contattati.

I risultati La codifica del testo ha portato all’individuazione di quattro macrocategorie cosiddette family qui di seguito descritte: -dall’accoglienza della storia di violenza intrafamiliare all’autoreferenzialità della gestione del caso; - il significato della violenza intrafamiliare: il ruolo della vittima e dell’aggressore; -la responsabilità sociale dei sistemi comunitari e istituzionali nella prevenzione e tutela alla violenza intrafamiliare; -il valore sociale della chiesa: centralità nel processo di prevenzione della violenza intrafamiliare.

I parroci e la violenza: dall’accoglienza della storia all’autoreferenzialità nella gestione del caso   La prima family esplicita le modalità con cui i parroci si relazionano al tema della violenza in ambito intrafamiliare. La confessione: La confessione rappresenta uno spazio in cui la donna ha la possibilità di essere ascoltata. In alcune di loro si avverte il bisogno di comunicare, di essere sostenute infatti il ruolo del parroco assume la funzione di contenimento del malessere della donna. I parroci sostengono la vittima a riacquisire le proprie abilità, a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé, una maggiore autonomia e maturare decisioni dolorose. Allo stesso tempo aiutano la donna a rispondere alla violenza attraverso la fede, aprendosi al dialogo e alla preghiera senza soddisfare il desiderio di vendetta.

Molti parroci sottolineano che sarebbero necessarie campagne di sensibilizzazione per implementare l’informazione su che cos’è la violenza, come affrontarla e a chi rivolgersi .Molte donne, infatti, non sanno dove andare e a chi rivolgersi e questo rafforza lo stato di chiusura e isolamento.

Il recupero della coppia   Il ruolo del parroco spesso è diretto al recupero della coppia coniugale. In risposta al racconti di violenza i parroci assumono posizioni differenti: alcuni sostengono la necessità dell’allontanamento della donna dall’aggressore altri tendono a un intervento rivolto sia alla coppia che al partner violento per cercare di correggere atteggiamenti e comportamenti disfunzionali. Se gli episodi di violenza persistono la coppia è inviata a operatori sociali che uniscono alla loro professionalità una marcata fede cattolica. Solo nei casi più gravi si ricorre alle forze dell’ordine, tribunali e avvocati.

Il significato della violenza intrafamiliare: il ruolo dell’aggressore e della vittima Il Malessere della coppia: Dalle interviste emerge che la violenza intrafamiliare è espressione non solo di un malessere personale ma anche della coppia. La violenza per i parroci, non si riduce al solo maltrattamento fisico ma ogni forma di offesa, di minaccia, di svalutazione e trascuratezza dell’altro/a è violenza Se nei casi di violenza fisica oggettivamente la donna non può fare nulla perché più debole dell’uomo, secondo i parroci, nei casi di violenza psicologica e verbale la donna non dovrebbe essere passiva, ma rispondere e reagire in maniera adeguata alla pari dell’uomo.

Dalla loro esperienza è emerso che la violenza è un fenomeno trasversale che attraversa tutti i ceti sociali, anche se dichiarano di riscontrare maggiore incidenza in quelli svantaggiati. I fattori predittivi dei comportamenti violenti sono l’eccessiva spinta alla competizione, la sfiducia e lo scarso rispetto e attenzione alle esigenze e vicissitudini emotive della propria compagna.   Secondo i parroci sarebbe opportuno che i media iniziassero a veicolare informazioni sull’importanza del ruolo della donna nel contesto attuale, il suo essere indispensabile in tutti i contesi quali quelli familiari, lavorativi e religiosi.

Chi è l’aggressore? La violenza si presenta come un antidoto per non avvertire il senso di perdita della propria vita fatta unicamente di vuoti e di bisogni mai soddisfatti. L’autore spesso è ignaro della gravità delle sue azioni e delle conseguenze che queste comportano. In molti casi è addirittura affetto da patologie psichiche. Molti parroci scindono l’atto dalla persona che lo compie. Mentre la persona che agisce violenza può essere giustificata in virtù del suo passato e altre motivazioni l’atto violenza è sempre imperdonabile.

La donna vittima e complice Dalle interviste fatte, emerge come i parroci identifichino le donne come vittime e complici, intrappolate nella loro violenza, nel non denunciare, nel tener tacito e segreto ciò che accade. Infatti, non riescono a denunciare il proprio carnefice, né l’accaduto, a causa di molteplici fattori: - dipendenza economica dall’aggressore, - paura e preoccupazioni del pensiero altrui, - vergogna di distruggere la propria famiglia.

Le vittime adolescenti, inoltre, sono quelle più restie a parlarne e a denunciare. Secondo i parroci intervistati alla figura di donna vittima si sovrappone quella di donna complice della violenza subita. Ad esempio:appartenere ad un ceto sociale basso spesso non permette alla donna di denunciare, oppure, alcuni comportamenti della donna possono istigare il marito ad atti di violenza, come l’esser poco presenti nel focolare domestico, e non svolgere, quindi, le funzioni di accadimento e cura.

La responsabilità sociale dei sistemi familiari e istituzionali Tra omertà e indignazione: La comunità locale dovrebbe aiutare, proteggere le vittime di violenza. Viceversa, da quanto emerge nelle interviste svolte, si denota un alto livello di omertà dei cittadini, i quali tendono ad ignorare volutamente chi commette violenza e far finta di non vedere e non udire, e rivelano un atteggiamento irresponsabile nei confronti delle vittime e certamente non solidale.

Il richiamo alle istituzioni e ai sistemi legislativi E’ noto quanto le istituzioni si impegnino nella lotta alla violenza, nella prevenzione di questa; ma nonostante ciò i parroci intervistati raccontano di una loro diffidenza nei confronti delle istituzioni. Inoltre chiedono un sistema legislativo più severo, con pene certe per il reo, e assistenza sanitaria, sociale, psicologica per la vittima. Il valore sociale della Chiesa: centralità nel processo di prevenzione della violenza interfamiliare I vari percorsi di catechesi delle parrocchie sono usati dai parroci proprio per divulgare un’etica, una morale, per accrescere il rispetto della donna, il valore della famiglia, la parità di diritti tra generi. In particolare i corsi prematrimoniali mirano alla formazione delle giovani coppie e all’ apertura di queste nei confronti di servizi sociali e sanitari, di gruppi di confronto, di dialogo, di conforto su tutte le tematiche matrimoniali.

L’autoreferenzialità del parroco nell’ intervento sulla vittima Dal materiale raccolto emerge che tra gli elementi centrali abbiamo quello dell’ autoreferenzialità del parroco, associata alle due modalità con cui affronta la violenza domestica: intervento preventivo e intervento risolutivo. La prevenzione è legata all’ informazione, alla formazione alla scissione dell’ atto violento da chi lo commette, in quanto l’ atto è sempre ingiustificabile, la persona che lo compie invece è celatamente giustificata da motivi quali stress, disturbi psicologi, carenza affettiva dalla moglie.

Conclusioni L’ intervento risolutivo viene diviso dal parroco in quattro fasi. Nella prima si dialoga con la vittima, questa può sfogarsi e viene ascoltata, accolta, sostenuta. Nella seconda fase si cerca di aprire un dialogo anche con l’ autore delle violenze. In queste due fasi l’ obiettivo è quello di rinsaldare l’ unione matrimoniale escludendo qualsiasi forma di separazione. Qui il parroco tende ad omologarsi con la figura dello psicologo. Quando, però, questo intervento si rivela infruttuoso, il parroco tende ad inviare la coppia a consultori familiari di orientamento cattolici, affinché possano tutelare meglio la donna e il vincolo matrimoniale. Solo alla fine si decide di inviare ad altre istituzioni: psicologi, avvocati, forze dell’ordine.

L’ autoreferenzialità del parroco è: legata alla sfiducia nelle istituzioni e negli enti locali ritenuti inefficienti e inadempienti; indotta dalla concezione che molti parroci hanno della violenza come crisi relazionale, poiché affonda le sue radici nel rapporto tra l’uomo e la donna. Il maschilismo, ancora dominante, e la progressiva emancipazione femminile, tendono a incidere negativamente sull’equilibrio relazionale della coppia, specie se i suoi membri (o quantomeno uno dei due) provengono da un background culturale ancora intriso di un forte pregiudizio nei confronti delle donne e di un immagine patriarcale della gestione familiare, il che li rende ineducati al rispetto dell’identità di genere; da qui l’insorgere della violenza. Il parroco può, dunque, inserirsi come mediatore nella relazione di coppia per salvaguardare l’unione matrimoniale.

Indicazioni metodologiche Intervista focalizzata: utilizzo delle narrazioni prodotte dagli intervistati consentendo al ricercatore di avvicinarsi all’esperienza vissuta del soggetto. Blumer;concetti sensibilizzanti: nuclei concettuali di interesse. Possono essere stabiliti a priori dal ricercatore o discussi con gli stessi destinatari dell’intervista. Lo scopo è quello di dare all’intervistato un ruolo attivo nell’esprimere informazioni utili al tema indagato. È indispensabile una buona formazione all’intervista e una precisa conoscenza del campo indagato  

La Groundedtheory methodology La GTM è un metodo che a partire dalla codifica di un testo raccolto permette di giungere alla formulazione di un ampio numero di unità di significato, a prescindere dalla loro lunghezza matematica, raggruppate in categorie con un livello sempre maggiore di astrazione. Core Category: categoria centrale, che ha cioè una connessione maggiore con le altre categorie. La GTM è stata introdotta da Corbin e Strauss e ha l’intento di fornire validità e sistematicità ai dati qualitativi.

Nel presente lavoro abbiamo privilegiato una prospettiva meta-teorica cercando connessioni al di là di quelle evidenziate dal testo. Si è tenuto conto perciò di: Le variabili socio-culturali e contestuali che influenzano i processi di significazione evidenziati. Il continuo processo interattivo tra ricercatore e dati raccolti, cosicché i soggetti e i materiali da interrogare vengono definiti in corso d’opera. Il back-ground culturale e scientifico del ricercatore in quanto parte del processo di ricerca e fautore di una relazione di fiducia e rispetto con gli intervistati.

La metodologia così descritta e utilizzata nell’analisi delle interviste intende: rispondere ai criteri di validità proposti da Corbin e Strauss; rappresentare fedelmente il fenomeno e renderne comprensibili gli elementi portati; rendere possibile la generalizzazione dei risultati; verificare la credibilità, l’originalità, la loro utilità nel descrivere il contesto studiato e nell’esplicitare i processi impliciti della realtà sociale e relazionale che ne imbrigliano le potenzialità e ne impediscono il cambiamento.

Partecipanti Giulia Tortora Antonella Scotto D’Abbusco Francesca Rosa