L'archeologia come attività investigativa: cinque casi esemplari

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Transcript della presentazione:

L'archeologia come attività investigativa: cinque casi esemplari Le nuove tecnologie e l'archeologia Costanza Ughes, Chiara Baldini, Sofia Nencini, Tommaso Daliana

PER FARVI CAPIRE … Insieme alla prof.ssa Caneva, stimolati dalla lezione introduttiva al “Progetto di Storia dell’Arte nel biennio” tenuta dal dott.Paolucci, ci siamo concentrati sull'impiego delle nuove tecnologie in archeologia e sui risultati ottenuti in alcuni casi esemplari proprio grazie a queste.

SU COSA ABBIAMO LAVORATO … I cinque casi proposti sono : I gialli di Romito 2 e Romito 8 Il giallo di Ramses III Il giallo della Fibula Praenestina Il giallo della Venere dei Medici Il giallo dell’etrusco sepolto nel vino 3

ANALIZZIAMO BENE I CASI … Iniziamo con il primo caso ovvero i gialli di Romito 2 e Romito 8 (la cura dei disabili nella preistoria).

ANALIZZIAMO BENE I CASI … Il secondo caso è il giallo di Ramses III.

ANALIZZIAMO BENE I CASI … Il terzo caso è il giallo della Fibula Praenestina.

ANALIZZIAMO BENE I CASI … Il quarto caso è il giallo della Venere dei Medici.

ANALIZZIAMO BENE I CASI … L’ultimo caso è quello dell’etrusco sepolto nel vino, un giallo ancora irrisolto.

Gli uomini dell'età della pietra si prendevano cura dei disabili Dopo tanti anni gli archeologi scoprono che i corpi di “Romito 8” e “Romito 2”appartenevano a due adulti diversamente abili. Noura Essalhi, Salma Elbidani, Elena Cepparrone, Carmen Russo, Lorenzo Parrigi

L'analisi di “Romito 8” ha evidenziato che aveva le vertebre schiacciate, le braccia paralizzate e che a lungo rimase accovacciato, masticando presumibilmente materiale come legno tenero o canniccio (utilizzato per costruire cestini o stuoie). L'età raggiunta ed i dati precedentemente menzionati mostrano che questo individuo fu accudito e lavorò per la comunità.

“Romito 2”, invece, aveva una forma di nanismo, ma è comunque sopravvissuto per anni. Particolarmente interessante ed inusuale è la sua sepoltura: Romito 2 fu sepolto con una donna e la sua testa appoggiata alla spalla della donna.

Romito non è un caso isolato; in Vietnam è venuta alla luce un' analoga sepoltura (contenente un giovane affetto dalla stessa patologia sepolto con una donna nella medesima posizione). Ciò non solo dimostra che le società preistoriche erano accoglienti e disponibili, ma anche che questi individui avevano una certa stima di sè e una grande forza di volontà.

Ramses III Risolto il giallo sulla sua morte Nicola Elezi, Ruben Cavini, Luca Grattarola, Simone Guerzoni, Neri Consumi, Leonardo Lo Sapio

Le vere cause della morte Ramses III fu il sovrano di maggior spicco della XX dinastia. Credevamo, fino a un anno fa, che il faraone fosse deceduto per morte naturale. Avevamo, però, il dubbio che fosse morto in una congiura di palazzo, come riportato dal “Papiro Harris”. Nel 2012 siamo riusciti a scoprire le vere cause della sua morte. Il sovrano è stato presumibilmente sgozzato dal figlio Pentawer che aspirava al trono.

“IL PAPIRO HARRIS” Dal “Papiro Harris” sappiamo che: la moglie Tije si fece promotrice di una congiura di palazzo per favorire l’ ascesa al trono del figlio, Pentawer; il tentativo di cospirazione fallì; le autorità inflissero forti punizioni alla moglie e ai suoi complici.

Il figlio assassino di Ramses III? PENTAWER Il figlio assassino di Ramses III? Gli studiosi sono certi di aver individuato la salma di Pentawer. Si tratta di una mummia fino all'anno passato considerata come sconosciuta. Un individuo di circa 20 anni, morto violentemente (per strangolamento) e con un corredo funerario piuttosto insolito (coperto di pelle di capra). L'analisi del DNA ha dimostrato la parentela col faraone.

LA FIBULA PRAENESTINA Giulia Ciolli, Sara Marcelli, Sabrina Cammunci Claudia Ortolani, Emma Donati

La Fibula Praenestina è una spilla in oro della metà del VII a. C La Fibula Praenestina è una spilla in oro della metà del VII a.C., ritrovata a Palestrina (l'antica Praenestis), e che reca un'iscrizione in latino considerata il più antico documento scritto in lingua latina. Attualmente, la fibula è conservata al Museo nazionale preistorico etnografico “L. Pigorini” di Roma.

La fibula fu presentata ufficialmente nel 1887 dall'archeologo W La fibula fu presentata ufficialmente nel 1887 dall'archeologo W. Helbig e fu subito oggetto di dibattiti relativi alla sua autenticità.

Si tratta di una spilla "di sicurezza" o fibula usata per tenere insieme le estremità dei mantelli e delle tuniche; è lunga circa 10 cm ed è realizzata in oro. Presenta in quello che è una sorta di astuccio aperto un'iscrizione in latino arcaico (da destra a sinistra).

“MANIOS MED FHE FHAKED NUMASIOI” Ecco l'iscrizione e la sua traduzione: “MANIOS MED FHE FHAKED NUMASIOI” «Manio mi fece per Numerio»

Gli studiosi D. Ferro e E. Formigli, servendosi di un microscopio elettronico a scansione e di una microsonda elettronica, non solo hanno confermato la datazione della fibula al VII secolo a.C., ma hanno anche individuato delle riparazioni originali.

LA VENERE DEI MEDICI Aurora Regni, Beatriz Faini Autore: Cleomene di Apollodoro

LA VENERE La Venere dei Medici è un originale greco- ellenistico in marmo, databile alla fine del I secolo a.C. e conservata nella Tribuna degli Uffizi.

“La Venere Italica” di A.Canova del 1812 ICONA DELLA BELLEZZA FEMMINILE Ritenuta per secoli un'icona della bellezza femminile, ispiro’ lo scultore A.Canova per la sua “Venere Italica” “La Venere Italica” di A.Canova del 1812

L'ORIGINALE AVEVA I CAPELLI DORATI, IL ROSSETTO E GLI ORECCHINI. Da recenti interventi di restauro è venuta alla luce la doratura della chioma (con foglie d’oro) della statua greca. Non si tratta però di una scoperta del tutto inaspettata; dai racconti e dalle descrizioni dell'opera di visitatori settecenteschi sapevamo che il biondo aureo della Venere era ancora visibile.

Il mistero dell’etrusco sepolto nel vino, un giallo ancora irrisolto Alessia Tozzi, Matteo Sunseri, Lisa Giorni, Luana Cardovino, Zeus Soriano, Mattia Nannini

Dagli scavi di Montereggi spuntano resti umani in un pozzo, su un letto di vasi di ceramica, il tutto coperto da un grande orcio. Gli studiosi indagano sulle circostanze della morte.

DOVE & QUANDO? Montereggi, nel comune di Capraia e Limite in Toscana, era un insediamento urbano etrusco nel III secolo a.C. Da alcuni anni è oggetto di scavi condotti dal Museo archeologico di Capraia in collaborazione con l’Università di Siena

Le operazioni di scavo (in ottobre si è chiusa la VII campagna) sono già state in passato al centro delle cronache per scoperte importanti: come quella del 2010, una lastra con una figura femminile posta sul fondo di una cisterna per l’acqua. Questa volta tuttavia sono emersi dei resti umani ed in area urbana (infrangendo la “Legge delle XII Tavole” romana).

CHE COSA ERA? Lo scheletro apparteneva ad un individuo adulto, maschio o femmina, che è stato calato nel pozzo già morto. Il dato più curioso è che sotto ai resti è emersa una discreta quantità di vasi che al loro interno contengono ancora tracce di resina (vino) e che fa pensare a un grande banchetto.

ATTUALMENTE Lo scheletro si trova nel laboratorio di antropologia umana della Soprintendenza archeologica regionale, dove sarà restaurato e studiato per individuarne l’età ed il sesso e per poter definire l’evento della morte. È probabile che sarà esposto al Museo di Montelupo, forse questa estate.

Considerazioni conclusive Dalla ricostruzione dei cinque casi proposti risulta evidente il ruolo decisivo giocato dall'impiego di nuove tecnologie e/o metodologie precedentemente utilizzate per altre tipologie di indagini. Grazie a strumenti quali la TAC, le analisi del DNA, le analisi micro-analitiche, la microscopia, il restauro, la radiografia, la bioarcheologia, gli studiosi hanno potuto risolvere e spiegare alcuni gialli fino ad oggi irrisolti. Tutte queste nuove tecniche e metodologie che rendono oggi l'archeologia un'attività investigativa non sono tuttavia sostitutive delle vecchie ma ad esse complementari. Se infatti pensiamo al caso di Ramses III, le nuove tecnologie hanno dimostrato che il faraone non morì di morte naturale (come un tempo si pensava) ma per morte violenta e che quella strana mummia coperta di pelle di capra era imparentata con il faraone, ma senza un'accurata analisi di altre fonti (il “Papiro Harris”, gli amuleti di Horus) e l'impiego delle più consuete metodologie di indagine (archeologia, storia dell'arte, storiografia etc.) ed i corretti quesiti degli storici il caso di Ramses III sarebbe ancora un giallo. Chiara Baldini,Costanza Ughes, Sofia Nencini,Tommaso Daliana.