“ Come i genitori possono gestire al meglio il momento dei compiti a casa” “Cosa si può fare per facilitare nei bambini l’acquisizione di regole e abilità.

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Transcript della presentazione:

“ Come i genitori possono gestire al meglio il momento dei compiti a casa” “Cosa si può fare per facilitare nei bambini l’acquisizione di regole e abilità sociali”

Questa sera parleremo di abilità sociali e di compiti Questa sera parleremo di abilità sociali e di compiti. Parleremo del perché la scuola ritiene importanti questi due argomenti e di come la famiglia possa aiutare affinchè il bambino stia veramente bene all’interno del gruppo classe.

Piccoli passi, preziose conquiste Un clima sereno in classe è un presupposto prezioso per uno svolgimento proficuo dell'attività didattica. In un ambiente collaborativo e scarsamente conflittuale le energie degli alunni possono canalizzarsi nella direzione dell'apprendimento, mentre il rapporto con il gruppo dei compagni si accresce di relazioni significative.

Noi… Abbiamo, però, bisogno dei genitori perché i bambini hanno la necessità di una scuola che parli lo stesso linguaggio della famiglia perchè la collaborazione che può costituirsi tra scuola e famiglia può diventare una strategia educativa efficace per l’apprendimento.

Di certo ci sono i dubbi sul come fare, sugli atteggiamenti da tenere, sulle cose da dire. Ci sono le paure di sbagliare o di combinare guai. Allora per prima cosa dovremmo accettare di non essere perfetti e accontentarci di essere genitori sufficientemente buoni, cioè come dice lo psicoanalista Donald Winnicott, capaci di accettarsi con i propri limiti ma nello stesso tempo autenticamente disponibili a fare del proprio meglio ed essere realmente sintonizzati sui bisogni dei propri figli.

Educare è un arte. Vale a dire un intervento delicato e complesso che richiede non solo conoscenze tecniche ma soprattutto attenzione, sensibilità, capacità, creatività. Significa aiutare un individuo a crescere e a sviluppare le potenzialità che gli permetteranno di diventare autonomo e indipendente. Vuol dire adoperarsi per far emergere la personalità del bambino rispettando le sue caratteristiche e permettergli di attraversare le esperienze positive e negative della vita con fiducia.

Ma come fare? Quali modalità educative scegliere? Le gratificazioni o le frustrazioni? I premi o le punizioni? Regole e limitazioni o libertà di azione? Quanto posso pretendere? Quando essere fermi e quando mollare?

Non è così facile scegliere e non esistono ricette

E allora pensiamo che… ogni bambino ha bisogno sia di approvazione, riconoscimenti e lodi che di regole, limitazioni, divieti. Ha bisogno di acquisire abitudini, norme, valori del gruppo sociale nel quale vive.

E le regole e le abilità sociali non sono innate, ma vanno insegnate. Quindi Ha bisogno di regole che lo aiutino ad affrontare la vita. E le regole e le abilità sociali non sono innate, ma vanno insegnate.

Senza regole Il bambino rischia di crescere sentendosi incapace ad adattarsi a un mondo comunque fatto di norme da osservare, di leggi che non consentono tutto ciò che si vuole e rischiare di cadere facilmente al primo ostacolo.

D'altro canto un bambino educato troppo rigidamente, punito eccessivamente e castigato spesso senza motivo, finirà con il sentirsi «cattivo» e non solo costruirà un'immagine negativa di sé, ma potrà rischiare di diventare realmente un bambino difficile, che combina guai e crea problemi a tutti. Oppure potrà sentirsi disorientato, incapace di riconoscere e correggere i propri sbagli e far venire fuori le parti positive che comunque ci sono in lui.

Allora le regole È necessario richiedere obbedienza Questo è fondamentale, ma essa va intesa come mezzo funzionale al processo educativo.

Alcune ABILITA’ SOCIALI necessarie a scuola ASCOLTARE RISPETTARE IL TURNO ( di parola, nel gioco ) ALZARE LA MANO PER CHIEDERE LA PAROLA CAMMINARE NEI CORRIDOI E IN CLASSE CHIEDERE IL PERMESSO PER ANDARE IN BAGNO PORTARE A TERMINE IL PROPRIO LAVORO LAVORARE IN SILENZIO IMPEGNARSI NELLO STUDIO PERSONALE AVER CURA E TENERE IN ORDINE IL PROPRIO MATERIALE CHIEDERE AIUTO AIUTARE UN COMPAGNO CHIEDERE SCUSA, SALUTARE, RINGRAZIARE CONDIVIDERE IL PROPRIO MATERIALE, le proprie capacità… GESTIRE I CONFLITTI GESTIRE LE EMOZIONI

Le regole e le abilità sociali dovrebbero essere prima di tutto alla portata di chi deve rispettarle e in ogni caso spiegate e chiarite, magari con i figli più grandi anche discusse insieme in modo tale che essi sappiano sempre che cosa ci si aspetta da loro.

Infatti Un principio irrinunciabile dovrebbe essere quello di fissare le regole in base alla capacità che un bambino ha di osservarle. Se sono adeguate alle sue necessità di crescita, se sono vantaggiose per lui, vi è motivo di chiederne il rispetto.

Che cosa occorre, però, sempre Coerenza Sinergia Rinforzo

PROGRAMMA DI GESTIONE DELLE REGOLE INDIVIDUARE REGOLE BEN DEFINITE CHE SI BASANO SU COMPORTAMENTI POSITIVI: Poche regole Condivise con il bambino Formulate in positivo Esposte in camera, in cucina attraverso disegni o scritte

Anche i figli vogliono partecipare Le regole per il vivere comune devono essere stabilite da tutti coloro che vogliono vivere insieme. Se i bambini vengono coinvolti in queste decisioni, impareranno che vivere bene insieme riguarda anche loro. Inoltre rispetteranno più facilmente le decisioni prese. Organizzare regolarmente una riunione di famiglia

IDENTIFICARE QUALI SONO I COMPORTAMENTI CHE IL BAMBINO DEVE METTERE IN ATTO: Descrivere in modo oggettivo che cosa deve fare il bambino; Comunicargli che cosa ci si aspetta da lui; Ricordargli che cosa deve fare prima di iniziare un lavoro.

PASSI COMPORTAMENTALI DELL’ ASCOLTO Guardo la persona che sta parlando Tengo mani e piedi fermi Penso a quello che viene detto Esprimo il mio consenso a voce o con un cenno del capo.

Saggezza cinese Il verbo ascoltare Tu Occhi Orecchie Attenzione unitaria Cuore

Io ………………………… Mi impegno a seguire i passi decisi insieme per ascoltare. Riceverò una medaglia ogni volta che riuscirò a mantenere il comportamento firma ………………………

Gestione delle regole Stabilire conseguenze logiche negative per i comportamenti che violano le regole e gratificazioni per il rispetto delle stesse ( compiti riparatori, piccole sanzioni, medaglie, piccoli premi…) Definire quali saranno le responsabilità del genitore nel far rispettare le regole Stabilire e mantenere la comunicazione tra insegnanti , alunni e genitori

CHE COSA PUO’ FARE IL GENITORE? Comunicare al figlio quello che si aspetta da lui: “Mi aspetto che tieni piedi e mani ferme e che mi guardi negli occhi quando ti sto parlando”.

4. DEFINIRE LE PROPRIE RESPONSABILITA’: Che cosa devo fare come genitore per far rispettare le regole a mio figlio? Come lo devo fare? Che cosa chiedo a mio figlio di fare? Ho coinvolto mio figlio nell’ individuazione delle regole? Utilizzo i rinforzi e applico le sanzioni? Svolgo costantemente l’ attività di riflessione?

STABILIRE GRATIFICAZIONI E SANZIONI - Fornire un feedback positivo e correttivo. - Accordarsi con il figlio sul rinforzo da dare e sulle modalità di somministrazione ( quali comportamenti rinforzare e quando dare il rinforzo ).

Rinforzare con premi e lodi i comportamenti corretti del bambino: “Abbiamo attaccato sul frigorifero un foglio sul quale abbiamo segnato le abilità sociali su cui la scuola sta lavorando. Ogni volta che nostro figlio le mette in pratica, guadagna un punto. Con un certo numero di punti, come al supermercato, Marco vince un premio stabilito”.

Purtroppo … Individuare le sanzioni e applicarle coerentemente: coinvolgendo il bambino stabilire che cosa deve fare quando infrange la regola ( compito di riparatore ).

Evitare di utilizzare continui rimproveri e minacce in quanto con questi metodi non si ottiene la modifica del comportamento del bambino. Anzi, il rapporto con il bambino si inacidisce: il bambino diventa più ostinato, rabbioso, aggressivo, intrattabile, mentre noi ci sentiamo in colpa e passiamo da punizioni sproporzionate a regali eccessivi.

Ma… Non dobbiamo pensare che il bambino accetti docilmente tutto quello che gli chiediamo. Le trasgressioni sono possibili e dobbiamo metterle in preventivo. Esse servono ad acquisire responsabilità e a far crescere l'autonomia.

Ma allora, come intervenire? La trasgressione delle regole va intesa come una provocazione e un segnale di richiesta di attenzione da parte del bambino, spesso difficile da riconoscere e capire. Per questo è importante dare spazio all’ascolto e alle motivazioni prima di intervenire con i rimproveri e colpevolizzazioni. 

Non si dovrebbe eccedere nei "no" e nelle imposizioni perchè si finisce per svalutare e mettere tutti i comportamenti su uno stesso piano. In realtà si dovrebbero individuare quei principi (pochi) ritenuti fondamentali per l’educazione del proprio figlio e proporli di comune accordo. È importante la condivisione, all’interno della coppia, nella proposizione delle regole e nei comportamenti per evitare che volutamente e inevitabilmente le regole vengano invalidate dal genitore che non le condivide.

Così come è importante che i genitori siano convinti dell’importanza delle regole stesse e le mettano in pratica per primi: i bambini sono molto sensibili nel rilevare quando i genitori non rispettano determinate norme che invece vengono loro imposte.  Una delle cause della non comunicazione tra genitori e figli è dovuta all’incoerenza educativa, al mancato confronto e accordo tra i genitori e alla scarsa attenzione nell’inviare messaggi chiari e non confondibili.

Una volta che i genitori hanno valutato i vantaggi del loro no, lo devono affermare con determinazione. È proprio questa loro risolutezza fa sentire al bambino di potersi affidare ai suoi genitori. Mamma e papà sanno.

Trasgredendo gli ordini e oltrepassando i limiti ogni individuo mette alla prova se stesso e, in certo senso, sfida chi ha posto le regole. Se un genitore sa gestire queste situazioni, queste possono diventare momenti di crescita.

Il no non dovrebbe mai interrompere la comunicazione con i sentimenti del figlio In ogni caso è utile che mamme e papà, se il figlio reagisce con troppa drammaticità ai loro divieti, si chiedano il perché di tanta rabbia e collera. È essenziale che si interroghino ripetutamente sul perché quel figlio viva sentimenti tanto aspri di fronte ai loro rifiuti. Ed è proprio a partire da queste domande che i genitori poi possono trovare un modo per raggiungerlo, comprenderlo, aiutarlo ad elaborare i suoi rancori.

Soprattutto Quando capita, l'importante è non mettersi a fare il «braccio di ferro». Forse è meglio non farsi trovare impreparati di fronte ai tentativi di manipolazione. Ma in ogni caso è bene chiarire che si è capito il «gioco» e svelare l'inganno parlandone con calma.

E quando c’è un’assoluta difficoltà a far rispettare le regole occorre che si trovi un momento sereno di colloquio tra genitori e figli in cui si possa riflettere sui fatti accaduti, perché sono accaduti, e su cosa non sta funzionando nella dinamica familiare.

Tutti i figli, chi più chi meno, provocano la famiglia con sfide, lotte e contestazioni poiché non riescono ad accettare di non ottenere subito tutto ciò che vogliono. I genitori quindi si trovano ad affrontare, con prediche, sgridate e accese discussioni, questi inevitabili conflitti

Così Nella vita familiare, da una parte c'è il bambino che non sa se cedere o se resistere e, dall'altra, c'è il genitore che, a sua volta, non sa se lasciar perdere o se insistere.

I genitori, per non rinunciare al proprio impegno educativo, hanno quindi il compito di accogliere le trasgressioni e cercare di regolarle adoperando quel "buon senso" capace di rendere le delusioni meno amare.

Si può dire che il "buon senso" è fatto della capacità di comprendere, ma anche di non transigere, di ascoltare, ma anche di non aderire totalmente alle richieste del bambino, di essere continuamente presenti, ma anche di lasciare spazio alle affermazioni autonome del bambino, di depositare su di lui aspettative, ma anche di saper gioire della scoperta di nuovi ed inaspettati comportamenti. È allora importante, per mamme e papà, conoscersi a sufficienza in modo da saper differenziare i propri desideri dalle necessità del figlio, che può così divenire se stesso, pur attraverso la loro attenta presenza.

Ciò significa che mamme e papà, mentre pongono divieti al figlio, devono essere consapevoli dei propri pensieri, sentimenti ed impulsi. È questa una consapevolezza che ogni genitore può acquisire confrontandosi con queste domande: Ciò che sento è aderente al comportamento del bambino oppure corrisponde ad una mia difficoltà? La proibizione che ho in mente gli è potenzialmente utile o serve invece ai miei bisogni? Gli dico no per il suo bene o per il mio?

È l'attenzione ai suoi vissuti che aiuta il figlio a dare sempre dignità a ciò che prova. È la partecipazione ai suoi sentimenti che lo porta ad arricchirsi delle emozioni che nascono sia dall'amore che dall'odio, sia dalla gioia che dalla rabbia.

Ciò che è stato deciso durante le riunioni di famiglia deve essere valido per tutti. Se la situazione cambia, anche le decisioni possono essere modificate sempre in accordo.

Va anche esplicitato il dispiacere che come genitore proviamo per l'accaduto. È necessario esprimere il disappunto, comunicare in modo appropriato e sopportabile.

Alcune sì, altre assolutamente no. La contrattazione non deve avere un carattere ricattatorio, ma un riconoscimento delle ragioni offerte dal bambino o ragazzo: è possibile cioè modificare momentaneamente o stabilmente la regola stessa. Per altre regole il bambino dovrà tollerare la frustrazione di dovervi aderire senza condividerle. È importante che il figlio abbia sempre presente che la regola non è un’imposizione di volontà arbitraria, ma un limite definito è necessario al benessere comune. 

Che cosa ci vuole Ci vuole saggezza per sentire che non è possibile che l'altro sia e faccia ciò che ci si aspetta da lui. Ci vuole pacatezza per sostenere le lotte affettive con i bambini. Ci vuole fermezza per aiutarli a raggiungere la capacità di rinunciare ai propri desideri senza sentirsi annullati. Ci vuole comprensione perché la frustrazione, dovuta alla sottomissione, non trasformi l'essere del bambino in apparire. Ci vuole intuizione per non confondere il falso compiacimento con la maturazione. Ci vuole dialogo per articolare con le parole i vissuti del bambino, introducendo una distanza tra l'avvenimento e l'impatto diretto

Per diventare responsabili delle proprie azioni bisogna esercitare l'autonomia così come per imparare a nuotare bisogna nuotare. In altre parole, anche quando riteniamo indiscutibile una norma concordata e stabilita, abbiamo il dovere di rispettare l'individualità del bambino e il suo diritto di infrangere le regole.

I compiti di casa

Li hai fatti. Non li hai fatti. Perché non li hai fatti Li hai fatti? Non li hai fatti? Perché non li hai fatti? Che stress questi compiti! Nei mesi scolastici ogni genitore è dibattuto dal solito dilemma: seguire il figlio nelle lezioni a casa o contare sulla sua capacità di autogestione? Tutto questo a volte fa impazzire…

Cosa si dice in giro dei compiti Come la psicologa dell’Età Evolutiva Anna Oliverio Ferraris (2003) sostiene che, già a partire dalla scuola elementare, “i compiti a casa sono un'occasione per accrescere l'autodisciplina del bambino: imparare a darsi dei tempi, a seguire delle regole”.

È importante capire che l’ingresso nella scuola elementare rappresenta un momento critico per ogni bambino. I motivi sono molteplici: accanto ai cambiamenti di tempi, spazi e persone, essi avvertono presto, seppur in maniera poco consapevole, la pressione psicologica che deriva dall'esser valutati, e per molti piccoli alunni ciò rappresenta una fonte di preoccupazione. E' un dato di fatto che ben presto, nella scuola elementare, le produzioni di un bimbo che fino ad allora erano state vissute in modo quasi esclusivamente ludico, ora diventano oggetto di giudizio: valutano le maestre, valutano i genitori, spesso secondo parametri individuali e, non di rado, di non chiara esplicitazione.

Una recente ricerca dell’Institut of Education – dopo aver seguito per 15 anni tremila allievi dai 3 ai 14 anni – ha provato che dedicare quotidianamente un po’ di tempo ai compiti produce effetti positivi in Inglese, Matematica e Scienze e che l’impegno degli studenti ri.ette sia le attese della scuola sia il loro interesse per le discipline.

“È una delle ragioni per cui Indiani e Cinesi riescono meglio a scuola – dichiara il coordinatore della ricerca. – Essi dedicano più tempo e maggiore impegno al lavoro a casa”.

L’altra campana I compiti sono quasi la maledizione divina propiziataci dall'incauto Adamo «Con lavoro affannoso (lo studio) ri­caverai da lei (la scuola) il tuo nutrimento (cognitivo)»; «Essa ti produrrà spine e triboli (compiti, interrogazioni, esami...)»: «Col sudor di tua fronte mangerai il pane (della conoscenza)» (La Bibbia, Genesi 3,17). Basta compiti! Maurizio Parodi

Per arrivare «Sono giuste le obiezioni di Parodi che rappresentano sicuramente il lato negativo dei compiti a casa. La scuola deve trasmettere nozioni e questo è il suo primo dovere. Ma deve anche insegnare a organizzare mentalmente la propria vita o, quanto meno, la giornata». Corrado Augias, giornalista e conduttore televisivo «I compiti a casa più seri sono quelli che i ragazzi imparano a fare da soli per semplice conseguenza logica di quello che hanno appreso». Maurizio Maggiani, scrittore e giornalista

Tre le componenti che entrano in gioco Insegnanti Genitori Alunni

Che cosa pensano gli insegnanti I compiti sono importanti perché aiutano a diventare autonomi, rafforzano il senso di responsabilità; servono per un approfondimento personale, sono fondamentali per fare esercizio, per provare la propria autonomia e possono diventare un momento di arricchimento e di condivisione fatto insieme al figlio.

Cosa pensa il bambino Speriamo che i compiti siano pochi, facili e non mi portino via tanto tempo.

E cosa pensa il genitore Siamo sicuri che servano? Non sono un po’ troppi? Quanto deve essere il tempo da dedicare ai compiti? Come devo aiutare mio figlio a fare i compiti? Devo stare seduto vicino a lui o devo fare in modo che si arrangi? Come mi devo comportare quando non ha voglia di farli?

Siamo sicuri che servano? Attraverso i compiti possiamo attribuire importanza al lavoro scolastico, far capire al figlio che partecipiamo al suo lavoro e che ci adoperiamo affinchè abbia un ambiente confortevole, tempi giusti e la serenità per lavorare.

Sono strumenti e momenti di crescita del bambino-ragazzo 2. del rapporto genitori-figli 3. della collaborazione scuola - famiglia.

I compiti sono l'occasione per: 1. verificare di aver compreso il percorso proposto a scuola 2. verificare un’ ipotesi 3. acquisire strumenti 4.suscitare nuove domande 5. rendersi conto dei passi compiuti e fare propri i contenuti. 6.fare da collegamento, da ponte tra una lezione e l’altra

Non sono un po’ troppi? Se il lavoro dato a casa ci sembra eccessivo per la durata e la complessità è meglio discuterne con gli insegnanti e capire che cosa non funziona. A volte, basta aiutare il bambino a diluire i compiti durante la settimana.

Il bambino non comprende cosa serve studiare: Molto spesso la resistenza allo studio va ricercata nell'incapacità di riconoscerne il senso. Nei casi più semplici i bambini non hanno capito cosa si chiede loro di fare, più frequentemente invece non comprendono proprio "a cosa serva" studiare. Ai genitori e agli insegnanti spetta il difficile compito di "conferire senso all'apprendimento scolastico".

"Conferire un senso" alle acquisizioni scolastiche per motivare gli studenti allo studio è di certo un'operazione complessa: genitori, insegnati ed educatori dovrebbero operare in sinergia al fine di mostrare ai ragazzi che le conoscenze scolastiche, non servono solo a finire la scuola, ma a preparare alla vita.

Il primo sostegno è l’incoraggiamento Il compito comporta un metodo e questo viene dato dalla scuola, nell’ora di lezione. Impegno del genitore è fare di tutto perché il ragazzo consolidi quello che ha detto il docente. “ Come avete fatto in classe? Vediamo il quaderno? Cosa dice il libro?”

Quanto deve essere il tempo da dedicare ai compiti? Il tempo dipende molto da bambino a bambino. Le insegnanti, normalmente calcolano un tempo adeguato al compito, ma bisogna tener presente la stanchezza, il grado di autonomia, il bisogno di movimento, la gratificazione… È importante, però, che il tempo non sia troppo lungo. Se lo è dobbiamo cercare di capire il perché.

Come devo aiutare mio figlio a fare i compiti? Per i più piccoli è compito del genitore stabilire l’orario entro cui vanno svolti, ignorando le proteste, ma cercando di motivare il bambino. L’ora migliore per applicarsi allo studio è dopo aver giocato un po’, se possibile all’aria aperta. Il luogo dove si studia è fondamentale, ma i più piccoli non amano restare confinati nella loro cameretta: andrà bene anche la cucina o un qualsiasi angolo tranquillo, a patto di non accendere radio o tv e di tenere lontani fratellini scalmanati. I più piccoli hanno anche bisogno di avere fisicamente vicino un adulto. Alle volte questo diventa la copertina di Linus, una sicurezza, una coccola; altre volte il bimbo ha proprio bisogno di essere guidato

Devo stare seduto vicino a lui o devo fare in modo che si arrangi? Tutti noi stiamo con piacere vicino al figlio mentre esegue il compito a casa e, perché questo diventi davvero un motivo di condivisione, di confronto è, necessario abbassare le ansie ed essere rassicuranti, anche a costo di accettare (inizialmente) un lavoro eseguito in modo mediocre, o di interrompere l'attività di fronte ad un'evidente stanchezza.

Poco controllo, presenza discreta e costante Naturalmente, un'occhiata per verificare come se la cava­no non fa male a nessuno; ma a volte con i più grandi, deve essere discreta. Meglio chiedere loro: «Hai fatto i compiti?» piuttosto che guardare il loro diario appena tornano da scuola e organizzare il loro tem­ po, senza tentare di responsabilizzarli.

E se ci fossero degli errori? Evitiamo di correggerli. E però utile chiedere al bambino di rivedere quel punto, per esempio dicendogli: «Rileggi queste due righe: mi pa­re che ci sia qualcosa che non va, lo vedi anche tu?» Se si tratta di un errore di distrazione, saprà individuarlo e correggerlo da solo; ma se si tratta di un problema di comprensione, è meglio non intervenire, in modo che sia l'insegnante a rendersi conto di ciò che deve ripren­dere e ripetere.

Ma se rispondono: «Non capivo che cosa dovevo fare», domandia­ mogli a nostra volta di farci vedere i tentativi e gli errori che ha commesso prima di abbandonare, e ricordiamogli che può sempre contare su di noi e avrebbe dovuto chie­dere aiuto, invece di rinunciare.

O se Confessa schiettamente: «Non avevo voglia», oppure: «Ero troppo stanco», spieghiamogli che spetterà a lui affrontare la maestra, dicendogli le stesse cose che ha detto a noi. A nessuno piace fare brutta figura davanti a tutti, e in ogni caso così capirà che ogni scelta ha un prezzo che bisogna essere disposti a pagare in prima persona

Possiamo aiutare i nostri figli a non vivere i compiti come un castigo Nessuna ricetta, ma … da quanto detto finora possiamo pensare che : Con una condivisione del problema con le insegnanti con poca ansia con atteggiamenti motivanti … con tempi e regole giuste Possiamo aiutare i nostri figli a non vivere i compiti come un castigo