Università di Roma “La Sapienza” Facoltà di Medicina e Chirurgia Metodologia medico-scientifica XI, Canale B (Proff. Angeletti L., Carella Prada O., Mastronardi.

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Università di Roma “La Sapienza” Facoltà di Medicina e Chirurgia Metodologia medico-scientifica XI, Canale B (Proff. Angeletti L., Carella Prada O., Mastronardi V., Villanova M.) Secondo seminario monotematico in tema di: “PERCORSI TRATTAMENTALI PER I MINORI AUTORI DI REATO” Prof. Matteo VILLANOVA Psichiatra, Sessuologo clinico e forense, Criminologo. Psicoterapeuta in Ipnositerapia. Docente e Didatta del Centro Italiano Ipnosi Clinica e Sperimentale,Torino, Docente di Medicina preventiva e Psicopatologia forense, Psicologia dello Sviluppo. Università di Roma Tre. Docente di Psicopatologia forense per Medicina legale e Deontologia. I Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”. Direttore Scientifico dell’ ANACIP. Tel.: 06491015; fax.: 0645433089; e-mail: matteo.villanova@uniroma3.it

Fattori di rischio specifico riconoscibili (Villanova M., 2007) Adolescenza quale metamorfosi, o crisi adolescenziale, con sofferenza espressa quale disagio con modalità incentrate sul corpo o sul comportamento. Inquadramento: L’ adolescenza è un periodo della vita caratterizzato da una brusca metamorfosi e dalla necessità di integrare i molti cambiamenti in un nuovo e consapevole progetto esistenziale. Le difficoltà di questo periodo, espresse nella “crisi adolescenziale” sono di entità e durata variabili e non sempre si manifestano in quelle forme di sofferenza psichica (ansia, disturbi dell’umore) tipici dell’adulto. Le modalità con le quali gli adolescenti esprimono le loro difficoltà (disagio, sofferenza) sono per lo più incentrate sul corpo e, sia che si tratti: - di agiti (comportamenti autolesivi, quali le diete estreme, l’uso di sostanze, gli sport rischiosi, le gravidanze non volute), sia che si tratti - di disturbi somatoformi (somatizzazione, dismorfofobia, ipocondria…) Alcuni arrivano a consulenza per situazioni di malesseri vari (medico di famiglia, pediatra, ecc.) o nei casi più gravi al P.S. per conseguenza degli incidenti. Da qui la necessità di formazione specifica, continua e trasversale.

1) Distinguere tra comportamenti rischiosi: intesi come ricerca di limiti che ritroviamo nella “crisi adolescenziale” quale modo per mettersi alla prova, rito antropologico che dopo non si ripete più, per sentirsi adulto, dalla ricerca di eccesso, dimensione ordalica quale espressione di disagio. 2) Classificazione dei comportamenti rischiosi: - alcool, guida in stato di ebbrezza, o dopo abuso di sostanze stupefacenti ecc. che rappresentano la prima causa di morte tra gli adolescenti (Stime su incidenti stradali, Istat 2001), sesso non protetto con malattie e gravidanze, abitudini non salutari, anoressia e bulimia, sport estremi. - Problemi nelle relazioni interpersonali, familiari e sociali: bisogno di successo nelle relazioni attraverso l’essere notati ed accettati dal proprio gruppo di appartenenza, allocentrato rispetto al nucleo familiare di origine. (Villanova M., 2007)

3) Fattori predisponenti: -Patologia mentale dei genitori -Famiglia multiproblematiche (con Svantaggio socio-culturale, detto Socio-ambientale in USA (assenza del padre, disoccupazione e separazione) -Maltrattamenti ripetuti -Fallimenti scolastici ripetuti -Conflittualità intrafamiliari -Esperienze ed esempi di vita fallimentari, (difficoltà che con il tempo risultano ingestibili Fattori Facilitanti: (Carattere ambientale o territoriale o l’associazione di più fattori) Fattori precipitanti (incidenti) possono essere: -Bocciatura -Trasloco, lutto -Morte di un’amico, o altro evento di perdita o identificazione reale o immaginifica di ciò -Delusioni sentimentali (Villanova M., 2007)

a) La concezione del rischio concepito in modo polimorfo e sfumato (evoca la “sfida” che rimanda alla trasgressione per uscire dall’anonimato, ed a porsi progressivamente in condizioni sempre più rischiose, dimostrando il proprio coraggio ed il senso di invulnerabilità, traendone quindi rassicurazione ed incremento dell’ autostima. il “pericolo”, ovvero la paura, il vuoto, la fatalità “osare, “uscire dall’anonimato” e sempre per essere accettato). b) Rappresentazione del rischio: l’adolescente non si sente responsabile ma le azioni dipendono dall’esterno. c) Spunti sulla Prevenzione del rischio: i giovani non rischiano per carenza di informazioni, infatti sono bene informati sui rischi che corrono ma hanno bisogno di “esorcizzare” il proprio senso di inadeguatezza) ed il bisogno di sentirsi accettati, traendone quindi rassicurazione ed incremento dell’ autostima (Villanova M., 2007)

Nel nostro ordinamento la minore età è considerata causa di non imputabilità, con graduazione a seconda, però, che il minore agente del reato abbia compiuto o meno i quattordici anni (art. 97 e art. 98 c.p.). Infatti, nel primo caso, per il minore infraquattrordicenne, l’esclusione dell’imputabilità è piena e assoluta e se, pertanto, l’autore del fatto criminoso è un ragazzo che non abbia ancora compiuto il quattordicesimo anno di età, egli non potrà essere giudicato e punito. Diversa è la questione se il minore abbia un’età compresa tra i 14 e i 18 anni. Egli sarà considerato giudicabile, ma il procedimento penale non avrà corso innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, ma innanzi al giudice naturale per le questioni minorili: il Tribunale per i Minorenni. L’art. 98 c.p., in effetti, espressamente stabilisce che “è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva la capacità di intendere e di volere; ma la pena è diminuita”.

Tale situazione è frutto della fondamentale impostazione del nostro sistema penalistico, in forza della quale per essere considerati punibili con riguardo alla commissione di un dato fatto – reato, è necessario essere capaci di intendere e volere, ossia capaci di comprendere e volere, autodeterminandovisi, il mantenimento di una data condotta avente rilevanza penale. Il minore che abbia compiuto i quattordici anni, conseguentemente, potrà essere sottoposto a procedimento penale, ma a condizione che si sia correttamente rappresentato e abbia coscientemente voluto il comportamento penalmente rilevante per il quale subisce il giudicato. Sul Tribunale per i Minorenni distrettuale (uno per ogni sede di corte di appello) competente per territorio, pertanto, graverà l’onere di accertare caso per caso, se il minore sia imputabile sia sotto il profilo del raggiungimento dei quattordici anni sia sotto quello di maggior rilevanza della sussistenza in capo al giovane imputato della capacità di intendere e volere, intendendosi, questo concetto, come coincidente con quello molto più ampio di maturità, di raggiungimento da parte del minore di un sufficiente grado di sviluppo morale e intellettivo.

Bisogna ricordare, a questo proposito, che, in considerazione dell’estrema delicatezza del passaggio alla maggiore età e, quindi, alla presunzione di maturità e di imputabilità, il legislatore ha esteso il principio di specialità del processo minorile anche dopo il compimento dei 18 anni e cioè fino al 21° anno di età e per tale motivo si considera ancora minorenne, in base al principio del tempus commissi delicti, colui che, avendo commesso il reato da minore, in corso di causa, nella pendenza del procedimento penale relativo, abbia raggiunto la maggiore età.

MINORE DELINQUENTE = ALL’ATTO DEL REATO E’ ANCORA MINORENNE (Mastronardi V., Villanova M., 2003) Prima dei 14 anni (art. 97 c.p.) Non imputabile Non punibile comunque affidabile ai Servizi riabilitativi quali: - Servizi sociali - Istituto Medico Psicopedagogico - Comunità

Tra I 14 e 18 anni (art. 98 c.p.) punibile ma con pena diminuita solo se in possesso della capacità di intendere e di volere, con riscontro della pericolosità sociale Se maturo Se stato di immaturità (o di malattia Mentale con valore di malattia) Aspetto trattamentale psicopedag.) Giudizio Se pericolosità sociale anche e non pericolosità sociale Libertà vigilata Tribunale per i minorenni Condanna Riformatorio giudiziario o meglio Comunità (Casa Famiglia - Casa Alloggio) - Affido al Servizio Sociale (Concetto della umanizzazione - Comunità della pena - Istituto psicopedagogico Messa alla prova (art. 28 c.p.) (fino a tre anni) per reati che non superino i 12 anni Perdono giudiziale (art. 169 c.p. anche in concomitanza con affidamento ai Servizi Sociali (Giudice Minorile)

Oltre i 18 anni Piena Imputabilità solo accertamento di una condizione che assuma valore di malattia (o di malattia mentale con valore di malattia)

Al di là dell’allarmistica visione proposta dal quotidiano sensazionalismo dei Media, l’ analisi dei reati riguardanti i minori nel 1999 ha registrato una riduzione del 10 % seppure il 61% è stato rappresentato dalla rapina ed il 65% da commercio e produzione di stupefacenti e reati sessuali, tanto che il 30% degli italiani, in un successivo sondaggio del Censis (2000) si è mostrato d’ accordo all’ abbassamento dell’ età della da 14 a 12 anni soprattutto sulla scorta mediatica di eventi come quello riguardante Omar Favaro ed Erica Nardo o l’ omicidio di Nadia Rocca a Castelluccio dei Sauri in Puglia; La stessa Legge 2051 del 2002 ha rappresentato una risposta di maggiore severità nei confronti dei minori, tanto che si può affermare quanto possa essere attuabile ma ancora lontano l’ auspicio (Wolfgang, 2002) che “le carceri saranno come ospedali e non vi sara’ reato alcuno che non potrà essere prevenuto o curato come una qualunque malattia”. (Villanova M., 2006 da Crespi I., 2001)

Infatti l’ intendimento dell’ oggetto teorico di interesse degli Educatori e dei Pedagogisti è lo studio dell’ Uomo, nel suo tendere alla costruzione della propria libertà, responsabilità ed autonomia di valori. Compito della professionalità pedagogica è promuovere l’ educabilità, individuando i bisogni educativi e formativi, diversi da quelli psicologici e sociologici. Se lo psicologo guarda al passato della Persona, il sociologo al presente, l’educatore guarda al futuro attraverso una scommessa sulle potenzialità evolutive. Pedagogista ed Educatore operano per garantire il diritto all’ educazione e l’ azione educativa scaturisce da un insieme di soggetti differenziati raccordati fra loro. (Villanova M., 2006 da De Natale M.L., 2001)

sfruttamento da parte degli adulti, crisi adolescenziali, L’ Educatore si confronta con il rischio di centralizzare la propria modalità di intervento di intervento anziché interagire con altri e scommettere sulla sinergia derivante da una rete di rapporti lavorativi, ra servizi, istituzioni, operatori, Associazioni e gruppi per trasformare anche una situazione di crisi in un passaggio evolutivo verso una riappropriazione di valori personali e sociali in minori che compiono reati per: sfruttamento da parte degli adulti, crisi adolescenziali, disadattamento famigliare e lavorativo, incompleta socializzazione, devianza radicata (bande giovanili). (Villanova M., 2006 da Crespi I., 2001)

Storicamente l’ attuale modello penalistico ribadisce la centralità della pena detentiva (malum pro malo) secondo una prospettiva retribuitiva, anche se l’ art. 27 (non luogo a procedere per irrilevanza del fatto) e l’ art. 28 (sospensione del processo e messa alla prova) si collocano nella dimensione preventiva dell’ agire. Nel DPR 448\88 in materia minorile è riduttivo giudicare il reato e non il Soggetto, perché diventa centrale la pena e non il percorso. (Villanova M., 2006 da Eusebi L., 2001)

Infatti nel quadro della prevenzione mediante retribuzione, le alternative alla detenzione finivano con l’ essere percepite come rinunciatarie, rispetto all’ attuazione di una valida prevenzione essendo di fatto che la pena riveste ancora valore di egemonia in una Società pedagogicamente evoluta, pur in antitesi con l’art. 27 comma terzo della Costituzione (“non è ammessa alcuna forma di detenzione se non per atto motivato dall’ Autorità giudiziaria”) ed inoltre sempre l’ art. 27 al comma secondo (“la responsabilità penale è personale”) in termini della necessità di motivazione e centralità della Persona umana, dove la Persona non può essere ridotta a corpo da modificare per gli scopi della Società, quindi non istanze retributive ma percorsi riabilitativi come alternative ed introducendo il grande capitolo della Giustizia riparativa. (Villanova M., 2006 da Eusebi L., 2001)

Passando alla dimensione criminologia è necessario evitare il riduzionismo che interviene nel reato come “problema da risolvere” e dare più importanza all’ aspetto teorico come l’ imperativo kantiano di “non poter praticare con Coscienza una Scienza non tenendo in dovuto conto la parte teorica della stessa”. (Villanova M., 2006 da Eusebi L., 2001)

Emblematico il passaggio dalla logica aristotelica a quella batesoniana e la comprensione della logica di infantilizzazione o adolescentizzazione della Società dove la sinedocche di trasposizione dal mondo dei minori a quello degli adulti ha riportato anche le alternative alla detenzione come la parole e la probation atteso che nel bisogno di acquisire sicurezza e fiducia in sé l’ adulto acquisisce comportamenti di epoche precedenti dello sviluppo come dei genitori che vogliono somigliare ai figli (identità allocronica) secondo l’ idea che quello che viene dopo sia migliore di quello che c’era prima come risultato della spinta mediatica con le sue effimere emozioni. (Villanova M., 2006 da Eusebi L., 2001)

In quest’ ottica di gratificazione pulsionale immediata e nella necessità di purtroppo altrettanto soddisfacimento immediato, si collocano processi più simili alla vendetta sociale che ai processi rieducativi e questo è un fallimento della progettazione preventiva tanto più che le statistiche sulla dissocialità minorile si concentrano più sulle situazioni di efferatezza che sulle cause (baby gangs, lapidomani, omicidi famigliari, ecc.). C’ è da interrogarsi sul concetto di maturità e sulla maturità stessa della risposta istituzionale. L’art. 98 C.P. ricorda la necessità di orientare la propria decisione partendo non dal fatto ma bensì soltanto al passato o al presente del fatto-reato, ponendo le basi per quello che sarà il progetto personalizzato da costruire con la competenza e la professionalità dell’ Educatore in sinergia con le altre figure del territorio. (Villanova M., 2006 da Eusebi L., 2001)

Sussiste dunque la necessità di costruire percorsi educativi ed il punto di partenza è la ricostruzione delle modalità di interazione del sistema umano di appartenenza di un ragazzo per poter intervenire in modo strategico: il sistema delle Reti, detto dei Grafi, sperimentato da Jacob Levi Moreno nelle carceri di Sing Sing, rappresenta un metodo molto efficace. Tale tecnica infatti può essere utilizzata nell’ analisi della rete primaria (la famiglia e la Persona) e della secondaria (rapporti con il territorio: Istituzioni, Enti, strutture, ecc.) in situazioni di disagio relazionale, dipendenza, scarsa autostima e quindi rischio di affiancarsi a persone inadatte al miglioramento della Personalità del ragazzo da affiancare mediante il progetto educativo favorendo ad esempio l’ integrazione alla scuola nei casi di rischio psicosociale. (Villanova M., 2006 da Crespi I., 2001)

Attraverso le tecniche di role-playng si può ottenere la visualizzazione della propria rete di funzionamento sociale, nell’ intervento sulla dissocialità minorile, dove il ragazzo (ma anche l’ insegnante o altre figure dell’ equipe psico-pedagogica) può capire esattamente dove si instaura il conflitto in modo tale da poter sinergicamente orientarsi per la costruzione di adeguati percorsi educativi e riabilitativi per modificare positivamente la parabola evolutiva nella interazione psico-socio-relazionale del ragazzo da affiancare. (Villanova M., 2006 da Crespi I., 2001)

Infatti L’Educatore professionale, l’ Educatore professionale coordinatore di servizi ed il Pedagogista hanno la necessità di costruire progetti educativi selezionati per ognuno della fattispecie analizzate e quindi di individuare il punto di partenza per la progettazione e la ricognizione delle modalità di interazione del sistema nel quale bisogna intervenire per consentire una raggiungibilità strategica del ragazzo da affiancare per attuare il processo educazionale e poterlo in seguito seguire e monitorizzare. Chiarire la necessità di programmare e costruire il Profilo formativo, ovvero delle competenze, attraverso Schemi mentali (apprendimento di sistemi concettuali disciplinari che consentano di leggere la realtà e individuare fatti, problemi, dinamiche…e scegliere strategie risolutive). Chiarire la necessità di valutare le prestazioni, ovvero le attività mirate (azioni svolte nell’ attività professionale, utilizzando le competenze acquisite, e richieste dal tipo di intervento, le cui capacità sono valutate in termini di conformità ai livelli richiesti). Chiarire la necessità di rendersi conto dei Sistemi di padronanza, ovvero di dominio della complessità (determinazione delle azioni e dei livelli ottimali per produrre risultati conformi ai fini ed agli scopi che il ruolo professionale comporta). (Villanova M., 2006)

le competenze (“sapere”) e Tenendo sempre presente che, nella strutturazione di percorsi educativi atti ad affiancare la parabola evolutiva della Personalità dell’ adolescente, il Sistema dinamico della Professionalità, comprendente: le competenze (“sapere”) e le prestazioni (“saper fare”), dalle quali deriva il “saper essere”, attraverso appunto i Sistemi di padronanza (sistemi di competenze complesse che strutturano la Personalità del Soggetto) necessari ad affiancare nel suo ulteriore sviluppo verso l’ adulto, l’ adolescenza nel quadro della sua evolutività. (Villanova M., 2006)

e-mail: matteo.villanova@uniroma3.it Prof. Matteo Villanova Università Roma Tre e-mail: matteo.villanova@uniroma3.it