Responsabilità del ristoratore per danni subiti dagli avventori all’interno del locale Cassazione Civile, Sez. III, 15 febbraio 2003, n. 2312 Beretta Raffaella Ritagliati Laura
Massima Nel caso in cui l’avventore di un ristorante abbia riportato danni alla persona a causa di una attività svolta da alcuni clienti all’interno del locale (nella specie lancio di piatti sul pavimento in occasione del Capodanno), non sussiste responsabilità contrattuale del ristoratore, non esistendo alcun nesso causale tra l’evento dedotto e la prestazione di servizio oggetto del contratto: non può ritenersi infatti che rientri tra le obbligazioni a carico del gestore del ristorante l’obbligo di far cessare ogni attività pericolosa posta in essere dagli avventori, specie se lo stesso danneggiato sia compartecipe dell’attività dalla quale sia derivato il danno.
Gli attori Signor L.C. -> parte lesa Signora M.R., proprietaria Cita in giudizio Signora M.R., proprietaria della Trattoria “Da Maria”
Il fatto La notte del 31 dicembre 1983 il signor L.C. si trovava con la moglie all’interno del ristorante “Trattoria da Maria”, di cui è titolare la sig.ra M.R. Mentre si trovava nel suddetto luogo, il sig. L.C. è stato ferito all’occhio destro da una scheggia proveniente da un piatto frantumatosi a terra. Il piatto in questione sarebbe stato scagliato a terra dall’occupante del tavolo vicino a C., rimasto sconosciuto. Il C. rileva la responsabilità del fatto alla titolare del ristorante, la signora R., in quanto aveva fornito al responsabile i piatti da scagliare a terra e non aveva garantito l’incolumità dei clienti presenti nel locale.
I grado Il signor C. costituisce in giudizio la signora R. , la quale resiste alla domanda avversaria in quanto mentre non era presente all’interno del ristorante al momento dei fatti, era stato proprio il C. insieme alla moglie e ai suoi commensali a scagliare a terra alcuni piatti allo scoccare della mezzanotte. La R. chiede quindi il rigetto delle domande avversarie e l’autorizzazione a chiamare in causa gli altri commensali che occupavano il tavolo del sig. C.
Il Tribunale di Pesaro rigetta la richiesta di chiamata in causa degli altri commensali, accoglie la domanda del C. e condanna la R. al risarcimento dei danni per un valore pari a 49.709.500 lire, oltre alle spese di causa. La R. impugna la decisione e va in appello.
II grado La Corte d’Appello di Ancona accoglie l’appello della R. e riforma integralmente la sentenza di primo grado, ponendo a carico del C. le spese di causa. Il C. propone ricorso per cassazione e la R. resiste alle domande avversarie con controricorso.
III grado: Motivazioni del ricorso Secondo il sig. C. c’è stata una violazione e falsa applicazione degli artt. 1786 (e 1783) e 2043 del Codice Civile. Sostiene che la R. deve rispondere dei danni da lui riportati a prescindere da chi abbia lanciato il piatto, in quanto il titolare dell’impresa di ristorazione, al pari del titolare dell’impresa alberghiera, deve fornire la prestazione e assicurarne al cliente il pacifico godimento durante la sua esecuzione, obbligo violato dalla titolare. Art. 1783 (Responsabilita' per le cose portate in albergo). “Gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo” Art. 1786 (Stabilimenti e locali assimilati agli alberghi). “Le norme di questa sezione si applicano anche agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili” Art 2043 (Risarcimento per fatto illecito) “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”
La cassazione sostiene che: NON esiste alcun nesso causale tra l’evento dedotto e la prestazione di servizio oggetto del contratto, quindi la R. non ha violato alcuna responsabilità contrattuale. NON sono invocabili gli artt. 1783 e 1786 del Codice Civile in quanto il danno non è stato fatto su una COSA portata dal cliente nel ristorante ma sul cliente stesso. NON può affermarsi il diritto di C. a consumare la cena in condizioni di tranquillità e in assenza di ogni rischio, con conseguente obbligo della R. di far cessare ogni attività pericolosa intrapresa da alcuni clienti del locale, in quanto è stato accertato che lo stesso C. stava tenendo una condotta pericolosa (lui stesso ha scagliato dei piatti a terra) e non è peraltro stato dimostrato che la lesione subita da C. sia stata provocata da un piatto lanciato da un terzo.
Inoltre… Il C. sostiene che c’è stata una violazione e falsa applicazione degli artt. 2049 e 2051 del Codice Civile, in quanto le lesioni da lui subite sono la conseguenza della attività di cooperazione prestata dal cameriere attraverso la consegna dei piatti da gettare a terra, dei quali era responsabile la R. in quanto proprietaria delle cose verso le quali aveva un dovere di custodia. Articolo 2049. Responsabilità dei padroni e dei committenti. “I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti” Articolo 2051. Danno cagionato da cosa in custodia. “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”
Ma.. Secondo la cassazione entrambe le deduzioni sono inammissibili e infondate in quanto: NON esiste alcun nesso di causalità immediata e diretta tra il fatto che i camerieri abbiamo consegnato dei piatti su ESPRESSA richiesta degli avventori (tra cui lo stesso C.) e il danno denunciato da C. E’ stato fatto un uso assolutamente imprevedibile ed estraneo all’uso che normalmente si fa dei piatti in un ristorante La R. non ha alcuna responsabilità; del danno deve rispondere ESCLUSIVAMENTE colui che, in quanto detentore del piatto, ha materialmente gettato in terra il piatto il cui frammento ha colpito l’occhio del C. Non essendoci però alcuna prova di chi ha gettato il piatto a terra non si esclude il fatto che il frammento possa provenire da uno dei piatti gettati a terra dallo stesso C. e dai suoi commensali.
In conclusione Il ricorso proposto dal C. è totalmente infondato e deve rigettarsi, con condanna del C. al pagamento delle spese di causa.