41 Congresso di Cardiologia Incontri con gli esperti Milano, 19 settembre 2007 “Gli aspetti che trascuriamo nel paziente con scompenso cardiaco: Esercizio fisico e scompenso cardiaco Giovanni Pulignano Ambulatorio per lo Scompenso Cardiaco I UO Cardiologia /UTIC Dipartimento Cardiovascolare Az.Osp. S.Camillo-Forlanini
Nonostante il progresso nella terapia medica delle ultime decadi, non c’è evidenza che la prognosi dell’ICC sia cambiata significativamente 5, 6. Infatti, il progresso della terapia farmacologica ha ridotto il tasso di mortalità ospedaliera, ma ha anche contribuito alla cronicizzazione dell’insufficienza cardiacaall’aumento del numero di pazienti ambulatoriali che richiedono cure e assistenzamedica e all’aumento delle ospedalizzazioni. Rispetto al passato, perciò, molti più individui sopravvivono all’iniziale evento cardiaco acuto e la prima manifestazione di insufficienza cardiaca è ritardata, ma il costo delle cure mediche è in continuo aumento. Risulta,quindi, giustificata la ricerca di nuove strategie terapeutiche che siano allo stesso tempo efficaci e sostenibili dal punto di vista economico. In questa relaqzione verranno analizzatii risultati dei più recenti studi randomizzati sugli effetti positivi dell’esercizio e descritte le modalità di effettuazione dei programmidi training fisico. Senni et al. On behalf of IN-CHF Investigators. Journal of Cardiac Failure Vol. 11 No. 4 2005
? Rispetto al passato, perciò, molti più individui sopravvivono all’iniziale evento cardiaco acuto e la prima manifestazione di insufficienza cardiaca è ritardata, ma il costo delle cure mediche è in continuo aumento. Risulta,quindi, giustificata la ricerca di nuove strategie terapeutiche che siano allo stesso tempo efficaci e sostenibili dal punto di vista economico. In questa relaqzione verranno analizzatii risultati dei più recenti studi randomizzati sugli effetti positivi dell’esercizio e descritte le modalità di effettuazione dei programmidi training fisico.
Nonostante l’evidenza epidemiologica di una maggiore aspettativa di vita nei soggetti che svolgono esercizio fisico con regolarità, l’attività fisica è stata a lungo proibita o estremamente limitata nei pazienti con ICC e questo ateggiamento mentale si è riflesso anche sulle linee guida che dedicano poco spazio ai programmi di trainig. IQuesto per la convinzione comune che laterapia medica e il riposo costituissero la miglior scelta, mentre l’esercizio fisico avrebbe potuto causare aritmie, deteriorare la funzione cardiaca e peggiorare i risultati clinici 9. Tuttavia, la recente evidenza che i pazienti con miglior classe funzionale NYHA hanno una più lunga aspettativa di vita e possono praticare attività fisica in sicurezza 10-13, è stata un potente stimolo a riconsiderare l’esercizio come un potenziale strumento terapeutico anche nei pazienti con ICC
Esercizio e scompenso cardiaco Fattori periferici e centrali VO2 training
L’incapacità di effettuare esercizio fisico senza disagio è una caratteristica comune nei pazienti con ICC. La ridotta tolleranza allo sforzo genera un circolo vizioso di decondizionamento e peggioramento della funzione cardiocircolatoria. L’inattività favorisce l’atrofia dei muscoli scheletrici, la quale causa riduzione della forza e precoce esauribilità. Inoltre, la disfunzione cardiaca determina stimolazione neuro-ormonale e attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, che a loro volta peggiorano il deficit cardiocircolatorio. Ne derivano iperattività adrenergica e vasocostrizione arteriosa, aumento del post-carico e sovraccarico cardiaco cronico 7, 8. La gravità della limitazione funzionale presenta un’ampia variabilità interindividuale, e sembra avere scarsa correlazione con il grado di disfunzione ventricolare sinistra a riposo1. Questo dato ha diverse possibili spiegazioni. In primo luogo, la funzione ventricolare a riposo ha scarsa correlazione con l’emodinamica centrale durante sforzo, perciò predice solo debolmente il grado di tolleranza allo sforzo2. Inoltre, si verifica nel polmone un “mismatch” ventilazione-perfusione che può contribuire a determinare sintomi quali la dispnea da sforzo e la ridotta capacità di tollerare l’esercizio3; infine, è possibile che le alterazioni periferiche, conseguenza sistemica dello SCC, possano diventare il fattore limitante lo sforzo più della disfunzione ventricolare stessa4-6. M. Piepoli, 1997
Mechanisms to augment cardiac output (C.O.) in (A) healthy Mentre nel soggetto sano durante esercizio si ha un incremento di portata cardiaca per incremento di frequenza e di stroke volume (con ricorso al meccanismo di F-S) , aumento di contrattilità e vasodilatazione periferica, nel soggetto scompensato l’incremento di portta è minore, a causa DI: 1) Minor incremento FC; 2) MINOR INCREMENTO DELLO sv CON Mancato incremento VTD e Mancata riduzione del VTS; 3) Aumento delle resistenze periferiche e Aumentato tono adrenergico e Attivazione neuro-ormonale Mechanisms to augment cardiac output (C.O.) in (A) healthy persons without HF and (B) patients with HF. Piña et al, Circulation March 4, 2003
Cardio-Pulmonary eXercise (CPX) test Nei soggetti sani l’esercizio fisico è possibile fino al raggiungimento della portata cardiaca massimale. Questo corrisponde al consumo di ossigeno di picco (pVO2) massimale. A circa il 60-70% del VO2 massimale si verifica un eccesso di produzione di anidride carbonica (CO2) rispetto al VO2 causato da un ridotto apporto di ossigeno, che porta ad un metabolismo muscolare anaerobio con produzione di lattati. Questo punto è chiamato soglia anaerobia. Nella maggior parte dei soggetti sani l’esercizio fisico è limitato dalla riserva cardiaca, e solo raramente dalla funzione polmonare. In pazienti non edematosi e clinicamente stabili affetti da SCC l’esercizio submassimale e la risposta emodinamica centrale che lo accompagna può essere normale, con una perfusione muscolare scheletrica conservata a spese di vasocostrizione in altri distretti. L’esercizio viene interrotto bruscamente spesso a valori di quoziente respiratorio (rapporto della CO2 prodotta rispetto al VO2) non di molto superiore ad 1.0, indicando che la riserva cardiopolmonare massimale non è stata raggiunta. Healthy subject CHF patient
Relationship of LVEF and peak oxygen uptake La gravità della limitazione funzionale presenta un’ampia variabilità interindividuale, e sembra avere scarsa correlazione con il grado di disfunzione ventricolare sinistra a riposo1. Questo dato ha diverse possibili spiegazioni. In primo luogo, la funzione ventricolare a riposo ha scarsa correlazione con l’emodinamica centrale durante sforzo, perciò predice solo debolmente il grado di tolleranza allo sforzo2. 2. Franciosa JA, Park M, Levine TB. Lack of correlation between exercise capacity and indexes of resting left ventricular performance in heart failure. Am J Cardiol 1981; 47: 33-9. Inoltre, si verifica nel polmone un “mismatch” ventilazione-perfusione che può contribuire a determinare sintomi quali la dispnea da sforzo e la ridotta capacità di tollerare l’esercizio3; infine, è possibile che le alterazioni periferiche, conseguenza sistemica dello SCC, possano diventare il fattore limitante lo sforzo più della disfunzione ventricolare stessa4-6. Circulation 1993 87:VI-7
Survival by peak VO2 in CHF 10 20 30 40 50 60 70 Time (months) >21 16-21 14-16 <14 80 100 Percent Survival n = 297 p = 0.0002 Francis, Heart 2000 Florea, EHJ 2000 increase in peak VO2 decrease in peak VO2 5 15 25 35 Survival (%) p < 0.05
Ventilatory Inefficiency in CHF: VE/VCO2 slope VE (L/min) Survival 20 40 60 80 100 10 30 50 70 Time (months) < 27 27-33 34-42 > 43 n = 297 P < 0.0001 140 120 100 80 60 Normal 40 Moderate CHF Severe CHF 20 1 2 3 4 5 6 VCO (L/min) 2
Impaired Tolerance and Abnormal Responses to Exercise in CHF: Peripheral Factors 1. Blood flow ml/min reduced 2. Metabolism early lactic acid production phosphate depletion 3. Function Weakness, increased fatigue 4. Morphology: Quantity Loss of muscle mass (or bulk) Site Localised to legs or general abnormality Orientation and fibre position Quality Atrophy, damage and/or necrosis (apoptosis) Change of fibre type, myosin IIb Negli ultimi anni l’attenzione si è spostata dal cuore alle alterazioni periferiche nello SCC Sono state riportate alterazioni del flusso ematico periferico, della funzione endoteliale, del polmone e dei muscoli scheletrici13,14. Questi fattori, da soli o in combinazione tra di loro, possono portare ad astenia e dispnea durante esercizio fisico. Il grado di tolleranza allo sforzo correlameglio con questi fattori periferici che con le variabili emodinamiche15. I pazienti affetti da SCC sono caratterizzati da una miopatia scheletrica, che comprende alterazioni di tipo biochimico, istologico e funzionale. Queste ultime sono responsabili, almeno in parte, dei sintomi e della ridotta tolleranza allo sforzo osservata nei pazienti con SCC; I pazienti affetti da SCC presentano: 1: un ridotto flusso ematico ai muscoli, 2) un precoce rilascio di lattati e alterazioni metaboliche 3) Alterazioni della funzione 4) Alterazioni strutturali di quantità, distribuzione e qualità dei muscoli Questo dato è in accordo con un alterato metabolismo indipendente dall’apporto ematico. Inoltre, sono state riportate alterazioni istologiche, mitocondriali, degli enzimi ossidativi ed uno shift delle catene pesanti della miosina verso il tipo IIb16. I muscoli scheletrici dei pazienti affetti da SCC presentano numerose alterazioni. Le anomalie metaboliche comprendono una precoce comparsa di condizioni anaerobie, deplezione di fosfati ad alta energia, e acidificazione intramuscolare precoce. Studi bioptici hanno confermato deficit di enzimi ossidativi e lipolitici, di succinato deidrogenasi e citrato sintetasi e di -idrossiacil deidrogenasi17- 19. Inoltre, in un recente lavoro, Adams et al.20 hanno mostrato un aumento dei nuclei apoptotici nei muscoli scheletrici dei pazienti affetti da SCC lieve-moderato rispetto ad un gruppo di volontari sani; inoltre, nello stesso studio il numero di cellule apoptotiche era un significativo predittore del pVO2 in questi pazienti nonostante un flusso ematico muscolare normale. Alle alterazioni istologiche e biochimiche si accompagna una riduzione della forza muscolare, con precoce faticabilità21. Queste alterazioni correlano con il grado di intolleranza allo sforzo meglio dei parametri di funzione sistolica a riposo. Meno chiara è invece la loro eziologia.
Muscle Ergoreflex System: Anatomical Pathways è possibile che uno stimolo a partenza dai muscoli scheletrici influenzi la risposta ventilatoria (ergoriflesso) con eccessiva attivazione degli ergocettori muscolari per acidosi metabolica, con conseguente incremento delle resistenze e dell’iperventilazione, fenomeni simpatico-mediati. Quindi il fattore limitante l’esercizio fisico potrebbe risiedere anche nella periferia.. A new paradigm suggests the presence of a specific signal arising from the exercising muscle (possibly including respiratory muscle) that is abnormally enhanced in HF.50,51 These signals contribute to the abnormal hemodynamic, autonomic, and ventilatory responses to exercise that characterize HF. Afferent fibers present in the skeletal muscle are sensitive to metabolic changes related to muscular work (ergoreceptors). These receptors, which mediate circulatory adaptations occurring in the early stages of exercise, are stimulated by metabolic acidosis and are partially responsible for sympathetic vasoconstriction and an increase in heart rate.52–55 The result of this enhanced ergoreflex response is hyperventilation and heightened sympathetic outflow, causing an increase in peripheral resistance and thus a decrease in muscle perfusion. Activation of these reflexes seems to be attenuated by exercise training.50
Neural Reflex Activation in Heart Failure Muscle Ergoreceptor Overactivity Reflects Deterioration inClinical Status and Cardiorespiratory Reflex Control in Chronic Heart Failure Piotr P. Ponikowski, MD; Tuan P. Chua, MD; Darrel P. Francis, MRCP; Alessandro Capucci, MD; Andrew J.S. Coats, DM; Massimo F. Piepoli, MD, PhD Background—In chronic heart failure (CHF), overactivation of ergoreceptors (afferents sensitive to the metabolic effects of muscular work) may be a link between peripheral changes, sympathetic overactivation, and increased hemodynamic and ventilatory responses to exercise. The relationship between ergoreceptors, autonomic changes, and the progression of the syndrome has not yet been studied. Methods and Results—Thirty-eight stable CHF patients (age, 571 years; ejection fraction, 262%) were compared with 12 age-matched normal control subjects. The ergoreflex contribution to the ventilatory and hemodynamic responses to exercise, together with peripheral and central chemoreceptor sensitivity, arterial baroreflex sensitivity, plasma norepinephrine, epinephrine, and heart rate variability, were measured. Enhanced ergoreflex effects on ventilation (782% versus 508%), peripheral chemosensitivity (0.60.4 versus 0.20.1 L/min per percent SaO2), and central chemosensitivity (2.90.2 versus 2.00.2 L · min1 · mmHg1) and an impaired baroreflex function (4.10.6 versus 9.15.6 ms/mm Hg) were confirmed in CHF compared with control subjects (P0.01 in all comparisons). Ergoreceptor overactivity was associated with a worse symptomatic state (NYHA class, P0.05), lower exercise tolerance (peak VO2, P0.05), and pronounced exercise hyperventilation (VE/VCO2, P0.01). It was also a strong predictor of increased central chemosensitivity (independently of clinical parameters), baroreflex impairment, and sympathetic activation (plasma catecholamines and heart rate variability indexes; all P0.05). In multivariate analysis, among all reflexes studied, the ventilatory component of the ergoreflex was the only independent predictor of peak VO2 and V˙ E/VCO2. Conclusions—In CHF, overactivation of the ergoreflex is associated with abnormal cardiorespiratory reflex control, independently of clinical severity. Among impaired reflexes, overactivation of the ergoreflex is an important determinant of exercise hyperventilation and reduced exercise tolerance. (Circulation. 2001;104:2324-2330.) Ponikowski, Piepoli et al Circulation. 2001;104:2324-2330.)
Piepoli et al. Circulation 1996;93: 940 Effect of Exercise training on the Contribution of Muscle Ergoreflex to Exercise in Heart Failure vs Controls Detraining Training L’esercizio fisico sarebbe in gradi attenuare la risposta ergocettoriale… Piepoli M, Clark AL, Coats AJS. Muscle metaboreceptors in hemodynamic, autonomic and ventilatory responses to exercise in men. Am J Physiol 1995; 269 (Part 2): H1428- H1436. 10. Piepoli M, Clark AL, Volterrani M, Adamopoulos S, Sleight P, Coats AJ. Contribution of muscle afferents to the hemodynamic, autonomic and ventilatory responses to exercise in patients with chronic heart failure. Effects of physical training. Circulation 1996; 93: 940-52. Piepoli et al. Circulation 1996;93: 940
Massa muscolare scheletrica e tolleranza allo sforzo Skeletal muscle mass independently predicts peak oxygen consumption and ventilatory response during exercise in noncachectic patients with chronic heart failure Massa muscolare scheletrica e tolleranza allo sforzo Massa muscolare scheletrica e tolleranza allo sforzo Una riduzione della massa muscolare scheletrica rappresenta un altro importante fattore che contribuisce alla limitazione funzionale nei pazienti affetti da SCC29. È ben noto come nei soggetti sani il pVO2 sia dipendente dalla massa magra totale. Per determinare il ruolo della massa muscolare scheletrica sulla tolleranza allo sforzo anche nei pazienti affetti da SCC Cicoira et al. (JACC 2001) sottoposto 120 pazienti ambulatoriali a test cardiopolmonare e misurazione della composizione corporea mediante densitometria “total body”. Questo esame consente una valutazione accurata della massa magra totale e regionale30 in maniera rapida, non invasiva, e con una bassa esposizione alle radiazioni. Nella nostra popolazione, la massa magra totale ed appendicolare correla significativamente con il pVO2 all’analisi univariata, (entrambe p < 0.0001) (Fig. 1), ma soprattutto il loro potere predittivo era indipendente da altri parametri, quali funzione ventricolare, attivazione neuroendocrina e classe funzionale NYHA31. La dipendenza del grado di tolleranza allo sforzo dalla massa muscolare scheletrica contribuisce anche a spiegare le differenze in pVO2 osservate tra uomini e donne. Correggendo il pVO2 per la massa magra totale invece che per il peso corporeo, la differenza osservata tra uomini e donne scompare, dimostrando che il diverso grado di tolleranza allo sforzo è legato alla diversa composizione corporea nei due sessi, come rappresentato in figura 2. Muscolo scheletrico e prognosi In base a quanto riportato sopra, risulta chiaro il legame tra pVO2 e alterazioni qualitative e quantitative del muscolo scheletrico nei pazienti affetti da SCC. Questa relazione, d’altra parte, risulta ovvia. Infatti il VO2 durante esercizio fisico avviene prevalentemente nei tessuti metabolicamente attivi, ovvero nei muscoli scheletrici. L’espressione del pVO2 per il peso corporeo totale rappresenta quindi un bias fisiopatologico, in quanto sarebbe più corretto dividerlo solo per la massa magra. Questa correzione potrebbe contribuire anche a migliorare il potere prognostico del pVO2, in particolar modo in quei gruppi di pazienti nei quali il suo utilizzo non è ancora completamente chiaro, come le donne ed i pazienti con SCC lieve. Per saggiare questa ipotesi, Cicoira et al hanno studiato prospetticamente 272 pazienti ambulatoriali affetti da SCC, e sottoposti a test cardiopolmonare edensitometria “total body”. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a follow-up clinico, considerando la mortalitàper tutte le cause come endpoint primario. Il potere prognostico del pVO2 corretto per la massa magra era significativamente superiore a quello del pVO2 corretto per il peso corporeo nella popolazione totale e anche nei pazienti con SCC lieve (classe NYHA I e II), nei quali quest’ultimo non era un predittore di mortalità32. La valutazione della composizione corporea nei pazienti con SCC potrebbe perciò aiutare a migliorare il potere prognostico del pVO2, in particolar modo nelle donne e nei pazienti obesi, per i quali il potere predittivo del pVO2 non è ancora chiaro. 31. Cicoira M, Zanolla L, Franceschini L, et al. Skeletal muscle mass independently predicts peak oxygen consumption and ventilatory response during exercise in noncachectic patients with chronic heart failure. J Am Coll Cardiol 2001; 37: 2080-5. 32. Cicoira M, Zanolla L, Franceschini L. Miglioramento del valore prognostico del consumo di ossigeno di picco in pazienti con scompenso cardiaco dopo aggiustamento per la massa magra totale. (abstr) Ital Heart J 2001; 2 (Suppl 6): 8. Cicoira MA et al. JACC 2001
Piepoli et al Circulation 2006 Reduced Peripheral Skeletal Muscle Mass and Abnormal Reflex Physiology in Chronic Heart Failure Massimo F. Piepoli, MD, PhD; Agnieszka Kaczmarek, MD; Darrel P. Francis, MD; L. Ceri Davies, MD; Mathias Rauchhaus, MD; Ewa A. Jankowska, MD; Stefan D. Anker, MD; Alessandro Capucci, MD; Waldemar Banasiak, MD; Piotr Ponikowski, MD Background—The muscle hypothesis implicates abnormalities in peripheral muscle as a source for the stimulus to the symptoms and reflex abnormalities seen in chronic heart failure (CHF). We investigated the relationship between skeletal muscle mass (with dual-energy x-ray absorptiometry) and activation of the ergoreflex (a peripheral reflex originating in skeletal muscle sensitive to products of muscle work) in CHF patients and whether this rapport is affected by the progression of the syndrome. Methods and Results—We assessed 107 consecutive CHF patients (mean age, 61.910.9 years; 95% male; 25 cachectics) and 24 age-matched normal subjects (mean age, 59.011.1 years; 91% male). Compared with normal subjects, patients had a higher ergoreflex (in ventilation, 6.2.6.1 versus 0.60.6 L/min; P0.0001) and a reduction in muscle mass (51.910.0 versus 60.38.8 kg; P0.001). The ergoreflex was particularly overactive in cachectics (P0.05), accompanied by marked muscle mass depletion (P0.0005). In CHF, ergoreceptor hyperresponsiveness in both the arm and leg correlated with reduced muscle mass, abnormal indexes of exercise tolerance (peak V˙ O2, V˙ E/V˙ CO2 slope), ejection fraction, and NYHA functional class (P0.0001). In the cachectic population, the ventilatory response from ergoreflex to arm exercise was strongly inversely correlated with arm (r0.65), leg (r0.64), and total (r0.61) lean tissues (P0.001 for all). Multivariate analysis showed that these relationships were independent of NYHA class,peak V˙ O2, and V˙ E/V˙ CO2 slope. Conclusions—Depleted peripheral muscle mass is associated with ergoreflex overactivity and exercise limitation in CHF, particularly in cachectic patients. The systemic activation of the muscle reflex system in CHF may reflect progression and deterioration of the clinical syndrome. (Circulation. 2006;114:126-134.) Ergoreflex Test To evaluate the ergoreflex in either the arm or leg, the postexercise regional circulatory occlusion (PE-RCO) method was used. Details of the methodology are given elsewhere.11 Briefly, it includes 2 exercise bouts performed in random order: (1) a control handgrip exercise using repetitive finger flexion by pulling a lever of a dynamometer at 50% of the predetermined maximal contraction (by the nondominant arm at the rate of 40 pulls per minute until exhaustion) for arm ergoreflex or a 6-minute session of cycling on an cycle ergometer (ERG 601, Bosch, Germany) at a load that produced 60% to 70% of the previously determined peak V˙ O2 for leg ergoreflex for 5 minutes, or (2) the same protocol followed by, from 10 seconds before the end of exercise, 3 minutes of circulatory (venous and arterial) occlusion by inflation of forearm tourniquet (arm reflex) or of bilateral upper thigh tourniquets (leg reflex) to 30 mm Hg above systolic pressure (PE-RCO). Thus, the contribution of the muscle ergoreceptor was evaluated by trapping the metabolites in the exercising muscle after exercise. During assessment of the ergoreceptor activity, subjects breathed air through a mouthpiece with a nose clip in place, and continuous online ventilation and expiratory gas data were collected (mass spectrometer), together with blood pressure results. The contributions made specifically by the ergoreflex to the ventilatory and blood pressure responses to exercise were derived by calculating the absolute difference between the 3-minute PE-RCO and the 3-minute recovery without PE-RCO and t Piepoli et al Circulation 2006
Belardinelli R, Agostoni PG. Modello fisiopatologico degli adattamenti indotti dal training fisico nello scompenso cardiaco Meccanismo d’azione del training Il training fisico induce una serie di adattamenti funzionali e strutturali a carico di diversi apparati (Tabella IV). Questi si traducono in miglioramenti emodinamici, ventilatori e metabolici in grado di aumentare la capacità funzionale e di consentire una miglior qualità di vita (Figura 2). Il training fisico (E) migliora la funzione contrattile del ventricolo sinistro (VS),attenua la vasocostrizione periferica attraverso il miglioramento della bilancia autonomica e il miglioramento della vasidilatazione endotelio-dipendente, riduce il rimodellamento del VS e attivazione neuroumorale. L’insieme degli adattamenti migliora la capacità funzionale e spezza il circolo vizioso del progressivo deterioramento funzionale e cardiocircolatorio. Belardinelli R, Agostoni PG.
Studi randomizzati sugli gli effetti del training nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica. Effetti dell’esercizio sulla capacità funzionale e sulla qualità di vita: ETEROGENEITA’ METODOLOGICA Dal 1991 al 2003 sono stati pubblicati quindici trials randomizzati e controllati sugli effetti del training nell’ICC 14-28, che hanno coinvolto oltre 400 pazienti nei quali un’eziologia ischemica era documentata in più dei due terzi dei casi (Tabella II). I criteri di inclusione erano: ICC stabile (definita come l’assenza negli ultimi tre mesi della necessità di modificare la terapia medica o di essere ricoverato in ospedale); classe funzionale NYHA II e III; capacità di effettuare un programma d’esercizio fisico. I criteri di esclusione, invece, erano i seguenti: recente evento coronarico acuto; insufficienza cardiaca scompensata; ipertensione arteriosa o diabete mellito non controllati; malattia respiratoria severa; anemia significativa; insufficienza renale (creatinina maggiore di 2.5 mg/dl). I pazienti sono stati sottoposti ad esercizi aerobici (camminare, correre, pedalare) da 2 a 4 volte alla settimana, per un minimo di 3 ed un massimo di 52 settimane. L’intensità d’esercizio è stata selezionata al 60-80% della frequenza cardiaca massimale raggiunta con test ergometrico standard, o al 60-70% del massimo consumo d’ossigeno (VO2picco). Nella maggior parte dei trial, l’esercizio fisico era supervisionato da un cardiologo almeno per le prime due settimane. I risultati hanno dimostrato in maniera univoca un miglioramento della qualità di vita e della capacità funzionale, con un incremento del VO2picco del 14-31% rispetto ai valori pretraining. Durante il periodo di training non si è verificato alcun evento avverso significativo.
Principali adattamenti indotti dal training fisico nell’insufficienza cardiaca cronica. Parametro Effetto del Training VO2 picco + 12-26% VO2 alla AT + VE/CO2 ratio - 6-18% Durata esercizio + 17% Eur HF training Group . Eur Heart J 1998; 19:466-475 Pina IL. Circulation 2003; 107(8):1210-1225.
Principali adattamenti indotti dal training fisico nell’insufficienza cardiaca cronica. Adattamenti centrali Ridotta progressione di stenosi coronariche – (30-45) Dilatazione arteriosa coronarica endotelio-dipendente + (20-30) Aumento della diffusione polmonare + (10-20) Miglioramento della perfusione miocardica + (15-25) Miglioramento del rilasciamento diastolico + (15-28) Miglioramento della contrattilità + (15-25) Miglioramento della funzione sistolica globale + (10-15) Il training fisico induce una serie di adattamenti funzionali e strutturali a carico di diversi apparati Meccanismo d’azione del training Il training fisico induce una serie di adattamenti funzionali e strutturali a carico di diversi apparati (Tabella IV) sia a livello centrale …. Che periferico . Questi si traducono in miglioramenti emodinamici, ventilatori e metabolici in grado di aumentare la capacità funzionale e di consentire unamiglior qualità di vita (Figura 2).
Adattamenti periferici Principali adattamenti indotti dal training fisico nell’insufficienza cardiaca cronica. Adattamenti periferici Miglioramento del flusso muscolare + (12-30) Aumento degli enzimi muscolari ossidativi + (15-30) Aumento del volume di densità mitocondriale + (15-25) Aumento delle fibre muscolari tipo I + (15-30) Dilatazione arteriosa endotelio-dipendente + (15-40) Attenuazione dell’ergoriflesso Che periferico . Questi si traducono in miglioramenti emodinamici, ventilatori e metabolici in grado di aumentare la capacità funzionale e di consentire unamiglior qualità di vita (Figura 2).
Effect of Exercise Training on Muscle Metabolism in CHF Adamopoulos et al. Physical Training in Heart Failure. JACC 1993;21:1101-1106.
Training corrects endothelial dysfunction and improves exercise capacity in CHF Physical exercise increases in endothelium-dependent blood flow (A), whereas peripheral blood flow remained unchanged (B) in the control group. #P<0.05 vs beginning; *P<0.05 vs control. Hambrecht et al. Circulation 1998;98:2709
S. Adamopoulos European Heart Journal (2001) 22, 791–797
Improvements in patents in the exercise group Aerobic training decreases B-type natriuretic peptide expression and adrenergic activation in patients with heart failure Improvements in patents in the exercise group End points Active group (% change)* p* Workload (W) +14 <0.001 Peak VO2 (mL/min/kg) +13 LVEF (%) +9 <0.01 BNP (ng/L) -34 NT-proBNP (ng/L) -32 <0.05 Norepinephrine (ng/L) -26 Exercise can provide additional benefit in HF April 27, 2006 Lisa Nainggolan Pisa, Italy - Exercise can provide additional benefits to heart-failure patients on top of their drug therapy, according to a new study published online April 19, 2006 in the Journal of the American College Cardiology [1]. Dr Claudio Passino (CNR Institute of Clinical Physiology, Pisa, Italy) and colleagues found that patients with chronic heart failure who underwent aerobic training had reduced levels of B-type natriuretic peptide (BNP) and other hormones, accompanied by functional and clinical improvement. These changes were not seen in a control group of patients who received the same pharmacological treatment but did not exercise. "What is not reached by drug therapy could be attained by the use of aerobic training, which seems to be able to restore neurohormonal balance," Passino told heartwire. In addition, the BNP/amino-terminal pro-brain natriuretic peptide (NT-proBNP) assay may be useful in the follow-up of patients with heart failure undergoing physical training, he notes. Exercise improved parameters; drug therapy alone did not Increasing production of BNP in patients with heart failure is correlated with poorer prognosis, Passino et al explain in their paper, and drug treatments often do not reverse the abnormal hormonal patterns associated with this condition. And although exercise has been shown to be beneficial in heart failure, previous studies concerning the effects of training on BNP secretion in heart failure have yielded conflicting results. He and his team decided to investigate the effects of a home-based, progressively adjusted aerobic-training strategy on the neurohormonal balance in patients with heart failure. They randomized 95 heart-failure patients to either a treatment group, which entered a nine-month aerobic-training program in addition to standard therapy (n=47), or a control group, which received standard heart-failure treatments but no physical training (n=48). The 44 patients who completed the training program had improved functional capacity, quality of life, and left ventricular function compared with the 41 patients who completed the control arm of the study. In addition, the patients who worked out had decreased levels of three key hormones, BNP, NT-proBNP, and norepinephrine. Improvements in patents in the exercise group End points Active group (% change)* p* Workload (W) +14 <0.001 Peak VO2 (mL/min/kg) +13 <0.001 LVEF (%) +9 <0.01 BNP (ng/L) -34 <0.01 NT-proBNP (ng/L) -32 <0.05 Norepinephrine (ng/L) -26 <0.01 *Compared with control group, which showed no changes BNP=B-type natriuretic peptide; NT-proBNP=amino-terminal pro-brain natriuretic peptide To download table as a slide, click on slide logo below Likely explanation is hemodynamic changes as a result of training Passino explained to heartwire that the change in ejection fraction in the patients who were training was small and did not account for the change in neurohormonal balance. There was no correlation between the increase in ejection fraction and the decrease in BNP/NT-proBNP levels in the patients who trained, for example. However, there was a correlation between the increase in peak VO2 and decrease in both BNP and NT-proBNP in those who trained (p<0.0001 and p<0.01, respectively). "Although we can only hypothesize, we believe the physical training somehow improves hemodynamics, which favorably affects the neurohormonal balance," he comments. "For instance, skeletal muscle in the patients who were training will require less oxygen to do the same work, and there will consequently be less stress on the heart." Exercise is vital in heart failure The main message for doctors from the study is that exercise is important in heart failure, Passino stresses. "Ten years ago, the main textbook of cardiology recommended bed rest for heart-failure patients. Although there has been a lot of literature in the meantime showing clearly that not only is exercise not harmful, it is beneficial, it is taking time for this message to trickle through into clinical practice. "But now we have shown that an aerobic-training strategy is able to overcome the limitation of pharmacological treatment in antagonizing neurohormonal activation in heart-failure patients, likely contributing to a significant improvement in quality of life and possibly to positive prognostic effects," he concludes. Passino C, Severino S, Poletti R, et al. Aerobic training decreases B-type natriuretic peptide expression and adrenergic activation in patients with heart failure. J Am Coll Cardiol 2006; 47:1835-1839. *Compared with control group, which showed no changes BNP=B-type natriuretic peptide NT-proBNP=amino-terminal pro-brain natriuretic peptide Passino C et al. J Am Coll Cardiol 2006; 47:1835-1839.
Background—The effects of exercise training (ET) on left ventricular (LV) remodeling in chronic heart failure are not definitively established, and the safety of ET in these patients is still debated. Methods and Results—This multicenter study investigated the long-term effect of moderate ET on LV remodeling, work capacity, and quality of life (QoL) in 90 patients with stable chronic heart failure caused by LV systolic dysfunction, randomized to a 6-month ET program (T, n45) or a control group (C, n45). All patients underwent resting echocardiography, a cardiopulmonary exercise test, 6-minute walking test, and QoL assessment at entry and after 6 months. At entry, end-diastolic (EDV) and end-systolic (ESV) volume, ejection fraction, work capacity, peak V˙ O2, and walking distance were similar in the 2 groups. After 6 months, LV volumes diminished in T (EDV, from 14226 to 13526 mL/m2, P0.006; ESV, from 10724 to 9724 mL/m2, P0.05) but increased in C (EDV, from 14741 to 15642 mL/m2, P0.01; ESV, from 11034 to 11834 mL/m2, P0.01). Ejection fraction improved in T (P0.001) but was unchanged in C (PNS). Significant improvement in work capacity (P0.001), peakV˙ O2 (P0.006), walking distance (P0.001), and QoL (P0.01) was observed in T but not in C (PNS). T showed a trend toward fewer (P0.05) hospital readmissions for worsening dyspnea in the absence of other adverse cardiac events. Conclusions—In stable chronic heart failure, long-term moderate ET has no detrimental effect on LV volumes and function; rather, it attenuates abnormal remodeling. Furthermore, ET is safe and effective in improving exercise tolerance and QoL. (Circulation. 2003;108:554-559.) 35. Giannuzzi P, Temporelli PL, Corra U, Gattone M, Giordano A, Tavazzi L. Attenuation of unfavorable remodeling by exercise training in postinfarction patients with left ventricular dysfunction: results of the Exercise in Left Ventricular Dysfunction (ELVD) trial. Circulation 1997;96:1790-7. Conclusioni: in condizioni di stabilità, l’esercizio moderato, a lungo termine, non ha effetti negativi sul volume e sulla funzione del VS, ma anzi attenua il rimodellamento. Inoltre l’allenamento è sicuro ed efficace per aumentare la tolleranza all’esercizio e migliorare la qualità della vita. Circulation. 2003; 108: 554-559
Haykowsky et al. JACC Vol. 49, No. 24, 2007 A Meta-Analysis of the Effect of Exercise Training on Left Ventricular Remodeling in Heart Failure Patients. The Benefit Depends on the Type of Training Performed Mark J. Haykowsky, PHD,* Yuanyuan Liang, PHD,† David Pechter, BA,* Lee W. Jones, PHD,§ Finlay A. McAlister, MD, MSC, Alexander M. Clark, PHD‡ Edmonton, Alberta, Canada; and Durham, North Carolina Objectives The aim of this study was to determine the effect of exercise training and type of exercise (aerobic vs. strength vs. combined training) on left ventricular (LV) remodeling in heart failure (HF). Background A number of randomized controlled trials have examined the effect of exercise training on LV remodeling in individuals with HF. However, the results of these trials have been inconclusive. Methods The authors searched MEDLINE (1966 to 2006), Cochrane Central Register of Controlled Trials (issue #3, 2006), CINAHL (1982 to 2006), EMBASE (1988 to 2006), PubMed (1966 to 2006), and reference lists of identified studies for randomized controlled trials examining the effects of exercise training on ejection fraction (EF), enddiastolic volume (EDV), and end-systolic volume (ESV) in clinically stable patients with HF. Primary study authors were also contacted if appropriate. Studies were selected and data were extracted independently by 2 reviewers. Weighted mean differences (WMD) were calculated using a random effects model. Results Fourteen trials reported EF data (n 812 patients). Seven trials reported both EDV and ESV data (n 569). Aerobic training significantly improved EF (9 trials, 538 patients, WMD 2.59%; 95% confidence interval [CI] 1.44% to 3.74%), EDV (371 patients; WMD 11.49 ml; 95% CI 19.95 to 3.02 ml) and ESV (371 patients; WMD 12.87 ml; 95% CI 17.80 to 7.93 ml). Combined aerobic and strength training was not associated with significant improvements in EF, EDV, or ESV. Conclusions Aerobic training reverses LV remodeling in clinically stable individuals with HF. This benefit was not confirmed with combined aerobic and strength training. (J Am Coll Cardiol 2007;49:2329–36) © 2007 Haykowsky et al. JACC Vol. 49, No. 24, 2007
Training and quality of life in CHF Afzal et al. Progress in Cardiovascular Diseases 1998
Wilson JR et al. Circlation 1996; 94: 1767-72 Fattori predittivi di risposta positiva al training fisico nei pazienti con insufficienza cardiaca Nei pazienti con cardiomiopatia ischemica è comune la coesistenza di stenosi delle arterie coronarie epicardiche con quella di cellule muscolari cardiache necrotiche o ibernate. Nel contesto di un quadro clinico stabile, questo scenario sembra non rappresentareuna controindicazione al training fisico. Risultano, infatti, le seguenti evidenze: la presenza di stenosi coronariche significative in uno o più vasi epicardici non preclude l’incremento della capacità funzionale a seguito di programmi di allenamento; la presenza di miocardio ibernato è in grado di identificare i pazienti con maggiore incremento funzionale dopo training fisico 30. La captazione di tallio dopo allenamento, infatti, risulta essere un predittore indipendente di mortalità più accurato rispetto alla severità della coronaropatia e alla frazione d’eiezione. Le altre variabili che predicono la risposta al training fisico nell’ICC sono riassunte nella Tabella V. È importante sottolineare che l’età, il sesso, la capacità funzionale pretrai-ning, la frazione d’eiezione del ventricolo sinistro e il numero di arterie coronariche con stenosi significativa non sono variabili con potere predittivo indipendente. La presenza di miocardio vitale (valutato con metodiche nucleari), il tipo di riempimento diastolico del ventricolo sinistro (valutato con eco-Doppler) e lo slope di incremento della gittata cardiaca durante test da sforzo rappresentano, invece, le tre variabili con potere predittivo indipendente 40. Ne derivano almeno due speculazioni. La prima è che i fattori centrali, quelli cioè che riflettono caratteristiche funzionali propriamente cardiache (presenza di miocardio vitale, riempimento diastolico e risposta della gittata cardiaca allo sforzo), giocano un ruolo di primo piano nell’individuare i pazienti con ICC che potranno usufruire dei maggiori vantaggi dal training fisico. Di conseguenza, la valutazione pretraining di tali parametri parametri acquisisce un significato cruciale. La seconda è che il miglioramento funzionale indotto dal training fisico rappresenta un complesso di adattamenti periferici, i quali vengono però modulati da fattori centrali. In un certo senso, l’assenza di condizioni favorenti insite nel miocardio riduce nettamente fino a rendere trascurabili gli effetti degli adattamenti al training fisico. Wilson JR et al. Circlation 1996; 94: 1767-72
Belardinelli R, Circulation. 1999;99:1173-1182.) Nello studio di Belardinelli 30, dopo 2 mesi di training i pazienti allenati avevano una maggiore sopravvivenza esente da eventi rispetto ai controlli non allenati. Dopo 1 anno, tuttavia, non c’era differenza significativa. Questo trend era evidente anche in uno studio precedente 31. Una delle possibili spiegazioni dell’inefficacia del training fisico nel migliorare la sopravvivenza ad 1 anno potrebbe risiedere nella brevità dei programmi di training e nella mancanza di un cardiologo supervisore. Al fine di confermare questa ipotesi, è stato valutato, in uno studio randomizzato e controllato, l’effetto di un programma di training fisico più prolungato (14 mesi) e supervisionato 32. I pazienti sono stati sottoposti a training fisico supervisionato al 60% del VO2picco, inizial-mente 3 volte alla settimana per 8 settimane e successivamente 2 volte alla settimana per ulteriori 12 mesi. La qualità della vita e la capacità funzionale risultavano migliorate nei pazienti sottoposti a training, mentre gli eventi cardiaci, il tasso di ospedalizzazione e la mortalità cardiaca furono più elevati nel gruppo di controllo. Una separazione significativa delle curve di sopravvivenza è stata osservata dopo il primo anno di follow-up, confermando i risultati di studi precedenti 16, 17. L’ analisi costo/efficacia ha mostrato un rapporto pari a 1494 US $per anno di vita salvato 33. Da questi risultati emerge l’implicazione che il training fisico, per essere efficace, dovrebbe essere di intensità moderata ed essere effettuato il più a lungo possibile. Background—It is still a matter of debate whether exercise training (ET) is a beneficial treatment in chronic heart failure (CHF). Methods and Results—To determine whether long-term moderate ET improves functional capacity and quality of life in patients with CHF and whether these effects translate into a favorable outcome, 110 patients with stable CHF were initially recruited, and 99 (59614 years of age; 88 men and 11 women) were randomized into 2 groups. One group (group T, n550) underwent ET at 60% of peakV˙ O2, initially 3 times a week for 8 weeks, then twice a week for 1 year. Another group (group NT, n549) did not exercise. At baseline and at months 2 and 14, all patients underwent a cardiopulmonary exercise test, while 74 patients (37 in group T and 37 in group NT) with ischemic heart disease underwent myocardial scintigraphy. Quality of life was assessed by questionnaire. Ninety-four patients completed the protocol (48 in group T and 46 in group NT). Changes were observed only in patients in group T. Both peak V˙ O2 and thallium activity score improved at 2 months (18% and 24%, respectively; P,0.001 for both) and did not change further after 1 year. Quality of life also improved and paralleled peak V˙ O2. Exercise training was associated both with lower mortality (n59 versus n520 for those with training versus those without; relative risk (RR)50.37; 95% CI, 0.17 to 0.84; P50.01) and hospital readmission for heart failure (5 versus 14; RR50.29; 95% CI, 0.11 to 0.88; P50.02). Independent predictors of events were ventilatory threshold at baseline (b-coefficient50.378) and posttraining thallium activity score (b-coefficient 20.165). Conclusions—Long-term moderate ET determines a sustained improvement in functional capacity and quality of life in patients with CHF. This benefit seems to translate into a favorable outcome. (Belardinelli R, Circulation. 1999;99:1173-1182.) 30. Belardinelli R, Georgiou D, Purcaro A. Low dose dobutamine echocardiography predicts improvement in functional capacity after exercise training in patients with ischemic cardiomyopathy: Prognostic implication. J Am Coll Cardiol 1998;31:1027-34. 31. Belardinelli R, Georgiou D, Cianci G, Berman N, Ginzton L, Purcaro A. Exercise training improves left ventricular diastolic filling in patients with dilated cardiomyopathy. Clinical and prognostic implications. Circulation 1995;91:2775-84. 32. Belardinelli R, Georgiou D, Cianci G, Purcaro A. Randomized, controlled trial of long-term moderate exercise training in chronic heart failure. Effects onfunctional capacity, quality of life, and clinical outcome. Circulation 1999;99:1173-82. 33. Georgiou D, Chen Y, Appadoo S, Belardinelli R, Greene R, Parides MK et al. Cost effectiveness analysis of long-term moderate exercise training in chronic heart failure. Am J Cardiol 2001;87:984-8. Belardinelli R, Circulation. 1999;99:1173-1182.)
ExTraMATCH Collaborative ExTraMATCH Collaborative. Exercise training meta-analysis of trials in patients with chronic heart failure (ExTraMATCH) ExTraMATCH BMJ 2004;328:189
K-M cumulative two year survival (top) and cumulative two year survival or free from admission hospital (bottom). ExTraMATCH BMJ 2004;328:189 I risultati dello studio ExTraMATCH 34, una metanalisi basata su 9 trials controllati e randomizzati 35-38, hanno confermato i risultati precedenti (Tabella III). Gli Autori hanno dimostrato che un training fisico di moderata intensità migliora significativamente il V O2picco e che questo miglioramento è predittivo di una miglior prognosi, con una riduzione significativa della mortalità e delle ospedalizzazioni a 2 anni. ExTraMATCH Collaborative Group. Exercise Training Meta-Analysis of Trials in patients with ChronicHeart failure. BMJ 2004;328:189-95. Results During a mean follow up of 705 days there were 88 (22%) deaths in the exercise arm and 105 (26%) in the control arm. Exercise training significantly reduced mortality (P = 0.015). The secondary end point of death or admission to hospital was also reduced (P = 0.011). No statistically significant subgroup specific treatment effect was observed. Conclusion Meta-analysis of randomized trials to date gives no evidence that properly supervised medical training programs for patients with heart failure might be dangerous, and indeed there is clear evidence of an overall reduction in mortality. Further research should focus on optimizing exercise programs and identifying appropriate patient groups to target.
death .65 (.46 to .92)
death/ Admission .72 (.56 to .93)
HF-ACTION: Heart Failure: A Controlled Trial Investigating Outcomes of Exercise TraiNing 5-year, 3,000-patient NYHA II-IV, EF<35% randomized trial, 50 U.S. and Canadian hospitals, first large-scale prospective trial designed to determine whether exercise can reduce mortality and hospitalizations for patients with HF or any other disease Ongoing enrolment >2000 pts, >> male, low mean age, mild peak VO2 impairment Some of these questions will be answered by an upcoming trial, A Congestive Heart Failure Trial Investigating Outcomes of Exercise Training (ACTION). That trial, which is beginning to enroll patients this month, will enroll 3000 patients with stage 2 to stage 4 heart failure and randomly assign them to a formal exercise program at a cardiac center or to education on the importance of exercise but without entry into a formal program. "This will hopefully give us the answers we are seeking," "If exercise is shown to have a beneficial impact on survival and hospitalization rates, it will really be a cost-effective, low-tech approach to helping these patients.“ Am Heart J. 2007 Feb;153(2):201-11. Heart failure and a controlled trial investigating outcomes of exercise training (HF-ACTION): design and rationale. Whellan DJ, O'Connor CM, Lee KL, Keteyian SJ, Cooper LS, Ellis SJ, Leifer ES, Kraus WE, Kitzman DW, Blumenthal JA, Rendall DS, Houston-Miller N, Fleg JL, Schulman KA, Piña IL; HF-ACTION Trial Investigators. Department of Medicine, Jefferson Medical College, Philadelphia, PA 19107, USA. david.whellan@jefferson.edu BACKGROUND: Although there are limited clinical data to support the use of exercise training as a means to reduce mortality and morbidity in patients with heart failure, current guidelines state that exercise is beneficial. TRIAL DESIGN: The objective of this trial is to determine whether exercise training reduces all-cause mortality or all-cause hospitalization for patients with left ventricular systolic dysfunction and heart failure symptoms. After undergoing baseline assessments to determine whether they can safely exercise, patients are randomized to either usual care or exercise training. Patients in the exercise training arm attend 36 supervised facility-based exercise training sessions. Exercise modalities are cycling or walking. After completing 18 sessions, patients initiate home-based exercise and then transition to solely home-based exercise after completing all 36 sessions. Patients return for facility-based training every 3 months to reinforce their exercise training program. Patients are followed for up to 4 years. Physiologic, quality-of-life, and economic end points that characterize the effect of exercise training in this patient population will be measured at baseline and at intervals throughout the trial. Blood samples will be collected to examine biomarkers such as brain natriuretic peptide, tumor necrosis factor, and C-reactive protein. CONCLUSIONS: Because of its relatively low cost, high availability, and ease of use, exercise training is an intervention that could be accessible to most patients with heart failure. The HF-ACTION trial is designed to definitively assess the effect of exercise training on the clinically relevant end points of mortality, hospitalization, and quality of life in patients with heart failure. Whellan DJ Am Heart J. 2007 Feb;153(2):201-11. Adams, Barcelona WCC 4 September 2006
HAYKOWSKYJ ournal of Cardiac Failure Vol. 10 No. 2 2004 “ Despite ..benefits, a limitation of these investigations was the primary focus on males <60 years with impaired left ventricular systolic function”. “Thus the role that exercise training may play in attenuating the HF-mediated decline in VO2peak in women >65 years of age with systolic or diastolic dysfunction remains unknown”. HAYKOWSKYJ ournal of Cardiac Failure Vol. 10 No. 2 2004
Modalità Durata Frequenza Intensità Progressione Sicurezza Raccomandazioni La metodologia di effettuazione del training fisico riveste un ruolo di fondamentale importanza nei pazienti con ICC e può essere così riassunta: a) Debbono essere soddisfatti i criteri di inclusione nel programma, vale a dire la stabilità clinica e la capacità di effettuare esercizio fisico. b) Il programma deve essere personalizzato sulla base del quadro clinico individuale, delle preferenze in tema di attività fisica e della valutazione iniziale. c) Un test da sforzo cardiopolmonare dovrebbe essere effettuato prima dell’inizio del programma, al fine di quantificare i parametri emodinamici, metabolici e ventilatori e di individuare l’intensità del training. La sua ripetizione al termine del programma consente di quantificare la risposta al training e di impostare un programma a lungo termine. d) L’intensità del programma viene selezionata sulla base della frequenza cardiaca corrispondente al 60-80% del VO2picco, oppure, nel caso in cui il test cardiopolmonare non possa essere effettuato, sulla base della frequenza cardiaca corrispondente al 50-70% della frequenza cardiaca massimale. Tale intensità dovrebbe essere applicata in modo scrupoloso durante le sedute di allenamento. e) La durata di ogni singola sessione di training dovrebbe essere di 60 minuti, così ripartiti: fase di riscaldamento, fase di lavoro aerobico e fase di raffreddamento. La fase di riscaldamento prevede esercizi a corpo libero selezionati in modo da allenare i principali cingoli e gruppi muscolari per una durata di 10 minuti. Lo scopo è di migliorare il tono e l’elasticità muscolare, la flessibilità articolare, il lavoro dei muscoli respiratorie di preparare la muscolatura al lavoro della fase successiva. La fase di lavoro aerobico su attrezzo rappresenta la fase cruciale del training fisico. Viene generalmente utilizzato il cicloergometro a freno magnetico o elettromagnetico e/o il tappeto ruotante e dura 40 minuti. Il lavoro viene così suddiviso: parte iniziale senza resistenza, corrispondente ad un carico di 2-3 METs, velocità di pedalata 60 giri al minuto o velocità del tappeto pari a 2.5-3 km/ora senza inclinazione, per un totale di 5 minuti; parte centrale, della durata 30 minuti, durante la quale la frequenza cardiaca dovrebbe essere mantenuta il più possibile costante e aderente alla frequenza cardiaca selezionata mediante il test da sforzo preliminare; parte finale, della durata di 5 minuti, durante la quale la velocità di pedalata o di passo vengono gradualmente ridotti fino a raggiungere i valori della fase di riscaldamento. È possibile effettuare attività su entrambi gli ergometri (cicloergometro e treadmill), suddividendo la fase centrale in due fasi di 15 minuti ciascuna. La fase di raffreddamento, della durata di 10 minuti, prevede esercizi di defaticamento a corpo libero. f) Nei pazienti sottoposti a trapianto cardiacosi raccomanda attività fisica a moderata intensità, pari al 50-70% del VO2picco, con sedute della durata di almeno 30 minuti. g) La frequenza delle sessioni del programma dovrebbe essere almeno di 3 per settimana; per le prime due settimane è bene iniziare in ambiente supervisionato in una struttura ospedaliera; in seguito è possibile continuare a domicilio con controllo in ambiente ospedaliero ogni 2 settimane. h) La durata del programma di training supervisionato dovrebbe essere non inferiore a 4 settimane; la maggior parte dei programmi si concludono dopo 8 settimane (con un numero complessivo di sedute compreso tra 20 e 30) e ciò per vari motivi. Il primo è il rapporto costo/efficacia, che è vantaggioso solo se vengono rispettati i limiti di tempo sopradetti. Il secondo è la compliance del paziente: se la durata del programma è superiore ad 8 settimane aumenta il tasso di astensione, con il rischio di veder vanificati i potenziali vantaggi derivanti dal completamento del programma. i) Al fine di mantenere nel tempo i benefici ottenuti, è importante stimolare il paziente a continuare il più a lungo possibile anche a domicilio il training fisico, secondo le regole suggerite, con frequenza bi-trisettimanale. Le attività raccomandate sono quelle di tipo aerobico (marcia, bicicletta, jogging, nuoto), ma il programma dovrebbe prevedere anche esercizi di potenziamento muscolare, al 30-50% della massima contrazione volontaria. 29. Pina IL, Apstein CS, Balady GJ, Belardinelli R, Chaitman BR, Duscha GJ et al. Exercise and heart failure. A statement from the American Heart Association Committee on Exercise, Rehabilitation, and Prevention. Circulation 2003;107:1210-25.
Relative and absolute contraindications European Heart Journal (2001) 22, 125–135 Working Group Report Relative and absolute contraindications
Modality of exercise training programme in CHF European Heart Journal (2001) 22, 125–135 Working Group Report Modality of exercise training programme in CHF Aerobic exercise Cycle ergometer walking (<50-100 m/min) out-door cycling? jogging ? Swimming ? Calisthenic: flexibility, coordination, strength Resistance rhythmic, ie. 1:1 rate small muscle: single limb small repetition: 60”ex/120”recovery 50-80% max voluntary capacity Respiratory inspiratory, (20-30% max capacity) 20-30min/d, 3-5 d/w abdominal muscle yoga
Modality of exercise training programme in CHF European Heart Journal (2001) 22, 125–135 Working Group Report Modality of exercise training programme in CHF Aerobic Exercise. Cycle ergometer: Warm up 10’ – Conditioning phase 40’– Cool down 10’ Interval training: short bouts of work phases followed by short recovery phases. 30” exercise: 50-60% max ex capacity / 60” recovery (low load, 10W) 10-12 work phases in 15-min training session Max ex capacity: steep ramp test, 25W every 10” Steady-state training 10-60 min /d, 3-7 d/w 40-80% peak VO2 (or peak HR or perceived exertion by Borg scale) <3METS, 2-3 sessions/d, 5-10 min; >3METS 3-5 sessions, 20-30min
Modality of exercise training programme in CHF European Heart Journal (2001) 22, 125–135 Working Group Report Modality of exercise training programme in CHF Aerobic Training: Phases of exercise progression 1. Initial stage: - 10-15min, 40%-50% pkVo2, 2. Improvement stage (>15d): - 15-20-30min, 50% -> 60% -> 70% pkVo2 3. Maintenance stage (>6m)
Safety of exercise training programme in CHF European Heart Journal (2001) 22, 125–135 Working Group Report Safety of exercise training programme in CHF Initial phase: in-hospital supervision Pulmonary and cardiac O.E. body weight and oedema HR and BP monitoring symptoms Maintenance Phase: combination of supervised/ unsupervised training selected group of patients to favour adherence to prescription
Safety of exercise training programme in CHF European Heart Journal (2001) 22, 125–135 Working Group Report Safety of exercise training programme in CHF
Eur J Cardiovasc Prev Riabil 2005; 12:321-325
Questa è stata la filosofia che ci ha mosso come ANMCO nel momento in cui abbiamo impostato il progetto di CCN che sarà presentato nella sessioen successiva..
Conclusioni: Il training nel paziente con scompenso cardiaco stabile: Migliora la funzione vascolare periferica, muscolare e metabolica Migliora la funzione respiratoria e del sistema nervoso autonomo Questi effetti portano ad un significativo miglioramento della tolleranza all’esercizio e alla qualità della vita Nessun deterioramento significativo dell’emodinamica centrale Attenuazione dello sfavorevole rimodellamento del ventricolo sinistro Migliori risultati con esercizio aerobico, intensità moderata (60%), personalizzato, lunga durata (mesi), con supervisione specialistica. Conclusioni I risultati dei principali studi clinici concordano nel mostrare, nei pazienti con ICC sottoposti a training fisico d’intensità moderata, un miglioramento della capacità funzionale e della qualità di vita, una riduzionedelle ospedalizzazioni per scompenso ed una minor incidenza di eventi cardiaci indesiderati. I risultati dei trial attualmente a nostra disposizione, comunque, mancando dell’adeguata potenza statistica, non hanno potuto dimostrare in modo definitivo una riduzione significativa della mortalità totale e cardiaca. Queste carenze metodologiche possono in parte giustificare le difficoltà nell’implementazione più ampia dei programmi di training nella pratica clinica quotidiana. Tale dato potrà essere fornito dallo studio ACTION — multicentrico, internazionale, prospettico e controllato — che si concluderà nei prossimi anni
Conclusioni:Problemi Evidenza derivante da studi randomizzati con numero limitato di pazienti arruolati in centri altamente specializzati, >>maschi, età media 50-55 anni con interferenza di altri fattori (Hawthorne effect) Mancanza di dati relativi a pazienti con diversi modelli fisiopatologici (SC diastolico, cpt. valvolare) Diversità nei protocolli negli studi pubblicati Bassa prescrizione ACE/ARB, BB o CRT Risultati non sempre concordi in termini di QDV, tolleranza allo sforzo e sopravvivenza Scarsità di fattori (clinici, di funzione ventricolare, ecc.) predittivi di miglioramento durante programma riabilitativo Difficoltà organizzative Conclusioni I risultati dei principali studi clinici concordano nel mostrare, nei pazienti con ICC sottoposti a training fisico d’intensità moderata, un miglioramento della capacità funzionale e della qualità di vita, una riduzionedelle ospedalizzazioni per scompenso ed una minor incidenza di eventi cardiaci indesiderati. I risultati dei trial attualmente a nostra disposizione, comunque, mancando dell’adeguata potenza statistica, non hanno potuto dimostrare in modo definitivo una riduzione significativa della mortalità totale e cardiaca. Queste carenze metodologiche possono in parte giustificare le difficoltà nell’implementazione più ampia dei programmi di training nella pratica clinica quotidiana. Tale dato potrà essere fornito dallo studio ACTION — multicentrico, internazionale, prospettico e controllato — che si concluderà nei prossimi anni
Ponzo effect Impossible to assess the magnitude of an object on the horizon Similarly, difficult to assess the ultimate effect of a new study or procedure when it first appears on the ‘clinical horizon’