Violenze silenziose. Uno studio esplorativo sul legame fra transfobia interiorizzata e legami affetivi e familiari. A cura di: Annalisa Amodeo, Cristiano.

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Violenze silenziose. Uno studio esplorativo sul legame fra transfobia interiorizzata e legami affetivi e familiari. A cura di: Annalisa Amodeo, Cristiano Scandurra, Simona Picariello e Francesco Garzillo.

Violenza, discriminazione di genere e sessuale in famiglia risultano in questi ultimi tempi particolarmente accresciuti. Aumentata è anche, seppure in maniera ancora esigua, è la loro denuncia. Fin dall’infanzia lo stigma è dovuto alle diverse forme di “non aderenza” alle norme convenzionali relative al genere, ai transgenderismi.

Il transgenderismo sostiene che l'identità di genere di una persona non è una realtà duale "maschio/femmina", ma un continuum di identità ai cui estremi vi sono i concetti di "maschio" e "femmina". In questo senso il transgenderismo è da considerarsi come un movimento politico/culturale che propone una visione dei sessi e dei generi fluida e che rivendica il diritto di ogni persona di situarsi in qualsiasi posizione intermedia fra gli estremi "maschio/femmina" stereotipati senza per questo dover subire stigma sociale o discriminazione. Una persona Transgender, nel senso più stretto del termine, ha un identità che non rientra nelle categorie dominanti, e che incarna le infinite sfumature esistenti tra i due o un “terzo genere”, un “genere altro” che non ha niente a che fare con i due.  Tutto questo non solo in termini di identità di genere ma anche di espressione di genere e di ruolo di genere.

Ciò che accomuna molte persone trans gender è l’esperienza forte e condivisa di un sociale rifiutante, respingente, che richiede di isolare, celandola, quella parte del Sé considerata “diversa”. Proprio queste “grida silenziose” negli ultimi decenni sono diventate più forti, implementando gli studi sulle cosiddette minoranze, avanzando proposte di legge e loro attuazioni.  

La famiglia d’origine: la prima istituzione trans fobica La famiglia è l’organizzazione all’interno della quale ciascuno di noi sviluppa aspetti del sé, apprende comportamenti ed atteggiamenti. Essa costituisce un modello rispetto al quale conformarsi e all’interno del quale si apprende “come è giusto essere”. Il contesto familiare riveste un ruolo fondante anche per quanto riguarda lo sviluppo delle dimensioni del sé sessuale e dell’identità di genere.

La maggior parte delle esperienze di rifiuto e di violenze subite cominciano in famiglia: - le ricerche di Bowen (1995) condotte su un piccolo campione di trans gender FtM, hanno rilevato un alto tasso di violenza sessuale subito negli anni della prima e della seconda infanzia. Tali risultati sono confermati anche dalle ricerche di Munson (2006), il quale sostiene che l’espressione di genere del bambino sia utilizzata impropriamente per attuare forme di violenza seguite dal silenzio o dal diniego familiare. - si registrano inoltre esperienze di punizione durante l’infanzia e l’adolescenza anche a causa della messa in atto di comportamenti non congruenti con quelli considerati come appartenenti al proprio sesso biologico - altri studi riportano che i trans gender, rispetto ai propri fratelli, ricevono dalla famiglia meno supporto e maggiori vessazioni sia sul piano fisico che psicologico.

Transfobia: forma irrazionale di odio, disgusto, violenza e rifiuto verso le persone trans gender. Mentre l’omofobia trova la sua origine nell’eterosessismo, inteso come sistema ideologico che nega e denigra ogni forma di comportamento, relazione o comunità non eterosessuale, la trans fobia trova la sua origine più nella convinzione che esistano solo due generi e che essi non possano essere modificati né attraversati.

Dal punto di vista psicodinamico: Norton: il trans gender è estremamente perturbante e può rievocare fantasmi arcaici rimossi che hanno a che fare con il femminile originario. Cesaro: il maschio, come la femmina deve separarsi dalla simbiosi originaria per potersi individuare: l’identità maschile, però, sarebbe maggiormente minacciata dal ritorno alla fusione perché si è dovuta attestare su una posizione di maggiore distacco dal femminile, definendolo come altro da sé. Il trans gender quindi rappresenterebbe il fantasma materno onnipotente e bisessuale che rievoca angosce di castrazione, ma anche di rifusione simbiotica. Tali angosce potrebbero portare ad una cruenta risposta trans fobica.

La transfobia sociale: La popolazione trans gender subisce forti discriminazioni e allarmanti violenze non solo in famiglia, ma anche e soprattutto nel contesto sociale. Le ricerche riportano un’elevata percentuale di violenze fisiche, stupri, abusi verbali aggressioni, discriminazioni in ambito lavorativo ed economico nei confronti delle persone trans gender.

Il rifiuto da parte della famiglia di origine, lo stigma, l’isolamento e le discriminazioni rendono le persone transgender più vulnerabili a quelli che Gerini et al. definiscono «traumi cumulativi», cioè la conseguenza della somma di piccoli eventi che di per sé non avrebbero prodotto un trauma attuale ma uniti risultano traumatici. Lingiardi li definisce, in altre parole, «stress continuativi macro e micro traumatici»

Queste definizioni ci permettono di trasporre il costrutto del MINORITY STRESS dalla popolazione omosessuale a quella transgender. Ma cos’è il Minority stress? E’ il disagio, lo stress dovuto al fatto di appartenere ad una minoranza, ormai costrutto condiviso dalla comunità scientifica internazionale.

Il Minority stress è composto di 3 dimensioni interagenti poste lungo un continuum, dallo stressor più soggettivo/interiorizzato (da sinistra) a quello più oggettivo interiorizzato: Omofobia Stigma Esperienze di Interiorizzata percepito discriminazione e violenza subite

L’ipotesi degli autori del libro è che anche le forme interiorizzate di omofobia e transfobia agiscano sull’AUTOPERCEZIONE delle persone omosessuali e transgender, e dunque sulla qualità della loro vita. Definiamo quindi nello specifico la TRANSFOBIA INTERIORIZZATA, che è un disagio verso la propria condizione transgender che deriva dall’interiorizzazione delle norme della società riguardanti il genere sessuale, ovvero il binarismo uomo/donna, che per i più è l’unico possibile. Questo si concretizza nella messa in atto di una serie di strategie di occultamento della loro identità transgender.

La transfobia interiorizzata ha due conseguenze principali: Occultamento della propria identità, che viene nascosta all’altro per evitare scherno, derisione e discriminazioni. Formazione di sentimenti ostili e negativi verso le altre persone transgender, e quindi innanzitutto verso se stessi. Si arriva così ad odiarsi e a provare disgusto verso se stessi.

La transfobia interiorizzata si esplica nell’interazione di 4 dimensioni interagenti: Passing Pride Shame Alienation

Passing: è la messa in atto di vari tentativi di farsi percepire come appartenenti al genere sessuale di identificazione (si cerca di essere riconosciuti come «veri uomini» e «vere donne»)

Pride: Consiste nell’orgoglio transgender, che se eccessivamente forte potrebbe essere l’espressione di una formazione reattiva difensiva.

Shame: La vergogna che si prova nei confronti della propria condizione sociale. L’immagine di sé è percepita in modo totalmente negativo e non riesce quindi a venire a patti con l’istanza dell’ideale dell’Io. Per questo si prova una sensazione di perenne disagio e inadeguatezza, che sfocia in una profonsa insoddisfazione verso di sé.

Alienation: Consiste nell’alienazione, nella sensazione di isolamento della persona (trangender) dalla comunità (transgender) che si traduce in una solitudine globale, in quanto il transgender non sente di appartenere neppure al genere femminile, o a quello maschile.

Nella ricerca presentata nel capitolo è stata studiata la qualità delle relazioni affettive di coppia delle persone transgender assumendo come modello di riferimento la teoria dell’attaccamento. Uno studio napoletano di Vitelli e Riccardi (2010) dimostra nelle persone transgender un attaccamento di tipo Insicuro molto più frequentemente di quanto non avvenga nelle persone eterosessuali.

Recentemente l’attenzione è stata posta sulla trasmissione intergenerazionale dei Modelli Operativi Interni: contrariamente alle ipotesi dei primi studi sull’attaccamento adulto che consideravano la relazione madre-bambino come prototipo nelle relazioni di coppia in età adulta, è stato dimostrato che le relazioni amorose possono dar vita a rimaneggiamenti profondi o riorganizzazione dei Modelli Operativi Interni.

La dinamica di coppia, infatti, attiva dei processi di co-regolazione affettiva e di negoziazione continuamente operanti e rispondenti ai diversi mutamenti che si possono verificare nel tempo. In particolar modo in un percorso di transizione sessuale questi meccanismi e processi si attivano in maniera esponenziale, mettendo a dura prova sia la coppia che il singolo nelle sfere dell’affettività, della sessualità e dell’identità in generale.

Infatti è stato riscontrato un maggiore accesso all’intimità fisica soprattutto dopo gli interventi di Riassegnazione Chirurgica del Sesso, visto che una più chiara definizione dell’orientamento sessuale porta un’immagine di sé più positiva. Tuttavia permangono problematiche di stabilità e soddisfazione in alta percentuale di transgender.

Partendo dal presupposto che lo stigma proveniente dall’ambiente familiare viene interiorizzato e permane fino all’età adulta, riflettendosi nei futuri rapporti di coppia, è stato condotto uno studio empirico per valutare il legame fra transfobia interiorizzata e attaccamento insicuro.

L’ipotesi della ricerca è che la scarsa accettazione di sé, causata dall’azione della transfobia interiorizzata, compromette la possibilità di vivere un rapporto di coppia basato sulla fiducia reciproca.

Per quanto riguarda gli strumenti utilizzati nella parte sperimentale del lavoro : La transfobia interiorizzata è stata misurata con la TIS (Transgender Identity Scale di Bockting) un questionario self-report di 26 item a scala Likert; Le difficoltà relazionali sono state indagate con l’ASO di Feeney, formato da 5 scale: Fiducia (stile di attaccamento sicuro) Disagio nell’intimità(stile di attaccamento evitante) Bisogno di approvazione (stile di attaccamento timoroso e preoccupato) Preoccupazione per le relazioni (stile di attaccamento ansioso/ambivalente) Secondarietà delle relazioni (stile di attaccamento distanziante)

Per quanto rigurda i risultati sono emerse due questioni cruciali: Bassi livelli di transfobia interiorizzata si associano ad una qualità affettiva sicura dell’attaccamento, mentre alti livelli di transfobia interiorizzata si associano a una qualità affettiva insicura. Sono emerse dai risultati differenze significative tra transgender MtF e FtM: gli MtF hanno una maggiore probabilità nel rapporto di esperire ansia e preoccupazione con un attaccamento ambivalente, mentre gli FtM cercando di salvaguardare il proprio Sé, decidono più spesso di mettere a distanza l’Altro attuando un attaccamento insicuro; inoltre gli FtM devono affrontare una doppia discriminazione (intersezionalità) non solo in quanto transessuali in una società genderista, ma anche in quanto donne in una società maschilista.

A cura di: Tiziana Amalfi Michela Di Matteo Alessandra Ammirato Carla Illiano