Anemia Con anemia si intende una riduzione della capacità di trasporto dell’ossigeno da parte del sangue periferico: dato che la molecola che trasporta.

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anemia Con anemia si intende una riduzione della capacità di trasporto dell’ossigeno da parte del sangue periferico: dato che la molecola che trasporta l’ossigeno è l’emoglobina (Hb), si definisce anemia una diminuzione della quantità totale di Hb circolante all’interno degli eritrociti Nella pratica clinica si fa diagnosi generica di anemia quando la concentrazione di Hb nel sangue periferico è inferiore a 12,5 g/dL nell’uomo e a 11,5 g/dL nella donna

concentrazione di emoglobina e variazione del volume plasmatico La concentrazione ematica della emoglobina rappresenta un buon indice di laboratorio per fare diagnosi di anemia a meno che non si verifichino variazioni significative del volume plasmatico: condizioni in cui si determini una diminuzione del volume plasmatico, quali gravi emorragie, estese ustioni, forte diuresi o altri stati di disidratazione, tendono a sottostimare uno stato di anemia; viceversa, le condizioni in cui si abbia una espansione del volume plasmatico, quali la gravidanza, lo scompenso cardiaco congestizio e l'insufficienza renale oligurica, tendono a sovrastimare uno stato di anemia

principali classificazioni delle anemie - fisiopatologica (da ridotta produzione di eritrociti, da ridotta o alterata sintesi di emoglobina, da precoce distruzione dei globuli rossi) - eritrocinetica (iporigenerative e rigenerative) - di laboratorio o morfologica (microcitiche, normo-macrocitiche, megaloblastiche)

gli “indici eritrocitari” MCH e MCHC L’MCH (mean corpuscolar hemoglobin) corrisponde al contenuto emoglobinico corpuscolare medio e si calcola dividendo la concentrazione di emoglobina totale per il numero di globuli rossi: MCH (pg)= [emoglobina (g/dL) x 10] / numero eritrociti (milioni /mmc)] L’MCHC (mean corpuscolar hemoglobin concentration) corrisponde alla concentrazione emoglobinica corpuscolare media e si calcola dividendo la concentrazione di emoglobina totale per l’ematocrito: MCHC (g/dl)= [emoglobina (g/dl) x 100] / ematocrito La concentrazione emoglobinica dei singoli globuli rossi viene anche misurata dai contatori automatici ed il valore medio così ottenuto viene espresso con l’acronimo CHCM (corpuscolar hemoglobin concentrazion mean)

RDW L’RDW (red distribution wide; letteralmente: “ampiezza di distribuzione dei volumi eritrocitari”) rappresenta un indice di dispersione delle misurazioni volumetriche relative ai globuli rossi In termini statistici l’RDW corrisponde al coefficiente di variazione percentuale (deviazione standard / media x 100) delle dimensioni dei globuli rossi Nella pratica clinica l’RDW viene anche definito come indice di anisocitosi

HDW L’HDW (hemogobin concentration distribution wide; letteralmente: “ampiezza di distribuzione delle concentrazioni di emoglobina”) rappresenta un indice di dispersione delle concentrazioni di emoglobina misurate nei singoli globuli rossi In termini statistici l’HDW corrisponde alla deviazione standard dei valori di CHCM ottenuti sulla popolazione eritrocitaria analizzata Nella pratica clinica l’HDW viene anche definito come indice di anisocromia

reticolociti I reticolociti sono precursori diretti dei globuli rossi. Sono presenti sia a livello midollare sia nel sangue periferico, dove rappresentano circa lo 0,5 – 2% dei globuli rossi totali. I reticolociti circolanti nel sangue periferico sono considerati globuli rossi “giovani” (neociti) e contengono ancora mitocondri, o loro frammenti, e residui di sostanze di natura ribosomiale. Le loro dimensioni sono superiori a quelle dei globuli rossi. Dopo 24/48 ore dalla loro immissione in circolo i reticolociti si liberano completamente dei residui degli organuli citoplasmatici e diventano globuli rossi “adulti” (normociti). Dall’invecchiamento dei normociti si produrranno poi i gerociti, elementi di volume ancora inferiore che, a seguito della progressiva la perdita di molte funzioni connesse con la sopravivenza, verranno eliminati dal circolo ad opera dei fagociti mononucleati del sistema reticolo-endoteliale (emocateresi). La vita media di un globulo rosso è stimata intorno ai 120 giorni.

classificazione di laboratorio (o morfologica) delle anemie anemie microcitiche MCV < 80 fl ( < 7,3 m) anemie normo-macrocitiche MCV 80 - 110 fl ( 7,3-8,3 m) anemie megaloblastiche MCV > 115 fl ( > 8,5 m)

anemie microcitiche La microcitosi eritrocitaria è sempre il risultato di una difettosa sintesi di emoglobina dovuto alla alterata disponibilità di una delle sue componenti fondamentali: ferro (anemia sideropenica, anemia da malattia cronica) catene globiniche (sindromi talassemiche)

Principali forme di anemia riscontrate nel mondo occidentale (Europa e Nord America) - sideropeniche 29% (*) - da malattia cronica 27,5% (**) - da emorragia 17,5% - emolitiche 17,5% - da deficit midollare 8,5%  (*) secondo l’OMS, nel mondo 400-500 milioni di soggetti sono affetti da questo tipo di anemia (**) certamente la forma di anemia più frequente tra i pazienti ospedalizzati

fisiologia del ferro Solo lo 0,1% del ferro totale dell’organismo circola nel sangue legato alla transferrina; il resto è immagazzinato sotto forma di ferritina o di emosiderina (ferro di deposito: 30% circa), oppure si trova inglobato nell’anello porfirinico della emoglobina, della mioglobina e degli enzimi eminici (ferro funzionale: 70% circa) Il ferro corporeo ammonta nel maschio a circa 50 mg/kg e nella femmina a circa 35 mg/kg; tale differenza è dovuta sia al diverso livello emoglobinico nei due sessi sia alla diversa entità dei depositi, che ammontano a circa 1000 mg nel maschio e a soli 200 – 400 mg nella femmina

distribuzione di ferro nei giovani adulti sani (mg)

assorbimento ed eliminazione del ferro Il contenuto in ferro dell’organismo tende ad essere costante e, pertanto, le perdite sono controbilanciate dalla quota di ferro dietetica assorbita; le perdite di ferro (1-2 mg/die) sono costituite dalla esfoliazione delle cellule dell’epitelio intestinale e, in misura minore, da perdite urinarie, sudore, desquamazione dell’epitelio cutaneo e perdite biliari: nella donna sono inoltre particolarmente significative le perdite che avvengono con il flusso mestruale (20 – 40 mg/mese) Una dieta giornaliera bilanciata contiene 10 – 30 mg di ferro; si deduce quindi che solo il 5 - 10% del ferro introdotto con la dieta viene effettivamente assorbito dall’intestino

emolisi (SRE) 20 mg al giorno eritropoiesi (midollo) 20 mg al giorno ciclo del ferro eritrociti 2500 mg emolisi (SRE) 20 mg al giorno eritropoiesi (midollo) 20 mg al giorno plasma 4 mg assorbimento 1 – 2 mg al giorno perdite 1 – 2 mg al giorno depositi 1000 mg mioglobina ed enzimi eminici 300 mg

principali cause di deficienza di ferro CARENZE ALIMENTARI dieta inadeguata (ricca di cereali e povera di carne) RIDOTTO ASSORBIMENTO gastrectomia parziale o totale, acloridria sindromi da malassorbimento (morbo celiaco) AUMENTATE RICHIESTA infanzia, adolescenza, gravidanza, allattamento PERDITE EMATICHE CRONICHE perdite mestruali eccessive emorragie gastrointestinali (ulcera peptica, gastrite, ernia iatale, diverticoliti, emorroidi, assunzione di salicilati, neoplasie) emorragie genito-urinarie epistassi

deplezione di ferro nelle perdite ematiche croniche - contenuto di emoglobina in 1 ml di sangue = 0,15 g - contenuto di ferro in 1 g di emoglobina = 3,33 mg - contenuto di ferro in 1 ml di sangue = 0,50 mg Pertanto, una perdita giornaliera di 5 ml sangue comporta una perdita di ferro di 2,5 mg, corrispondente a più del doppio della perdita giornaliera fisiologica

reperti di laboratorio diagnostici di anemia sideropenica emocromo: - RBC  o norm. - HGB  - HCT  - MCV  - MCH  - MCHC  o norm. - RDW  reperti specifici: sideremia  ferritinemia  TIBC  UIBC  % saturazione transferrina 

TIBC, UIBC e % di saturazione - La transferrina è la glicoproteina sierica deputata al trasporto del ferro nel sangue periferico; ogni molecola di transferrina ha due siti di legame per il ferro: normalmente circa un terzo di questi siti di legame sono occupati, mentre i rimanenti due terzi sono liberi. La concentrazione ematica della transferrina può essere valutata direttamente con metodi immunometrici; tuttavia, nella pratica clinico-diagnostica, la transferrina viene più frequentemente determinata in modo indiretto, mediante la valutazione della “capacità totale di legare il ferro” (TIBC: Total Iron Binding Capacity) della transferrina stessa. La TIBC si valuta in laboratorio determinando la quantità totale di fero legato alla transferrina dopo che tutti i siti di legame della transferrina per il ferro sono stati saturati con ferro esogeno. Nei casi di sideropenia, la transferrina e la TIBC risultano aumentate. La UIBC (Unsaturated Iron Binding Capacity) corrisponde alla quota di transferrina insatura (cioè non legata al ferro) e si determina sottraendo alla TIBC la sideremia. La % di saturazione della transferrina si calcola invece dal rapporto percentuale tra sideremia e TIBC (sideremia / TIBC x 100).

condizione normale deficit di ferro ferro “endogeno” legato alla transferrina ferro “esogeno” aggiunto in laboratorio transferrina Fe Fe FERRO: 4 TIBC: 12 UIBC: 8 SATURAZIONE: 33% condizione normale Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe FERRO: 1 TIBC: 18 UIBC: 17 SATURAZIONE: 5% deficit di ferro Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe Fe

sequenza degli eventi durante lo sviluppo della deficienza di ferro anemia in carenza di ferro deplezione di ferro eritropoiesi in carenza di ferro normale depositi di ferro ferro nell’eritrone TIBC 330  30 360 390 410 (g/dL) ferritina plasmatica 100  60 20 10 <10 (g/dL) sideremia 115  50 115 <60 <40 (g/dL) saturazione transferrina 35  15 30 <15 <10 (%) eritrociti normali normali normali microcitici/ ipocromici

anemia da malattia cronica Eziologia infezioni subacute e croniche: endocardite infettiva subacuta, osteomielite, ascessi polmonari, tubercolosi, pielonefrite disordini immunitari cronici: AR, LES, AIDS neoplasie: linfomi di Hodgkin, ca. del polmone e della mammella Patogenesi - ridotto apporto di ferro al midollo per sottrazione e mancato rilascio del ferro parte dei macrofagi - ridotta sopravvivenza degli eritrociti per attivazione dei macrofagi - inadeguata produzione di Epo (eritropoietina) conseguente al rilascio di alcune citochine pro-infiammatorie (IL-1, TNF) Laboratorio anemia moderata, normo/microcitica e ipocromica con scarsi reticolociti bassa sideremia alta ferritinemia per aumento dei depositi tessutali di ferro

anemia da malattia cronica elementi di laboratorio per la diagnosi differenziale tra anemie sideropenica e anemia da malattia cronica anemia sideropenica anemia da malattia cronica sideremia ridotta ferritinemia elevata TIBC normale / ridotto % di saturazione normale / elevata RDW elevato normale recettore solubile della transferrina (sTfR) ridotto

recettore solubile della transferrina (sTfR) Il recettore della transferrina (TfR) è espresso su tutte le cellule del nostro organismo, ad eccezione dei granulociti maturi: l’espressione del TfR è particolarmente elevata nei precursori midollari della serie eritroide. Dal clivaggio del TfR si ottiene una forma troncata del recettore, denominata appunto recettore solubile della transferrina (sTfR), che viene liberata in circolo. I sTfR correlano direttamente con il TfR; pertanto, la determinazione dei sTfR è un indicatore affidabile della espressione dei TfR, soprattutto sui precursori dei globuli rossi. L’espressione del TfR (e, pertanto, del sTfR ) è inversamente proporzionale allo quantità di ferro contenuto nelle cellule e direttamente proporzionale alla attività di eritropoiesi: i livelli di sTfR risultano infatti aumentati nelle anemie sideropeniche (nella quali si ha carenza di ferro) e ridotti nelle anemie da malattia cronica (nelle quali si ha una ridotta eritropoiesi midollare).

il sTfR nella diagnosi di anemia sideropenica in pazienti con malattia cronica Nella pratica clinica i livelli di sTfR possono risultare utili per diagnosticare un eventuale stato di sideropenia in pazienti con anemia da malattia cronica; in questi casi, la carenza di ferro dovrebbe manifestarsi laboratoristicamente con una riduzione dei livelli ferritina circolante; se però la malattia cronica induce un persistente aumento delle proteina della fase acuta, i livelli di ferritina (che è anche, appunto, una proteina della fase acuta) risulteranno elevati, “mascherando” di fatto lo stato di sideropenia La carenza di ferro determina un aumento dei valori di TfR e di sTfR, facilmente dosabile in laboratorio; in un paziente con anemia da malattia cronica, il riscontro di elevati livelli di sTfR in presenza di bassi valori di sideremia e di elevati valori di ferritinemia diventano pertanto fortemente indicativi di un concomitante stato di sideropenia (es: paziente con AR che assume FANS)

ruolo del sTfR nella diagnosi di anemia sideropenica in pazienti con malattia cronica * la ferritina risulta elevata in quanto aumenta come proteina della fase acuta

sindromi talassemiche Le sindromi talassemiche sono un gruppo eterogeneo di disordini genetici, trasmessi come caratteri autosomici recessivi, caratterizzati da una mancata o diminuita sintesi di emoglobina conseguente alla alterazione (mutazione/delezione) di geni che codificano per le catene globiniche A seconda del tipo di catena interessata si distinguono diversi tipi di talassemie: i quadri clinici più importanti si realizzano quando è difettosa la sintesi delle catene globiniche più rappresentate, cioè le catene  e le catene ; la talassemia  è più comune nel Sudest asiatico e nel Medio Oriente, mentre la talassemia  è più comune nell’area Mediterranea e in certe aree dell’Africa, dell’Asia, del Sud Pacifico e dell’India

fisiopatologia delle sindromi talassemiche Le conseguenze ematologiche di un deficit della sintesi di una catena globinica derivano non solo da un basso livello di emoglobina intracellulare (anemia ipocromica) ma anche dal relativo eccesso di altre catene, che tendono ad aggregarsi formando inclusioni insolubili all’interno delle emazie e dei loro precursori, così da provocare la prematura distruzione degli eritroblasti in maturazione nel midollo osseo (eritroblastolisi o eritropoiesi inefficace) e la lisi di eritrociti maturi a livello della milza (emolisi)

varianti emoglobiniche Nel corso della vita, compresa la vita intrauterina, sono presenti diversi tipi di emoglobina che differiscono tra loro per la composizione dei polipeptidi che costituiscono le catene globiniche:  - durante i primi 3 mesi di gravidanza vengono sintetizzate le emoglobine embrionali che comprendono le Hb Gower 1 (22), Gower 2 (22) e Portland (22) - dopo il 3° mese di gravidanza diventa predominante l’emoglobina fetale (HbF: 22), che rimane elevata per tutto il periodo della vita fetale: è ancora elevata al momento della nascita (65 – 95%) poi declina rapidamente fino ad assestarsi, dopo il primo anno di vita, su valori inferiori al 2% - nell’adulto l’emoglobina è costituita principalmente dalla HbA (22) e da piccole quantità di HbA2 (22) e di emoglobina fetale (HbF: 22); la quota di HbA è superiore al 95%, quella di HbA2 può variare tra l’1 e il 3% mentre la quota di HbF non supera mai il 2%

talassemia  Le talassemie  sono caratterizzate da una ridotta o assente sintesi di catene  globiniche; poiché ogni individuo possiede 4 geni per la globina  (2 su ogni cromosma 16), la gravità del quadro clinico risulta strettamente dipendente dal numero dei geni  difettivi Come per le altre forme di talassemia, l’anemia deriva sia da una ridotta sintesi di emoglobina, sia dall’eccesso di catene non : nel neonato si determina un eccesso di catene  spaiate, che si aggregano a formare tetrameri 4 (Hb Bart), mentre nell’adulto si determina un eccesso di catene , che si aggregano a formare tetrameri 4 (HbH)

-talassemie condizione normale: aplotipo / stato di portatore asintomatico 2 talassemia eterozigote: aplotipo /- laboratorio: HbBart alla nascita 0-2%

-talassemie tratto talassemico 1 talassemia eterozigote: /-- (ASI) 2 talassemia omozigote: -/- (AFR) laboratorio: anemia microcitica – ipocromica HbBart alla nascita 2-8% diminuzione HbA2

-talassemie malattia da HbH doppia eterozigosi per 1 e 2 talassemia: aplotipo -/-- laboratorio: HbH 10 – 30% (corpi di Heinz) HbBart alla nascita fino al 25% Hb Portland alla nascita idrope fetale 1 talassemia omozigote: aplotipo --/-- laboratorio: HbBart: 80%

elettroforesi dell’emoglobina nelle -talassemie

talassemia  Ogni individuo possiede 2 geni per la globina  (1 su ogni cromosoma 11) L’alterazione di entrambi i geni ( talassemia omozigote, o talassemia major, o malattia di Cooley) determina una condizione grave, caratterizzata dall’assenza o dalla spiccata riduzione della sintesi di catene ; dopo elettroforesi della emoglobina la HbA appare parzialmente o del tutto assente e sostituita dalla HbF, mentre i livelli di HbA2 sono variabili Se il difetto molecolare è invece a carico di uno solo dei due geni  presenti nel normale patrimonio genetico ( talassemia eterozigote, o talassemia minor, o tratto talassemico), l’incremento nella sintesi delle catene  ad opera dell’altro gene attivo assicura un livello complessivo di emoglobina di poco inferiore ai valori normali; dopo elettroforesi dell’emoglobina si osserva un caratteristico aumento dei livelli di HbA2 (>3,5%), mentre i livelli di HbF sono variabili

anemia a cellule falciformi L’emoglobina S (HbS) è caratterizzata dalla sostituzione dell’amminoacido idrofilico glutamina (GAG) con l’amminoacido idrofobico valina (GTG) in posizione 6 della catena  In presenza di basse tensioni di ossigeno le molecole di HbS polimerizzano trasformando l’emoglobina prima in un gel viscoso e poi in cristalli birifrangenti che deformano il globulo rosso e gli fanno assumere una caratteristica forma a falce (sickle) I globuli rossi falcizzati perdono la flessibilità necessaria ad attraversare il microcircolo, e vengono captati e distrutti dai macrofagi (anemia emolitica); la diagnosi di anemia falciforme si basa sulla identificazione della HbS mediante elettroforesi delle emoglobine

anemie normo-macrocitiche basso numero di reticolociti: anemie da insufficienza midollare numero di reticolociti normale: anemie da perdita di sangue (fase iniziale) alto numero di reticolociti: anemie emolitiche

anemia da insufficienza midollare Le anemie da insufficienza midollare sono anemie causate da disordini primitivi del midollo che determinano una alterata produzione di precursori indirizzati verso il differenziamento in senso eritroide; sono anemie normocitiche e normocromoche con reticolociti scarsi o del tutto assenti Se il deficit midollare interessa anche le altre linee cellulari midollari, all'anemia si associano leucopenia e piastrinopenia (pancitopenia)

anemia aplastica: eziologia - forme idiopatiche (60%) - forme ereditarie, quali la anemia di Fanconi, rara malattia autosomica recessiva associata a multiple anomalie somatiche (ipoplasia del rene e della milza, anomalie ipoplasiche dell’osso, particolarmente a carico del pollice e del radio) e ad anomalie citogenetiche, causate da un difetto di riparazione del DNA - forme acquisite, da sostanze mielotossiche quali: farmaci (cloramfenicolo, antineoplstici, quinacrina, fenilbutazione, fenitoina, carbamazepina) sostanze chimiche (benzene, toluidina, insetticidi, alcool, arsenico) radiazioni ionizzanti (radioterapia, esplosioni nucleari, incidenti ad impianti nucleari) virus (HIV, parvovirus, virus dell’epatite C, virus di Epstein Barr, citomegalovirus, Herpex zoster)

anemia da emorragia acuta Una emorragia acuta importante riduce rapidamente il volume ematico totale e innesca meccanismi compensatori che consistono nell’aumentare la velocità del battito cardiaco e nell’espandere il volume circolatorio a spese del liquido extravasale; il ripristino della volemia causa la comparsa dei segni dell’anemia: infatti il liquido richiamato in circolo diluisce le cellule rimaste determinando una caduta graduale del valore dell’ematocrito durante le successive 24 - 72 ore I livelli di eritropoietina aumentano entro 6 ore ed entro 24 ore diviene evidente la reticolocitosi, che raggiunge il picco dopo 6-10 giorni; se non ci sono altre perdite di sangue e i depositi di ferro consentono una eritropoiesi normale, la reticolocitosi scompare quando la massa eritrocitaria è completamente ripristinata, il che avviene generalmente entro una trentina di giorni

anemie emolitiche Le anemie emolitiche costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da una ridotta sopravvivenza in circolo dei globuli rossi per prematura distruzione; elementi di laboratorio comuni a queste forme di anemia sono: il marcato aumento dell’eritropoiesi nel midollo osseo, nel tentativo di compensare la perdita di emazie, con conseguente aumento della percentuale di reticolociti circolanti l’accumulo dei prodotti del catabolismo dell’emoglobina, con aumento della bilirubinemia indiretta solitamente non oltre i 4 – 5 mg/dL nei casi di emolisi intravascolare: deplezione di aptoglobina nel sangue periferico e presenza di emoglobinuria

emolisi intra- ed extra-vascolare Ogni giorno circa l’1% dei globuli rossi circolanti (contenenti dai 5 ai 6 grammi di emoglobina) viene rimosso dai fagociti mononucleati del sistema reticolo-endoteliale (SRE) e sostituito con reticolociti; tale processo viene definito emolisi extravascolare Solo il 5 – 10% dell’intero processo emolitico fisiologico avviene nei vasi sanguigni con un processo, chiamato emolisi intravascolare, che libera emoglobina in circolo; nel plasma l’emoglobina libera viene captata dalla aptoglobina: tale azione impedisce la perdita di emoglobina con il filtrato glomerulare e consente il trasporto dalle emoglobina al fegato ed al SRE per il recupero del ferro L’aptoglobina è in grado di captare circa 100 mg di emoglobina libera / 100 ml di plasma: quando la concentrazione ematica di emoglobina libera diventa superiore alla capacità dell’aptoglobina di legare l’emoglobina stessa, si ha la comparsa di emoglobina nelle urine (emoglobinuria); la deplezione di aptoglobina è quindi un segno di emolisi intravascolare recente, mentre il riscontro di emoglobinuria è indice di una emolisi intravascolare massiva

deplezione di aptoglobina: emolisi intravascolare recente deplezione di emopessina: emolisi intravascolare importante emoglobinuria: emolisi intravascolare massiva aumento di metaemalbumina: emolisi intravascolare cronica

lattico deidrogenasi (LDH) L’LDH catalizza la conversione reversibile del lattato in piruvato ed è virtualmente ubiquitaria; l’enzima è costituito una molecola tetramerica formata da 2 subunità (H: heart e M: muscle) dalla cui diversa combinazione derivano 5 forme isoenzimatiche (LD1 – LD5); le diverse forme enzimatiche della LDH hanno una distribuzione caratteristica nei vari tessuti, in relazione alla prevalenza di un metabolismo glucidico aerobio o anaerobio: così, miocardio ed eritrociti sono ricchi delle isoforme LD1 e LD2 in cui prevale la subunità H, mentre fegato e muscolo scheletrico sono ricchi delle isoforme 4 e 5 in cui prevale la subunità M - le isoforme LD1 e LD2 aumentano caratteristicamente nell’ infarto del miocardio (LD1/LD2 > 1) e nelle anemie emolitiche (LD1/LD2 < 1) - le isoforme LD3, LD4 e LD5 risultano frequentemente aumentate in soggetti affetti da tumore in stadio avanzato - le isoforme LD4 e soprattutto LD5 aumentano nel corso di numerose epatopatie

anemie emolitiche: classificazione Anemie emolitiche ereditarie da cause intraglobulari, o intrinseche (ereditarie): da alterazioni della membrana eritrocitaria (es: sferocitosi ereditaria) da alterazioni degli enzimi eritrocitari (es: deficit di G6PDH) Anemie emolitiche da cause extraglobulari, o estrinseche (acquisite): mediate da anticorpi (alloimmuni e autoimmuni) non mediate da anticorpi

anemie emolitiche intrinseche da alterazione di componenti della membrana eritrocitaria Le anemie di questo gruppo sono causate da alterazioni del membrano-scheletro degli eritrociti prodotte da deficit qualitativi o quantitativi di proteine strutturali. In queste patologie gli eritrociti sono caratterizzati da una ridotta deformabilità, da perdita di frammenti del doppio strato lipidico e da un accumulo di calcio nella membrana con conseguente aumento della sua rigidità. Nel microambiente dei sinusoidi splenici lo stress metabolico (in particolare l’accumulo di metaboliti acidi) e l’azione meccanica favoriscono la prematura lisi dei globuli rossi ad opera delle cellule del sistema reticolo-endoteliale, causando una emolisi extarvascolare. L’andamento cronico di queste patologie, che comprendono la sferocitosi ereditaria, l’ellissocitosi, la piropoichilocitosi, la stomatocitosi, è a volte complicato da periodi di emolisi acuta alla quale segue un grado variabile di anemia con reticolocitosi e iperbilirubinemia.

reperti di laboratorio nella sferocitosi ereditaria Cellule ematiche e indici eritrocitari - anemia lieve (Hb 9-12 g/dl) MCV normale o lievemente diminuito MCHC elevata riscontro di sferociti nel sangue periferico reticolociti 5 – 7 % Test eritrocitari fragilità osmotica elevata Esami ematochimici lieve iperbilirubinemia indiretta urobilinogeno urinario aumentato

funzioni metaboliche dell’eritrocita L’eritrocita maturo ha un metabolismo relativamente semplice, sufficiente ad assecondare le sue modeste esigenze metaboliche; tali esigenze consistono essenzialmente nel: 1. mantenere il gradiente elettrolitico con l’ambiente extracellulare (sangue) alimentando le pompe sodio / potassio ATP-dipendenti; 2. mantenere il ferro dell’emoglobina allo stato ridotto (Fe++); 3. proteggere l’emoglobina e la membrana dagli agenti ossidanti. Per garantire queste funzioni, l’eritrocita utilizza una serie di prodotti della glicolisi anaerobia dalla quale ottiene, per ogni molecola di glucosio, 2 molecole di ATP e 2 molecole di NAD ridotto (NADH); in particolare: 1. l’ATP fornisce l’energia necessaria a sostiene il funzionamento della pompe di membrana sodio / potassio; 2. il NADH consente l’azione della metaemoglobina reduttasi, che provvede a ridurre la quota di emoglobina “ferrica” (Fe+++, ossidata) ad emoglobina “ferrosa” (Fe++); 3. da una variante della via glicolitica, la cosiddetta via dei pentoso fosfati, l’eritrocita rigenera glutatione ridotto il quale, grazie al gruppo sulfidrilico (SH) della cisteina, proteggere l’emoglobina e la membrana cellulare dall’azione degli agenti ossidanti.

anemie emolitiche intrinseche da alterazioni degli enzimi eritrocitari Per fare fronte alle proprie necessità metaboliche, gli eritrociti dispongono di una serie di diversi enzimi che garantiscono funzioni essenziali per la vita della cellula tra cui la fornitura di energia e la protezione dall’azione di agenti ossidanti; difetti congeniti di questi sistemi enzimatici sono associati a situazioni anemiche a patogenesi emolitica Tra queste forme di anemia, hanno particolare rilevanza clinica quelle dovute al difetto di due enzimi chiave del metabolismo del globulo rosso: la piruvato chinasi (PK), enzima della glicolisi anaerobia (unica fonte energetica per l’eritrocita) e, soprattutto, la glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), che svolge un importante ruolo come fattore di difesa dell’eritrocita dall’azione degli agenti ossidanti presenti in circolo

il metabolismo del globulo rosso H2O2 GLICOLISI ANAEROBIA O VIA DI EMBDEN-METERHOF GLUTATIONE GLUTATIONE RIDOTTO GLUCOSIO ATP ADP NADP NADPH glucosio  6  fosfato deidrogenasi GLUCOSIO  6  P 6  P GLUCONATO CO2 FRUTTOSIO  6  P PENTOSO  P ATP ADP SHUNT DEI PENTOSI O DEGLI ESOSOMONOFOSFATI FRUTTOSIO  1,6  di P GLICERALDEIDE  3  P metaemoglobina emoglobina metaemoglobina reduttasi NAD NADH 1  3  DI-FOSFOGLICERATO ADP ATP 3  FOSFOGLICERATO 2  FOSFOGLICERATO 2  FOSFOENOLPIRUVATO piruvato chinasi ADP ATP PIRUVATO LATTATO eliminato dall’eritrocita, che non possiede gli enzimi del ciclo di Krebs

anemie immunoemolitiche Da alloanticorpi: reazione emolitica trasfusionale (emolisi intravascolare se prodotta da anticorpi anti-A o anti-B; emolsi extravascolare se prodotta da anticorpi diretti contro il fattore di Rhesus) malattia emolitica del neonato Da autoanticorpi: da anticorpi caldi (IgG) primitive/idiopatiche da neoplasie (leucemia linfatica cronica, linfomi non Hodgkin, morbo di Hodgkin, carcinomi) da collagenopatie (LES) da farmaci (-metildopa, penicillina, chinidina) post infezione virale (varicella rosolia) da anticorpi feddi (IgM) forma acuta: fase di convalescenza di malattie infettive quali la polmonite da micoplasma e la mononucleosi infettiva forma cronica: idiopatica o in corso di malattie linfoproliferative

test di Coombs diretto Nel 1945 Coombs, Mourant e Race iniettarono siero umano intero in conigli ed ottennero così anticorpi anti-immunoglobuline umane (siero di Coombs); tali anticorpi si sono successivamente dimostrati di grande utilità come reagenti di laboratorio Il test diretto dell’antiglobulina (direct antiglobulin test - DAT), definito anche test di Coombs diretto, consente di rilevare la presenza di anticorpi e/o frazioni del complemento adesi alla superficie degli eritrociti; il test si esegue aggiungendo direttamente agli eritrociti lavati del paziente un siero ottenuto da coniglio immunizzato specificatamente con immunoglobuline umane e/o frazioni del complemento: la presenza di immunoglobuline o frazioni del complemento adese agli eritrociti provocherà la agglutinazione degli eritrociti stessi

test di Coombs indiretto Il test indiretto dell’antiglobulina (indirect antiglobulin test - IAT), definito anche test di Coombs indiretto, consente di rilevare la presenza di anticorpi anti-eritrociti liberi nel siero del paziente Il test si esegue aggiungendo al siero del paziente globuli rossi con un’ampia gamma di antigeni eritrocitari; se sono presenti anticorpi, questi si fisseranno alla membrana degli eritrociti e, dopo aggiunta di un siero antiglobuline umane, si verificherà l’agglutinazione

anemie emolitiche estrinseche non mediate da anticorpi anemia macroangiopatica (protesi valvolari) anemia microangiopatica (CID, PTT) anemia da traumi meccanici (emoglobinuria da marcia, suonatori di bongo, praticanti il karate) anemia da danni termici emolisi associata ad infezioni (Plasmodium falciparum, Streptococchi, Hemofilus influenzae) ipersplenismo emoglobinuria parossistica notturna: mutazione somatica del gene PIG-A, sul cromosoma X, che determina un deficit della fosfoproteina di membrana GPI (glicosil fosfatidil inositolo), la quale protegge l’eritrocita dall’azione del complemento

anemie megaloblastiche Le anemie megaloblastiche sono caratterizzate da un difetto nella sintesi del DNA in presenza di una normale sintesi di RNA e di emoglobina. In queste condizioni la maturazione citoplasmatica precede quella nucleare e la blocca precocemente, con produzione di eritroblasti di grandi dimensioni (megaloblasti) incapaci di dividersi in maniera adeguata e per questo più fragili e maggior rischio di morte intramidollare (eritropoiesi inefficace); gli eritrociti che riescono a maturare e ad entrare in circolo sono di dimensioni aumentate (macrociti). Le anemie megaloblastiche riconoscono due cause fondamentali: deficit di vitamina B12 deficit di folati

ruolo della vitamina B12 e dell’acido folico nella sintesi del DNA acido deossiuridilico acido timidilico DNA trasferimento di unità monocarboniose CH2 = THF DHF acido folico THF DHF: acido diidrofolico THF: acido tetraidrofolico metionina vitamina B12 (metilazione) omocisteina N5 - metil THF

vitamina B12 e acido folico

anemia perniciosa L’anemia perniciosa, considerata la causa più frequente di deficit di cobalamina (vitamina B12), è dovuta alla insufficiente produzione di fattore intrinseco conseguente sia alla distruzione autoimmunitaria delle cellule parietali dello stomaco a secrezione acido-peptica (atrofia gastrica), sia alla produzione di autoanticorpi diretti contro lo stesso fattore intrinseco; le forme più rare di anemia megaloblastica in cui il deficit di vitamina B12 è secondario ad altre cause vengono definite “anemie perniciosiformi” Oltre ai segni generali di anemia, i pazienti con deficit di vitamina B12 presentano bruciori alla lingua, che appare “levigata”, e disturbi neurologici conseguenti a demielinizzazione dei nervi periferici (parestesie) e del midollo spinale (deambulazione difficoltosa); tali condizioni mancano invece nelle anemie da deficit di folati

reperti di laboratorio delle anemie megaloblastiche cellule ematiche e indici eritrocitari: anemia grave (HGB intorno ai 3 g/dL) macrocitosi (MCV 100 - 140 fl) con anisocitosi numero di leucociti e piastrine spesso ridotto macropolimorfonucleati ipersegmentati > 5% numero di reticolociti basso rispetto al grado di anemia midollo osseo: iperplasia eritroide marcata aspetto “megaloblastico” dei precursori di tutte le linee cellulari depositi di ferro normali o elevati esami ematochimici: bilirubinemia (indiretta) elevata LDH molto elevata sideremia elevata

reperti di laboratorio differenziativi carenza di acido folico livelli sierici di acido folico ridotti carenza di vitamina B12 livelli sierici di cobalamina ridotti anemia perniciosa test di Schilling patologico anticorpi anti-cellule gastriche anticorpi anti-fattore intrinseco

approccio diagnostico allo studio delle anemie con indicazione delle analisi di laboratorio anemia: Hb < 12,5 g/dl nell’uomo Hb < 11,5 g/dl nella donna MCV < 80 fl microcitiche MCV 80 - 110 fl normo-macrocitiche MCV 115 - 140 fl megaloblastiche anemia sideropenica  sideremia  ferritinemia reticolociti normali: emorragia acuta anemia megaloblastica vitamina B12 acido folico reticolociti diminuiti: deficit midollare leucociti, piastrine, biopsia midollare anemia da malattia cronica  sideremia  ferritinemia reticolociti aumentati: anemia emoltica bilirubina, aptoglobina talassemia elettroforesi Hb