Le frane
Le frane sono tra i processi morfoevolutivi di peculiare importanza come agente morfoevolutivo primario per il modellamento dei versanti Per Almagià R.(1910) si considera frana “ogni forma accelerata e catastrofica della demolizione sub-aerea che sia effetto più o meno diretto della gravità” Castiglioni G.B. (1979) il termine frana indica “tutti i fenomeni di caduta e i movimenti di masse rocciose o di materiali sciolti, come effetto prevalente della forza di gravità”
La Commissione interministeriale per la sistemazione idraulica e la difesa del suolo definisce frana “ lo spostamento naturale di masse rocciose più o meno cospicue, sciolte o lapidee, che avviene con movimento veloce o lento sotto l’influenza della gravità ”. Vallario A. (1992) definisce così il fenomeno:” i movimenti franosi si possono ritenere, a scala umana, gli agenti fondamentali del modellamento dei versanti, specie laddove le condizioni geologiche favoriscono il prodursi di fenomeni ampi e continui ”.
I fattori che favoriscono, condizionano e determinano i movimenti franosi si possono distinguere in passivi,(per lo più costanti nel tempo come costituzione geologica, la configurazione topografica e le caratteristiche idrogeologiche), e fattori variabili o attivi che possono subire variazioni anche in tempi brevi (fattori climatici e vegetazionali).
Le cause dei movimenti franosi , costituite da tutte le azioni che turbano gli equilibri naturali di un pendio, possono essere distinte in: cause strutturali o predisponenti; cause occasionali o determinanti che possono ulteriormente essere distinte in naturali ed artificiali
Le cause strutturali o predisponenti sono quelle connesse ai fattori geologici, morfologici, idrogeologici, quali la forma e le dimensioni dei corpi geologici, i rapporti con quelli adiacenti, i tipi litologici, la giacitura degli strati, lo stato di fratturazione, l'alterazione delle roccie, la permeabilità, la pendenza dei versanti ecc.
Le cause occasionali o determinanti sono quelle che determinano in un dato momento l'alterazione degli equilibri naturali, quali: - "aumento del peso specifico" - "aumento dell'inclinazione del pendio" - "aumento di carico" - "diminuzione della coesione" - "diminuzione dell'attrito tra falda e substrato"
Tra le cause determinanti, sia naturali che artificiali, vi sono le sollecitazioni sismiche, quelle provocate da valanghe e da masse rocciose, da vibrazioni artificiali dovute ad esplosioni o al transito di mezzi pesanti e, non da ultimo, le azioni di disboscamento e di scavo.
Il peso P di una particella di terreno che poggia su di una superficie si divide in due parti: una (A) che preme sulla superficie di contatto e che, favorendo il grado di incastro della particella, aumenta la resistenza per attrito, e un’altra (B) che invece tende a farlo muovere e che viene detta forza di taglio
W = il peso di volume del terreno con gi eventuali sovraccarichi; P = la forza passiva di reazione; C = la coesione R = il raggio della superficie di rottura; X = la distanza del centro del cerchio di rottura dalla forza peso W; F = l’attrito interno del materiale; H = l’altezza del pendìo; L = la distanza del cerchio di rottura dal vertice del pendìo; S = l’inclinazione del pendìo. Le forze che entrano in gioco nella stabilità di un versante con superficie di rottura circolare.
Le verifiche di stabilità dei versanti
La classificazione delle frane La classificazione delle frane comunemente più utilizzata è quella proposta da Varnes (VARNES D.J.(1978): "Slope movements, type and process" Landslides: Analysis and Control-Transp. Board. Nat. Acad. of Sciences, Special report 176). I fenomeni franosi vengono distinti in base a due parametri fondamentali: 1) natura del materiale coinvolto; 2) tipologia del movimento di massa.
Natura del materiale coinvolto: rocce: coesione per cementazione e resistenza a compressione semplice >25 MPa. terre: comportamento attritivo e possibile presenza di coesione (legami di natura chimica ed elettrostatica fra le particelle).
Tipologia del movimento di massa CROLLO (fall): fenomeno che inizia con il distacco di terra o roccia da un pendio acclive lungo una superficie lungo la quale lo spostamento di taglio è nullo o limitato. II materiale si muove quindi nell'aria per caduta libera, rimbalzo e rotolamento.
I provvedimenti · reti con cemento a spruzzo e chiodatura · semplici reti, destinate a trattenere i blocchi di piccole dimensioni · bulloni, ancoraggi, tiranti per massi di dimensioni superiori a 0,5 metri cubi
· iniezione di resine per l’occlusione e la cementazione delle fenditure · speroni e gabbioni per il sostegno dei massi aggettanti · disgaggio e terrazzamento per l’eliminazione dei blocchi instabili e la riduzione delle pendenze · difese passive, quali reti paramassi, talora con trincee profonde (valli) per bloccare il rotolamento dei massi caduti
RIBALTAMENTO (topple): rotazione in avanti, verso l'esterno del versante, di una massa di terra o roccia, intorno ad un punto o un asse situato al di sotto del centro di gravita della massa spostata.
SCIVOLAMENTO (slide): movimento verso la base del versante di una massa di terra o roccia che avviene in gran parte lungo una superficie di rottura o entro una fascia, relativamente sottile, di intensa deformazione di taglio. Può essere rotazionale (rotational slump).
ESPANSIONE (spread): movimento di un terreno coesivo o di un ammasso roccioso, in seguito all'estrusione e allo spostamento di un livello di materiale meno competente sottostante, associate alla subsidenza della massa fratturata. La superficie di rottura non è una superficie di intensa deformazione di taglio. L'espansione può essere causata dalla liquefazione o dal flusso del materiale a bassa competenza.
COLAMENTO (flow): movimento distribuito in maniera continuata all'interno della massa spostata. Le superfici di taglio all'interno di questa sono multiple, temporanee e generalmente non vengono conservate. La distribuzione delle velocità nella massa spostata è analoga a quella all'interno di un fluido viscoso.
Elementi del corpo frana
Caratteristiche di una frana CORONAMENTO SCARPATA PRINCIPALE PUNTO SOMMITALE TESTATA SCARPATA SECONDARIA CORPO PRINCIPALE PIEDE PUNTO INFERIORE UNGHIA SUPERFICIE DI ROTTURA UNGHIA DELLA SUPERFICIE DI ROTTURA SUPERFICIE DI SEPARAZIONE MATERIALE SPOSTATO ZONA DI ABBASSAMENTO ZONA DI ACCUMULO ACCUMULO FIANCO
I provvedimenti (consigliati da Takahashi) sono i seguenti: · diminuzione dell’apporto di sedimenti nell’avvallamento destinato a dar luogo alla colata, mediante terrazzamenti e briglie; · estrazione dell’eccesso di detrito; · prevenzione dei dissesti laterali, che possono appesantire il corpo di frana; · rete di canali di drenaggio superficiali; · gradoni in terra (ground-sills) cioè briglie di terra poggianti sul substrato, intese a ridurre la velocità di movimento della colata.
Una volta delimitato il corpo franoso dal punto di vista areale, al fine di identificarne la struttura subsuperficiale e quindi tutti gli elementi atti a caratterizzarla (presenza di discontinuità, abbassamenti del suolo, spostamenti e deformazioni della superficie del versante), si attuano le seguenti operazioni:
· il posizionamento di capisaldi topografici, i cui spostamenti sono misurabili tramite rilevamenti eseguiti con GPS o con teodoliti, che permette di visualizzare le modificazioni plano-altimetriche dei versanti; · uno studio geofisico, con l’utilizzo di metodi geosismici e geoelettrici, che consentirà la misurazione indiretta dei parametri elastici dei corpi rocciosi coinvolti nel fenomeno franoso ed una valutazione della profondità della superficie di scivolamento sulla base della velocità delle onde sismiche dei diversi strati;
· le perforazioni, che permettono il prelievo di campioni e che, tramite prove di laboratorio, consentiranno di ricavare i parametri geotecnici dei terreni necessari alla valutazione e al calcolo relative alla stabilità del versante. Esse consentono inoltre di tracciare le sezioni geologiche necessarie per accertare e descrivere la struttura geologica del versante, evidenziando soprattutto i livelli con caratteristiche geotecniche scadenti. A tal fine, è opportuno che essi siano posizionati lungo allineamenti che permettano la costruzione di sezioni il più possibile rispondenti alla realtà;
· i piezometri, che permettono di ricostruire le modalità di deflusso delle acque sotterranee, e di ricavare indicazioni circa i rapporti fra sollevamento o abbassamento della falda acquifera a seguito degli eventuali movimenti registrati; · gli inclinometri danno l’entità degli spostamenti dalla relazione D = L sin a dove L è la lunghezza del tratto percorso dallo strumento con inclinazione a; la loro funzione è quella di permettere di identificare la profondità della superficie di rottura principale.Tale dato consentirà inoltre di tarare i dati forniti dalle indagini geofisiche.
Il progetto IFFI Con fondi del Comitato dei Ministri per la Difesa del Suolo ex lege 183/89 ed in collaborazione con le Regioni e le Province Autonome, è stato realizzato dal Servizio Geologico Nazionale (SGN) il Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia) al fine di supplire e uniformare la distribuzione dei dati relativi ai fenomeni franosi su tutto il territorio nazionale.E’ stato creato ad hoc un Gruppo di lavoro coordinato dal dott. M. Amanti del SGN e del quale fanno parte CNR, Regioni e Amministrazioni Statali.
Partendo dal documento redatto da SGN e CNR-GNDCI (Guida al censimento dei fenomeni franosi ed alla loro archiviazione, Miscellanea VII del Servizio Geologico Nazionale, 1996, Roma),il Gruppo di lavoro ha elaborato la struttura del Progetto, producendo l'allegato tecnico con i relativi allegati.( Si riportano qui di seguito le indicazioni tecniche e lo stato dell’arte del progetto, così come predisposto dal Gruppo di Lavoro).
Fornire un quadro certo, condiviso ed il più possibile omogeneo dello stato del dissesto a livello nazionale; Realizzare un Sistema Informativo contenente una cartografia informatizzata alla scala 1:25.000 ed il relativo database alfanumerico e iconografico, aggiornato e aggiornabile contenente tutti i dati censiti sulle frane in Italia; Fornire un contributo conoscitivo nel quadro più ampio degli strumenti necessari alla pianificazione territoriale a scala nazionale, nella valutazione qualitativa, quantitativa e tipologica del rischio per frana.
Il progetto AVI (Gruppo Nazionale per la difesa dalle catastrofi naturali, 1998) L’ obiettivo di lungo termine della ricerca è quello di progettare e sperimentare tecniche e metodologie per la definizione della pericolosità geologica ed idrologica a varie scale e di definire il rischio ad essa connesso in ambiti fisiografici differenti.
Il censimento AVI ed il suo successivo aggiornamento hanno permesso di raccogliere numerose informazioni su eventi di frana e d'inondazione e sulle località colpite da calamità geologiche ed idrauliche in Italia in quest'ultimo secolo. Tutte le informazioni ed i documenti raccolti sono stati archiviati a Perugia, presso l’ Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica nell’ Italia centrale.
Nell’ archivio sono disponibili oltre 17000 schede relative a frane ed oltre 7000 schede relative ad inondazioni. Le informazioni si riferiscono ad oltre 15.000 località (9086 per le frane e 6456 per le inondazioni) molte delle quali colpite più di una volta. Le informazioni relative agli eventi di frana sono oltre 16.000 mentre quelle relative agli eventi di inondazione sono oltre 15.000. Sono 5497 i comuni italiani (il 67% del totale) che risultano essere stati colpiti o da frane (47,6%) o da inondazioni (42,8%). Il 22% dei comuni è stato colpito sia da frane che da inondazioni.
L'effetto degli incendi sulla stabilità dei versanti
Un terreno interessato dal fuoco risulta normalmente ricoperto di vegetazione o lettiera, il suo strato superficiale è abbastanza ricco di sostanza organica che, tra l’altro, costituisce il cemento che, tenendo unite le varie particelle minerali, si oppone alle azioni disgregatrici degli agenti erosivi. Al passaggio del fuoco la sostanza organica subisce una pirolisi ed una trasformazione del suo stato di aggregazione. Le frazioni a più basso peso molecolare e più volatili evaporano, si disperdono nell’aria eventualmente incendiandosi a loro volta e comunque non si trovano più come costituenti del terreno.
Le frazioni più pesanti invece diventano sempre più fluide, distillano e migrano lungo il profilo del terreno nel quale, per effetto del calore soprastante, si è formato un gradiente termico. Le varie frazioni organica in pratica sprofondano e si ridepositano solo quando incontrano strati più freddi, lontano dalla superficie e dal suolo riscaldato dal fuoco.
Studi di laboratorio (Savane et al Studi di laboratorio (Savane et al., 1972) hanno indicato che le sostanze organiche derivate da pirolisi di materiali vegetali sono altamente idrorepellenti. Dopo il passaggio del fuoco (vedi foto), lo strato superficiale è molto impoverito di sostanza organica, risulta perfettamente bagnabile o meno cementato, le sostanze organiche residue (idrocarburi alifatici a lunga catena e residui catramosi) si depositano nell’orizzonte sottostante dove costituiscono un vero e proprio strato impermeabile. Nel caso di piogge intense, la sequenza dei fenomeni fin qui descritti assume un aspetto particolare ed un interesse non secondario.
Infatti , una parte dell’acqua piovana si infiltra rapidamente nello strato superficiale perfettamente bagnabile e quando giunge sullo strato impermeabile, l’infiltrazione viene rallentata ed il terreno superficiale si impregna d’acqua. Inizia così, a causa della pendenza del versante, un flusso laterale interno che, sommandosi allo scorrimento superficiale, anche a causa della riduzione della copertura vegetale, causerà in breve tempo lo scivolamento e l’asportazione dello strato di terreno superficiale.
Da un’analisi sulle modificazioni indotte dal fuoco sui suoli forestali, si è potuto osservare che il sott’orizzonte O1 è completamente sparito dal suolo bruciato ed il sott’orizzonte O2 si è profondamente modificato. Poiché l’orizzonte O in questo caso corrisponde alla lettiera, è chiaro che questo è un effetto importante indotto dal fuoco. Ciò che rimane dell’orizzonte organico nel suolo interessato dall’incendio, da quanto si è potuto constatare praticamente, è costituito in gran parte da radici dissecate e mescolate a residui carboniosi della lettiera e della vegetazione erbacea, arbustiva ed in parte arborea soprastante.