Il caso clinico III prova

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Il caso clinico III prova Dott.ssa Zoppi Alessia alessiazoppi@yahoo.it

Alcune precisazioni teoriche Spesso parleremo di sintomi e livello semiotico, ma la diagnosi richiederebbe anche il livello semiologico e eziopatologico.

Cosa vi viene chiesto? Siete Psicologi al primo colloquio con un paziente; Non avete strumenti terapeutici; Il vostro unico strumento è la diagnosi clinica; Lo scopo è l’inquadramento della condizione del paziente e l’invio al percorso terapeutico più idoneo.

Lo scopo del Primo Colloquio Comprendere la specifica condizione del paziente; Creare una diagnosi; Proporre un intervento terapeutico.

Tappe essenziali del colloquio clinico Analisi della domanda Segni e sintomi Possibili diagnosi ipoteticamente strutturata Test di sostegno alla diagnosi Invio terapeutico

Gli strumenti del colloquio (Consiglio: Semi, A. A. (1985) Gli strumenti del colloquio (Consiglio: Semi, A.A. (1985). Tecnica del Colloquio. Milano: Raffaello Cortina) Ascolto sistematico e attento; Linguaggio; Posizione empatica, non giudicante; Costruzione di uno spazio relazionale e in cui è possibile aprirsi; Raccolta materiale clinico, anamnestico, ma anche esperienza soggettiva e vissuto individuale; Costruzione di ipotesi mentali;

Il colloquio: parti 1) Anamnesi = storia clinica del paziente, da racconti dello stesso o tramite ciò che viene riportato indirettamente dai familiari; raccoglie informazioni rispetto: La storia individuale: lo sviluppo del paziente. La storia familiare: familiarità o transgenerazionalità di un sintomo. La storia del sintomo: malattia attuale; da quando è manifesto; con che frequenza si presenta; se ci sono episodi precedenti; se ci sono state altre manifestazioni significative associate; se è stabile o ingravescente. 2) Le aree di vita funzionali: lavoro, relazioni sentimentali, interpersonali, impegni sociali. 3) La semiotica: segni e sintomi 4) L’esperienza soggettiva e lo stato mentale (direttamente e indirettamente percepito dal clinico): come si sente il paziente; se il disturbo è egosintonico o egodistonico; se ne è consapevole o meno; lo stato di sofferenza vissuto dal paziente (vissuti emotivi). 5) Stato esteriore: curato, non curato, eccentrico, posato, controllato, etc. 6) Informazioni paraverbali: come si esprime (linguaggio forbito, semplice, etc); tono della voce; come si esprime, come si comporta, movimenti, sguardo, manierismi, tic, etc.

Gli aspetti positivi Molto spesso nel primo colloquio ci si concentra sugli aspetti disfunzionali (sintomi, deficit, aspetti egodistonici, etc.) ma è importante anche sottolineare aspetti positivi e funzionali. Lo scopo è: Valutare la gravità del problema (frequenza, gravità, recidività, etc.); Identificare i possibili punti di forza che possono facilitare il lavoro di terapia; Costruirci come clinici un’idea completa del paziente; Sfruttare i punti di forza del paziente. “psicopatologia progressiva” (Benedetti, 1992): quantum di progressivo esiste nel sintomo stesso.

Cosa manca? Una volta identificati gli indizi necessari, sottolineare sempre cosa secondo voi andrebbe indagato ed è mancante nella descrizione clinica. Sottolineare sempre che “LE IPOTESI A NOSTRA DISPOSIZIONE NON CI CONSENTONO DI COMPIERE UNA DIAGNOSI CERTA MA SOLO IPOTESI DIAGNOSTICHE”.

Esempio: La madre di G. un ragazzino di 13 anni, figlio unico, che frequenta per la seconda volta la prima media, si presenta nel mese di febbraio per un colloquio con lo psicologo del Servizio Materno-Infantile dell’ASL. Allo psicologo riferisce che G., a detta degli insegnanti, litiga a volte con i compagni, mostra scarsa partecipazione alle lezioni, ha un rendimento scolastico alquanto scadente, specie alle prove orali, quando spesso risponde con difficoltà e a volte fa ‘scena muta’. La madre, casalinga di 45 anni, aggiunge che a casa G. è taciturno, si isola nella sua stanza dove ascolta musica a tutto volume, ha un solo amico che però frequenta poco…

Diagnosi questa prova richiede un lavoro “superficiale” dal punto di vista diagnostico Diagnosi descrittiva = è il percorso che consente di condurre un gruppo di fenomeni (segni o sintomi) ad una categoria descrittiva (sindrome nosografica). Attraverso colloquio clinico e tecnica psicometrica: - La prima si rifà all’esame diretto del paziente tramite il colloquio e la raccolta e l’analisi dei sintomi. - La seconda riguarda l’apporto dato da un insieme di strumenti testistici (qualitativi o quantitativi).

I DUE LIVELLI DELLA DIAGNOSI La diagnosi come un concetto che rappresenta unicamente una etichetta superficiale (nomotetica); lo scopo è inquadrare un segno esprimibile in un linguaggio universalmente condiviso ma che è di poco aiuto al trattamento psicologico (Satir, 1986); - La diagnosi con funzione gnoseologica (idiografica); si tende a identificare il funzionamento di un essere umano, indagando aspetti emotivi, cognitivi, comportamentali, interpersonali, di esperienza soggettiva, grazie al quale è possibile la messa a punto di una adeguata terapia (Ackerman, 1958).

LA DIAGNOSI TEORICO-ORIENTATA il modello teorico determina la scelta delle aree da indagare, poiché lo scopo è valutare il soggetto rispetto alla possibilità di intervento teorico-centrico. Es: diagnosi psicodinamica operazionalizata - OPD- (Lalli, 2005) 1) VISSUTO E STORIA DEL DISTURBO. BIOGRAFIA E ANALISI DELLA DOMANDA. Si evidenziano le emozioni e l’importanza che il soggetto attribuisce al disturbo; inoltre si descrive la storia medica e psichiatrica del paziente. 2) MODALITÀ RELAZIONALE. La modalità si evince da quanto riferisce il paziente circa le sue modalità relazionali fondamentali del presente e del passato e dall’analisi del transfert. 3) CONFLITTI. Si evidenziano le modalità difensive, il livello di adattamento e se tali conflitti sono reattivi o stabili della personalità. 4) STRUTTURA. Evidenzia i tratti di personalità più importanti, il livello di evoluzione e l’adeguatezza o meno di tale struttura nei confronti delle situazioni esistenziali. 5) NOSOGRAFIA DESCRITTIVA. Evidenzia i principali sintomi psicopatologici e li categorizza secondo il sistema adottato come l’ICD 10 o il DSM IV o altri. In quest’Asse sono da riportare eventuali concomitanti disturbi somatici ed eventuali comorbidità. 6) INDICE DI VALUTAZIONE GLOBALE. Funzionalità psico-sociale.

La diagnosi 1)Diagnosi NOSOGRAFIA: (consiglio: Tatarelli, R. (2006). Psichiatria per problemi. Roma: Giovanni Fioriti.) - Sintomo attuale: Far sempre riferimento al manuale da cui si attinge la classificazione, DSM? ICD? - Diagnosi differenziale: entro la stessa classe di disturbi; tra classi diversi; - Comorbilità: ASSI (I e II). SCOPO = CLASSIFICARE

I sintomi attuali durata frequenza intensità gravità contesti in cui si presentano situazioni antecedenti/conseguenti ricorrenza come la malattia modifica le reazioni e la vita sociale del paziente e i suoi conseguenti vissuti emotivi

NON è MAI CHIESTO DI PROPORRE UNA SOLA DIAGNOSI L’obiettivo del compito è valutare come il futuro psicologo si sappia muovere dentro le rigide costrizioni nosografiche, congiungendo intuizioni cliniche allo scopo di migliorare la conoscenza soggettiva del paziente. Perché? Nessun caso è mai uguale ad un altro!

Per cui consiglio di lavorare con un processo a cluster Si valutano tutti i sintomi attuali Si valuta come possano integrarsi in un quadro sindromico Si producono diverse proposte diagnostiche

Il percorso mentale del clinico Potremmo dire che la forma di ragionamento utilizzabile è: Analisi dei sintomi in modo sommativo: “disforia e discontrollo degli impulsi, cosa ci fanno pensare?” Analisi lineare e sequenziale: “a una prima fase di depressione è seguita una fase di espansività, iperattività, riduzione dell’appetito e del bisogno di sonno..” Analisi longitudinale: “a 12 anni E.C. si presentava come un ragazzo particolarmente timido, remissivo ed isolato. A 19 anni emergono sintomi di idee di riferimento, allucinazioni, …” Bottom-up o top-down: a seconda che si aderisca alla diagnosi classificatoria o si aggiunga un processo comprensivo.

Le ipotesi diagnostiche tristezza rabbia Paura abbandono Timore Essere Lasciati Soli A provvedere a Se stessi Disforia? BPD? Come spiego la tristezza? Come bisogno di sostegno da parte degli Altri? DPD?

2) Diagnosi dimensionale (consiglio testi esame di Psicologia Clinica):si analizzano i singoli sintomi come manifestazione del funzionamento del soggetto a livello emotivo, cognitivo, comportamentale, interpersonale, etc. SCOPO = COMPRENDERE ES: Il soggetto A.M. si presenta lamentando uno stato di profonda tristezza, associata a fenomeni saltuari di rabbia immotivata e aggressività verbale verso l’altro, che si manifestano soprattutto quando si sente lasciato solo a provvedere a se stesso. - IL QUADRO NON CORRISPONDE AD ALCUNA PRECISA CATEGORIA DEL DSM. - ANALIZZIAMO I SINGOLI SINTOMI COME DIMENSIONI COESISTENTI NELLA CONDIZIONE DI A.M.

L’interpretazione di senso co-costruita con il paziente Nell’ottica di un approccio funzionale è necessario non soffermarsi mai alla sola classificazione nosografica, ma cercare di co-costruire, tramite idonee domande cliniche, il significato o senso, del sintomo nel funzionamento del paziente. Esempio: un sintomo di comportamento suicidario avrà significato diverso in un paziente con Depressione Maggiore, in un paziente con Disturbo Borderline di Personalità e in un adolescente o in un adulto che ha perso al gioco tutti i suoi soldi ed è senza lavoro.

La diagnosi testologica (Del Corno, F. , Lang, M. (2002) La diagnosi testologica (Del Corno, F., Lang, M. (2002). La diagnosi testologica. Milano: Franco Angeli) Test “un reattivo psicologico è una misura obiettiva e standardizzata di un campione di comportamento” (Anastasi, in Boncori, 1993). Deve essere valido e attendibile. Deve essere idoneo a misurare ciò che vogliamo indagare. Deve essere applicabile sul soggetto indagato. Deve rispondere a dubbi clinici in merito alla diagnosi.

Assessment Screening= la probabile identificazione di malattie o deficit non riconosciuti con altre tecniche di indagine; Symptom Behavior-oriented= formulare la o le diagnosi; Differential therapeutics= indicazione/controindicazione del trattamento; Focus di intervento = sintomo rilievo di maggior; Valutazione dell’andamento del trattamento;

La batteria testica Prevede sempre un gruppo di test che ci diano risultati a più livelli (nomotetici-idiografici), rispetto più aree (cognitive, cliniche, emotive, etc.), e più sindromi (ASSI).

Screening Segni > sintomi > sindrome; Batteria testistica: Strumenti di valutazione clinica globale (es:SCL-90); Strumenti di valutazione di specifici quadri sintomatologici che corrispondono alle vostre ipotesi diagnostiche (es: BDI; STAI;etc) Diagnosi di personalità (es: MMPI-2; SWAP-200; proiettivi Rorschach) Deficit cognitivi (es: WAIS) Specifiche dimensioni (es: BIS-11 per la tendenza all’impulsività; o scala di valutazione del rischio suicidario) Aspetti evolutivi (es: A.A.I)

Lo scopo Rispondere ai dubbi diagnostici; Confermare le ipotesi diagnostiche; Proporre nuove aree di indagine; Rafforzare la scelta terapeutica;

Ipotesi ezio-patogenetiche Analisi delle cause (meccanismo di insorgenza) e dello sviluppo della patologia, ovvero dei meccanismi con cui si intrecciano le cause e i fattori determinanti lo stabilirsi e svilupparsi della malattia. L'eziopatogenesi può essere certa (determinabile con esattezza), multifattoriale (riconducibile a diversi fattori), incerta, sconosciuta o misconosciuta. Ci si riferisce sempre ad uno o più modelli teorici: è bene proporre sempre più ipotesi eziopatogenetiche. Ad un approccio teorico multifattoriale, corrisponde una proposta di intervento integrata.

Es: eziologia dell’ansia, modello multifattoriale. Nel modello freudiano l’ansia è un affetto dell’Io. L’Io controlla l’accesso alla coscienza e, attraverso la rimozione, si distacca da qualunque associazione con gli impulsi istintuali dell’Es… La teoria cognitiva sostiene che nei disturbi d’ansia si presenti un difetto di elaborazione dell’informazione, che può essere visto come una preoccupazione o fissazione relativa al concetto di pericolo e imprevisto… La teoria biologica sostiene l’esistenza di due vie corticali che elaborano gli stimoli stressogeni, una via alta ed una bassa… Le osservazioni non hanno potuto dirimere se si tratta di iperattività dei centri che determinano le scariche emotive o se, al contrario, prevalga il deficit del controllo e della modulazione attivato dalle aree corticali frontali e prefrontali.

La terapia (Roth, A. , Fonagy, P. (2005) La terapia (Roth, A., Fonagy, P. (2005). Psicoterapie e prove di efficacia. Quale terapia per quale paziente. Roma: Pensiero Scientifico) Il problema della scelta dell’intervento: quale intervento è più idoneo al trattamento del nostro paziente? Quali sono gli aspetti particolarmente rilevanti da trattare? Aspetti soggettivi? Familiari? Emotivi? Comportamentali? Come è strutturato il nostro paziente? È in grado di svolgere un certo tipo di lavoro terapeutico?

Nella scelta della terapia dobbiamo considerare: Il sintomo con maggiore urgenza di trattamento; La condizione generale del paziente; La possibilità di intervento tailored e a più livelli: individuale, familiare, sociale; Il focus di ogni singolo intervento proposto.

SPESSO VIENE CHIESTO DI FARE QUESTO: Analisi dell’: Integrazione /diffusione identità (Forza dell’Io, Super-Io), Difese, Controllo Impulsi, Consapevolezza del disagio, Esame di Realtà, Continum Nevrosi-Borderline-Psicosi. Particolare attenzione al continuum espressivo- supportivo proposto in Gabbard (Psichiatria Psicodinamica, 2005) e proposta terapeutica in base all’ analisi della struttura del paziente.

Ruolo della psichiatria Psichiatria: considerare sempre l’eventuale intervento psichiatrico farmacologico. Le sindromi sono trattabili con farmacoterapia congiunta a psicoterapia.

Intervento integrato Fare riferimento alle connessioni tra teoria e modello operativo; Fare riferimento a setting diversi; Spiegare come ogni intervento giochi su specifici fattori di cambiamento, teorizzati nel modello del disturbo.

E ora tocca a voi…

Un caso clinico Monica è una giovane impiegata di 28 anni, che su indicazione del medico di famiglia si rivolge ad uno psicologo per meglio capire e sperando di risolvere una serie di disagi che da più di sei mesi stanno limitando la sua vita professionale e personale. La paziente comunica subito all’inizio del colloquio clinico, di provare sensazioni di intenso disagio come irrequietezza sensazioni di soffocamento, ansia ,preoccupazioni eccessive, che rendono difficili le sue attività e i suoi spostamenti. La difficoltà psicologiche nel controllare lo stato di forte preoccupazione che la invade, soprattutto quando deve uscire da sola, la portano da qualche tempo a evitare degli appuntamenti importanti o a chiedere l’accompagnamento di persone di fiducia. E’ giunta dallo psicologo accompagnata dalla madre,la quale si mostra molto apprensiva e legata fortemente alla figlia,della quale appare condividere in modo eccessivo i vissuti psichici. Il padre della giovane è deceduto quando la ragazza aveva sedici anni. Comunica altresì di sentirsi facilmente affaticabile,di avere difficoltà di concentrazione, di essere irritabile anche per futili motivi e di addormentarsi e mantenere il sonno con difficoltà. Si chiede al candidato : di ipotizzare una diagnosi in base ai dati forniti. di approfondire alcuni vissuti e alcune aree di tipo emotivo-relazionale presentate dalla paziente. di indicare quali strumenti diagnostici utilizzerebbe per integrare oltre il colloquio il processo diagnostico. di ipotizzare ,secondo un approccio teorico prescelto, un eventuale trattamento terapeutico.

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Grazie …. ...e in bocca al lupo!