ESTRAZIONE dei PIGMENTI FOTOSINTETICI IISS “Mattei” – Rosignano S. (LI) Laboratorio di BIOLOGIA classe IV-V A LICEO TECNOLOGICO Prova N.1 slide n. 24 ESTRAZIONE dei PIGMENTI FOTOSINTETICI
(camera CROMATOGRAFICA) Materiali e Strumenti mortaio + pestello FOGLIE di SPINACIO (SPINACIA OLERACEA L.) N.4 barattoli di vetro (500ml) con tappo (camera CROMATOGRAFICA)
stuzzicadenti per spiedini nastro adesivo etichette di carta adesiva matita forbice H2O alcool etilico denaturato al 95% CARTA DA FILTRO assorbente cucchiaio
FASI della PROVA di LABORATORIO 1) METODICA SEMPLICE FASE PRELIMINARE: etichettare il materiale occorrente FASE I : estrazione dei pigmenti FASE II: preparare la camera cromatografica e la fase stazionaria FASE III: filtrare il miscuglio FASE IV: separazione dei pigmenti FASE V: osservare i risultati
Fase PRELIMINARE: ETICHETTARE IL MATERIALE OCCORRENTE foglie + alcool camera cromatografica filtrato foglie + acqua
Fase 1: ESTRAZIONE DEI PIGMENTI spezzettare le foglie di spinacio mettere le foglie spezzettate nel mortaio e aggiungere un po’ di solvente (circa 40 ml di alcool etilico) schiacciare il materiale con il pestello fino ad ottenere un omogenato e continuare finché quest’ ultimo assume una colorazione verde scuro l’estrazione dei pigmenti si considera completa quando il residuo nel mortaio e’ completamente bianco (l’ acetone o l’alcool etilico estrae i pigmenti dalle foglie degli spinaci) inserire l’ omogenato nel barattolo n.1 e coprire con alcool etilico mescolare e premere sulle foglie con un cucchiaio chiudere il barattolo con il tappo attendere circa 15-30 m. SUGGERIMENTI: per un’estrazione dei pigmenti completa, eseguire le fasi descritte in precedenza un giorno, oppure immergere il barattolo, contenente le foglie di spinacio con il solvente, in una pentola con acqua che precedentemente è stata bollita a 100° c
CLOROFLLA a C55H72O5N4Mg La clorofilla rappresentata è la clorofilla a, cioè il principale pigmento fotosintetico di tutti gli organismi fotosintetizzanti. E’ costituita da un anello tetrapirrolico polare con al centro un atomo di magnesio, che si scioglie nell’alcool, a cui è legata una catena idrocarburica apolare di un alcool a 20 C, il FITOLO
tagliare una striscia di carta da filtro Fase n. 2: PREPARARE LA CAMERA CROMATOGRAFICA E LA FASE STAZIONARIA spezzare uno stuzzicadenti ed incastrarlo ai bordi internamente al barattolo di vetro n. 3 (camera cromatografica) tagliare una striscia di carta da filtro Fase n. 3: FILTRARE IL MISCUGLIO FILTRAZIONE N.1 Filtrare l’omogenato, con l’ausilio di una garza o di un colino, in un barattolo (n. 4) FILTRAZIONE N.2 Un ulteriore separazione può essere eseguita trasferendo il filtrato n.1 in un imbuto di carta da filtro assorbente, adagiato in un imbuto di plastica o di vetro su di un barattolo di vetro (n.5) Quello che si ottiene e’ il filtrato n. 2
la FILTRAZIONE la filtrazione è la tecnica che si utilizza per separare i componenti solidi da miscugli liquidi o gassosi si utilizzano particolari filtri di carta assorbente, opportunamente piegati a forma di cono, che, inseriti in un apposito imbuto, permettono il passaggio della parte liquida, il filtrato, mentre trattengono il residuo solido. il soluto viene trattenuto dal filtro in quanto le particelle con dimensioni maggiori dei pori della carta non riescono ad attraversarla.
Fase n. 4: SEPARAZIONE dei PIGMENTI inserire un po’ (circa 20- 30 ml) di filtrato nel barattolo n. 3 posizionare la carta da filtro verticalmente all’ interno del barattolo contenente il filtrato, in modo che peschi nella soluzione stessa avvolgere la carta da filtro allo stuzzicadenti, fissandola con nastro adesivo chiudere il barattolo osservare estrarre la striscia di carta prima che il solvente raggiunga il bordo superiore
CONCLUSIONI Con questa esperienza è stato possibile dimostrare che nelle foglie verdi sono presenti in realtà più sostanze colorate, anche se a prima vista sembra che ne sia presente una sola di colore verde: la clorofilla
2) METODICA CLASSICA
ESTRAZIONE DEI PIGMENTI FOTOSINTETICI Preparare una miscela di benzina, etere di petrolio e acetone nel rapporto 10:2,5:2 e versarla sul fondo della vaschetta di vetro così da riempirla per circa 1-2 cm. Coprire ermeticamente e attendere che l’aria all’interno si saturi di vapore. Durante l’attesa, tagliuzzare con le forbici alcune foglie verdi, pestarle in un mortaio insieme a 30 ml di acetone fin quando si forma una soluzione intensamente colorata di verde Filtrare la soluzione Con la pipetta Pauster prelevare una piccola quantità della soluzione e deporne una goccia ad un’estremità della striscia di carta, a circa 2-3 cm dal bordo. Asciugare con il phon (non troppo vicino) o attendere alcuni minuti, quindi deporre un’ altra goccia nello stesso punto
Ripetere più volte questa operazione fin quando il miscuglio deposto non sia intensamente colorato in verde Far attenzione a che la carta sia ben asciutta tra una deposizione e la successiva, al fine di non allargare troppo la zona di deposizione Aprire la vaschetta e, nel minor tempo possibile, attaccare con il nastro adesivo l’estremità della striscia, in cui non è stato deposto il campione, alla parete della vaschetta, in modo tale che la striscia sia parzialmente immersa nella miscela presente sul fondo. Fare attenzione a che la zona di deposito del campione non sia immersa nella miscela presente sul fondo ma disti da questa 0,5-1 cm. Richiudere e attendere 30’. Trascorso questo tempo, aprire la camera, estrarre la striscia ed osservarla
RISULTATI Zona di deposizione del campione FRONTE DEL SOLVENTE BANDA GIALLO- ARANCIONE: caroteni BANDA GIALLO- LIMONE: xantofille BANDA VERDE- AZZURRO: clorofilla a BANDA VERDE- GIALLO: clorofilla b Zona di deposizione del campione
DISCUSSIONE RISULTATI sulla carta appaiono, già dopo 5-10’ che è stata deposta nella vaschetta, alcune bande colorate dall’alto al basso (dalla zona più lontana al punto di deposizione): banda giallo-arancione (più idrofoba)= caroteni banda giallo-limone= xantofille banda verde-azzurro= clorofilla a banda verde-giallo= clorofilla b
La CROMATOGRAFIA Il termine cromatografia è usato per indicare un gruppo di tecniche separative che hanno alcune caratteristiche in comune. La principale caratteristica è che in tutte si ha la possibilità di separare da una miscuglio omogeneo i vari costituenti in base alla migrazione differenziale dei componenti della miscela stessa. La separazione è resa possibile dal fatto che i vari componenti si distribuiscono in modo diverso tra una fase fissa (detta fase stazionaria) ed una fase mobile (eluente) che, per capillarità, trascina i componenti del miscuglio. Precisamente il composto idrofobo si moverà più velocemente, mentre il composto idrofilo si muoverà più lentamente perché tenderà a legarsi alle molecole di cellulosa che costituiscono la fase fissa. Al termine di questo processo i composti risulteranno separati, con il composto idrofobo molto più distante dal punto di deposizione iniziale del miscuglio e il composto idrofilo più prossimo invece a tale punto
CROMATOGRAFIA su CARTA Cromatografia su colonna Nella cromatografia su carta la fase fissa idrofila è costituita dalla cellulosa delle fibre della carta e la fase mobile idrofoba è un eluente organico (un solvente puro oppure una miscela di solventi) immiscibile con l’acqua esempio acetone o alcool etilico. Oltre alla cromatografia su carta esistono altri tipi di cromatografia: Cromatografia su colonna Gas-cromatografia
La CAPILLARITA’ Considerando un insieme di tubi di vetro posti verticalmente in un recipiente contenente acqua, ci accorgiamo che se i tubi hanno un diametro interno abbastanza grande l' acqua raggiunge in tutti la stessa altezza (uguale a quella dell' acqua nel recipiente). Se però alcuni di questi tubi sono molto sottili, cioè dei tubi capillari (della dimensione di un capello), l'acqua raggiunge in essi un' altezza maggiore. Il livello raggiunto dall' acqua è tanto più alto quanto più il tubicino è sottile. si chiama capillarità il fenomeno per cui in un tubo capillare l'acqua raggiunge un' altezza maggiore quanto più piccolo è il diametro del tubo
(LEUCOPLASTI) AMILOPLASTI I PLASTIDI I PLASTIDI sono organuli citoplasmatici tipici della cellula eucariotica vegetale. Sono abbastanza grandi che possono raggiungere un diametro di 3÷ 6 micron e quando vengono osservati al microscopio ottico, appaiono cospicui non soltanto per le loro dimensioni ma perchè contengono spesso pigmenti (sostanze colorate) Il microscopio elettronico mostra che i plastidi come i mitocondri sono racchiusi da una doppia membrana. Si ditinguono in: CLOROPLASTI CROMOPLASTI (LEUCOPLASTI) AMILOPLASTI
3. AMILOPLASTI (LEUCOPLASTI) CLOROPLASTI i CLOROPLASTI contengono il pigmento verde clorofilla e svolgono la fotosintesi 2. CROMOPLASTI I CROMOPLASTI contengono i pigmenti gialli o arancioni o rossi detti carotenoidi (pigmenti liposolubili) che sono affini alla vitamina a e in realta’ ne sono la fonte i cromoplasti si sviluppano dai cloroplasti invecchiati mal ridotti prima della caduta della foglia o durante la maturazione dei frutti con un processo di modificazione che implica una perdita di clorofilla e vasti cambiamenti strutturali:. Sono presenti nei petali di moti fiori, nella buccia di vari frutti, nelle foglie ingiallite o nelle radici di alcune piante (carota) 3. AMILOPLASTI (LEUCOPLASTI) GLI AMILOPLASTI sono detti anche leucoplasti, presenti nelle cellule non-verdi, sono plastidi incolori che convertono lo zucchero in granuli di amido, che vengono accumulati come riserva di energia per le future necessità della pianta. La patata, per esempio, ne è molto ricca
Struttura del CLOROPLASTI I cloroplasti, nelle piante superiori, sono piccoli e numerosi ed hanno generalmente una forma ovoidale con un diametro massimo di 3-10 m. La struttura interna di un cloroplasto mostra evidenti relazioni con quella che è la sua funzione fotosintetica CLOROPLASTO all’interno della cellula vegetale Se, infatti, si osserva un cloroplasto al microscopio elettronico, all'interno del rivestimento esterno, costituito da una doppia membrana, si nota una serie di membrane sovrapposte e collegate fra loro in modo da ottenere il massimo sviluppo di area superficiale: sono le membrane fotosintetiche, quelle in cui si trovano "ancorati" i pigmenti destinati a catturare la luce solare.
ambiente extratilacoidale (stromatico) Ad un ingrandimento maggiore, queste membrane si mostrano ripiegate su se stesse a formare tante vescicole, dette TILACOIDI, tutti intercomunicanti e continue tra di loro a costituire un sistema di membrane chiuso. I TILACOIDI sono immersi in una matrice, detta stroma, caratterizzata da un alto contenuto di proteine (specialmente enzimi, tra i quali quelli destinati a formare i carboidrati) Il sistema tilacoidale, di conseguenza, delimita due ambienti plastidiali: ambiente extratilacoidale (stromatico) ambiente intratilacoidale (luminale) Ultrastruttura del CLOROPLASTO