Liceo Scientifico Statale “Gaetano Salvemini” Sorrento (Na)

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Transcript della presentazione:

Liceo Scientifico Statale “Gaetano Salvemini” Sorrento (Na) Anno Scolastico 2005/06 Corso di Geografia Generale Classe V G Prof. Augusto Festino Modulo 2 Unità Didattica 2 Il Vulcanismo Campano

L'origine del vulcanismo campano è strettamente legato alle fasi tettoniche Plio-Pleistoceniche a carattere distensivo che hanno portato allo smembramento del margine occidentale della parte centrale della catena appenninica e alla creazione della depressione della Piana Campana. Infatti durante la formazione della Piana Campana si sono create le condizioni per la formazione e per la risalita dei magmi che hanno alimentato l'attività eruttiva dei vulcani campani. Nella Piana Campana si rinvengono tre aree vulcaniche principali: il vulcano di Roccamonfina, il Distretto Vulcanico Flegreo (che comprende Napoli, i Campi Flegrei e le isole di Ischia e Procida), ed il complesso vulcanico del Somma-Vesuvio. In epoca storica si sono verificate eruzioni ad Ischia, ai Campi Flegrei ed al Vesuvio.

Schema geologico della provincia di Napoli

Il Vesuvio, o più propriamente il Somma-Vesuvio, è un vulcano strato di medie dimensioni che raggiunge un’altezza massima di 1.281 m s.l.m. Esso è costituito dal più vecchio vulcano del M. Somma, la cui parte sommitale sprofondò generando una caldera, e dal più recente vulcano del Vesuvio, cresciuto all’interno di questa caldera.  L’attività vulcanica nell’area del Somma-Vesuvio risale ad almeno 400.000 anni fa, età di alcune lave trovate in perforazioni profonde 1.345 m.  La storia dell'apparato vulcanico Somma-Vesuvio è iniziata circa 25.000 anni fa con l’accrescimento del Somma a seguito di eruzioni prevalentemente effusive e subordinatamente esplosive, di bassa energia. Tale attività è durata fino a circa 19.000 anni fa ed ha determinato la formazione dell’apparato vulcanico del Somma il cui probabile profilo è ricostruito in rosso nell'immagine sottostante. La parte settentrionale di questo edificio più antico è ancora ben conservata ed è rappresentata dall'attuale Monte Somma. 

Con la prima eruzione pliniana delle Pomici di Base, avvenuta 18 Con la prima eruzione pliniana delle Pomici di Base, avvenuta 18.300 anni fa, è cominciato il collasso dell’apparato vulcanico del Somma e la formazione della caldera a seguito dello sprondamento della parte sommitale. Dopo questo evento l’attività vulcanica e le successive fasi di sprofondamento hanno contribuito alla formazione del vulcano più giovane, il Vesuvio. L’attività di questo vulcano, accresciutosi all’interno della caldera del Monte Somma, è stata caratterizzata da una grande variabilità sia del tipo di eruzioni che della composizione chimica dei magmi emessi.  La variabilità del comportamento eruttivo del Vesuvio è riconducibile, in prima approssimazione, all'alternanza tra periodi a condotto aperto, e lunghi periodi a condotto ostruito, con assenza di attività, seguiti da grandi eruzioni pliniane o subpliniane. I periodi a condotto aperto sono caratterizzati da attività stromboliana persistente, frequenti effusioni laviche e sporadiche, ma più devastanti, eruzioni miste sia effusive che esplosive.

Eruzione del 79 d.C. Il 24 agosto dell’anno 79 d.C. il Vesuvio rientrò in attività dopo un periodo di stasi durato circa otto secoli, causando la distruzione delle città romane di Pompei, Ercolano e Stabia. Veduta attuale del Vesuvio dagli scavi di Pompei. L'eruzione è stata studiata da molti autori (Lirer et al., 1973; Sigurdsson et al., 1985; Barberi et al., 1989; Cioni et al., 1999; Gurioli et al., 2002). L'eruzione fu caratterizzata da tre fasi eruttive principali:  1) fase di apertura freatomagmatica;  2) fase principale pliniana; 3) fase freatomagmatica, nel corso della quale si ebbe la formazione della caldera. 

La successione stratigrafica dei depositi dell'eruzione del 79 d. C La successione stratigrafica dei depositi dell'eruzione del 79 d.C. può essere suddivisa in 8 differenti unità eruttive, caratterizzate da differenti distribuzioni areali

Distribuzione areale dei depositi da caduta  (in azzurro) e dei depositi da flusso piroclastico (in rosso) dell'eruzione del 79 d.C.

Sequenza di depositi dell'eruzione del 79 d.C. in una cava a Terzigno

4 grandi eruzioni piniane Storia eruttiva Tra il 79 e il 1944: Crescita del Vesuvio attuale attività persistente a condotto aperto interrotta da periodi di stasi conclusi da eruzioni esplosive. tra il 1631 e il 1944 tra il X e il XII (?) tra il V e l’VIII tra il I e il III secolo Tra ca.18.000 e 2024 anni fa: 4 grandi eruzioni piniane Pomici di Pompei alternate a una dozzina di eruzioni esplosive medie o piccole tra 30.000 (?) e 20.000 anni: Formazione del M.Somma 2

periodi di attività persistente La storia del Vesuvio è caratterizzata dall’alternanza irregolare tra periodi di attività persistente a condotto aperto e periodi di riposo a condotto ostruito chiusi da eruzioni esplosive di magnitudo variabile

Quando il condotto è aperto…. ….lo stile eruttivo varia da tranquillamente effusivo a Stromboliano Violento, a esplosivo freatomagmatico Fase stromboliana violenta del 1822 Colate di lava del 1760 Fase freatomagmatica finale del 1906

K-tefrite - Kfonotefrite Quando il condotto è aperto…. si individuano “cicli” di attività volumi di magma emesso = 0.01-0.1 km3 composizione dei prodotti = K-tefrite - Kfonotefrite

Le eruzioni che segnano a riapertura del condotto dopo periodi di riposo di lunghezza variabile…. Pinatubo 12 Giugno 1991 ore 8.51 ….sono esplosive, polifasate, in genere caratterizzate da una fase pliniana principale e fasi iniziali e finali a carattere freatomagmatico Vesuvio, 1631

volumi emessi = 0.2-0.5 fino a >3*109m3 Pliniane Subpliniane

Evouzione geomorfologica Collassi calderici segnano lo svuotamento di grandi camere magmatiche superficiali 4 collassi principali durante le 4 eruzioni pliniane

da Ktefrifonolite a Kfonolite, da latite a Ktrachite nelle eruzioni che segnano la riapertura del condotto dopo periodi di riposo di lunghezza variabile…… Composizioni: da Ktefrifonolite a Kfonolite, da latite a Ktrachite

Il Sistema Magmatico Il vulcano è alimentato periodicamente da masse discrete (valutate ciascuna a 5-10 milioni di m3) di magma di provenienza profonda Queste “infornate” di magma fresco entrano in camere magmatiche piu’ o meno superficiali, piu’ o meno grandi. Quando il condotto e’ aperto e la camera e’ piena, ogni nuovo arrivo innesca un’eruzione (che potremmo definire “di trabocco”). Quando il condotto e’ ostruito, la camera continua a crescere fino al verificarsi di un’eruzione (in genere violentemente esplosiva).

Alimentazione magmatica Negli ultimi 3-4000 anni il volume cumulativo di magma emesso dal Vesuvio e’ variato con il tempo in modo abbastanza lineare (i dati sono comunque largamente speculativi), indicando lo stato sostanzialmente stazionario del vulcano (per lo meno a livello di alimentazione). Il volume di magma entrato nel sistema vesuviano dopo il 1944 e’ stimato nell’ordine dei 200 milioni di m3.

200 milioni di metri3 di magma emessi nel corso di una singola eruzione esplosiva darebbero luogo ad un’eruzione subpliniana di magnitudo simile a quella del 1631. L’eruzione del 1631 e’ stata per questo assunta come evento di riferimento per l’eruzione massima oggi attesa al Vesuvio. Lo scenario dell’ “Evento Massimo Atteso a medio termine (EMA)” e’ il risultato della combinazione di dati di terreno, di dati storici e di simulazioni numeriche basate su modelli fisici.

Apertura freatomagmatica

Colonna eruttiva sostenuta Eruzione del 1631 Isopache (cm) Fase di colonna sostenuta

Colate piroclastiche

Lento esaurimento Simulazioni effettuate sui 4 bacini scelti

Propensione alla formazione di lahars nei bacini sorgenti ricoperti da piroclastiti sciolte La propensione è stata valutata utilizzando criteri morfometrici (distribuzione delle pendenze, densità di drenaggio, rapporto di rilievo).

Civil Defense main actions Table 2 - Scientific alert levels level alert state volcano state Civil Defense main actions 6 ERUPTION IN PROGRESS maximum   eruption in progress - That part of yellow zone affected by heavy fallout is evacuated (within Campania region) NO ALERT low typical background values - none 1 ATTENTION medium departure from back-ground values of one monitored indicator - Population is alerted 2 high departure from back-ground values of one monitored indicator sugge-sting a possible preeruptive state - Prefecture provides logistic support to the scientific community 3 PRE-ALARM very high departure from back-ground values of more than one monitored indicator suggesting a possible preeruptive state - Cabinet declares the State of Emergency - The Civil Defense model of intervention is activated 4 ALARM Several indicators are coherent with a preeruptive state - Red zone is evacuated (outside Campania region) 5 WAITING data indicate preeruptive conditions; situation probably irriversible - Civil Defense and scientific operators leave the Red Zone 7 AFTER THE eruption is over; attention has to be payed to possible late phenomena (mudflows, gas emission, ...) - The State Department of Civil Defense defines modalities of return of population. - The State of Emergency is revoked   R.Santacroce 2003

Campi Flegrei I Campi Flegrei sono un campo vulcanico all’interno del quale, negli ultimi 39 ka, sono stati attivi più di settanta centri eruttivi differenti. La depressione dei Campi Flegrei viene generalmente interpretata come una struttura calderica. Questa deriva dalla sovrapposizione di due episodi di sprofondamento (Orsi et al., 1996) connessi con le eruzioni dell’Ignimbrite Campana (39 ka; De Vivo et al., 2001) e del Tufo Giallo Napoletano (15 ka; Deino et al., 2003). La caldera Flegrea è la struttura più evidente del Distretto Vulcanico Flegreo, che comprende, inoltre, la città di Napoli, le isole vulcaniche di Procida ed Ischia, e la parte nord-occidentale del Golfo di Napoli. L’attività vulcanica del Distretto Flegreo, è connessa agli eventi tettonici distensivi che hanno determinato la formazione della depressione, compresa tra il M. Massico a nord e la penisola sorrentina a sud, che prende il nome di graben della Piana Campana.

Storia vulcanica e deformativa L’età di inizio del vulcanismo nell’area flegrea non è precisamente noto: sequenze di lave e piroclastiti di circa 2 milioni di anni di età sono state incontrate in perforazione tra Villa Literno e Parete (Barbieri et al., 1979; Di Girolamo et al., 1984; Rosi e Sbrana, 1987); mentre in affioramento i prodotti vulcanici più antichi hanno un’età di circa 60 ka e sono costituiti principalmente da depositi piroclastici e da resti di duomi lavici (Alessio et al., 1973; Cassignol e Gillot, 1982; Pappalardo et al., 1999). L'interpretazione di nuovi dati stratigrafici sia di superficie che provenienti da perforazioni, anche alla luce di tutti i dati geologici, geomorfologici, petrologici e geofisici disponibili in letteratura, ha consentito recentemente (Orsi et al., 1996; Di Vito et al., 1999) una più dettagliata ricostruzione della storia vulcanica e deformativa della caldera flegrea. La geologia di superficie è stata ricostruita facendo riferimento ai depositi dell'Ignimbrite Campana (39 ka) e del Tufo Giallo Napoletano (15 ka) che, in virtù della loro distribuzione areale e continuità laterale, costituiscono utili orizzonti guida. 

Eruzione e collasso calderico L'Ignimbrite Campana è il prodotto della maggiore eruzione esplosiva avvenuta nell'area campana. Durante tale eruzione furono emessi, da un centro ubicato nei Campi Flegrei, circa 150 km3 di magma di composizione da trachitica a trachifonolitica, che ricoprirono un'area di circa 30.000 km2. Al termine di questa eruzione i due terzi della Campania apparivano ricoperti da una coltre di tufi spessa fino a 100 m, mentre enormi volumi di cenere vulcanica rimanevano sospesi nell’atmosfera causando, probabilmente, sconvolgimenti climatici estesi all’intero pianeta. La caldera Flegrea copre un'area di circa 230 km2 e racchiude tutti i centri eruttivi attivi dopo l'eruzione dell'Ignimbrite Campana. Assumendo uno sprofondamento di circa 700 m in media, come suggerito dalle perforazioni profonde (AGIP, 1987), il volume collassato è di circa 160 km3, in buon accordo con il volume stimato di magma eruttato nel corso dell'eruzione (150 km3).

Caldera Ignimbrite Campana

FINE