La coscienza morale dei cristiani si trova ad essere imbavagliata e ridotta al silenzio. Coloro che osano manifestarla in pubblico, sono vittime di diverse forme di persecuzione. Non è da escludere che forse si giunga al giorno in cui addirittura la Bibbia venga censurata e chi dovesse osare citarla venga trattato come un criminale.
Difatti l’atmosfera sociale in cui viviamo non favorisce certamente la necessaria differenziazione tra bene e male, ma al contrario la rende più oscura e relativa.
Per noi, cristiani e cattolici, i criteri morali non dipendono dalle statistiche o dalle correnti maggioritarie o minoritarie di opinione, bensì dalla legge naturale, inscritta nella coscienza degli uomini, ed illuminata dalla Parola di Dio nelle Sacre Scritture, lette nel solco della Tradizione della Chiesa e garantite nella loro autentica interpretazione dal Magistero dei legittimi pastori, ed anzitutto dal Vescovo di Roma, successore di Pietro nelle responsabilità che Gesù gli ha affidato per tutte le Chiese.
Un’espressione autentica degli insegnamenti morali della Chiesa si trova nella Terza Parte del Catechismo della Chiesa Cattolica, dal numero 1691 al numero Il cattolico non soltanto aderisce agli insegnamenti dogmatici della Chiesa, ma anche alla sua dottrina morale, che, in ultima istanza, deriva dai precedenti come loro logica e coerente conseguenza.
Se alcuni studi statistici avessero la pretesa di stabilire come buono e morale qualcosa che contraddice la dottrina della Chiesa, dovremmo dire chiaramente che la verifica statistica di ciò che succede non è il criterio per stabilire ciò che deve succedere.
L’uomo, ferito nella sua natura e nella sua intelligenza affetta dal peccato, agisce con frequenza contraddicendo ciò che dovrebbe essere, arrivando anzi a sviluppare argomenti per giustificare le sue condotte immorali.
Paul Bourget scrisse, alla fine di una delle sue novelle, che quando non si vive in conformità a ciò che si pensa, si finisce col pensare nel modo in cui si vive.
Il peccato è, parlando generalmente, un disordine morale, cioè un comportamento di una creatura intelligente e libera che non si conforma al proprio dover essere. Presenta una dimensione interna, dal momento che qualsiasi peccato è una deformità rispetto a quello che dovrebbe essere il modo corretto di agire, conformemente alla natura propria della persona umana. Ma presenta anche una dimensione esterna, poiché si configura come una trasgressione della legge morale e, pertanto, costituisce una disobbedienza.
Bisogna aver presente che il termine “peccato” si applica a realtà assai diverse tra loro. Se parliamo ad esempio di peccato originale, ci riferiamo alla situazione in cui nascono tutti gli esseri umani, come conseguenza ereditaria del peccato personale dei progenitori, trasmesso a tutti i loro discendenti.
Il peccato originale fu commesso dai progenitori Adamo ed Eva, ma i loro discendenti propriamente non lo “commettono”, piuttosto lo “contraggono” senza un atto personale.
La sua principale conseguenza è stata la perdita della grazia di Dio nei progenitori ed il concepimento dei loro discendenti privati della stessa grazia. La natura umana rimase così ferita e deformata nella ricerca del bene.
In questo modo si può ben vedere come la definizione di peccato, che prima abbiamo delineato, non si sovrappone esattamente alla realtà del peccato originale, il quale coinvolge ogni persona ma che non procede da un vero e proprio atto personale.
Non è questa la sede per approfondire ulteriormente il tema del peccato originale, perché l’oggetto di questo studio è propriamente il pentimento, che, come è stato detto, non è possibile applicare al peccato originale.
Ora procediamo nella considerazione dei peccati personali, quelli cioè che provengono da un atto libero di chi li commette. La tradizione della Chiesa distingue tra peccati gravi o mortali, che privano della grazia di Dio in quanto incompatibili con il suo amore, ed altri invece lievi o veniali e che, anche se caratterizzati da un certo disordine, non lo sono a tal punto da renderci nemici di Dio.
Affinché un atto si configuri come peccato grave, esso deve arrivare a contraddire la Legge di Dio in materia grave, come, ad esempio, il rinnegamento della fede, l’omicidio, l’adulterio, l’atto sessuale fuori dal matrimonio, l’appropriarsi illecitamente di una somma rilevante o di un oggetto di valore, la complicità con un’altra persona affinché commetta un atto gravemente peccaminoso, la corruzione dei bambini o degli adolescenti, il traffico di droghe o stupefacenti, l’irresponsabilità nel guidare macchine mettendo in pericolo la vita propria o degli altri, ed altre cose simili.
Si richiede, inoltre, che la persona artefice di un atto gravemente peccaminoso abbia chiara coscienza della sua gravità, cioè si renda conto che quanto sta facendo è diametralmente opposto alla Volontà di Dio.
Inoltre, sempre a proposito del peccato grave, colui che commette l’atto peccaminoso deve farlo con piena libertà, ossia non sotto pressione, né forzato da un’altra persona, né sotto condizionamento di fattori interni che possano limitare o addirittura escludere la libertà.
Commettere un peccato grave è la peggiore disgrazia che possa succedere ad una persona, qualcosa di ben più terribile di una malattia che metta in pericolo la vita biologica, o della perdita di una persona cara, o di un danno economico che privi di una parte in gente del patrimonio e del proprio benessere.
La vita del corpo è importante, ed è nostro dovere curarla, ma la vita della grazia è ancora molto più importante e per conservarla è necessario essere disposti a compiere anche grandi sacrifici, sino a perdere la vita corporale come fecero i martiri.
Il peccato veniale non implica una contrapposizione radicale alla Volontà di Dio. Non si tratta di un giro di 180° che ci “colloca contro Dio”. Lo si potrebbe paragonare ad una deviazione che non impedisce di raggiungere la meta, ma che riduce la velocità ed impedisce di arrivare nel minor tempo possibile alla destinazione desiderata.
Lo si potrebbe anche paragonare ad un vetro sporco o appannato che, anche se non impedisce totalmente la vista, consente tuttavia un immagine sfocata e confusa.
Il peccato veniale non fa quindi perdere la vita di grazia, ma incentiva la mediocrità, la pigrizia, la tiepidezza spirituale e tali mancanze incidono negativamente sul comportamento cristiano, sia personale che comunitario. Leggiamo nel Vangelo di San Luca che «chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto» (Lc 16,10).
Queste parole di Gesù costituiscono un importante avvertimento per non sottovalutare la fedeltà nelle cose piccole, giacché l’abitudine di non prendere seriamente in considerazione scelte che possono anche sembrare scarsamente rilevanti, può produrre un’insensibilità al momento di decisioni di più grande importanza.