Marx - Il Capitale Critica all’economia politica: la filosofia liberista di Smith NON è la descrizione di una legge naturale, ma un modello economico che si è realizzato nella storia per iniziativa principalmente della borghesia. Come tale il capitalismo è soggetto alla dialettica della lotta di classe. (cfr. il concetto di ideologia)
Legge di profitto Il denaro è una merce che ad un certo punto nella storia è stata usata come unità di riferimento per gli scambi, grazie alla sua non deperibilità. Tuttavia con l’affermazione del capitalismo di passa dalla dinamica M-D-M, in cui il denaro è un intermediario tra le merci, alla dinamica D-M-D’, in cui l’incremento di profitto è l’obiettivo di qualsiasi attività economica
La teoria del valore-lavoro Ogni merce si caratterizza per un valore d’uso, corrispondente alla sua funzione di strumento e per un valore di scambio, relativa alla sua possibilità di essere scambiata sul mercato con merci dotate di valore d’uso differenti Ciò che permette di rendere equivalenti merci con valore d’uso diverse è, secondo Marx, la quantità di lavoro necessaria alla produzione delle merci. Pertanto a valori d’uso differenti possono corrispondere valori di scambio equivalenti perché riconducibili alla stessa quantità di lavoro
Il feticismo delle merci Dietro ad ogni merce c’è quindi il lavoro di uno o più operai che ne stabilisce il valore di scambio. Ogni volta in cui acquistiamo una merce entriamo quindi in un rapporto sociale. Nell’economia capitalista questa dimensione sociale del mercato è nascosta e dimenticata. Le merci diventano feticci, divinità oggetto di venerazione, mentre vengono dimenticate nella loro vera natura di rapporti sociali
Profitto e plusvalore L’obbiettivo dell’economia capitalista è la produzione di profitto, ovvero l’incremento di capitale. L’unico mezzo che il capitalista ha per raggiungere questo obiettivo è la generazione di plusvalore, ovvero un incremento di valore del ricavo rispetto al valore dell’investimento
Plusvalore e pluslavoro La generazione di plusvalore è resa possibile esclusivamente dal pluslavoro, ovvero dalla quantità di lavoro non retribuito a danno dell’operaio di cui il capitalista può disporre. Il pluslavoro può essere diretto o indiretto. E’ diretto quando il capitalista ottiene che l’operaio lavori più ore a parità di guadagno o lo stesso numero di ore a fronte di una riduzione del salario. E’ indiretto quando l’operaio nello stesso tempo-lavoro incrementa la produzione grazie all’introduzione di macchine più veloci Lo sfruttamento è quindi condizione intrinseca e inscindibile rispetto alla produzione di profitto
La caduta tendenziale del saggio di profitto Tuttavia in questo nesso inscindibile tra profitto e sfruttamento si cela una delle contraddizioni fondamentali del capitalismo che lo consegna inevitabilmente a crisi di sovrapproduzione Sp = _Pv____ Cc + Cv L’aumento irreversibile del capitale costante, dovuto all’usura delle macchina comporta una tendenziale riduzione del saggio di profitto L’unico modo per arginare questo fenomeno e l’aumento di plusvalore, ovvero di pluslavoro, con la conseguente immissione sul mercato di più merci che i lavoratori non sono in grado di acquistare. Da qui le ricorrenti crisi di sovrapproduzione a cui il capitalismo va necessariamente incontro