Storia del pensiero economico a.a Prof. Massimo Fornasari

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Transcript della presentazione:

Storia del pensiero economico a.a. 2007-2008 Prof. Massimo Fornasari

Programma d’esame I parte - Nascita e consolidamento di una disciplina: dalla scolastica ai classici L'oggetto ed i metodi della scienza economica Il pensiero economico pre-classico: Valore ed etica dello scambio nel pensiero medievale: la prima scolastica; Economia politica e formazione dello Stato-nazione in età moderna: bullionismo; mercantilismo baconiano e mercantilismo evoluto Nuovi contributi al concetto di valore tra Seicento e Settecento: da Petty a Cantillon Il Cameralismo Alle origini del pensiero economico italiano Economia politica e riforme: la scuola fisiocratica. L'economia politica classica: Adam Smith: dalla teoria dei sentimenti morali alla “Ricchezza delle nazioni” Dopo Smith: Malthus, Say, Sismondi; David Ricardo: valore-lavoro, distribuzione della ricchezza, teoria dei vantaggi comparati. Karl Marx: la critica all'economia politica.

Programma d’esame II parte - Lo sviluppo del pensiero economico dall'Ottocento al Novecento I precursori del marginalismo e la sintesi milliana La “rivoluzione marginalista” W.S. Jevons; Léon Walras; Karl Menger; L'ortodossia neoclassica: A. Marshall; C. Pigou; i marginalisti italiani Tra le due guerre: da J. Schumpeter alla rivoluzione keynesiana Gli sviluppi del pensiero economico dopo Keynes. Il pensiero economico eterodosso: J. Galbraith; K. Polanyi; A. Hirschman; A. Sen.

L'oggetto ed i metodi della scienza economica

Tre aspetti relativi alla SPE l’oggetto della SPE I diversi approcci alla SPE I rapporti tra la SPE e le altre discipline

a) L’oggetto della storia del pensiero economico J. Schumpeter: “La storia di tutte le opinioni e desideri concernenti questioni economiche e specialmente di politica economica, che in una certa età e in un certo tempo fluttuano nella coscienza pubblica” A. Macchioro: “La storia degli strumenti di pensiero come tali e di scelte di pensiero, cioè di decisioni etico-civili … interessanti la sfera politica e sociale”

b) I diversi approcci alla storia del pensiero economico Cumulativo-incrementalista Rivoluzionista-catastrofista Relativista-mesologico

Storia economica e storia del pensiero a) prima diffusione dei principi di un’economia di mercato (1100- 1450 ca.) Scolastica (secc. XIII-XVI) b) formazione degli stati territoriali e sviluppo del cosiddetto capitalismo mercantile (1500 – 1750 ca.) Mercantilismo (1500 – 1750) c) critica delle politiche mercantilistiche e riformismo liberista Fisiocrazia d) avvio del processo di industrializzazione inglese e sue conseguenze sociali (dopo il 1750) Economia politica classica e critica marxista (1770 –1870)

Storia economica e storia del pensiero e) piena affermazione del capitalismo industriale (seconda metà sec. XIX) Marginalismo e scuola neo-classica (1870 –1920) teoria dell’equilibrio e micro f) crisi del capitalismo industriale e sviluppo dell’economia del welfare (anni Trenta del XX sec.-anni ’70) Dinamica economica, Keynes (1920 – 1970) g) dopo Keynes, crisi del welfare state, economie post industriali, globalizzazione (anni ’80 in poi) Monetaristi, post-keynesiani, problematiche del sottosviluppo e dello sviluppo sostenibile

c) La Storia del pensiero e le altre discipline 1) Storia del pensiero e storia economica Evoluzione sul lungo periodo della riflessione economica (storicamente determinata): influenza del contesto storico-economico Individuazione delle fasi dello sviluppo economico europeo

1) Storia del pensiero e storia economica J. A. Schumpeter (dall’introduzione alla Storia dell’analisi economica) Di tali campi fondamentali, la storia economica, che sbocca nei fatti dei nostri giorni e li comprende, è di gran lunga quello più importante. Desidero chiarire che se dovessi cominciare ora il mio lavoro nell’economia e avessi la possibilità di studiare a mia scelta soltanto uno di questi campi, la mia scelta andrebbe alla storia economica. E ciò per tre motivi Il primo è che l’oggetto dell’economica è essenzialmente un processo unitario nel tempo storico. Non si può sperare di comprendere i fenomeni economici di una qualsiasi età, compresa quella presente, senza una adeguata padronanza dei fatti storici e una adeguata misura di senso storico o di quella che può esser chiamata “esperienza storica” Il secondo motivo è che l’esposizione storica non può essere puramente economica, ma riflette inevitabilmente anche fatti istituzionali che non sono puramente economici: perciò lo studio della storia costituisce il metodo migliore per comprendere come i fatti economici e non economici sono in relazione gli uni con gli altri e come le varie scienze sociali debbono essere messe in relazione tra loro Il terzo motivo è il fatto che la massima parte degli errori fondamentali comunemente commessi nell’analisi economica è dovuta alla mancanza di esperienza storica, più che a qualsiasi altra deficienza nel corredo scientifico dell’economista.

c) La Storia del pensiero e le altre discipline 2) Storia del pensiero e scienza economica La scienza economica è una scienza relativamente giovane Il consolidarsi dell'economia di mercato ha reso possibile lo sviluppo di una scienza autonoma, che studia le forze di mercato e le loro relazioni esse rispondono a una logica e a principi in gran parte differenti da quelli che governano, per esempio, l'organizzazione politica o l’organizzazione giuridica della medesima società.

La scienza economica: contenuto e metodi La scienza economica si è dibattuta, tra due tipi di approccio dominanti: a) classico (ECONOMIA COME SCIENZA SOCIALE: impostazione MACRO) b) marginalista (ECONOMIA COME SCIENZA ASSIOMATICA, RIVELATRICE DEL COMPORTAMENTO RAZIONALE: impostazione MICRO)

K. Pribram In Pribram questa contrapposizione viene espressa come antitesi tra il nominalismo e il realismo concettuali Nominalismo = col quale P. intendeva il metodo induttivo, sperimentale Realismo = col quale P. intendeva il metodo deduttivo, assiomatico

Valore ed etica dello scambio nel pensiero medievale: la prima scolastica

Il pensiero economico pre-classico 3 principali filoni la scolastica il mercantilismo a) bullionismo; b) mercantilismo baconiano; c) mercantilismo evoluto 3) il pensiero cameralista

1) La scolastica Tommaso d’Aquino (1225-1274) Nel medioevo la filosofia scolastica attua una grandiosa opera di assimilazione dell’aristotelismo alla tradizione cristiano-romana Protagonisti di tale operazione intellettuale furono Alberto Magno e il suo allievo Tommaso d’Aquino (1225-1274) giusto prezzo e valore dei beni (valore intrinseco e valore impositus) valore della moneta l’uso del denaro (condanna del prestito ad interesse)

La cattedrale di Chartres in Francia La Torre di sinistra è caratterizzata dal campanile nuovo, costruito tra il 1145 ed il 1165, nelle nuove forme dell’arte gotica

1) La scolastica Etica ed economia nel pensiero medievale Nella visione aristotelico-scolastica: L’Economia è “governo della casa” e riguarda la sfera dei comportamenti individuali (Etica) e non quelli collettivi (Politica) Nell’ambito delle speculazioni sul comportamento individuale, le questioni economiche vengono sollevate allorché riguardano valutazioni etico-morali Pertanto l’economia non viene trattata come disciplina indipendente, ma solamente nell’ambito dell’Etica

1) La scolastica l’etica economica nel pensiero medievale Secondo la visione tomistica, l’intelligenza umana può raggiungere la verità attraverso il metodo speculativo, indirizzandosi a scoprire le tre grandi verità la legge divina, il diritto naturale, il diritto positivo, risultante dalle scelte e dalle convenzioni umane, comune a tutti i popoli (jus gentium) o specifico dei singoli Stati (jus civilis) Le questioni economiche sono trattate in gran parte nell’ambito dello jus gentium e in qualche caso nello jus naturalis

1) La scolastica Giusto prezzo e valore dei beni La tematica aristotelica del giusto prezzo dei beni viene risolta nella communis aestimatio, una sorta di valore ordinario di stima dei beni, ottenuta in assenza di monopolio: “… quel prezzo che prevale in un momento dato, secondo la stima del mercato, cioè il prezzo corrente al quale si vendono i beni in un luogo specifico” (S.Bernardino da Siena, 1431)

1) La scolastica Giusto prezzo e valore dei beni Il giusto prezzo è dunque il prezzo di mercato fissato in assenza di posizioni dominanti Il giusto prezzo è una proprietà intrinseca dei beni (bonitas intrinseca), che garantisce la giustizia commutativa, cioè lo scambio equivalente dei beni Il giusto prezzo è collegato al principio della giustizia distributiva, in base alla quale al termine dello scambio nessun individuo o ceto sociale si arricchisce o si impoverisce

1) La scolastica Giusto prezzo e valore dei beni La tesi del giusto prezzo si estende a quella del “giusto salario”, che è il salario che secondo la communis aestimatio garantisce al lavoratore un livello di vita adeguato al suo status Nella stessa ottica si ammette un profitto “equo” per i commercianti, quale compenso del servizio da loro prestato Da tutto ciò, è stato dedotto erroneamente l’abbozzo di una teoria che riconduce il valore dei beni al loro costo di produzione sulla base del principio dello scambio equivalente In realtà gli scolastici vedevano il valore dei beni correlato a tre principali caratteristiche (Piero di Giovanni Olivi, 1248-1298): utilità oggettiva o valore d’uso oggettivo (virtuositas) rarità o scarsità (raritas) utilità soggettiva del consumatore (complacibilitas)

1) La scolastica valore della moneta e uso del denaro La moneta, invece, non ha un valore intrinseco, ma solo un valore convenzionale imposto dal principe (impositus): la moneta non è considerata un bene capitale durevole quindi non può dar luogo a diritti d’uso (pecunia pecuniam non parit): da ciò la condanna dell’usura

La crisi della scolastica Con lo sviluppo dei commerci, nel basso medioevo i sistemi di pagamento e di concessione dei prestiti si fecero più complessi, tanto da rendere sempre meno chiara o meno individuabile la situazione di prestito a interesse Inoltre, con la crescita delle attività economiche, il prestito divenne non solo prestito al consumo ma anche prestito alla produzione

La crisi della scolastica La Chiesa Romana e gli scolastici iniziarono a giustificare forme di prestito ad interesse, sviluppando una complessa casistica di particolari situazioni ammissibili: 1) Damnum emergens: l’interesse come compenso per una perdita accertata (ad es. in in caso di mora del mutuatario) 2) Periculum sortis: l’interesse come compenso del rischio derivante dall’esercizio di attività produttive e commerciali (la moneta investita in capitali produttivi può generare un profitto e al mutuante si concede di rivendicare un interesse per eventuali perdite che ritiene di aver subito per aver concesso un prestito (S.Antonino da Firenze-XV Sec.) 3) Lucrum cessans: l’interesse come compenso del mancato guadagno derivante da possibili investimenti alternativi (costo opportunità) C. Dumoulin-XVI Sec.)

La crisi della scolastica e l’emergere del nominalismo La discussione sugli universali: secondo i realisti (= gli scolastici) gli universali sono i principi essenziali che definiscono la natura di tutte le cose, essi realmente esistono nella mente di Dio, in quella degli uomini e nelle cose stesse, a fondamento della loro realtà empirica la conoscenza della realtà si attua attraverso un processo deduttivo, che permette alla ragione umana di rivelare la struttura ontologica del mondo

La crisi della scolastica i nominalisti: gli universali non esistono nella realtà, essi sono atti (segni, nomi) dell’intelletto umano volti a unificare e classificare le cose, ma solo a posteriori la conoscenza della realtà si attua pertanto attraverso la conoscenza diretta delle cose, nei loro aspetti individuali, particolari ed empirici (Roger Bacon, 1214-1294; John Duns Scoto, 1266-1308; William Ockham, 1290-1348: sono tutti francescani) Solo l’esistenza di Dio non è frutto di speculazione, ma puro atto di fede a-razionale:

La crisi della scolastica La scuola occamista produce alla fine del medioevo riflessioni scientifiche di rilievo sull’economia: Jean Buridan (1290-1358): tenta di spiegare il valore delle merci non sulla base della loro sostanza, ma in quanto fenomeni relazionali ed espressione dei bisogni umani (il pane vale più per il povero che per il ricco) Nicolas d’Oresme (1320-1382): si distacca dall’idea di valore convenzionale della moneta, attribuendole un valore reale basato sul suo contenuto in metalli preziosi e arrivando a intuire la cosiddetta “legge di Gresham” secondo cui “la moneta cattiva scaccia quella buona”

La crisi della scolastica Dopo Occam: la teologia perde centralità nel sapere: emerge l’Umanesimo; la politica si svincola dalla morale (Machiavelli, 1516); la fede pone in discussione l’autorità costituita (Riforma Protestante, 1517) la vita culturale rinasce in rinnovate università dove lo Stato subentra alla Chiesa nel controllo dell’attività intellettuale rifioriscono gli studi filosofici e con essi ebbero grande impulso quelli scientifici un unico filo unisce l’Umanesimo civile alla rivoluzione scientifica dell’età moderna

La crisi della scolastica Alla base di tale rivoluzione culturale vi è l’emergere dell’Umanesimo civile: l’uomo il principale oggetto di attenzione culturale/rivalutazione della dimensione terrena e relazionale

La crisi della scolastica Dopo Machiavelli (Il Principe): l’economia come scienza della acquisizione: alla politica = la parte principale: al tutto, essa non si occupa più solo della famiglia (governo della casa) ma anche dello Stato (Antoyne de Montchrétien, Traité d’Oeconomie Politique, 1615)

Scienza economica e pensiero moderno L’Economia si definisce “Politica”, quindi relativa alla sfera pubblica-collettiva-nazionale L’Economia Politica si distingue dalla Politica propriamente detta: La Politica ora riguarda l’accumulazione e la gestione del potere (perde le finalità etico-morali) L’Economia Politica riguarda l’accumulazione e la gestione della ricchezza

Economia politica e formazione dello Stato-nazione in età moderna: a) bullionismo; b) mercantilismo baconiano c) mercantilismo evoluto

2) Il mercantilismo Non è mai esistita una scuola di pensiero che si autodefinisse “Mercantilista” Il termine fu coniato da Victor de Mirabeau (1715-1789) ed utilizzato da Adam Smith per indicare l’insieme delle idee economiche prevalenti nelle corti e negli Stati europei tra il 1500 ed il 1750 Il mercantilismo è quindi una classificazione a posteriori fatta dai ricercatori, esso non costituisce un “sistema di idee”

2) Il mercantilismo Gli scritti definiti “mercantilisti” sono di solito delle trattazioni monotematiche sulle varie problematiche della congiuntura economica dell’epoca nelle diverse nazioni: essi offrono soluzioni a questioni concrete (in genere non-teoriche) di politica economica sono indirizzati ad un pubblico di governanti, funzionari, notabili e gruppi di pressione in genere, spesso con lo scopo di sostenere interessi specifici

2) Il mercantilismo … esistono tuttavia degli elementi comuni: la propensione al protezionismo economico e commerciale ed a politiche monetarie focalizzate sull’accumulo di valuta pregiata (oro e argento) l’intento di contribuire, indirizzando le scelte di politica economica, a rafforzare il potere dello Stato-nazione sia verso l’interno che verso l’esterno

a) Il bullionismo Il Bullonismo (da buillon, metallo in barre) ha caratterizzato soprattutto la prima fase del mercantilismo (sec. XVI) I bullionisti erano in genere mercanti o funzionari della corona e perseguivano l’accumulo di oro come mezzo per consolidare il potere del sovrano

Principali aspetti teorici affrontati dai primi mercantilisti Teorie e politiche monetarie  Il concetto di bilancia di commercio Definizione di valore  

b) Il mercantilismo baconiano Francis Bacon (1561- 1626) utilizzo di dati statistici per poter generalizzare giudizi ricavati dall’esperienza W. Petty (1623-1687) Il primo autore mercantilista che espresse l’intenzione di applicare i metodi baconiani all’analisi dei fatti economici e sociali

WILLIAM PETTY, METODO DELL’ARITMETICA POLITICA E ORIGINE DEL VALORE Figlio di un modesto mercante di stoffe, dopo varie e avventurose vicende giovanili studia medicina in Europa e a Oxford e diventa un medico famoso nel 1652 viene inviato da Cromwell in Irlanda con l’incarico di redigere la Down Survey, una grande ricognizione dei fondi passati dai ribelli irlandesi ai veterani e nobili inglesi dopo la rivolta del 1641 così inizia a occuparsi di tematiche economiche, si arricchisce impadronendosi di alcune delle migliori tenute irlandesi e diventa un personaggio di rilievo nello scenario culturale-scientifico inglese del tempo Tra le sue opere: Treatise of Taxes and Contributions (1662), Political Arithmetik (1671-76), The Political Anathomy of Ireland (1672)

WILLIAM PETTY, METODO DELL’ARITMETICA POLITICA E ORIGINE DEL VALORE In Petty si percepisce lo spirito del nuovo razionalismo seicentesco, le sue considerazioni sui concetti di valore, sovrappiù e rendita, ne fanno un precursore dell’Economia Politica Classica (Marx lo considera il primo vero esponente di questa corrente di pensiero) Il suo metodo si fonda su un approccio quantitativo all’analisi dei fenomeni economici e sociali, egli intende “esprimersi in termini di numeri, pesi e misure, invece di usare soltanto parole comparative e superlative”

WILLIAM PETTY, METODO DELL’ARITMETICA POLITICA E ORIGINE DEL VALORE L’origine del valore è individuato nel lavoro e nella terra: “… il lavoro è padre e principio attivo della ricchezza, la terra la madre” Il valore dei beni è quindi dato dalla quantità di terra e di lavoro necessari a produrli, tali quantità ne determinano il “Valore Naturale”, verso cui i prezzi di mercato tendono a collocarsi: viene così accantonata la teoria soggettiva del valore prende corpo la teoria del valore dei beni associato al loro costo di produzione (dato essenzialmente dal lavoro)

WILLIAM PETTY, MISURA DEL VALORE E SALARIO DI SUSSISTENZA Definito il valore dei beni come risultante di terra e lavoro necessari a produrli, l’approccio quantitativo spinge Petty a cercare una misura unica per il valore tale da ottenere: “una parità e un’equazione tra la terra ed il lavoro, in modo da poter esprimere il valore di ogni cosa mediante uno solo dei due” Il problema è affrontato da Petty stabilendo come unità di misura del valore “il cibo giornaliero di un adulto, in media”, tale termine è al contempo: indicatore della capacità produttiva della terra indicatore della quantità di lavoro impiegata

WILLIAM PETTY, MISURA DEL VALORE E SALARIO DI SUSSISTENZA Lo stesso termine viene adottato da Petty come prezzo naturale del lavoro, si abbozzano così due concetti classico-marxiani: quello del “salario di sussistenza” quello del “lavoro socialmente necessario” Seguendo gli schemi mercantilisti, Petty individua nel salario di sussistenza il punto di pieno impiego della forza lavoro disponibile: con salari più alti i lavoratori si impigriscono e smettono di lavorare

WILLIAM PETTY, SOVRAPPIU’ E RENDITA Petty sviluppa un concetto di sovrappiù (overplus) che si risolve in rendita, secondo la formula: valore della produzione ottenuta dalla terra con applicazione di lavoro - valore della produzione che si otterrebbe dalla terra senza applicazione di lavoro valore della produzione necessario a pagare il lavoro = sovrappiù

WILLIAM PETTY, SOVRAPPIU’ E RENDITA Il sovrappiù è tanto più alto quanto minore è il costo di produzione e a ciò contribuisce il miglioramento delle tecniche produttive: “il prezzo del cibo sarà bassissimo quando il cibo sarà raccolto da un numero minore di braccia che altrove” Il valore della terra si deduce moltiplicando la rendita annuale per 21 (anni in cui un uomo mediamente vive assieme al proprio padre ed al proprio figlio) Sul saggio di rendita si allinea il saggio di usura (interesse), in quanto si presta denaro per ottenere un profitto pari almeno pari a quello che si otterrebbe acquistando della terra

WILLIAM PETTY, RENDITA “DIFFERENZIALE” Petty sviluppa poi una teoria della rendita “differenziale” basata sulla differenza dei costi di trasporto delle derrate dovuta alla diversa distanza delle terre dai mercati: “se il grano che nutre Londra fosse trasportato da 40 miglia fin qui, il grano che cresce a un miglio da Londra aggiungerà al suo prezzo naturale le spese di trasporto per 39 miglia” il prezzo naturale è dato dal costo di produzione più la rendita connessa alla fertilità del suolo a questo si aggiunge poi la rendita differenziale connessa ai costi di trasporto

WILLIAM PETTY, LA TASSAZIONE Le considerazioni di Petty sul valore e la rendita derivano dai suoi studi sulla tassazione L’idea di base di Petty è che la rendita non faccia parte del costo di produzione dei beni, in quanto deriva da un surplus Pertanto la tassazione dovrebbe colpire solo la rendita, in modo da non ripercuotersi sui prezzi finali delle merci Più precisamente andrebbe tassata solo la parte di rendita destinata al consumo, lasciando intoccata quella destinata al risparmio e da questo all’investimento produttivo Nella pratica Petty suggerisce di tassare determinati beni di consumo che siano particolarmente indicativi della capacità di consumo dei cittadini (quindi della loro capacità di rendita e spesa in beni voluttuari)

W. PETTY E GLI ARITMETICI POLITICI Petty anticipò gli economisti classici anche con le sue considerazioni sui vantaggi della divisione del lavoro e sulle relazioni di questa con l’ampiezza dei mercati In generale il suo pensiero, rispetto ai mercantilisti, appare caratterizzato da una maggiore profondità rispetto alle problematiche socio-economiche dello sviluppo (relazioni urbanizzazione-industrializzazione, scolarizzazione e formazione tecnica, fattori culturali dello sviluppo, libertà economiche e libertà individuali) Rispetto agli Economisti Classici, in Petty manca però l’approccio per classi sociali e la conseguente teoria della distribuzione del reddito

W. PETTY E GLI ARITMETICI POLITICI I suoi “seguaci” (Graunt, Davenant, Fleetwood, King) contribuirono alla diffusione dei metodi quantitativi nell’analisi dei fenomeni socio-economici Rilevante è stato l’apporto di Gregory King (1656-1714), che dimostrò la rigidità della domanda di mercato delle derrate alimentari di base rispetto ai prezzi (cd “legge di King”) Occorre rilevare tuttavia che, ad eccezione delle ricerche di statistica economica e in parte dell’econometria, il metodo quantitativo proposto da Petty non è stato prevalente nell’ambito della scienza economica

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon necessità di dar fondamento teorico al diritto positivo degli Stati-nazione Tra i sec. XVI e XVII prende corpo l’idea che a fondamento del diritto positivo vi sia la legge naturale posta dal Creatore (giusnaturalismo)

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon Dalle dottrine politiche ispirate al giusnaturalismo derivano: il concetto di stato di natura, il concetto di contratto sociale, La teoria della necessità dello Stato assolutista (Hobbes, 1651), si fonda sull’idea che mantenendosi nello stato di natura l’umanità tenderebbe al caos (homo hominis lupus) Nella visione liberalista dello Stato (Locke, 1689), già nello stato di natura i diritti naturali di ciascuno sono limitati da quelli degli altri e con essi tendono a comporsi ragionevolmente

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon Conseguenze della visione “giusnaturalista-liberalista” negli sviluppi del pensiero economico: le libertà economiche sono un diritto naturale (innato) dell’uomo la funzione dello Stato è quella di favorire il realizzarsi di queste libertà per tutti e non a particolare vantaggio di qualcuno i beni hanno dei valori “naturali”, implicitamente “giusti”, a cui anche i valori di mercato dovrebbero uniformarsi

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon In John Locke (1632-1691) l’affermazione al diritto della libertà individuale implica: il diritto a disporre del proprio lavoro il diritto alla proprietà del prodotto del proprio lavoro il diritto alla proprietà della terra, che produce solo in ragione del lavoro ad essa applicato

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon Dudley North (Discourse upon Trade, 1691): alla base della scienza economica devono essere gli “esorbitanti appetiti degli uomini” l’interesse pubblico è visto come somma degli interessi privati gli individui perseguono i propri personali interessi meglio di chiunque altro “l’armonia” si ottiene lasciando fare ai privati, così la nazione prospera le misure che favoriscono un settore, un gruppo di imprese o una impresa vanno a detrimento di qualcun altro, sono abusi che danneggiano la comunità

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon Bernard Mandeville (Fable of the Bees, Private Vices and Public Benefits, 1714): il benessere pubblico si persegue anche lasciando libertà alle persone di soddisfare certi vizi, come il lusso e l’avidità economica certe virtù possono essere dannose: ad esempio, meglio le spese fastose della parsimonia, creano più lavoro

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon Nel continente europeo l’opposizione alle politiche economiche dominanti (mercantiliste) prese corpo nell’idea che la ricchezza delle nazioni non stava nell’abbondanza di oro, ma in un’ampia capacità di soddisfare i bisogni (consumi) della popolazione In particolare l’abbondanza di derrate agricole è vista come il punto di partenza per assicurare benessere alla nazione e il laisser faire come miglior strumento per sviluppare l’agricoltura Queste posizioni in Boisguillebert e Cantillon precorrono la scuola fisiocratica

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon Pierre de Boisguillebert (Dissertation de la Nature des Richesses, de l’Argent et des Tributes, où l’on découvre la fausse idée qui règne dans le monde a régard de ces trois articles, 1707): sostiene la defiscalizzazione dei consumi e la rimozione degli ostacoli al libero scambio per favorire i consumi e la produzione di maggior reddito le imposte sui consumi avrebbero dovuto essere sostituite da un’imposta unica sul reddito l’intervento di una “Provvidenza” superiore

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon Richard Cantillon (banchiere, 1680-1734; Essay sur la Nature du Commerce en Général, 1755, riscoperto nel 1881 da Jevons): il primo economista che intuisce il concetto di sistema economico, più o meno meccanico 1) Sviluppa le relazioni tra domanda e offerta sul mercato del lavoro e su quello delle merci 2) Distingue tra valore “intrinseco” delle merci e prezzo di mercato dipendente dalle condizioni della domanda e dell’offerta 3) Sviluppa una teoria delle classi sociali sulla base della ripartizione del prodotto nazionale tra rendite, profitti e salari: la classe indipendente (proprietari di terre), dalla cui ricchezza trae sostentamento la nazione la classe dipendente, che vive di salari o di profitti da lavoro autonomo

c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico in Cantillon Approfondisce con grande lucidità le tematiche monetarie e in particolare i movimenti inflativi e come questi si ripercuotono in maniera differenziata sui redditi delle diverse classi sociali, arrivando a descrivere le successive fasi del ciclo inflativo-deflativo Sviluppa anche, da banchiere, una teoria dell’interesse, la cui altezza non dipenderebbe dalla quantità di moneta, ma dall’andamento della domanda e dell’offerta dei prestiti

Il Cameralismo

3) Il cameralismo (la scienza dello Stato) Complesso di teorie politiche fiorite nel mondo germanico durante i secc. XVII e XVIII, in corrispondenza con la fase centrale di formazione del moderno Stato tedesco. Il termine cameralismo rinvia a un istituto tipico dello Stato patrimoniale: la camera, organo costituito da un ristretto gruppo di esperti della cerchia del sovrano che aiutavano quest'ultimo nei suoi affari.

3) Il cameralismo (la scienza dello Stato) Obiettivo dei sostenitori del cameralismo (tra i maggiori J.H. von Justi e J. von Sonnenfels) erano la corretta amministrazione dei beni dello Stato per il benessere generale attraverso un approccio unitario all'analisi dei problemi economici, politici e amministrativi.

Alle origini del pensiero economico italiano: le scuole milanese e napoletana

Alle origini della tradizione economica italiana L’illuminismo italiano, relativamente alla riflessione economica, si articola in due principali scuole: Scuola napoletana (Genovesi, Galiani, Filangieri, Pagano, Doria) Scuola milanese (Beccaria, Verri, Carli, e il veneziano Ortes)

Alle origini della tradizione economica italiana Il filone illuminista italiano si sviluppa nel periodo 1750-1780, trovando negli studi economici uno dei suoi settori di maggiore attività Rispetto alla contemporanea scuola della fisiocrazia francese, gli illuministi italiani hanno in generale un approccio più marcatamente soggettivista ai fenomeni economici Al centro della loro analisi pongono l’individuo e la sua aspirazione a realizzare il benessere personale, come motore dell’agire economico

Alle origini della tradizione economica italiana Questo approccio consentirà loro di anticipare vari concetti sviluppati poi dai marginalisti Dal punto di vista politico sono orientati ad un’azione riformista condotta dal sovrano (dispotismo illuminato) finalizzata al raggiungimento della “massima felicità per il maggior numero” (Beccaria) Manca però in loro l’approccio per classi sociali che caratterizza i fisiocratici e gli economisti classici

Ferdinando Galiani (1728-1787): Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769) Valore-utilità, il valore delle merci dipende: - dalla loro utilità (edonistico-soggettiva): “attitudine di una cosa a procurarci la felicità” - e dalla loro rarità: “proporzione tra la quantità di una cosa e l’uso che se ne vuole fare” Il valore non è quindi una proprietà intrinseca delle merci, ma una qualità relativa attribuita dalle scelte dei soggetti economici: - “più utile e meno utile sono voci relative che variano con il vario stato delle persone”

Ferdinando Galiani (1728-1787): Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769) L’utilità di una merce per un individuo è poi in relazione alle quantità già consumate della stessa merce e inversamente proporzionale a tali quantità (abbozzo di teoria dell’utilità marginale decrescente) Valore come rapporto soggettivo e razionale di sostituzionalità tra i beni: “il valore è un’idea di possesso d’una cosa e quello di un’altra nel concetto di un uomo”

Ferdinando Galiani (1728-1787): Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769) Valore-fatica: riguarda il valore di offerta delle merci Il valore di offerta è in relazione alla “fatica” (penosità) spesa nella loro produzione Il contributo della “fatica” al valore delle merci dipende dalla sua quantità e dal suo prezzo “dalla natura varia dei talenti umani nasce il diverso prezzo delle fatiche” “il valore dei talenti” si stima nello stesso modo delle merci, “sopra i medesimi principi di utilità e rarità”

Ferdinando Galiani (1728-1787): Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769) Il prezzo di mercato: sono regolati dalla domanda e dal consumo della merce “dallo struggimento (consumo) si regolano i prezzi” Il prezzo “batticuore” del denaro: “Ciò che si chiama frutto del denaro, quando è legittimo, altro non è che il prezzo del batticuore”, l’interesse è il prezzo del “rischio” e “dell’incomodo” dovuti al “consegnare una cosa col patto di riavere l’equivalente”, tale che ci sia “uguagliamento tra il denaro presente e quello lontano nel tempo”, a causa del rischio due somme consegnate in tempi diversi differiscono del “frutto” del denaro

Ferdinando Galiani (1728-1787): Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769) La polemica con i Fisiocratici: secondo Galiani l’economia, nel lungo termine, tende spontaneamente all’ordine naturale come guidata da una “mano suprema” nel breve termine essa è però soggetta a malfunzionamenti e distorsioni congiuturali il laissez faire non è quindi giustificato, in quanto lo Stato ha l’obbligo di intervenire per correggere i malfunzionamenti e le congiunture sfavorevoli inoltre non è possibile dettare dei criteri generali per l’intervento pubblico in economia, in quanto le misure vanno prese in relazione alle circostanze di ogni tempo e luogo

La nascita dell’economia politica classica: illuminismo e fisiocrazia L’Illuminismo vede il progresso dell’umanità correlato all’affermazione della ragione e del sapere scientifico: L’ottimismo sulle possibilità della ragione risiede nell’idea che essa sia una componente propria ed immutabile della natura umana L’affermazione della ragione è quindi affermazione della stessa natura umana Tale affermazione dipende, in primo luogo, dall’applicazione dei principi di libertà, uguaglianza e tolleranza

Economia politica e riforme: la scuola fisiocratica.

La nascita dell’economia politica classica: illuminismo e fisiocrazia Al centro del programma culturale illuminista c’è la pubblicazione dell’Encyclopédie (35 volumi, 1751-1780), che intende raccogliere l’intero scibile umano “nel più piccolo spazio possibile, ponendo il filosofo al di sopra di questo vasto labirinto” I fisiocratici francesi costituiscono, tra gli anni 1750 e 1780, la prima vera scuola di pensiero per la scienza economica, essi si inquadrano nel movimento illuminista del XVIII sec.

La nascita dell’economia politica classica: illuminismo e fisiocrazia François Quesnay (1694-1774) medico di corte interessato ai problemi dell’agricoltura, scrisse diverse voci per l’Encyclopédie (Fermiers, 1756; Grains - Hommes – Impôt - Interêt de l’Argent, 1757), non tutte pubblicate, attorno alla sua figura si raccolse la scuola dei fisiocratici (Les Économistes) Altre opere importanti di Quesnay: Tableau économique (1758) Maximes générales du gouvernement économique d’un royaume agricole (1758) Droit Naturel (1765) Dialogue du Commerce (1766) Physiocratie, ou constitution naturelle du gouvernement le plus avantageux pour le gendre humain (1768)

La fisiocrazia I fisiocratici vedono la ricchezza come capacità della nazione di soddisfare i propri bisogni, cioè ripristinare i fattori impiegati nei processi produttivi e generare un sovrappiù (produit net) Il ciclo produttivo comporta l’anticipazione di spese (avances): Avances souveraines (spese per infrastrutture territoriali) Avances foncières (spese per miglioramenti fondiari, edifici) Avances primitives (spese per macchinari, attrezzi, bestiame) Avances annuelles (spese per materiali, salari, anticipazioni monetarie) Il prodotto netto è ciò che resta della produzione lorda dopo che sono state ripristinate le anticipazioni

La fisiocrazia A livello dell’intera nazione sono le attività primarie (agricoltura, attività estrattive) che forniscono gli alimenti a tutta la popolazione e le materie prime per le attività manifatturiere e commerciali Nella sua forma materiale il prodotto netto è pertanto l’eccedenza del settore primario che consente lo svolgimento delle altre attività ed il nutrimento della popolazione in esse impiegata La ricchezza della nazione risiede pertanto nella capacità del settore primario di produrre questo surplus

La problematica del Tableau Quesnay identificò 3 distinte classi sociali:  (1) la classe produttiva (imprenditori agricoli e braccianti) (2) la classe dei proprietari (landlords) (3) la classe sterile (artigiani e mercanti)

La fisiocrazia Per i fisiocratici la divisione della società in classi si attua in relazione alle funzioni esercitate nel sistema economico-produttivo La classe dei produttori è formata dagli agricoltori e dalla popolazione impegnata nelle altre attività primarie: la sua funzione è di generare il prodotto netto

La fisiocrazia La classe dei proprietari è formata dai proprietari che vivono della rendita dei terreni (nobiltà, clero): la sua funzione è di favorire la circolazione e la redistribuzione del prodotto netto (classe distributiva) La classe sterile è formata dalla popolazione impegnata nelle attività secondarie e terziarie (manifatture, commercio, professioni, pubblica amministrazione, ecc.): la definizione “sterile” è dovuta al fatto che essa si limita a consumare o trasformare il prodotto netto delle attività primarie, senza ottenere quantità fisiche di materia aggiuntive

Il Tableau économique (1758) Alla base del Tableau vi è l’idea di giustizia distributiva, formulata in termini matematici anche il concetto di giustizia commutativa è fondamentale per il processo delle transazioni di scambio descritte nel Tableau Influenza della Scolastica ma anche emancipazione da essa Rivendicazione dell’importanza del settore agricolo, il solo in grado di produrre un sovrappiù o prodotto netto Descrive flussi monetari e di merci

Astrazioni fondamentali Agricoltura pienamente di mercato Flussi commerciali pienamente liberi Prezzi costanti

Distribuzione di 5 miliardi di livres (derivanti da una anticipazione iniziale di 2 md di livres) Classe produttiva Classe proprietaria Classe sterile 2 md 2 md 1 md (avances annuales) (prodotto netto) (capitale di esercizio) 1 md (alla classe 1 md (alla classe produttiva) in cambio di prodotti agricoli in cambio di prodotti di lusso sterile) in cambio di prodotti agricoli in cambio di manufatti 1md 1 md 1 md in cambio di materie prime _________________ _________________ 2 md 1 md per riavviare il ciclo

LA SCUOLA FISIOCRATICA, TURGOT Anne Robert Jacques Tourgot (1727-1781) PONTE TRA SCUOLA FISIOCRATICA E SCUOLA CALSSICA INGLESE Funzionario dell’amministrazione dello Stato, collaboratore all’Encyclopedie (voci: Foire, Fondation, 1757) ministro delle finanze tra il 1774 ed il 1776 Opera diverse riforme di spirito liberale, tra cui la liberalizzazione del mercato interno ed estero dei grani Tra le sue opere: Réflexions sur la formation et la distribution des richesses, 1766 Analisi microeconomica Visione sociologica più raffinata

Adam Smith: dalla teoria dei sentimenti morali alla “Ricchezza delle nazioni”

Adam Smith (1723-1776) 1723 - nasce a Kirkcaldy (vicino a Edimburgo) 1737 – studia filosofia morale all’Università di Glasgow, dove è allievo di Francis Hutcheson 1740/1746 – cacciato da Glasgow per aver letto un libro di Hume, completa gli studi a Oxford 1748/1751 – tiene lezioni di letteratura inglese e retorica a Edimburgo 1751 – è professore di logica all’Univ. di Glasgow, dove prende la cattedra di Filosofia Morale appartenuta ad Hutcheson (1752) 1759 – pubblica “Theory of Moral Sentiments” 1763 – abbandona l’insegnamento, diventa precettore del giovane Duca di Buccleuch che accompagna in un lungo viaggio in Europa, dove entra in contatto diretto con il pensiero illuminista 1764 – inizia a scrivere in Francia la Wealth, a cui si dedicherà esclusivamente al suo ritorno in Scozia nel 1766 1776 – pubblica “An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations” 1778 – viene nominato Commissario delle Dogane di Edimburgo dove muore nel 1790

ADAM SMITH LA DIVISIONE DEL LAVORO Il lavoro è origine della ricchezza e la divisione del lavoro è causa della sua crescita La divisione del lavoro ne aumenta la produttività, ciò è dovuto a: l’aumento della destrezza dei lavoratori nelle loro mansioni specifiche il risparmio nei tempi morti necessari a passare da un’occupazione ad un’altra il favorire l’innovazione tecnologica e la meccanizzazione dei processi produttivi il favorire la specializzazione del lavoro intellettuale, quindi la ricerca scientifica e tecnologica La divisione del lavoro nasce dalle attitudini sociali degli uomini, nel loro cercare di soddisfare i propri bisogni attraverso gli altri e con lo scambio La divisione del lavoro è limitata dall’ampiezza dei mercati e si intensifica con l’allargamento di questi e con l’evoluzione stessa della società Strumenti di allargamento dei mercati: trasporti e comunicazioni, credito e finanza (mezzi di pagamento), la crescita stessa della produzione

ADAM SMITH DIVISIONE DEL LAVORO E CRESCITA Allargamento del mercato Crescita della produzione Aumento della produttività Aumento della produttività Divisione del lavoro La divisione del lavoro innesca la crescita, questa si concretizza in un movimento ascendente senza fine Crescita della produzione Allargamento del mercato Divisione del lavoro

I temi Smithiani ORIGINE DELLA MONETA E VALORE DELLE MERCI VALORE E PREZZI DELLE MERCI PARTI COSTITUENTI IL VALORE DELLE MERCI RICCHEZZA E PROCESSO DI ACCUMULAZIONE CLASSI SOCIALI E DISTRIBUZIONE DEL REDDITO PREZZO NATURALE DELLE MERCI E RUOLO REGOLATORE DEL MERCATO PADRE DEL LIBERISMO E DELLA SCIENZA ECONOMICA MODERNI

Dopo Smith: Malthus, Say, Sismondi

Dopo Smith SMITH (1776) FILONE ILLUMINISTA Filone “micro” (equilibrio concorrenziale individualistico) Filone “macro” (teoria del sovrappiù) Godwin (1793) Condorcet (1794) ottimismo sociale In opposizione J. Bentham (1780-Utilitarismo) J-B. Say (1803–Legge di Say) D. Ricardo (1817) T.R. Malthus (1798 – principio di popolazione)

FILONE POST-SMITHIANO (MICRO) Jeremy Bentham – Utilitarismo Introduction to the Principles of Morals (1780) L’azione umana è guidata: dalla ricerca del piacere e dal rifuggire le pene (edonismo) dal prevalere dell’interesse personale su quello del prossimo (egoismo) Principio di utilità (proprietà di un oggetto di procurare beneficio, vantaggio, piacere, bene ed evitare il contrario) Introduce l’idea di misurare l’utilità e abbozza quella di utilità marginale Jean Baptiste Say – legge degli sbocchi o dei mercati (1803) L’offerta crea sempre la propria domanda Uguaglianza tra gli aggregati della produzione e del reddito Le merci prodotte generano un potere d’acquisto pari al proprio valore La produzione è sempre destinata a generare la propria domanda Impossibilità della crisi da eccesso di produzione

FILONE ILLUMINISTA Le magnifiche sorti e progressive Godwin (Enquiry Concerning Political Justice - 1793) La società e le sue istituzioni corrotte sono causa del male Il progresso dovrà portare un rinnovamento sociale in cui il principio di benevolenza provveda ad una distribuzione della ricchezza a seconda delle reali necessità Condorcet (Esquisse d’un Tableau Historique des Progrès de l’Esprit Humain - 1794) Visione della storia come un progresso continuo guidato da una sorta di meccanica dello sviluppo Fiducia nell’infinita perfettibilità dell’uomo Universalismo dei diritti politici, realizzazione di una sostanziale eguaglianza sociale

MALTHUS IL PRINCIPIO DI POPOLAZIONE Thomas Robert Malthus (1766 – 1834) An Essay on the Principle of Population, as it affects the Future Improvement of Society, with remarks on the Speculations of Mr Godwin, M. Condorcet, and other writers (1798) La popolazione tende a crescere in modo esponenziale La produzione di beni di sussistenza può crescere solo in progressione aritmetica La scarsità di beni di sussistenza è ineludibile, pertanto la crescita di popolazione è soggetta a meccanismi autoregolatori: Freni positivi: guerre, carestie, pestilenze, mortalità infantile Freni preventivi: moralmente inaccettabili: concubinato, contraccezione moralmente accettabili: castità, dilazione età matrimoniale

MALTHUS, NEGAZIONE DELLE MAGNIFICHE SORTI E PROGRESSIVE I mali dell’umanità non trovano quindi origine in rimediabili distorsioni dell’organizzazione sociale, ma nei meccanismi “malthusiani” di autoregolazione della crescita demografica Rimedio: Applicazione di misure di contenimento preventive moralmente accettabili Conseguenze politiche: Consenso alle Corn Laws (leggi protezionistiche sul grano) che contribuiscono ad incrementare la produzione agricola Opposizione ai sussidi ai poveri (sistema delle Poor Law, abolito nel 1834), che determinano distorsioni degli equilibri demografici

David Ricardo: valore-lavoro, distribuzione della ricchezza, teoria dei vantaggi comparati.

DAVID RICARDO 1772, Nasce a Londra da una famiglia ebrea proveniente dall’Olanda In gioventù viene mandato in Olanda a fare l’agente di cambio, come il padre Sposa una quacchera e si converte al cristianesimo 1799-1809, accumula una grande fortuna con le speculazioni di borsa e sui titoli di Stato 1809, inizia a scrivere di economia politica 1817, pubblica la prima edizione di Principles of Political Economy and Taxation 1819, diventa deputato 1823, muore improvvisamente

TEORIE RICARDIANE La formulazione delle teorie ricardiane ha come sfondo il dibattito sulle New Corn Laws (1816) e, più in generale, la problematica del modello di sviluppo nazionale inglese: mantenimento di un’economia agricola o accelerazione del processo di industrializzazione? Protagonisti di tale dibattito nei primi decenni del 1800 furono Ricardo e Malthus Aspetti salienti del pensiero ricardiano: Rendita Differenziale della terra Valore Normale di scambio delle merci (valore-lavoro) Salario Normale e distribuzione del reddito (profitto come reddito residuale) Vantaggi comparati nel commercio estero La tomba di Ricardo a St. Nicholas' Churchyard, Hardenhuish, Wiltshire, England.

DAVID RICARDO, LA RENDITA DIFFERENZIALE I terreni hanno diversa fertilità (sono più o meno fertili) Per rispondere alla domanda di grano, vengono coltivati dapprima i terreni più fertili (quelli che a parità di tecnica producono di più) Con l’aumento della domanda di grano, ed il conseguente rialzo del prezzo, vengono coltivati dei terreni sempre meno fertili (quelli che a parità di tecnica producono sempre meno) A parità di tecnica il costo del lavoro e del capitale investiti nella produzione sono costanti Il prezzo vendita del prodotto è uguale per tutti i terreni La diversa produttività dei terreni si traduce pertanto in un differenziale di reddito netto, che è il più alto nel terreno coltivato più fertile di tutti e decresce progressivamente fino ad essere nullo nel terreno coltivato meno fertile Tale differenziale si tramuta interamente in rendita, perché la concorrenza tra i capitali produttivi per accaparrarsi le terre più fertili schiaccia i profitti al livello di quelli che si ottengono sul terreno coltivato meno fertile

B A B C …. = terre sempre meno fertili L = numero dei lavoratori Cap. = capitali anticipati 10 q. di grano = salario annuale di ogni lavoratore 300 q. di grano = prodotto lordo che si vuole ottenere da ogni tipo di terra     Cap PN Profitto Saggio Profitto % Rendita diff A 20 200 100 100/200=50 B 21 210 90 90/210=43 86 (200*43)/100 14 C 22 220 80 80/220=36 76 (210*36)/100 72 (200*36)/100 28 L

DAVID RICARDO, RENDITA DIFFERENZIALE E PROFITTO grano rendite profitti terra Il grafico mostra l’andamento (in termini di grano totale) del monte dei profitti e di quello delle rendite all’aumento della terra coltivata

DAVID RICARDO, IL VALORE-LAVORO Il punto di partenza della teoria ricardiana del valore è la critica allo schema smithiano secondo cui: prezzo o valore normale di scambio = salari + profitti + rendite valore lavoro comandato > valore lavoro contenuto Secondo Ricardo l’utilità è un elemento di base del valore, ma non determina il valore (è condizione necessaria ma non sufficiente) I beni dotati di utilità traggono il loro valore da altri due elementi: la rarità il lavoro necessario a produrle

DAVID RICARDO, IL VALORE-LAVORO Le merci il cui valore di scambio è in prevalenza determinato dalla rarità non rappresentano che una piccola parte dei beni scambiabili (sono appunto delle rarità perché sono scarsamente riproducibili con il lavoro e poco soggette alla concorrenza di mercato) La grande maggioranza delle merci scambiabili sono invece riproducibili con il lavoro e su di esse “la concorrenza opera senza restrizione” In questo caso i valori normali di scambio (o prezzi relativi) delle merci dipendono dalle quantità di lavoro necessarie a produrli: Se A = 2 giornate di lavoro e B = 1 giornata, allora A = 2B

DAVID RICARDO, MERCI RIPRODUCIBILI A COSTI CRESCENTI Vi sono delle merci che sono riproducibili solo con quantità di lavoro crescenti (a costi crescenti), tra queste ci sono le derrate agricole In questo caso, a causa dell’unicità del prezzo di mercato, il valore normale di scambio è determinato da quella parte di merci che hanno richiesto i maggiori costi, ovvero le maggiori quantità di lavoro Di conseguenza quella parte di merci prodotte con quantità di lavoro più basse beneficiano di un surplus netto differenziale Di questo surplus non si avvantaggiano i capitalisti perché, essendo in competizione per l’uso dei fattori scarsi, vedono i loro profitti allinearsi ai livelli più bassi Il surplus netto differenziale si traduce pertanto in rendita

DAVID RICARDO, IL SALARIO Il salario normale è dato “dal prezzo dei viveri indispensabili al mantenimento dell’operaio e della sua famiglia” Detto salario normale non è tuttavia sempre dato dalla stessa quantità di beni e servizi per ogni epoca ed in ogni luogo, esso varia in ragione del tenore normale di vita della classe lavoratrice del paese e dell’epoca considerati Un aumento durevole del salario al sopra del livello normale determina un aumento della procreazione, quindi della popolazione lavoratrice e infine dell’offerta di lavoro, cui consegue un abbassamento del salario stesso e viceversa (legge bronzea dei salari) Il salario reale è dato dalla quantità di beni che l’operaio può effettivamente acquistare, il salario nominale è invece il valore del salario espresso in moneta Se i prezzi di mercato dei beni di sussistenza aumentano, affinché i salari reali restino costanti è necessario che i salari nominali aumentino nella stessa proporzione dei prezzi di mercato dei beni

DAVID RICARDO, IL PROFITTO Il valore normale di scambio delle merci è dato dalla quantità di lavoro in esse contenuto Il salario è la retribuzione del fattore lavoro, stabilito al livello “normale” dai bisogni di sussistenza del lavoratore Il profitto pertanto altro non è che un reddito residuale, dato dalla differenza tra il valore di scambio delle merci ed il costo sostenuto per la produzione (salario) Due conseguenze: Il rincaro dei beni di sussistenza determina un rialzo dei salari nominali che pertanto si traduce in una erosione dei profitti: per favorire i profitti occorre pertanto che il prezzo dei beni di sussistenza sia mantenuto basso, o importandoli a basso prezzo o sviluppando delle tecnologie per produrli a minor costo Il valore normale delle merci è dato dal loro costo di produzione (e in ultima analisi dal lavoro), in regime di mercato perfetto infatti la concorrenza tra i produttori tende a far livellare i prezzi delle merci e con essi i profitti

DAVID RICARDO, IL VALORE ASSOLUTO Ricardo osserva che aumentando il livello generale dei salari: Il valore relativo delle merci prodotte con l’impiego di molti macchinari e poco lavoro diminuisce rispetto alle merci prodotte con pochi macchinari e molto lavoro Ciò perché il lavoro “contenuto” nei macchinari vi è stato “incorporato” ad un costo più basso Pertanto il grado di variazione dei prezzi relativi delle merci rispetto ad una variazione dei salari dipende anche dal rapporto tra l’ammontare del capitale fisso e l’intero capitale impiegato Una conseguenza è che la teoria del valore-lavoro non è in grado di spiegare in ogni circostanza la formazione del valore di scambio ed i prezzi relativi delle merci

DAVID RICARDO, IL VALORE ASSOLUTO Occorre perciò passare dal valore normale (relativo) al valore assoluto, trovare cioè una merce “tipo” che sia “misura invariabile” del valore, perché prodotta in condizioni assolutamente medie rispetto all’intero sistema Una merce simile non esiste; sul piano formale, secondo Ricardo tale merce deve essere ottenuta in condizioni intermedie tra due estremi: tra una merce prodotta con solo lavoro in un periodo brevissimo (1 giorno) e una merce prodotta con sole macchine in un periodo lunghissimo il periodo medio indicato da Ricardo dovrebbe essere di 1 anno

DAVID RICARDO, VANTAGGI COMPARATI NEL COMMERCIO ESTERO Le condizioni di produzione di una unità di panno e di una unità di vino in Inghilterra e Portogallo sono le seguenti 1U panno (uomini) 1U vino (uomini) totale (uomini) Inghilterra 100 110 210 Portogallo 90 80 170 Ogni paese ha interesse a specializzarsi e anche che l’altro paese si specializzi nel prodotto per il quale gode dei migliori vantaggi comparati: vino per il Portogallo, panno per l’Inghilterra Se il Portogallo produce 2 unità di vino (invece di 1 di vino e 1 di panno) e poi scambia 1 unità di vino con 1 unità di panno prodotta dall’Inghilterra, ottiene 1 unità di vino e 1 unità di panno spendendo 160 giornate di lavoro anziché 170 Se l’Inghilterra produce 2 unità di panno e poi ne scambia una con una unità di vino prodotta dal Portogallo, ottiene 1 unità di vino e 1 unità di panno con 200 giornate di lavoro anziché 210

Karl Marx: la critica all'economia politica.

L’ECONOMIA POLITICA CLASSICA DOPO SMITH CRITICA ALL’ECONOMIA POLITICA CLASSICA Soggetti economici come individui (micro) Soggetti economici come classi sociali (macro) Utilitarismo (1780) J-B Say (1803) RICARDO (1817) Romanticismo Tedesco - rifiuto del liberismo economico e del liberalismo politico (primo ‘800) F. List (1841) Scuola storica (anni ’40-’50) GB - Anti-Ricardiani (anni ‘20-’30) F - Cournot (1838), Dupuit (1844) D – Von Thünen (1826), Gossen (1854) Ricardiani e Socialisti Ricardiani (anni ‘20-’30) Teorie dell’Armonia Economica (anni ‘50-’60) - Sintesi - John Stuart Mill (1848 – 1863) MARX (1867)

IL PENSIERO SOCIALISTA PRIMA DI MARX UTOPIE DELL’ORDINE (More, Campanella, Gesuiti) UTOPIE DELLE LIBERTA’ MOVIMENTO OPERAIO SOCIALISMO ORGANICISTA (liberazione dallo sfruttamento) SOCIALISMO LIBERTARIO (liberazione dall’alienazione) Saint Simon (1820-1825), mistica della società tecnocratica Fourier (1822-1836), comunitarismo naïf Godwin (1793) Owen (1813-1836), cooperativismo tecnologico gerontocratico

IL SOCIALISMO IN ECONOMIA PRIMA DI MARX Sismondi (1819-1838): rifiuto della legge di Say e del laissez-faire, ruolo redistributivo dello Stato, spazio per l’impresa famigliare (agricoltura, artigianato, piccola industria) Proudhon (1840-1846): abolizione eccessi proprietà privata, rifiuto dello statalismo, auto-regolamentazione sociale, no lotta di classe, credito gratuito per facilitare forme di accumulazione nella classe lavoratrice Rodbertus (1842-1851): forte intervento statale per la riduzione delle disuguaglianze sociali (tramite tassazione e prezzi istituzionalizzati), uso della teoria Ricardiana del valore per dimostrare lo sfruttamento del lavoro, rifiuto della legge di Say Socialisti Ricardiani (anni ’20 e ’30): uso della teoria Ricardiana del valore per dimostrare lo sfruttamento del lavoro, rifiuto della legge di Say

VITA DI KARL MARX 1818, nasce a Treviri (Germania) da una famiglia borghese ebrea Segue studi filosofici a Berlino e a Bonn e aderisce all’hegelismo fin dal 1837 Dopo gli studi di dottorato a Jena (1841), scrive per e dirige una rivista radicale di Colonia che viene soppressa 1844, incontra Friedrich Engels e aderisce al comunismo 1847, si trasferisce a Parigi dove scrive contro il socialismo utopistico e anarchico di Proudhon (Misère de la Philosophie) 1848, espulso dalla Francia ripara a Bruxelles, da dove lancia con Engels il Manifesto del Partito Comunista, una teoria del crollo del capitalismo espulso dal Belgio, torna a Parigi, poi a Colonia dove fonda un giornale, ma finisce esule a Londra nel 1849 a Londra, vivendo in condizioni di precarietà economica per circa 20 anni, si dedica all’attività politica nell’ambito dell’internazionale operaia contemporaneamente avvia un’imponente critica e ricostruzione dell’economia politica che culmina nella pubblicazione de Il Capitale (1867) muore nel 1883, i volumi 2° e 3° de Il Capitale saranno pubblicati postumi nel 1884 e nel 1894

ELEMENTI DEL PENSIERO DI MARX IDEALISMO STORICISMO MATERIALISMO STORICO SOCIALISMO SCIENTIFICO ECONOMIA POLITICA CLASSICA UTOPIA SOCIALISTA

MARX CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA L’a-storicità e l’astrattismo dell’analisi classica sulle categorie economiche ha determinato degli errori di fondo: Incapacità di cogliere la reale natura del profitto e del capitale L’analisi classica si focalizza sulla determinazione della grandezza del profitto, tralasciandone le origini sociali (sfruttamento del lavoro) Incapacità di distinguere la dimensione tecnologica del capitale da quella sociale Il capitale è prima di tutto un rapporto sociale e non semplicemente l’insieme dei mezzi di produzione Incapacità di riconoscere lo sfruttamento del lavoro come fondamento del modo di produzione capitalistico L’analisi classica tende a focalizzarsi sui rapporti di scambio e non su quelli di produzione

MARX GENESI DELLE CATEGORIE ECONOMICHE L’analisi marxista ha come oggetto la genesi delle categorie economiche (analisi storico-genetica o storico-dialettica) Lo scopo è definire la produzione come espressione di una formazione sociale storicamente determinata (Modo di Produzione) Soc. Primitiva Soc. Antica Soc. Feudale Soc. Capitalista Comunismo Primitivo MdP Schiavista MdP Servile MdP Capitalista Ogni modo di produzione si caratterizza per: Livello delle forze produttive (tecnologia) Organizzazione sociale (classi) Relazioni economiche (rapporti di produzione, distribuzione del reddito, ecc…)

MARX FORZA-LAVORO COME MERCE L’economia politica classica, mancando di approccio storico, non ha compreso la reale natura del capitalismo L’errore di base dei classici è di non aver saputo distinguere tra lavoro e forza-lavoro La forza-lavoro è la capacità umana di produrre lavoro, questa capacità può essere scambiata come una merce La peculiarità del modo di produzione capitalistico è proprio l’impiego della forza-lavoro alla stregua di una merce Nello schiavismo non c’è mercato della forza-lavoro, ma mercato degli schiavi (l’uomo stesso è una merce) Nella società feudale il lavoratore è pertinenza della terra (è legato alla terra) Nella soc. capitalista il lavoratore è un libero cittadino che per procurarsi la sussistenza offre sul mercato la propria forza-lavoro come una merce

MARX PLUS-VALORE L’acquirente della forza-lavoro è il capitalista, egli paga il valore di scambio della merce forza-lavoro per appropriarsi del suo valore d’uso. Il valore di scambio della merce forza-lavoro è il salario. Il salario corrisponde al valore dei beni necessari a rigenerare la forza-lavoro del lavoratore nel suo contesto storico-sociale. Come in Ricardo è un salario di sussistenza (svincolato dall’idea di produttività). Il valore d’uso della forza-lavoro è data dal suo impiego nel processo produttivo. Tale impiego avviene solo se valore di scambio delle merci generate è superiore al valore di scambio della forza-lavoro e delle altre merci impiegate. La differenza tra il valore di scambio della forza-lavoro ed il valore che il capitalista ricava dal suo uso costituisce il PLUS-VALORE.

MARX IL CAPITALE Le fasi della creazione del plus-valore sono due: Processo di circolazione: il capitalista trasforma le sue merci in denaro vendendole sul mercato, e trasforma il denaro ottenuto in altre merci produttive e forza-lavoro acquistandole; Processo lavorativo: realizza il consumo produttivo delle merci e della forza-lavoro acquistata generando plus-valore. Denaro Merci +Merci +Denaro +Merci ++Merci ++Denaro … Circolazione … Lavorazione …Circolazione ………….. Lavorazione … Circolazione …… Secondo Marx il capitale non è un dato stock di merci produttive (macchinari, materie prime). Il capitale è un valore che, grazie allo sfruttamento del lavoro, prende via, via le sembianze di denaro, merci, altre merci, altro denaro, ecc…, in un movimento di accumulazione a spirale senza fine. L’accumulazione capitalista trae origine da un processo iniziale (accumulazione originaria), che Marx individua storicamente in Età Moderna quando i contadini, espropriati dei loro mezzi di sussistenza con l’imposizione delle chiudende, si videro costretti a emigrare nei centri urbani e ad impiegarsi nelle manifatture

MARX, LIVELLO SUPERFICIALE E LIVELLO PROFONDO DEL CAPITALISMO Capitale costante (c): quella parte del capitale costituita da stock di merci da impiegarsi nei processi produttivi; costituito pertanto da lavoro già cristallizzato in merci il cui valore è dato; Capitale variabile (v): destinato a compensare l’impiego di forza-lavoro (salari) e a generare plus-valore; destinato pertanto ad accrescere il valore complessivo del capitale; Doppio livello del capitalismo: superficiale, apparente  mercati, scambi, prezzi; profondo, nascosto  valore, plus-valore, sfruttamento del lavoro;

MARX LA CREAZIONE DEL PLUS-VALORE Forme di creazione del plus-valore: Plus-valore assoluto: si ottiene dalla differenza tra la lunghezza della giornata lavorativa e le ore necessarie a ripagare i mezzi per il sostentamento quotidiano del lavoratore; Plus-valore relativo: si ottiene intensificando lo sfruttamento della forza-lavoro a parità di ore lavorate (accelerando i ritmi di lavoro, introducendo nuove macchine, ecc.); Lo sfruttamento del lavoro è un “dato di fatto” del sistema. Saggio di plus-valore = plusvalore/salari = pv/v Saggio di profitto = plusvalore/capitale totale = pv/(c+v) Composizione organica del capitale = c/v Saggio di profitto = (pv/v) / [(c/v)+1]

MARX LEGGI DI MOVIMENTO E CRISI DEL CAPITALISMO (I) Saggio di profitto = (pv/v) / [(c/v)+1] Contraddizione interna del sistema capitalista: Per ottenere un saggio di plusvalore più alto il capitalista accresce la composizione organica del capitale, ma ciò determina una caduta tendenziale del saggio di profitto L’agire di ogni capitalista per il proprio interesse, conduce ad una generalizzata caduta dei profitti La tendenziale caduta del tasso di profitto è una delle “leggi di movimento” del sistema capitalista, essa è contrastata da: Diminuzione del costo degli elementi del capitale costante (per maggior produttività del lavoro) Crescita della disoccupazione “tecnologica” Diminuzione del costo degli elementi del capitale costante e variabile per gli effetti del commercio con l’estero Concentrazione della produzione, economie di scala, formazione di monopoli e oligopoli

MARX LEGGI DI MOVIMENTO E CRISI DEL CAPITALISMO (II) La tendenziale caduta del tasso di profitto ed i suoi correttivi determinano le altre “leggi di movimento” del sistema capitalista: “Miseria crescente” della classe operaia: aumentando la meccanizzazione dei processi produttivi, la quota salari diminuisce, i bisogni crescono più rapidamente dei salari, si accresce l’assoggettamento dei lavoratori ai processi produttivi, aumenta la disoccupazione Progressivo aggravarsi delle crisi cicliche: per superare ogni crisi il capitalismo deve incrementare il capitale immesso nel sistema produttivo, cosicché ogni crisi è più pesante della precedente e le oscillazioni cicliche sempre più forti Inasprirsi della concorrenza all’interno del sistema, con selezione delle imprese, concentrazione produttiva e creazione di monopoli L’insieme delle leggi di movimento del capitalismo ne provocano, in Marx, la crisi finale. I monopoli capitalisti esistenti facilitano l’appropriazione collettiva dei mezzi di produzione e l’avvio di un sistema pianificato, dove ciascuno riceve una remunerazione direttamente proporzionale al lavoro prestato. E’ il socialismo, prima fase del comunismo

MARX LA TRASFORMAZIONE DEI VALORI IN PREZZI (I) Secondo Marx le merci si scambiano ai “prezzi di produzione” e non secondo i loro valori di produzione; ponendo r = saggio di profitto medio, abbiamo che: c + v + pv = valore di produzione (c + v)(1+r) = prezzo di produzione Il prezzo di produzione è dato dal valore complessivo del capitale speso e dal suo profitto valutato al saggio medio Per Marx, prezzi di scambio e valori di produzione divergono a causa della diversa composizione organica (c/v) del capitale impiegato nella produzione delle merci Ma, secondo Marx, a livello dell’intero aggregato economico valori e prezzi avrebbero dovuto coincidere In questo caso il saggio di profitto medio dovrebbe poter essere calcolato sulla base della composizione del capitale e del plusvalore aggregato I prezzi potrebbero quindi essere determinati applicando il saggio di profitto medio ai costi di produzione, dando così luogo alla trasformazione dei valori in prezzi e risolvendo il problema ricardiano del valore assoluto

MARX LA TRASFORMAZIONE DEI VALORI IN PREZZI (II) Marx immagina un’economia a 3 settori: settori c v pv Valore (c+v+pv) Prezzo (c+v)(1+r) I 80 20 120 II 90 10 110 III 70 30 130 Totale 240 60 360 Saggio di plus-valore = pv/v = 100% Saggio di profitto medio = r = pv/v / (c+v)/v = 100/ 240/60+1 = 20% Nella tavola la somma dei valori (Totale) è uguale alla somma dei prezzi, c’è quindi eguaglianza tra i due aggregati Inoltre, secondo Marx, la tavola dimostrerebbe come i settori a maggior dotazione organica di capitale assorbano plusvalore, sotto forma di profitto, dai settori a minor dotazione organica (lavoro morto che sfrutta il lavoro vivo) In realtà Marx applica il saggio di profitto a dei valori e non a dei prezzi, cosicché il problema della trasformazione resta irrisolto: il tentativo di portare in superficie la natura “profonda” del capitalismo è fallito