Introduzione alla botanica UNIVERSITA’ DELLA TERZA ETA’ ARICCIA 1--Le piante entrano nella nostra vita molto più di quanto possiamo immaginare. Esse ci forniscono oltre al cibo, fibre per il vestiario, legno per i mobili, per l’edilizia e come combustibile, carta per i libri, spezie, farmaci, nonché l’ossigeno che respiriamo. Possiamo quindi affermare con certezza che la nostra vita dipende dalle piante. Quindi lo studio delle piante ci aiuterà a guardare dentro la natura della vita stessa permettendoci, oggi con metodi più avanzati, quali tecnologie molecolari e computerizzate, di capire e permettere ad esse di continuare a svolgere nel migliore dei modi la loro funzione nel futuro. Il termine botanica deriva dal greco botàne che vuol dire erba. QUARTA LEZIONE Dott. CINTONI CARLO
Il cammino evolutivo delle piante parte dalle alghe verdi circa 450-500 milioni di anni fa. Proprio nel Paleozoico infatti alcune specie tentarono l’avventura della vita in ambiente non acquatico. Le prime piante saranno state certamente frutto di adattamenti a periodi di siccità in cui gli stagni ove vivevano si erano prosciugati, o piante di zone costiere che svilupparono la capacità di resistere all’asciutto fra una marea e l’altra. Le linee guida di questi processi sono state essenzialmente due: Il raggiungimento di una maggiore produttività e resa della fotosintesi Il perfezionamento dei meccanismi riproduttivi.
Maggiore efficienza fotosintetica è stata questa la molla che ha fatto scattare il lungo processo di emersione dall’acqua. Vantaggi Più CO2 Più luce Meno concorrenza Svantaggi Meno H2O Evaporazione Forza di gravità Più radiazioni
Durante il cammino evolutivo le piante sono riuscite a rinchiudere progressivamente l’ambiente acquatico all’interno dell’organismo, anziché averlo all’esterno. Risolto il problema dell’approvvigionamento restava quello di difendersi dall’evaporazione dell’acqua incamerata. Le piante adottarono progressivamente diverse soluzioni che impedendo il loro rapido disseccamento gli permisero di vivere. La prima soluzione adottata è stata quella di cutinizzazione delle pareti esterne allo scopo di renderle impermeabili. La cutina è una sostanza presente in tutte le piante a base di cere polimere. Ulteriore passo è stata la comparsa di tessuti specializzati nella protezione. Un’epidermide cuticolarizzato nelle piante erbacee e tassuti di protezione come il sughero in quelle legnose.
Naturalmente questi tessuti non dovevano impedire gli scambi gassosi con l’esterno necessari al metabolismo della pianta. Ecco che quindi la pressione selettiva ha provocato la comparsa sulla superficie impermeabilizzata di piccole aperture, molto semplici che si sono poi evolute fino ad arrivare a stomi con l’apertura regolata dal turgore delle cellule di guardia, presenti in tutte le piante terrestri anche se con forme diverse.
Per quanto concerne l’affinamento dei processi riproduttivi consiste nel premiare, con una discendenza più numerosa, l’individuo che risulta più adatto ad un determinato ambiente. Le nuove combinazioni geniche si originano nei processi di ricombinazione genica durante la meiosi (crossing-over) e la gamia (formazione di nuove coppie di cromosomi) ambedue legati alla riproduzione sessuale. Più efficienti e rapidi risulteranno i meccanismi riproduttivi maggiori saranno le possibilità di nascita di nuove combinazioni da sottoporre al vaglio della selezione naturale.
Le piante terrestri sono tutte Aplodiplonti Gametofito e sporofito hanno seguito due cammini evolutivi diversi in base al destino della cellula da essi prodotta
I GAMETI hanno la funzione di unirsi nella gamia perciò non possono dotarsi di pareti spesse ed impermeabili. Se questo non rappresenta un problema in ambienti acquatici, le cose cambiano si fanno più difficili sulla terraferma. Le piante svilupperanno soluzioni per far si che la gamia avvenga sempre in ambiente protetto e mai direttamente nell’ambiente subaereo.
Il tipo di gamia premiato dalla selezione in ambiente terrestre è l’oogamia, dove almeno una dei due gameti (l’oosfera) resta immobile, non viene mai liberata all’esterno e può essere costantemente protetto dal gametangio femminile (archegonio). Cerchiato in rosso, un gametofito femminile con uno sporofito immaturo; in giallo un gametofito maschile con anteridi color arancione. Tokakia ceratophylla
I gameti per la mancanza di una parete spessa ed impermeabile sono particolarmente esposti al rischio disseccamento. Ecco perchè il gametofito delle piante terrestri sarà obbligato a vivere in ambienti umidi. Se il gametofito sarà un organismo indipendente dallo sporofito, come avviene ad esempio nei muschi (briofite), dovrà crescere vicino al suolo, assumendo un portamento di tipo plagiotropo.
Le spore invece ebbero nelle prime forme di vita la funzione di diffondere l’organismo nell’ambiente circostante. Potendosi difendere dal disseccamento grazie ad una spessa ed impermeabile parete che le ricopre costituita da una sostanza detta sporopollenina. Le spore sfruttano il vento come vettore per rendere più efficiente la diffusione e colonizzare cosi territori più lontani. La diffusione per mezzo delle spore è avvantaggiata da una maggiore elevazione dal terreno,quindi lo sporofito riceverà una pressione selettiva verso uno sviluppo in altezza con un portamento prevalentemente ortotropo
Così i destini delle due generazioni si separano fin dall’inizio ed il cammino evolutivo ha selezionato organismi che hanno scelto l’uno o l’altro. Le BRIOFITE sono caratterizzate dalla prevalenza del gametofito Le TRACHEOFITE sono caratterizzate dalla prevalenza dello sporofito.
LE BRIOFITE A circa 3000 m di altezza sul Monte Melbourne, in Antartide, le temperature diurne, in estate, oscillano tra i -10°C e i -30 °C. In questo ambiente, incredibilmente ostile, alcuni botanici della Nuova Zelanda hanno scoperto chiazze di un muschio del genere Cornpylopus), che vive nelle aree prive di ghiaccio Sono piccole piante, fogliose o tallose, che crescono nelle zone umide e lungo i ruscelli. Vi sono tuttavia alcuni muschi che vivono in zone desertiche formando estesi rivestimenti su rocce nude ed esposte, oppure su pareti rocciose montane o vaste aree del circolo polare artico. Tortula obtusissima, un muschio di ambienti aridi che vive in Messico, sulle rocce calcaree dell’altopiano centrale. Non avendo radici, le piante assorbono l’umidità direttamente dall’ambiente esterno, sotto forma di rugiada o pioggia. Tali muschi possono riprendersi fisiologicamente dalla completa secchezza in meno di cinque minuti.
LE BRIOFITE I MUSCHI (Bryopsida). LE EPATICHE (Marchantiopsida). Comprendono circa 20.000 specie di piccole piante a crescita plagiotropa. Mancano dei tessuti vascolari lignificati (xilema e floema). L’assorbimento e il trasporto dell’acqua e dei soluti avvengono in esse soprattutto per capillarità e interessano tutta la superficie della pianta. Se ne conoscono tre gruppi: I MUSCHI (Bryopsida). LE EPATICHE (Marchantiopsida). LE ANTOCEROTE (Anthocerotopsida).
LE BRIOFITE-i muschi Con oltre 10.000 specie sono il gruppo di briofite più diffuso ed a loro in particolare si riferiscono le caratteristiche precedentemente descritte. Comprendono anche il gruppo degli sfagni, piantine che vivono negli ambienti acidi e freddi delle torbiere con pareti impregnate di sostanze antisettiche dette fenoli che le rendono resistenti alla decomposizione.
LE BRIOFITE-i muschi Anche le foglie non sono delle vere foglie infatti non posseggono tessuti a palizzata, né tessuto lacunoso, e nemmeno la struttura dei vasi che servono al trasporto della linfa grezza ed elaborata. In alcune varietà possiamo trovare in posizione centrale un insieme di cellule allungate che assomiglia ad una primordiale nervatura senza tuttavia svolgerne le funzioni. Se osserviamo attentamente una piantina di muschio ci accorgiamo che non esistono le nette differenziazioni che troviamo nelle parti di una pianta superiore. Non esistono delle radici vere e proprie (i muschi assorbono acqua e soluti attraverso tutta la superficie del corpo) quelle che si vedono sono delle formazioni simili a semplici radici dette rizoidi la cui funzione principale è quella di ancorare la pianta al terreno.
Tutte le pianticelle che compongono un cuscinetto di muschio sembrano uguali ma con un leggero ingrandimento possiamo distinguere gli esemplari di sesso diverso. Nei muschi da spazzole che stiamo vedendo ogni fusticino femminile reca alla sommità delle microscopiche strutture a forma di bottiglia, i gameti femminili contenenti le oosfere; all’apice dei fusticini maschili invece si sviluppano dei sacchetti a forma di clava contenenti i gameti maschili detti anterozoi che muniti di ciglia, quando sui cuscinetti di muschio si forma un velo d’acqua sufficiente, nuotano fino a raggiungere l’apice di una piantina femminile, penetrano nel collo di una formazione femminile e riescono così a fecondare l’oosfera.
Dalla cellula fecondata si svilupperà poi il lungo filamento detto seta terminante con un rigonfiamento (urna) contenente le spore. Le spore dopo che l’urna si sarà aperta, potranno raggiungere le zone umide adatte alla germinazione sviluppando una sorta di ragnatela sotterranea detta protonema. Da esso nasceranno tante piccole gemme che daranno origine a nuove piantine, il ciclo è così concluso.
LE BRIOFITE-le epatiche Le epatiche sono anch’esse piante di piccole dimensioni con il corpo costituito da un fusticino strisciante da cui sporgono due file laterali di foglioline, che anche qui non sono delle vere e proprie foglie ma propaggini appiattite. Altro tipo sono quelle che hanno il corpo costituito da laminette verdi aderenti al terreno da cui assorbono l’acqua con sporgenze filiformi simili ai peli radicali. L’acqua assorbita è poi restituita all’atmosfera da migliaia di piccolissimi pori presenti sulla faccia superiore della lamina che rappresentano i progenitori degli stomi. Proprio le epatiche richiamano maggiormente alla memoria le alghe verdi sono anche dette talloidi. La riproduzione è simile a quella dei muschi anche se risulta più frequente la riproduzione per via vegetativa. Le epatiche sopportano meno bene dei muschi la mancanza dell’acqua, per questo vivono principalmente accanto ai fontanili e ai torrenti ovunque l’acqua percola in continuazione.
LE BRIOFITE-le epatiche Una epatica molto diffusa anche nei nostri boschi è la Marchantia comunemente detta “fegatella” perché presenta delle espansioni laminari arrotondate che ricordano nella forma un fegato umano, come d’altra parte la maggior parte delle epatiche. Infatti il nome epatiche deriva dal greco Hēpar- fegato.
(Sphagnum cymbifolium) Le specie più note : Sfagno (Sphagnum cymbifolium) Tipici muschi dei luoghi umidi che crescono in particolari ambienti palustri noti col nome di torbiere (torba=varietà povera di carbone composta per la maggior parte proprio dai resti fossili di sfagni). I giardinieri lo impiegano per ricoprire la terra delle piante perché la mantengono umida più a lungo grazie alla loro struttura spugnosa. Inoltre impediscono lo sviluppo di alcuni parassiti vegetali microscopici grazie al contenuto di sostanze antibiotiche Muschio di roccia (Andreaea rupestris) Tipica specie che cresce su rocce soprattutto in ambienti montani.
(Funaria hygrometrica) Questa specie appartiene alla sottoclasse dei muschi propriamente detti (Eubrya). Cresce ai margini dei prati e sui muri. Di questa sottoclasse ricordiamo anche il Mnio (Mnium affine); il muschio da spazzole (Polytrichum commune) che è tra le più comuni e diffuse del gruppo; il muschio scopario (Dycranum scoparium) che ha la caratteristica di possedere foglioline sottilissime ed acuminate e si trova spesso sui tronchi degli alberi.
Tra le epatiche ricordiamo: Antocero (Anthoceros gracilis) La più comune delle epatiche vive su terreni rocciosi molto umidi. Pellia (Pellia epiphylla) Appartiene alla classe delle epatiche propriamente dette, vive nei boschi in prossimità di luoghi umidi. A questa classe appartiene anche la fegatella (Marchantia polymorpha) che abbonda lungo i fossati.
Riassumendo: Le briofite sono presenti in ambienti diversi, il sottobosco delle foreste, i prati, le rocce, i tronchi degli alberi. Non hanno radici o altri organi ipogei che si approfondiscono nel terreno quindi non necessitano di un terreno profondo riuscendo a vivere anche su substrati sottilissimi, purché vi sia umidità sufficiente. La mancanza di tessuti conduttori e la fisiologia della riproduzione che prevede la presenza di acqua per l’incontro dei gameti limita la loro diffusione a luoghi con presenza di umidità. La maggior parte delle briofite tuttavia riesce a superare periodi prolungati di mancanza di acqua in uno stato disidratato di vita latente per poi riprendere la normale attività nel giro di poche ore in presenza di acqua. Grazie a questa possibilità esse hanno spiccate caratteristiche di piante pioniere diffuse particolarmente in ambienti inospitali. Spesso insieme a licheni sono i primi organismi che colonizzano suoli vergini come rocce nude e lave.
Come altri organismi che assorbono attraverso tutta la superficie le briofite sono sensibili all’inquinamento e tendono a rarefarsi nelle città. Alcune di esse sono state selezionate e vengono usate come bioindicatori per determinati inquinanti. L’interesse economico delle briofite è legato soprattutto all’utilizzo della torba usato come ammendante dei terreni troppo pesanti o alcalini, come substrato per la coltivazione delle piante o come combustibile. Nelle torbiere, ambienti freddi e umidi caratterizzati da una estrema acidità (pH inferiore a 4) che limita la crescita delle altre piante, le briofite grazie alla presenza di sostanze antisettiche da esse prodotte impediscono la decomposizione dei resti organici che si accumulano per costituire la torba.
Anche i resti di animali o altre piante vengono conservati nelle torbiere quasi inalterati, per questo costituiscono un terreno ideale per la raccolta di dati per gli studi paleontologici e paleobotanici attraverso questi ultimi è stato possibile reperire nei diversi strati delle torbiere, riconducibili a epoche diverse pollini fossili, in seguito ricostruire quali specie erano presenti in determinanti territori e ricostruire i vari tipi di vegetazione che si sono succeduti nel tempo. Le torbiere sono un habitat di notevole interesse naturalistico ospitando specie vegetali specializzate come le piante insettivore. L’estrazione incontrollata della torba è una minaccia per la sopravvivenza e in molti Paesi è regolata per legge.
Le Tracheofite o piante vascolari È uno dei maggiori costituenti delle pareti secondarie delle piante, dopo la cellulosa è il polimero più presente Tessuti conduttori, il primo delle sostanze grezze dalle radici, il secondo di quelle elaborate Generazione che produce spore, portandole su numerose strutture aeree Generazione maggiormente presente diploide Cordone centrale di cellule idroconduttrici che si trova negli assi di alcuni gametofiti e sporofiti di muschi In particolare negli sfagni i gametifiti cominciano ad assumere posizione eretta La metionina è un amminoacido presente in tutte le proteine degli eucarioti Minuscole aperture nell’epidermide delle foglie e dei fusti che regolano gli scambi gassosi Sostanza alcolica molto resistente che ricopre le pareti delle spore Giovane sporofito formatosi dallo zigote attraverso ripetute divisioni cellulari Organi sessuali maschile e femminile Sottili filamenti di citoplasma che collegano i nuclei di due cellule viventi addiacenti Fibrille dalle quali si forma la piastra cellulare durante la citodieresi Cellule sessuali maschili mobili Organelli cellulari in cui avviene la conversione dei grassi in zuccheri Sono gli organi ove si svolge la fotosintesi Pigmenti verdi delle piante
Le Tracheofite o piante vascolari Sono piante dotate di tessuti conduttori e di sostegno con pareti legnificate. La generazione dominante è lo sporofito. Nel corpo vegetativo delle tracheofite sono riconoscibili tre organi diversi per forma, struttura e funzione: La Radice Il Fusto La Foglia L’insieme dei tre organi costituisce il Cormo. Le superfici fotosintetizzanti a contatto con l’aria sono protette dalla cuticola, strato impermeabile formato da cutina. Gli scambi gassosi avvengono attraverso stomi con apertura regolata
Le Tracheofite o piante vascolari Con l’elevazione in altezza dello sporifito, sorse l’esigenza di strutture più specializzate. La comparsa della lignina consentì l’evoluzione dei tessuti conduttori. Questi sono organizzati in un cilindro centrale secondo diversi schemi di disposizione a costituire vari tipi di stele.
Le Tracheofite o piante vascolari Le prime piante vascolari erano probabilmente costituite da piccoli fusti erbacei ramificati semplicemente per mezzo di una divisione dell’asse in due rami uguali (dicotomia), alti pochi centimetri, con un’epidermide protettiva, uno strato corticale (parenchima) esterno verde fotosintetizzante ed un cilindro centrale di tessuto conduttore a struttura molto semplice, formato da cellule allungate che svolgevano funzione di sostegno e conduzione, con xilema circondato da floema (protostele)
Le Tracheofite o piante vascolari Nelle piante vascolari sono presenti due tipi di foglia, che hanno probabilmente origini diverse: La Microfilla (piccola foglia) La Macrofilla (grande foglia) La spinta evolutiva verso un’altezza maggiore portò ad un necessario aumento del diametro del fusto. In tal modo però la funzione clorofilliana del fusto divenne insufficiente a mantenere tutto l’organismo. Da qui l’esigenza di una struttura fotosintetica con maggior rapporto superficie/volume: la Foglia MICROFILLA Con forma spinosa-squamosa con una o due nervature, è derivata probabilmente da una semplice estroflessione del tessuto corticale in cui in seguito si sarebbe inserita la nervatura (teoria della enazione o della foglia-emergenza) MACROFILLA è la foglia delle piante a seme , ha la forma varia e le nervature ramificate che formano una lacuna fogliare nel punto in cui si distaccano dai tessuti del fusto.
Da notare i verticilli di foglie squamiformi su ciascun nodo Le Tracheofite o piante vascolari Isoetes storkii Sporofito in cui sono visibili le foglie aghiformi (microfilli), il fusto e le radici. Isoetes è l’ultimo rappresentante vivente del gruppo che include le licofite arboree estinte delle paludi del Carbonifero (350 milioni di anni fa). Queste piante si essiccano in alcuni periodi dell’anno ed hanno una fotosintesi di tipo CAM Una specie del genere Equisetum con germogli fertili privi di clorofilla che portano uno strobilo terminale nel quale sono racchiuse le spore. Da notare i verticilli di foglie squamiformi su ciascun nodo
Le Tracheofite o piante vascolari Naturalmente, aumentando con la comparsa della foglia l’intensità del processo fotosintetico, aumentava anche la necessità del rifornimento di acqua alle strutture fotosintetizzanti. Presto non furono più sufficienti semplici fusti plagiotropi o sotterranei con superficie esterna assorbente, ma comparve un organo la cui funzione specifica era l’assorbimento: la radice. È possibile che un ruolo importante nel facilitare l’assorbimento dell’acqua da parte delle radici delle piante vascolari sia stato svolto fin dall’inizio da simbiosi micorriziche con organismi fungini. A partire dal fusto erbaceo molto semplice a ramificazione dicotomica delle prime piante terrestri, si arriva così alla comparsa del cormo, cioè di un’organizzazione dell’individuo basata sui tre organi fondamentali: radice, fusto, foglia, ognuno con funzioni e morfologia diversa. . Le attuali piante vascolari ( tracheofite) sono tutte piante a cormo, da cui il vecchio nome di cormofite con cui venivano chiamate, in contrapposizione alle tallofite, a organizzazione tallosa e prive di vere radici, veri fusti e vere foglie. Ciascun organo del cormo si è in seguito evoluto, sviluppando forme adatte alle diverse situazioni ambientali. L’ambiente sotterraneo, in cui si è evoluta la radice, è molto più omogeneo di quello subaereo: questo è uno dei motivi per cui gli apparati radicali nelle piante vascolari sono molto meno diversificati rispetto agli altri due organi (fusto e foglie).
Le Tracheofite o piante vascolari Sotto la spinta evolutiva che tendeva da un lato al raggiungimento di altezze maggiori per portare in alto gli sporangi e rendere più efficace la dispersione delle spore, e dall’altro a sottrarsi al reciproco ombreggiamento, le piante terrestri raggiunsero rapidamente altezze – e conseguentemente proporzionali diametri dei fusti – così elevati che non furono più sufficienti il sostegno e la conduzione assicurati dai tessuti primari. È così che fa la sua comparsa la crescita secondaria, con la comparsa di un cambio che probabilmente all’inizio produceva solo xilema, ma che presto diventò ad attività dipleurica (xilema all’interno, floema all’esterno), come quello delle piante legnose attuali.
(crittogame vascolari) Le Tracheofite o piante vascolari Tracheofite Piante vascolari Pteridofite (crittogame vascolari) Piante prive di semi Spermatofite Piante a seme Gimnosperme Piante a seme nudo Angiosperme Piante a frutto
Le pteridofite o crittogame vascolari Sotto il nome collettivo di pteridofite o crittogame vascolari vengono riunite le tracheofite prive di semi, che si diffondono per mezzo di spore e hanno nella quasi totalità un gametofito autonomo rispetto allo sporofito, anche se di piccole dimensioni. Tutte le pteridofite si riproducono per mezzo di spore (meiospore), prodotte in gran numero entro sporangi
Le pteridofite o crittogame vascolari Attualmente delle pteridofite fanno parte le seguenti divisioni: Le riniofite (Rhyniophyta), che comprendono solo piccole piante fossili estinte prive di radici. Hanno un interesse esclusivamente filogenetico. Si ritiene che le prime piante vascolari siano apparse sulla terra nel Siluriano (Paleozoico), circa 420 milioni di anni fa. Le psilotofite (Psilotophyta), poche specie viventi presenti per lo più nelle zone tropicali o sub-tropicali di aspetto simile ad alcune riniofite, prive di radici, con gametofiti micorrizati. Hanno un interesse esclusivamente filogenetico. Psilatum nudum Hawaii Tmesipteris lanceolata Nuova Caledonia Rhynia gwynne-vaughanii
Le pteridofite o crittogame vascolari Comprendono circa 1200 specie. Sono piante erbacee di aspetto vagamente simile a grossi muschi, di poco o nessun interesse economico, a parte qualche specie utilizzata a scopo ornamentale. Sono caratterizzate da piccoli fusti ramificati dicotomicamente, che portano foglie piccole, lineari o squamiformi, con singola nervatura mediana (microfille). Le radici sono in massima parte avventizie e si originano dai fusti o da rizofori, organi di aspetto intermedio tra radici e fusti. Le pteridofite o crittogame vascolari Attualmente delle pteridofite fanno parte le seguenti divisioni: Le riniofite (Rhyniophyta), Le psilotofite (Psilotophyta), I licopodi, le selaginelle e gli isoeti (Lycopodiophyta o Lycophyta). Selaginella lepidophylla “Pianta della resurrezione” Isoetes storkii Lycopodium lagopus
Le pteridofite o crittogame vascolari Attualmente delle pteridofite fanno parte le seguenti divisioni: Comprendono attualmente un solo genere (Equisetum), con meno di venti specie erbacee prive di accrescimento secondario, ma si conoscono numerose forme arboree fossili del Carbonifero. I fusti principali comprendono porzioni sotterranee perenni a portamento rizomatoso strisciante e porzioni aeree erette, verdi e fotosintetizzanti, di altezza di regola non superiore al metro, spesso a durata annuale. Le riniofite (Rhyniophyta), Le psilotofite (Psilotophyta), -I licopodi, le selaginelle e gli isoeti (Lycopodiophyta o Lycophyta). - Gli equiseti (Equisetophyta). (Equisetum arvense) coda di cavallo
Le pteridofite o crittogame vascolari Attualmente delle pteridofite fanno parte le seguenti divisioni: Le riniofite (Rhyniophyta), Le psilotofite (Psilotophyta), -I licopodi, le selaginelle e gli isoeti (Lycopodiophyta o Lycophyta). - Gli equiseti (Equisetophyta). - Le felci (Polypodiophyta)
LE FELCI La felce maschio si incontra facilmente nei boschi delle nostre zone ed è abbastanza familiare per servircene come modello. Quello che noi vediamo della pianta non sono altro che le foglie o fronde ciascuna suddivisa in numerose foglioline dette pinne. Il fusto si trova sotto terra, è un rizoma, cioè un fusto sotterraneo modificato, che si sviluppa orizzontalmente e da cui dipartono le radici che affondano nel terreno e le fronde che ne emergono. Durante la stagione invernale la parte aerea muore mentre con la primavera spuntano nuove foglie
Le pteridofite o crittogame vascolari Le felci non portano né fiori né semi, vediamo ora come si riproducono. Se in estate solleviamo una fronda di felce maschio vedremo nella parte inferiore tante bollicine rossastre disposte in doppie file: sono i sori che servono per la riproduzione. Come piccoli sacchetti essi contengono le spore. Quando si aprono le spore vengono disseminate sul terreno.
Le pteridofite o crittogame vascolari Quando vi è la giusta umidità le spore si aprono germinando e dando origine ad una particolare struttura detta protallo. È una laminetta a forma di cuore lunga pochi millimetri munita di peli chiamati rizoidi simili alle radici. Il protallo è capace di vita autonoma perché è in grado di svolgere la funzione clorofilliana mentre i rizoidi assorbono dal suolo acqua e sostanze minerali. Sulla sua parte inferiore si formano gli organi sessuali maschili e femminili.
Le pteridofite o crittogame vascolari L’organo maschile è una vescicola che si chiama anteridio: in esso si formano le cellule sessuali, gli anterozoidi muniti di un ciuffo di flagelli. L’organo femminile è l’archegonio, fatto a forma di fiaschetto che contiene la cellula uovo, l’oosfera. Gli anterozoi usciti dall’anteridio, nuotano nel velo d’acqua che aderisce al protallo, raggiungono l’archegonio, vi penetrano e uno si fonde con l’ovulo femminile fecondandolo. Dall’oosfera fecondata ha origine una nuova pianta.
Capelvenere Felce femmina Felce maschio Felce aquilina Osmunda regalis Lingua di cervo Salvinia Erba ruggine Felce dolce Azolla caroliniana Marsilea quadrifolia
nell'Appennino Settentrionale Asplenium cuneifolium Viv. Piccola felce che vive su rocce metamorfiche ultrabasiche, si tratta di una specie tendenzialmente microterma (vive in regioni con inverni rigidi ed estati miti), a distribuzione centro europea e sud europeo-montana, è presente sulle Alpi ma la sua distribuzione è molto frammentata, anche se localmente può essere comune. nell'Appennino Settentrionale
VANTAGGI E SVANTAGGI Nonostante la comparsa dei tessuti vascolari, le pteridofite non sono in grado di emanciparsi completamente dall’ambiente umido e di colonizzare ambienti aridi a causa di alcune caratteristiche del loro ciclo riproduttivo che le accomunano alle briofite: - l’acqua, per quanto in piccola quantità, è ancora necessaria per l’incontro dei gameti, dal momento che gli spermi necessitano della presenza di acqua per sopravvivere e per raggiungere gli archegoni; - l’organo di diffusione, cioè l’elemento che si distacca dalla pianta madre per colonizzare nuovi ambienti, è la meiospora. Dal momento che darà origine a un gametofito, la spora germina necessariamente solo là dove sono presenti condizioni idonee alla vita del gametofito, legato agli ambienti umidi per la mancanza di tessuti vascolari e la necessità di proteggere i gameti dal disseccamento.
Nelle pteridofite le premesse per la comparsa del seme Questi due passaggi evolutivi sono la premessa necessaria per l’evoluzione dell’ovulo, e quindi del seme, delle spermatofite che vedremo nel prossimo incontro Nelle pteridofite le premesse per la comparsa del seme Nelle pteridofite si assiste alla comparsa di due importanti innovazioni evolutive, sorte più volte e indipendentemente in gruppi diversi: 1 - Compare l’eterosporia, cioè la produzione di meiospore di due tipi diversi: macrospore femminili di solito più grandi, da cui nascono gametofiti che portano archegoni; e microspore maschili che originano gametofiti con anteridi. 2 - Nelle pteridofite eterosporee il gametofito si forma già all’interno della parete della spora e in qualche caso la macrospora rimane per un certo tempo dentro lo sporangio