Non abbiate paura della tenerezza PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Non abbiate paura della tenerezza Come concretizzare l’attuazione della tenerezza? Anno Pastorale 2015-2016
In questo incontro indico concretamente quali sono i modi per attualizzare la tenerezza nella nostra vita di presbiteri, attraverso vari movimenti da vivere nei confronti di noi stessi e la presentazione di percorsi da sperimentare nei confronti degli altri nella nostra quotidianità.
l. Momento di preghiera Dio d’infinita tenerezza, tu ci precedi sempre, e ci segui come un padre e una madre: tu solo sei grande e compi meraviglie. La tua tenerezza è il grembo eterno dal quale veniamo, nel quale viviamo e al quale tendiamo con tutto il nostro essere, Tu in noi e noi in Te, sorgente di ogni vita e del mondo.
Infondi nei nostri animi la dolcezza del tuo amore, perché coloro che incontriamo possano avvertire un soffio vivo della tua tenerezza appassionata e vivano l’esperienza della tua inesauribile bontà. Rendici strumenti docili della tua tenerezza nel mondo e annunciatori autentici della forza umile dell'amore che scaturisce dalla Croce di Gesù, il Redentore. Dio-Padre, Tenerezza donante, aiutaci a essere capaci di gratuità gli uni con gli altri, a immagine dell’Unigenito che ci hai donato.
Dio-Figlio, Tenerezza accogliente, guidaci all’accoglienza, con un cuore mite e umile come il tuo, fino all’oblazione di noi stessi. Dio-Spirito Santo, tenerezza condividente, sii per noi forza vivificante perché sappiamo rinnovarci ogni giorno in una fraternità affabile e gentile. Trinità adorabile ci fidiamo di te, e vogliamo consacrare al tuo nome tutta la nostra vita
2. Vivere la tenerezza verso noi stessi essere buoni con noi stessi1 Che cosa significa essere buoni con se stessi? Attraverso dieci affermazioni cercherò di descriverne il significato profondo. 1. Per un ulteriore approfondimento si veda GRUN ANSELM , Alla ricerca dell’equilibrio interiore, Queriniana, Brescia 2009, pp. 103-112; ID., Il libro dell’arte della vita, Queriniana, Brescia 2004, pp. 13-40.
l. Significa osservare le nostre ferite interiori con lo sguardo compassionevole del cuore e reagire con una cordiale compassione. Ciò comporta:
Essere teneri con noi stessi, sentirci a casa come il bambino nel grembo materno.
Essere fedeli a ciò che siamo, avendo uno sguardo del cuore che compatisce e un’amorevole simpatia verso i nostri errori e le nostre debolezze.
Riconciliarci con le nostre povertà, con le nostre immagini idealizzate e imparare ad accettarci.
Le fragilità fanno parte di noi Le fragilità fanno parte di noi. Ci appartengono e in quanto tali vanno amate. È bene che non infieriamo, ma ci riconciliamo con esse.
Se apprendiamo l’arte di comportarci in modo affettuoso e compassionevole con le parti miserevoli di noi stessi, proprio queste miserie potranno diventare fonte di benedizione e sorgente di una felicità più profonda.
Ricca di sapienza è l’affermazione di Isacco di Ninive: Beato l’uomo che conosce la sua debolezza: questa conoscenza sarà per lui fondamento e principio per tutte le cose buone e belle2. 2. ISACCO DI NINIVE, Un un’umile speranza, Qiqajon, Comunità di Bose, p. 65.
Possiamo vivere anche con i nostri limiti e le nostre debolezze Possiamo vivere anche con i nostri limiti e le nostre debolezze. Questa strada non è certamente facile, ma dobbiamo pur sempre tornare a percorrerla. Non siamo riconciliati per sempre. Friedrich Nietzsche afferma: Dieci volte al giorno devi riconciliarti con te stesso; il superamento è infatti amarezza, e male dorme chi non si è riconciliato3. 3. NIETZSCHE FRIEDRICH, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, in Opere di Friedrich Nietzsche, a cura di G. Colli, M. Montanari, Adelphi, Milano 1973, vol.VI,Ip. 26.
La grande trappola che ciascuno di noi può vivere è quella di rifiutarci e di non accettarci. Henri Nouwen scrive: nel corso degli anni, sono arrivato a rendermi conto che, nella vita, la più grande trappola non è il successo, la popolarità o il potere, ma il rifiuto di noi stessi. Naturalmente il successo, la popolarità e il potere possono essere una grande tentazione, ma la loro forza di seduzione deriva spesso dal fatto che sono parte di una più grande tentazione, quella del rifiuto di noi stessi. Quando si dà ascolto alle voci che ci chiamano indegni e non amabili, allora il successo, la popolarità e il potere sono facilmente percepiti come soluzioni attraenti. Ma la vera trappola è il rifiuto di noi stessi. Mi stupisco sempre di come cado in fretta in questo tipo di ten tazione. Appena qualcuno mi accusa o mi critica, appena mi sento rifiutato, lasciato solo o abbandonato, mi trovo a pensare: “Questo prova ancora una volta, che non sono nessuno”. Invece di assumere una posizione critica al riguardo, o cercare di capire quali sono i miei e altrui limiti, tendo a colpevolizzarmi - non solo per ciò che ho fatto, ma per ciò che sono. Il mio lato oscuro dice: “Non sono buono [.. ] merito di essere messo da parte, di essere dimenticato, rifiutato e abbandonato”. 4. HENRY NOUWEN, Sentirsi amati, Queriniana, Brescia 2002, p. 55.
2. Significa accettare di non essere degli eroi, né delle persone perfette, ma delle persone limitate: Il nucleo della felicità sta nel voler essere colui che si è (Erasmo da Rotterdam). 5. Citato da GRUN ANSELM, Il libro dell’arte della vita, op., 2004, p. 13.
3. Significa rivolgerci amorevolmente alla parte di noi che rifiutiamo 3. Significa rivolgerci amorevolmente alla parte di noi che rifiutiamo. Essa ci appartiene. È parte di noi. E anche questa va amata. E tanto più non la combattiamo, ma la accettiamo, tanto più ci sentiremo in armonia con noi stessi e con gli altri.
4. Significa sperimentare che abbiamo dei difetti, ma che noi non siamo i nostri difetti. Abbiamo delle colpe, ma non siamo le nostre colpe.
5. Significa che noi non siamo responsabili dei pensieri che affiorano dentro di noi, ma solo del modo in cui li gestiamo. Non saremo cattivi quando certi pensieri ci opprimono, né ci colpevolizzeremo se in noi esistono vanagloria, odio, gelosia, pensieri di natura sessuale. Rifletteremo piuttosto sul come possiamo reagire a essi in modo che non ci dominino.
6. Significa accettare le delusioni che viviamo ritenendo che esse fanno parte della nostra esistenza. Riconoscerle è doloroso, ma ci è data la possibilità di anelare a qualcosa di grande e divino. Chi ha sperimentato la vita con le sue delusioni e, nonostante questo, non si è rinchiuso in sé, ma ha accolto se stesso aprendosi sempre più agli altri e a Dio, questi ha un cuore grande.
7. Significa non farci condizionare dai giudizi e dalle valutazioni degli altri, ma di credere in noi stessi e al nucleo divino che si cela in ciascuno di noi.
8. Significa riuscire a perdonarci. Friedrich Nietzsche afferma: Getta via il malcontento sul tuo essere, perdona a te stesso6. Soltanto quando riusciamo a perdonare le nostre debolezze, le fragilità relazionali, spirituali, caratteriali queste perderanno la loro forza distruttiva e si trasformeranno in punti di forza. 6. NIETZSHE FRIEDRICH, Umano, troppo umano. Frammenti postumi (1876-1878), in Opere di Friedrich Nietzsche, a cura di G. Colli, M. Montanari, Adelphi. Milano 1965, 4/II, p. 201.
9. Significa smettere di fare confronti con le altre persone che riteniamo più brave, più intelligenti, più capaci di noi. Si tratta piuttosto di vedere, per usare un’immagine, il nostro giardino, i nostri fiori, i nostri frutti e apprezzarli, anziché vedere sempre i fiori e i frutti del giardino accanto.
10. Significa, infine, sentirci amati e accettati incondizionatamente da Dio. Più che conquistare Dio, dobbiamo lasciarci conquistare da Lui. Più che tendere ad amarlo siamo chiamati a lasciarci amare da Lui.
Desmond Tutu scrive: nel nostro mondo è spesso difficile ricordare che Dio ci ama per come siamo. Non ci ama perché siamo buoni. Ci ama e basta. E non perché siamo amabili. Al contrario, siamo amabili proprio perché Dio ci ama. È meraviglioso comprendere che si è accettati per ciò che si è, indipendentemente da ogni risultato. È liberatorio. Troppo spesso sentiamo dire che l’amore di Dio per noi è condizionato, come il nostro amore per gli altri. Abbiamo fatto Dio a nostra immagine, piuttosto che noi a sua immagine. Abbiamo sminuito l amore di Dio e fatto delle nostre vite un incessante tentativo di provare il nostro valore. La nostra è una cultura del successo, e applichiamo questo modo di pensare al nostro rapporto con Dio. Ci logoriamo nel tentativo di impressionare chiunque, Dio compreso. Cerchiamo di guadagnare la sua approvazione e la sua accettazione. Non riusciamo a credere che il nostro rapporto con Dio, il nostro essere al suo cospetto, non abbia nulla a che fare con il nostro rendimento, con le nostre attività. 7. DESMOND TUTU, Anche Dio ha un sogno, L’ancora del mediterraneo. Napoli 2004, p. 37.
Giovanni Salonia afferma: il Signore non si arrende, ci ama e continua ad amarci senza stancarsi. Non gli interessa come siamo o quello che facciamo. Lui ci ama comunque e sempre. E fa di tutto: continua a incarnarsi, a farsi piccolo, ad assumere tutta la nostra umanità per stare con noi e salvarci8. 8. GIOVANNI SOLONIA, Le sue braccia sempre aperte, Pozzo di Giacobbe, Trapani 2011.
Il segreto per essere felici è credere di essere amati da Lui, con un amore grande, passionale, tenero, accogliente e misericordioso. Papa Francesco afferma: per Dio noi non siamo numeri, siamo importanti, anzi siamo quanto di più importante Egli abbia; anche se peccatori, siamo ciò che gli sta più a cuore9. 9. PAPA FRANCESCO nel discorso di insediamento sulla Cathedra Romana, 7 aprile 2013.
Se potessimo vedere e credere a quanto ci ama Dio, la nostra vita cambierebbe e niente ci scalfirebbe, ma vivremmo la nostra esistenza segnata da una grande gioia e pace. Al riguardo l’evangelista Giovanni nella sua prima lettera dice: In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo unigenito Figlio, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione dei nostri peccati (1Gv 4,9-10).
C’è un primo amore, quello di Dio, il nostro non è altro se non una risposta al suo. “Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo” (1Gv 4,19). Allora impegniamoci a chiedere questa grazia, vivremo meglio la nostra vita quotidiana e rifletteremo sugli altri questo amore e questa serenità che vengono da Lui.
Esperienza. La Preghiera del cuore Per vivere bene questa esperienza suggerisco di creare delle condizioni ottimali.
La prima: rilassatevi, e se non è un problema, chiudete gli occhi La prima: rilassatevi, e se non è un problema, chiudete gli occhi. Mettetevi in contatto con il vostro respiro. (Pausa)
La seconda: smettete di sentirvi inseguiti e di inseguire gli eventi della vita. Per fare questo è fondamentale che vi fermiate, entrando in contatto con voi stessi per scoprire il vostro spazio interiore e ritirarvi in esso.
La terza: provate a consapevolizzare come vi sentite in questo momento La terza: provate a consapevolizzare come vi sentite in questo momento. (Pausa)
La quarta: non state a giudicare ciò che affiora dentro di voi La quarta: non state a giudicare ciò che affiora dentro di voi. Lasciate che ogni cosa sia come deve essere. Accettate voi stessi con tutto ciò che c’è dentro di voi. (Pausa)
La quinta: offrite a Dio ciò che trovate dentro voi stessi, con la certezza che il Suo calore e la Sua luce possano trasformare ogni cosa e renderla vitale e pacificante. (Pausa)
Per cinque minuti provate a pronunciare lentamente, nel silenzio del vostro cuore e con fervore, le seguenti parole: “Gesù, tu sei l’Amato”. Ripetete queste parole quanto più potete e lasciate che il vostro cuore sia ricolmo di lode e di gratitudine. Rimanete semplicemente con Gesù in questo momento prezioso. (Pausa)
Poi, dolcemente, passate ai successivi cinque minuti Poi, dolcemente, passate ai successivi cinque minuti. Anche noi siamo destinati a diventare i diletti di Dio. Lasciate che questa verità: “Gesù, io sono l’amato di Dio da tutta l’eternità e per tutta l’eternità” si depositi nel profondo del vostro cuore. (Pausa)
Infine, andate avanti nei successivi cinque minuti, dicendo nel silenzio del vostro cuore: “Gesù, noi tutti siamo gli amati di Dio”. Lasciate che le persone entrino nel vostro cuore: il vostro confratello, il parrocchiano antipatico, il vicino., un parente, qualcuno di cui avete letto sul giornale del mattino. La cosa importante è non escludere nessuno”. (Pausa)
Concludete l’esperienza e lasciatevi toccare e trasportare dalle immagini del Salmo 22, affidandovi al Signore. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me, Signore. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; Cospargi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni. Amen
Che cosa ho sperimentato attraverso questa esperienza e quali le mie risonanze emotive?