I PRINCIPI DI REDAZIONE DEL BILANCIO (art. 2423-bis) Accanto alla “clausola generale”, il legislatore ha dettato dei “principi di redazione” del bilancio, cioè alcuni punti o regole fondamentali che i redattori devono osservare nel processo di formazione dei conti annuali. “Art. 2423-bis Principi di redazione del bilancio - Nella redazione del bilancio devono esser osservati i seguenti principi: La valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato; (principio della prudenza), (principio della continuità) e (principio della prevalenza della sostanza sulla forma) Si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio; (rafforza il principio della prudenza) Si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento; (principio della competenza) Si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo; (rafforza il principio della prudenza) Gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutatati separatamente; (principio della separatezza) I criteri di valutazione non possono esser modificati da un esercizio all’altro. (principio della costanza dei criteri di valutazione) Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite “in casi eccezionali “. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.”
POSSIBILITÀ DI DEROGARE AI PRINCIPI DI REDAZIONE Le possibilità di deroghe ai principi dell’art. 2423-bis sono limitate alla fattispecie prevista dal 6° comma: infatti dopo aver precisato al punto 6) del 1° comma, che i “criteri di valutazione” non possono essere modificati da un esercizio all’altro, nel 2° comma precisa che eventuali deroghe sono consentite solo in casi eccezionali e devono essere motivate e quantificate nella Nota integrativa. Un esempio “classico” di modifica di criterio di valutazione è quella del passaggio dalla configurazione di costo LIFO ad un’altra configurazione (FIFO o costo medio ponderato). Il nuovo articolo 2423-bis apparentemente non concede alcuna possibilità di deroga agli altri principi enunciati (della prudenza, della competenza, della continuità aziendale, della separata valutazione). Tuttavia in “casi eccezionali”, è sempre possibile derogare anche a questi principi facendo ricorso esplicito al principio-cardine previsto nel 4° comma dell’art. 2423. Questa osservazione potrà sembrare poco logica, perché deroghe ai principi dell’art. 2423-bis darebbero luogo alla pubblicazioni di bilanci imprudenti (deroga al principio della prudenza), a bilanci predisposti per cassa (deroga al principio della competenza), ecc. Eppure in casi eccezionali, queste circostanze possono verificarsi: in queste situazioni, perché la deroga sia ragionevolmente sostenibile, è necessario essere in presenza di forti e credibili piani di ristrutturazione. INDIETRO
Art. 2423-bis c.c. “Art. 2423-bis Principi di redazione del bilancio - Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi: La valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato; Si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio; Si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento; Si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo; Gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutatati separatamente; I criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro. Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.”
1) Principio della prudenza Il principio della prudenza viene enunciato genericamente al primo comma dell’art. 2423-bis con queste parole: “La valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza”. Il principio della prudenza, in pratica, porta a escludere gli “utili sperati”, cioè gli incrementi patrimoniali che non siano certi e durevoli (nel riflesso dello S.P.), mentre induce a far partecipare alla formazione del reddito “tutti i costi, gli oneri e le perdite anche se incerti o soltanto probabili”. L’applicazione di questo principio tende a evitare la distribuzione di utili che l’impresa non ha effettivamente conseguito. Il secondo e quarto comma dello stesso articolo 2423 rafforzano, poi, il principio della prudenza: secondo comma dell’art. 2423:“Si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio; “ quarto comma dell’art. 2423: “Si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo”. Questa disposizione rafforza il principio di prudenza, riaffermando che: gli utili di bilancio sono soltanto quelli “realizzati” (e non quelli il cui realizzo è ancora incerto) e precisando che tale realizzo deve essersi già verificato entro la chiusura dell’esercizio; mentre i rischi e le perdite se sono “di competenza dell’esercizio” devono concorrere alla formazione del risultato economico (anche se conosciuti dopo la la sua chiusura). In pratica il bilancio di esercizio si redige, generalmente, entro i quattro mesi dell’esercizio successivo: se si viene a conoscenza in ritardo di una perdita verificatasi nel mese di dicembre precedente, di essa bisognerà tener conto in bilancio. INDIETRO
2) Principio della continuità Poiché i valori di bilancio possono essere diversi al mutare della prospettiva di valutazione, occorre capire da che punto di vista, secondo il legislatore italiano, si debbano fare le valutazioni di bilancio; la risposta è questa: dal punto di vista di un impresa che prevede di continuare a operare, cioè nella prospettiva della continuazione dell’attività aziendale (in inglese “going concern”). Il principio della continuità aziendale stabilisce che le valutazioni delle attività patrimoniali siano fatte nella prospettiva della continuazione dell’attività aziendale: cioè nell’ipotesi di normale “funzionamento” e quindi escludendo ipotesi di liquidazione o di cessione e tenendo presenti le presumibili evoluzioni della gestione e i programmi operativi ai quali parteciperanno i beni che sono oggetto di valutazioni. Per esempio un impianto, per l’impresa che lo ha acquistato (e lo sta utilizzando e e soprattutto ha le competenze per farlo funzionare), avrà, se l’attività produttiva continua, un certo valore (che deriva dall’utilità che ancora le può dare); ma se si pensa di cessare l’attività, il criterio di valutazione dell’impianto cambierà completamente e, verosimilmente, anche il valore attribuito all’impianto. Dal principio della continuità, conseguentemente, discendono i “criteri di valutazione” delle voci di bilancio descritte all’art. 2426 c.c. INDIETRO
3) Principio della prevalenza della sostanza sulla forma Con la modifica dell'articolo 2423-bis del codice civile, il legislatore ha arricchito i postulati a fondamento della redazione del bilancio - ovvero le regole di carattere generale che chi elabora il documento di fine esercizio è chiamato a rispettare - di un nuovo principio, in base al quale la valutazione delle voci deve essere fatta ... tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato. Si è, in tal modo, voluto dare il giusto rilievo a un noto principio - quello della prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali - già contenuto nei principi contabili nazionali (documento n. 11) e internazionali, nonché fortemente caldeggiato dal legislatore comunitario, che, nell'articolo 2 della direttiva 2003/51/Ce, sottolinea come gli Stati membri possono prevedere che nei conti di fine esercizio si tenga conto della sostanza dell'operazione o del contratto contabilizzare. Lo scopo del principio è quello di fornire un quadro quanto più possibile fedele della realtà economico-patrimoniale dell'impresa, dando indicazioni circa l'effettiva realtà che sottende gli aspetti giuridico-formali dei fatti di gestione. La sostanza delle operazioni, infatti, non sempre è coerente con ciò che appare da un loro esame formale: il principio della prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali avrebbe potuto trovare concreta applicazione con riferimento ai contratti di locazione finanziaria. Il redattore del bilancio dovrà, pertanto, approntare il documento di fine anno tenendo conto di tale regola generale, laddove ciò non sia in contrasto con altre norme specifiche sul bilancio. INDIETRO
Operazioni di locazione finanziaria Il principio della prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali avrebbe potuto trovare concreta applicazione con riferimento ai contratti di locazione finanziaria, mediante i quali un soggetto (locatario) si avvale della possibilità di utilizzare un determinato bene a fronte del pagamento di un canone periodico al proprietario dello stesso (concedente o locatore), con possibilità, al termine della locazione, di divenire proprietario del bene in parola dietro pagamento di un prezzo di riscatto prefissato. Già da tempo, la prassi contabile internazionale, in particolare lo Ias n. 17, raccomanda la contabilizzazione dei contratti in parola mediante l'utilizzo del “metodo finanziario”, fondato sulla rappresentazione della realtà che - di fatto - sottende un contratto di locazione finanziaria, ovvero l'acquisto di un bene strumentale sorretto da un corrispondente finanziamento. Da un punto di vista strettamente contabile, il metodo in parola impone all'utilizzatore del bene di iscrivere tra le immobilizzazioni dell'attivo patrimoniale il bene strumentale oggetto della locazione finanziaria, che andrà sistematicamente ammortizzato mediante imputazione nel conto economico delle relative quote di ammortamento. Nel passivo dello stato patrimoniale andrà poi iscritto il debito verso la società di leasing, il quale subisce variazioni in diminuzione per la parte corrispondente alla quota capitale di ciascun canone. Gli oneri finanziari previsti dal contratto e inclusi in ciascun canone, infine, andranno contabilizzati per competenza nell'apposita voce del conto economico. Il concedente, invece, è tenuto a contabilizzare per competenza nel conto economico i canoni percepiti, distinguendo tra quota capitale (da imputare tra i ricavi ordinari, voce A.1) e quota interessi (da imputare tra i proventi finanziari, voce C.16); nell'attivo patrimoniale dovrà, invece, essere iscritto il credito che la società di leasing vanta nei confronti dell'utilizzatore del bene, che subisce variazioni in diminuzione per la quota capitale contenuta in ciascun canone riscosso. Tale metodo si differenzia dal “metodo patrimoniale”, abitualmente in uso nella prassi del nostro Paese, che, al contrario, dà rilevanza agli aspetti puramente giuridici e formali dell'operazione, trattando la fattispecie come una mera locazione. Secondo tale metodo, la società concedente iscrive il bene tra le proprie immobilizzazioni, procedendo all'ammortamento sistematico dello stesso; provvede, inoltre, all'imputazione dei canoni tra i proventi ordinari nell'apposita voce del conto economico. L'utilizzatore del bene, invece, contabilizza per competenza i canoni pagati nel conto economico, tra i costi per il godimento dei beni di terzi, iscrivendo, inoltre, tra i conti d'ordine il debito corrispondente alla rate ancora da pagare al concedente. Solo al momento dell'eventuale riscatto, il bene potrà essere iscritto nell'attivo patrimoniale a un valore pari al prezzo di riscatto corrisposto. Il legislatore, in sede di riforma della normativa sulle società, intervenendo in tema di locazione finanziaria, si è limitato ad arricchire l'informativa (in NOTA INTEGRATIVA) da fornire in ordine ai contratti in parola; per la contabilizzazione degli stessi, resta, pertanto, in uso il metodo patrimoniale. Più in dettaglio, è previsto che nel bilancio del locatore si dia separata indicazione, tra le immobilizzazioni di cui alla macroclasse B dello stato patrimoniale, di quelle concesse in locazione finanziaria. Quanto al locatario, è necessario redigere in nota integrativa un prospetto con il quale descrivere gli effetti che avrebbe avuto sul bilancio l'adozione del metodo finanziario, fornendo, in particolare, informazioni circa il valore attuale delle rate non scadute (calcolato in base a tassi di interesse pari all'onere finanziario effettivo), l'onere finanziario gravante sull'esercizio, il valore al quale i beni sarebbero stati iscritti in bilancio se fossero stati considerati immobilizzazioni, con indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero stati imputati. Circa il tasso d'interesse effettivo da utilizzare ai fini della determinazione del valore attuale delle rate non scadute, il documento Oic 1 ha chiarito che esso è calcolato in funzione dei complessivi oneri finanziari che gravano sulla locazione, pari alla differenza tra l'ammontare complessivo delle somme da corrispondere a titolo di canoni anticipati e periodici e il valore di mercato del bene alla data di stipulazione del contratto.
4) Principio della competenza Il principio della competenza prevede che si debba tener conto dei: Proventi e degli oneri di “competenza dell’esercizio”, indipendentemente dalla data di incasso o del pagamento. Il risultato di periodo, di conseguenza, va determinato attribuendo i costi e i ricavi all’esercizio, cui si riferiscono “economicamente” e non a quello in cui essi hanno la loro manifestazione finanziaria, l’applicazione pratica si basa sul “principio di correlazione tra costi e ricavi “ (o “matching principle”). In sintesi, il codice civile sottolinea che, agli effetti della redazione del bilancio, la competenza economica delle operazioni prevale sulla loro manifestazione finanziaria. Poiché durante il periodo amministrativo la contabilità ha come punto di riferimento la manifestazione finanziaria, a fine esercizio si devono redigere le scritture di assestamento che, invece, mettono in linea i conti economici d’esercizio con la competenza economica. INDIETRO
“Concetto” di Competenza economica In pratica, la competenza economica si stabilisce essenzialmente applicando il cosiddetto “ principio di correlazione” (o “matching principle”), cioè cogliendo i collegamenti tra i costi e ricavi. Più esattamente, possiamo dare le seguenti definizioni: Sono “costi di competenza”: i costi per i quali nel corso del periodo si è verificata una delle seguenti condizioni: hanno incontrato il correlativo ricavo (competenza economica): rappresentano il valore dei fattori produttivi consumati nella produzione ottenuta e venduta nell’esercizio; sono maturati economicamente (competenza temporale): nel senso che, pur non essendo individuabile un correlativo ricavo, hanno fornito la loro utilità nel corso dell’esercizio. Sono “ricavi di competenza”: i ricavi per i quali nel corso del periodo si è verificata una delle seguenti condizioni: sono stati conseguiti e l’impresa ha sostenuto i correlativi costi (competenza economica): cioè quei ricavi che conseguiti (con la vendita) nel presente esercizio hanno pure visto, nel presente esercizio, il sostenimento dei costi necessari alla realizzazione del prodotto o del servizio – o all’acquisizione di merci - dalla cui vendita scaturiscono (es. i ricavi relativi alla vendita di merci il cui costo di acquisto è stato sostenuto nel corso dell’esercizio); sono maturati economicamente (competenza temporale): sono quei ricavi (in genere riferiti a servizi) che hanno un riferimento temporale che appartiene al periodo preso in considerazione (esempio l’affitto, l’interesse, ecc.; si riferiscono ad un determinato arco temporale: per la parte che cade nel periodo amministrativo preso in considerazione sono considerati ricavi maturati economicamente nell’esercizio).
5) Principio separatezza Il principio della separatezza (o della valutazione separata) precisa che gli elementi eterogenei compresi nelle singole voci debbono essere valutati separatamente. Il principio della separatezza, che riguarda il momento valutativo, non deve essere confuso con il divieto di compensi di partite, che riguarda invece l’esposizione delle voci in bilancio. Per esempio, se sotto la voce “rimanenze di prodotti” sono accolti più articoli per ciascuno di essi si dovrà procedere a una distinta valutazione: quindi può accadere che i vari articoli siano valutati secondo diversi metodi (costo LIFO, valore di mercato, ecc.). Tale disposizione tende principalmente a evitare che nella valutazione complessiva di una specifica voce patrimoniale, utilizzando un criterio unico generalizzato per le varie componenti delle singole voci, vengano compensate perdite presunte con utili non ancora realizzati, ma solo sperati). INDIETRO
6) Principio della costanza Il principio della costanza stabilisce che i “criteri di valutazione” non possono essere modificati da un esercizio all’altro: ciò rende significativa la comparazione temporale dei bilanci da un esercizio all’altro e limita la possibilità di attuare le cosiddette politiche di bilancio, che derivano dall’utilizzazione, da parte degli amministratori, di accorgimenti valutativi tendenti a pilotare i risultati economici d’esercizio. In pratica questo principio permette di: Rendere comparabili i dati di due esercizi; evitare che, attraverso la modifica dei criteri di valutazione, vengano alterati i risultati di bilancio. Deroghe al principio di costanza sono consentite solo “in casi eccezionali” (art. 2423 bis c.c. 2° comma) e devono, comunque, essere opportunamente motivate nella Nota integrativa, con l’indicazione della relativa influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale finanziaria e del risultato economico. INDIETRO
Art. 2423 c.c. “Redazione del bilancio - Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo Stato patrimoniale, dal Conto economico e dalla Nota integrativa. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio. Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo. Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. Il bilancio deve essere redatto in lire.” (comma aggiunto dal D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 526; a decorrere dal 1 gennaio 2002 - art. 16 d. lgs 24 giugno 1998, n. 213 - sarà così sostituito:) "Il bilancio è redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro.”