Modalità, tempi e luoghi della celebrazione
Come si celebra Per accostarsi alla liturgia, i fedeli devono impegnare la loro vita e conformare la mente alle parole, cooperando con la grazia divina per non riceverla invano. Pertanto, bisogna vigilare affinché la partecipazione dei fedeli sia: 1. consapevole, cioè i fedeli devono conoscere, devono sapere cosa stanno celebrando e devono condividere il significato di ciò che celebrano; 2. attiva, cioè i fedeli devono celebrare con il cuore, devono aprire il cuore al messaggio annunciato con l’evento che si celebra (partecipazione interiore), e devono partecipare ai canti, alle acclamazioni, alle antifone, alle risposte, al silenzio (partecipazione esteriore); 3. fruttuosa, cioè i fedeli devono vivere ciò che celebrano, nella carità e nella comunione.
Si celebra attraverso le seguenti modalità: - con la partecipazione interiore (ascolto, fede) ed esteriore (canti, acclamazioni); - con azioni e gesti simbolici (lavare, ungere, mangiare insieme); - con segni e simboli, che possono esprimere la presenza santificante di Dio e la gratitudine dell’uomo verso il suo Creatore; - con elementi naturali (acqua, luce, incenso) o fatti dall’uomo (olio, pane, vino);
- con parole, che rappresentano il dialogo tra Dio che parla (Parola di Dio) e il popolo che risponde (acclamazioni, canti, responsori, antifone, confessione di fede); - con atteggiamenti del corpo (stare in piedi, seduti, in ginocchio, con le mani alzate); - con sacre immagini, che trascrivono il messaggio evangelico che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la Parola (anche le immagini di Maria e dei santi sono riferiti a Cristo, perché significano Cristo che in loro è glorificato).
Quando si celebra La Chiesa considera un dovere celebrare l’opera salvifica di Cristo in ogni tempo del ciclo annuale: - la domenica, che è per eccellenza il giorno dell’assemblea liturgica, giorno in cui i fedeli si riuniscono per ascoltare la Parola di Dio, per partecipare alla mensa eucaristica, per fare memoriale del mistero pasquale di Cristo, per dare gloria a Dio ed essere da Lui santificati;
- l’anno liturgico, che è il ciclo delle feste relative all’unico mistero pasquale di Cristo e costituisce «l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,19); - il santorale nell’anno liturgico, che permette alla Chiesa di venerare la Madre di Dio e di fare memoria dei santi e dei martiri; - la liturgia delle ore, che costituisce quasi un prolungamento della celebrazione eucaristica e che è la preghiera pubblica della Chiesa, nella quale i fedeli esercitano il sacerdozio dei battezzati, assieme a Cristo, il cui mistero pasquale penetra e trasfigura il tempo di ogni giorno.
Dove si celebra Il cristiano sa che la presenza di Dio non è legata a un luogo, ma alla persona di Gesù che si rende presente nella celebrazione. Tuttavia anche il cristiano, come ogni uomo religioso, ha sentito il bisogno di individuare un luogo per realizzare il suo culto e per renderlo simbolo del suo incontro con Dio.
All’inizio sono le case dei cristiani che diventano luogo di culto All’inizio sono le case dei cristiani che diventano luogo di culto. Successivamente la comunità viene in possesso di locali che vengono adattati alla necessità della celebrazione. Ciò diventa necessario anche perché i cristiani aumentano di numero. Con l’Editto di Costantino (313) si passa a celebrare nelle basiliche che cominciano ad essere erette; oppure si celebra negli antichi templi pagani consacrati per la liturgia cristiana. Anche i luoghi di sepoltura dei martiri diventeranno presto punti di riferimento per celebrare il culto cristiano. Così, pian piano, l’iniziale domus ecclesiae diventa santuario; e i templi diventano domus ecclesiae.
Le mura dell’edificio hanno la funzione di distinguere, separare, accogliere, proteggere, fare unità. Le mura della chiesa richiamano una duplice realtà: la casa paterna, dove il cristiano è aspettato come figlio di Dio, e la casa escatologica, dove la moltitudine degli uomini raggiungerà la perfetta unità in Cristo. Attraverso le mura il credente viene richiamato pure al suo essere pietra viva, quale membro del corpo di Cristo, e disponibile a costruire un edificio spirituale con la propria esistenza.
La porta dell’edificio, oltre ad essere una realtà che distingue e nello stesso tempo mette in comunicazione due luoghi, diventa l’immagine di Cristo secondo quello che lui stesso ha detto nel Vangelo: Io sono la porta (Gv 10, 7). E’ attraverso di lui che si entra in una situazione di salvezza, per cui varcare la porta indica sia il passaggio dalla vita terrena a quella eterna, sia il desiderio di immettersi in quella condizione di salvezza che solo Cristo può dare. Così capiamo perché l’arte antica ha spesso rappresentato sopra il portale delle chiese il Cristo; proprio per richiamare tale simbolismo. Quindi la porta nell’arte sacra si arricchisce di nuovi significati e richiama una tappa di quel cammino di conversione che prende spunto dal quello che il credente fa dalla propria casa alla chiesa.
L’aula liturgica è lo spazio dove i cristiani si riconoscono quale popolo di Dio radunato per celebrare i divini misteri. L’aula liturgica non è solo funzionale alla celebrazione ma è capace di dire qualcosa a proposito della comunità: così un’aula liturgica circolare sottolinea maggiormente la dimensione conviviale della celebrazione; quella longitudinale mette in evidenza una comunità che si sente popolo guidato da Cristo buon pastore. Spesso l’aula è arricchita da immagini o statue di santi che vogliono soprattutto evocare la chiesa del cielo che celebra i divini misteri in comunione con quella pellegrina sulla terra. Il programma iconografico non ha solo un valore estetico, ma dovrebbe aiutare il raccoglimento e la preghiera, ed esprimere insieme la fede proprio attraverso le immagini.
L’altare è il fulcro di tutto lo spazio liturgico ed è stato da sempre segno del rapporto Dio-uomo. Solitamente ha un doppio significato: tavola e ara sacrificale. Anche l’altare cristiano, che trova la sua origine nella tavola dell’ultima cena, richiama entrambi questi significati poiché quella mensa conviviale divenne pure ara in quanto lì sopra Gesù consegnò il suo corpo e il suo sangue nelle specie del pane e del vino, anticipando il suo sacrificio. A partire dal IV sec. l’altare verrà costruito quasi dappertutto in pietra per richiamare il Cristo, pietra angolare, e si preferirà la forma quadrata tendente al cubo. Simeone di Tessalonica ne dà pure una ragione: la mensa è quadrata, perché da essa si sono nutrite e sempre si nutrono le quattro parti del mondo”.
L’altare non è, dunque, un oggetto funzionale alla celebrazione, ma è segno che evoca diverse cose: innanzitutto la presenza di Cristo vittima, altare e sacerdote; con l’unzione crismale tale simbolismo è ancora più evidente. Poi richiama la convivialità tra coloro che si sentono accolti nella casa del Padre e condividono con gioia la stessa mensa. Infine rimanda alla vita eterna evocando l’immagine biblica del banchetto celeste dove si realizzerà la comunione piena tra Dio e l’uomo.
La sede presidenziale anticamente era posta al centro del semicerchio absidale sulla cui parete spesso era raffigurato il Cristo a indicare proprio la funzione di tale luogo. Infatti la presenza del seggio presidenziale è segno di Cristo, in persona del quale il sacerdote presiede, ed è anche causa di unità. Scomparsa per un periodo di tempo e ridotta a semplice scanno, nel presbiterio, oggi, la sede solitamente non è più collocata dietro l’altare ma si preferisce laterale permettendo, così, una maggiore comunicazione tra l’assemblea e colui che la presiede. La sede non può essere un banale sgabello, ma deve possedere una forza espressiva in quanto essa, anche al di fuori della celebrazione, proprio perché vuota, ha la funzione di richiamare l’attesa del Cristo, il Veniente.
L’ambone deriva dal verbo greco ana-baino che significa salire, per cui indicherebbe un luogo alto, elevato al quale si sale. Una testimonianza biblica la troviamo nel libro di Neemia (8, 1-5) dove si parla della costruzione di una tribuna sulla quale lo scriba Esdra proclama la Parola di Dio in una lunga liturgia. La tribuna non è solo un luogo funzionale all’ascolto, ma anche simbolico: richiama l’elevatezza della Parola proclamata, la montagna dalla quale Dio continua a parlare, rimanda a una parola che viene dall’alto.
Nelle chiese cristiane si nota fin dal IV sec Nelle chiese cristiane si nota fin dal IV sec. la presenza di un luogo ben definito per la celebrazione della Liturgia della Parola. Collocato solitamente in mezzo alla chiesa, e quindi al di fuori del presbiterio, in alcuni casi prevedeva anche più ripiani dai quali si proclamavano le Letture; quello più alto era riservato alla proclamazione del Vangelo. Col passare del tempo questo luogo liturgico è andato scomparendo a favore dell’altare; viene riscoperto con il Concilio Vaticano II. L’ambone è, dunque, il luogo dal quale il Cristo risorto continua a parlare e, come per i discepoli di Emmaus, a spiegare tutte le Scritture a partire da lui. L’ambone è icona non dipinta, ma spaziale della risurrezione per cui guardandolo si dovrebbe andare direttamente al giorno di Pasqua.
Per questo motivo su alcuni amboni compaiono alcuni simboli, spesso l’aquila e il tema del giardino. Quest’ultimo richiama il giardino nel quale, secondo Giovanni, è stato sepolto Gesù; esso si contrappone al giardino dell’Eden; qui è stata pronunciata la parola di condanna, lì la parola di vita e di speranza. Anche l’aquila è un chiaro riferimento a Giovanni, l’evangelista, il primo ad essere entrato nella tomba e aver constatato la risurrezione (cfr Gv 20, 4). Le Premesse al Lezionario danno indicazioni precise circa l’uso dell’ambone: al n°33 si dice che si tratta di un luogo riservato alle Letture Bibliche, al Salmo responsoriale, al Preconio Pasquale (annuncio di Pasqua); dall’ambone, inoltre, si possono proferire l’omelia e la preghiera dei fedeli, per la stretta relazione che hanno con la Liturgia della Parola. E’ tassativamente vietato dare avvisi dall’ambone, fare commenti o guidare il canto dell’assemblea, pronunciare discorsi vari.
Il battistero è il luogo dove si celebra il battesimo e dove si conserva il fonte battesimale, sorgente d’acqua viva, in cui l’uomo è liberato dal potere delle tenebre e rigenerato alla vita divina per essere realmente figlio di Dio, in cui la morte viene vinta e riscattata nella vita, i cui figli dispersi diventano popolo di Dio.
Il tabernacolo è il luogo in cui si conserva il Santissimo Sacramento, la cui nobiltà, disposizione e sicurezza devono permettere l’adorazione personale e silenziosa. La sede della confessione è la sede della penitenza, il luogo che si presta all’espressione del pentimento e all’accoglienza del perdono.
“La celebrazione eucaristica ” Arrivederci al prossimo incontro su “La celebrazione eucaristica ” -Prima parte-