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PubblicatoSamuele Gallo Modificato 8 anni fa
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Isaac Newton
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Fisico e matematico tra i più grandi di ogni tempo, Isaac Newton ha scoperto la legge della gravitazione universale ponendo le basi della meccanica celeste, ha compiuto studi sulla luce dimostrando che la luce bianca è composta da diversi colori, ha enunciato le leggi della dinamica ed ha elaborato importanti tecniche matematiche (il calcolo differenziale ed integrale).
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Nato orfano di padre il 4 gennaio 1643 (poco dopo la morte di Galileo) in Woolsthorpe, nel Lincolnshire, sua madre si risposa con il rettore di una parrocchia, lasciando poi il figlio sotto le cure della nonna. Dopo un'educazione rudimentale nella scuola locale, viene spedito all'età di dodici anni alla King's School di Grantham, dove trova alloggio nella casa di un farmacista : qui comincia a mostrare interesse per il laboratorio di chimica del farmacista e a costruire congegni meccanici per divertire sua figlia. Newton è l'erede legittimo della fattoria e avrebbe dovuto cominciare ad amministrarla una volta divenuto maggiorenne, ma l'agricoltura e la pastorizia non lo interessano e nel 1661, all'età di 19 anni, entra al Trinity College di Cambridge.
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Dopo essersi laureato nel 1665, apparentemente senza particolare distinzione, Newton si ferma ancora a Cambridge per fare un master ma un'epidemia di peste provoca la chiusura dell'università. Torna allora a Woolsthorpe per 18 mesi (dal 1666 al 1667), durante i quali non solo effettua degli esperimenti fondamentali e getta le basi teoriche di tutti i seguenti lavori sulla gravitazione e sull'ottica ma sviluppa anche il suo personale sistema di calcolo.
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La storia che l'idea della gravitazione universale gli sia stata suggerita dalla caduta di una mela sembrerebbe narrata dallo stesso Newton, ma forse solo per far capire come riuscisse a trarre idee dall’osservazione dei fenomeni più comuni.
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Tornando a Cambridge nel 1667, Newton completa velocemente la sua tesi di master e prosegue intensamente l'elaborazione di un lavoro iniziato a Woolsthorpe. Il suo professore di matematica, Isaac Barrow, è il primo a riconoscere l'inusuale abilità di Newton in materia e, quando nel 1669, abbandona il suo incarico per dedicarsi alla teologia, raccomanda il suo pupillo come successore. Newton diventa così professore di matematica all'età di 27 anni, rimanendo al Trinity College per altri 27 con quel ruolo. Ebbe modo di fare anche esperienza politica, precisamente come deputato al Parlamento di Londra, tanto che nel 1695 ottiene la carica di ispettore della Zecca di Londra. Considerava tempo sprecato qualunque attività che non fosse collegata agli studi e qualche volta dimenticava persino di mangiare. Era piuttosto polemico con i colleghi e profondamente religioso, tanto che a 29 anni aveva fatto domanda di ordinazione alla Chiesa Anglicana e fatto voti di celibato.
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L'opera più importante di questo scienziato sono i "Philosophiae naturalis principia mathematica", autentico immortale capolavoro, nel quale espone i risultati delle sue indagini meccaniche e astronomiche, oltre a gettare le basi del calcolo infinitesimale.
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Altra opera fondamentale è "Opticks", in cui espone i suoi studi sulla luce.
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Muore il 31 marzo 1727, è sepolto con grandi onori nell'abbazia di Westminster e sulla sua tomba vengono incise queste parole: "Sibi gratulentur mortales tale tantumque exstitisse humani generis decus" (Si rallegrino i mortali perché è esistito un tale e così grande onore del genere umano).
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Scomponiamo la luce Riportiamo un brano dell’opera “Opticks”: “Nell’anno 1666 mi procurai un prisma triangolare di vetro per analizzare i famosi fenomeni associati al colore. Allo scopo, oscurata la mia camera e praticato un piccolo foro negli scuri della finestra, onde lascar entrare in modo conveniente un fascio di luce solare, posi il prisma davanti al foro onde vedere la rifrazione sulla parete opposta. Fu dapprima un gran piacere osservare gli intensi colori prodotti, ma dopo una più attenta osservazione fui colpito nel vedere che le immagini avevano una forma allungata…e questo non si doveva ad altro che al fatto che la luce non è simile od omogenea ma consiste di raggi diversi, alcuni dei quali sono più rifrangibili degli altri…”
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