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PubblicatoTaddeo Mora Modificato 8 anni fa
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I barbari e il mondo romano Nel IV secolo i popoli che i Romani chiamavano barbari occupavano, al di là dei confini del Reno e del Danubio, un vasto territorio coperto di foreste, praterie e paludi, esteso dal mare del Nord fino al mar Nero e dal Reno fino al Volga.
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parlavano lingue abbastanza simili Seminomadi Conoscevano una primitiva forma di scrittura (le rune), che veniva usata solo per scopi magici e religiosi Non avevano leggi scritte ma si trasmettevano oralmente norme e costumi Erano, soprattutto, popoli guerrieri: il loro esercito era formato da tutti i maschi liberi erano divisi in tribù, cioè in gruppi di famiglie
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Rapporti fra barbari e mondo romano scontri militari pacificamente, attraverso rapporti di scambio: barattavano pellicce, miele, legname e schiavi con prodotti di lusso, vino e armi provenienti dall’impero. prigionieri di guerra, lavoravano come contadini nelle campagne spopolate dell’impero. Il vescovo visigoto Ulfila tradusse la Bibbia in una lingua barbarica (il gotico) e molti barbari si convertirono al cristianesimo nella sua forma ariana.
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Nel II e nel III secolo gruppi di barbari avevano fatto incursioni nei territori dell’impero. Dalla fine del IV secolo si spostarono verso occidente popolazioni intere, guidate dai loro re: i guerrieri in armi erano seguiti da lunghe file di carri con le donne, i vecchi, i bambini, il bestiame e ogni loro avere.
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Il grosso dell’esercito era concentrato sul confine persiano, il limes danubiano si era indebolito, lunghi tratti di confine erano ormai senza controllo. Cominciarono così le “invasioni barbariche”.
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Furono invasioni o migrazioni? Più che di invasioni, oggi la maggior parte degli storici preferisce parlare di migrazioni, cioè vasti movimenti di popoli che durarono parecchi decenni e nel corso del V secolo divennero sempre più massicci e frequenti. Incursioni e migrazioni barbariche affrettarono la fine dell’impero ma non ne furono l’unica causa. L’impero d’oriente, più ricco e più forte, riuscì a resistere all’urto; quello d’occidente, più fragile e più povero, ne fu travolto.
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All’origine di questi spostamenti di popoli barbari ci furono rapidi aumenti di popolazione o improvvisi cambiamenti di clima che resero troppo affollate o troppo aride vaste regioni del lontano oriente. O forse le tribù che vivevano vicino al confine si accorsero della debolezza dell’impero e decisero di approfittarne. Nelle pianure a nord del mar Nero, abitate da Ostrogoti e Visigoti, sopraggiunsero all’improvviso gli Unni, un popolo che gli antichi autori hanno descritto come selvaggio e feroce.
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Gli Unni originari delle lontane pianure dell’Asia, erano un popolo nomade che viveva di pastorizia, di caccia e, soprattutto, di bottino e di razzie (cioè di devastazioni e di rapine). Nel corso delle loro migrazioni le tribù di Unni sottomettevano, massacravano o scacciavano le popolazioni che incontravano sul loro cammino
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All’arrivo degli Unni, le tribù barbariche che erano insediate intorno al mar Nero si riversarono in massa verso occidente, sospinte una dall’altra, cercando rifugio entro i confini dell’impero.
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i Visigoti, insieme ad altre schiere di barbari, attraversarono la frontiera del Danubio, sconfissero l’esercito romano ad Adrianopoli (378) e, dopo aver devastato diverse province dell’impero, si misero in marcia verso l’Italia.
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Più a nord una moltitudine di tribù barbare (Vandali, Burgundi, Svevi ecc.) passò il confine del Reno (406) e penetrò nei territori dell’occidente, aprendosi la strada con le armi.
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La sede imperiale venne spostata da Milano a Ravenna, città più sicura perché circondata da paludi e acquitrini. Ma questi provvedimenti non bastarono a frenare l’avanzata dei barbari.
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L’Italia fu invasa dai Visigoti, poi da Unni, Vandali, Ostrogoti. Roma stessa fu assalita e saccheggiata nel 410 dai Visigoti sotto il comando del re Alarico e, successivamente, nel 455 dai Vandali.
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Nel 452 un esercito unno guidato dal re Attila Devastò la pianura padana saccheggiando giungendo fino alle coste dell’Adriatico. Gli abitanti delle regioni costiere, terrorizzati, cercarono rifugio sulle isolette della laguna veneta, là dove più tardi sarebbe sorta Venezia
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Per cercare un accordo con Attila si mosse da Roma il papa Leone I Magno. Forse il re unno ottenne un ricco tributo e la promessa di terre in caso di ritiro. O forse la figura e le parole del papa suscitarono in lui un sentimento di rispetto e insieme di superstizioso terrore. Certo è che, dopo l’incontro col papa, Attila rinunciò ad altre imprese e si ritirò dall’Italia.
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Nel periodo delle migrazioni barbariche il potere imperiale si era indebolito e la Chiesa si dimostrava l’unica forza capace di dare aiuto, protezione e sicurezza alle popolazioni rimaste senza guida.
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I vescovi si assumevano anche compiti di governo, sostituendosi allo Stato, debole o assente: assicuravano rifornimenti di viveri alla popolazione, facevano restaurare edifici pubblici, organizzavano la difesa delle città assediate, si ponevano come mediatori fra Romani e barbari, per cercare accordi ed evitare stragi.
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