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DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI

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Presentazione sul tema: "DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI"— Transcript della presentazione:

1 DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI
In questo capitolo sono riunite quelle forme cliniche nelle quali il disordine mentale viene espresso in modo esclusivo e/o prevalente attraverso sintomi fìsici. A ragione di tale fenomeno, i malati affetti da questi disturbi pongono frequentemente difficili problemi di diagnostica differenziale rispetto a numerose condizioni mediche. In effetti, prima di poter includere il paziente in uno degli specifici disturbi raccolti in questo gruppo è necessario che:

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sia esclusa la presenza di una patologia medica sottostante; anche se esiste una condizione medica correiabile, l’intensità dei sintomi non risulti a essa proporzionata; non esistano dimostrabili meccanismi fisiopatologici capaci di spiegare la sintomatologia stessa.

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Quando vengono soddisfatte queste condizioni deve esistere la possibilità di interpretare la sintomatologia attraverso modelli patogenetici di ordine psicosociale e psicodinamico. In relazione a quest’ultimo punto, il processo di somatizzazione, comune a tutte le forme cliniche riunite in questo capitolo, viene definito come la tendenza a esperire, concettualizzare o comunicare condizioni o contenuti psicologici attraverso sensazioni corporee, modificazioni funzionali o metafore somatiche.

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Questa definizione raccoglie in sé in modo generale i complessi e vari meccanismi che possono essere messi in gioco dai pazienti che lamentano disturbi fisici non spiegabili da un punto di vista organico. In effetti, l’eziologia psichica del fenomeno della somatizzazione viene meglio compresa se si fa riferimento al fatto che, fin dalla nascita e dai primi rapporti oggettuali, il corpo è il luogo della relazione con il mondo, situato alla frontiera tra l’Io e l’ambiente dove si trova a svolgere ruoli di comunicazione.

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Quest’ultima si avvale sempre di due linguaggi, il corporeo e il verbale. Il processo di somatizzazione attiene a tutte quelle situazioni in cui il corpo occupa tutto lo spazio della comunicazione e diventa il veicolo unico o privilegiato per trasferire messaggi di ordine psichico. Il linguaggio corporeo, quindi, non solo partecipa e amplifica sempre le emozioni, ma può anche completamente sostituirle.

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A ragione della loro fenomenologia clinica, i pazienti con disturbi somatici vengono, in prima istanza, osservati nell’ambito della medicina di base e in genere dai vari specialisti. L’iter clinico in questi casi è abbastanza tipico. Dopo l’espletamento di esami di laboratorio e strumentali, che escludono una causa organica, e dopo numerose visite specialistiche, viene offerta un’ipotesi psicologica dei disturbi, connotata troppo spesso dalla frase: "Lei non ha niente”.

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A questo punto il paziente tende a rifiutare questa possibilità, anche per la natura inconscia e conflittuale dei fenomeni psicologici che hanno portato alla somatizzazione, e tende a cambiare specialisti, a ripetere gli esami, con il rischio di sottoporsi a interminabili terapie e a indagini diagnostiche anche invasive che espongono tali soggetti a reali e concreti rischi iatrogeni. Non ultimo anche quello di affrontare interventi chirurgici di dubbia efficacia.

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Pertanto, una caratteristica di tutti i pazienti è di essere grandi utilizzatori dei servizi sanitari e forti consumatori di farmaci. Infine, la patologia, che presenta altissimi costi sociali, li espone, a ragione dell’andamento cronico della stessa, a un pesante deterioramento della loro qualità di vita. La nuova edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) ha riclassificato i disturbi somatoformi nel seguente modo:

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Disturbo da ansia di malattia Disturbo di conversione DSS aspecifico Disturbo da dismorfismo corporeo (nella sezione separata DOC) Disturbo fittizio provocato su di sé/su altri Fattori psicologici che influenzano altre condizioni mediche

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disturbi da sintomi somatici: questa nuova categoria raggruppa il disturbo di somatizzazione, l’ipocondria, il disturbo somatoforme indifferenziato e disturbo algico. Enfatizza l’importanza sia dei sintomi fisici, sia delle condizioni abnormi o distorte delle cognizioni del paziente. Entrambe le caratteristiche sono richieste come criteri per poter attribuire tale diagnosi, poiché essa è inappropriata alla presenza di una delle due caratteristiche;

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disturbo da ansia da malattia: è caratterizzata da un’eccessiva preoccupazione per la salute fisica, con pensieri eccessivi riguardanti la gravità di sintomi, elevati e persistenti livelli di ansia, pur in assenza di una sintomatologia fisica significativa (è la vecchia nozione di ipocondria);

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disturbo di conversione (disturbo da sintomi neurologici funzionali); fattori psicologici che influenzano altre condizioni mediche; disturbo fittizio; disturbo da sintomi somatici con o senza specificazione.

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DISTURBO DA SINTOMI SOMATICI Definizione il disturbo di somatizzazione, nella classificazione del DSM-IV-TR, è caratterizzato da lamentele somatiche multiple e ricorrenti, della durata di anni, per le quali viene richiesto continuamente l’aiuto medico; presenta un andamento cronico, conduce all’abuso di farmaci, ha disabilità e malattia iatrogene. Con il DSM-5, per ricevere una diagnosi di disturbo da sintomi somatici (DSS) è necessaria la presenza di almeno un sintomo somatico, capace di creare forti limitazioni nella vita di tutti i giorni, per un periodo di almeno sei mesi.

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Al sintomo somatico, deve associarsi almeno una di queste risposte psicologiche o comportamentali: pensieri eccessivi riguardanti la gravità dei sintomi; elevati e persistenti livelli di ansia; impiego eccessivo di tempo ed energie speso a causa delle preoccupazioni per il proprio stato di salute.

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Epidemiologia Il DSS è più frequente nella popolazione femminile, dove raggiunge una prevalenza nella vita del 2%; negli uomini la stessa prevalenza è inferiore allo 0,2%. Esiste una tendenza alla familiarità (10-20% dei parenti di primo grado di sesso femminile dei soggetti affetti dalla patologia).

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Criteri diagnostici e clinica Il DSS è sovrapponibile nelle sue caratteristiche cliniche fondamentali alla cosiddetta sindrome di Briquet e cioè a una forma omogenea e particolare di isteria caratterizzata da molteplici sintomi somatici e ad andamento cronico. Tutti i pazienti con DSS presentano complicate storie mediche. In effetti qualunque organo o disturbo corporeo, in varie forme sintomatologiche, può diventare bersaglio del processo di somatizzazione. Dolori addominali, problemi mestruali e cefalea sono i sintomi che compaiono più costantemente.

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L’aspetto più particolare nella clinica del DSS è la modalità drammatica, esagerata e carica dal punto di vista emotivo con la quale il paziente presenta la propria storia e i disagi legati ai propri sintomi. Giunge all’osservazione del medico portando con sé un’impressionate quantità di referti medici e di cartelle cliniche. Appare vendicativo e accusatorio nei riguardi di tutta l’organizzazione sanitaria che non è stata capace di trovare una soluzione alla sofferenza prodotta da tutti i suoi sintomi fisici. Spesso è una donna che ha abbandonato da poco il proprio lavoro e dichiara di non riuscire a svolgere il proprio ruolo domestico.

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Lamenta che anche l’ambiente familiare è particolarmente insofferente nei confronti dei suoi dolori e delle sue lamentele. La relazione matrimoniale viene descritta come fortemente insoddisfacente e la malattia peggiora ulteriormente le relazioni affettive. La sessualità, nella cui area sono con regolarità presenti disturbi, viene descritta anch’essa come priva di gratificazione. È osservabile un’alta comorbilità di una diagnosi di DSS con disturbi dell’umore e/o ansia. Questo dato è ancora più rilevante se si tiene in considerazione la prevalenza nella vita dei disturbi di cui sopra. Soprattutto la depressione si configura come un disturbo che tende ad aggravare i sintomi fisici.

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La definizione del DSM-5 del disturbo da sintomi somatici richiede un solo sintomo corporeo che sia penoso o di disturbo alla vita quotidiana e che duri da almeno 6 mesi. Si richiede inoltre una delle seguenti risposte psicologiche o comportamentali: pensieri sproporzionati circa la gravità dei sintomi; livello persistentemente elevato di ansia riguardo ai sintomi; troppo tempo ed energie spesi a preoccuparsi della salute.

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Questa definizione è molto più flessibile rispetto alla definizione di disturbo di somatizzazione del DSM-IV, che richiedeva una storia di molti sintomi fisicamente inspiegabili prima dell’età di 30 anni e presenti da diversi anni, e sfociati nella ricerca di trattamento o compromissione psicosciale. Era necessario un totale di 8 o più sintomi fisicamente inspiegabili presi da quattro diversi gruppi di sintomi, di cui almeno 4 con dolore e 2 gastrointestinali. I precedenti criteri del DSM hanno sempre incluso la raccomandazione di esami clinici per escludere altre spiegazioni di malattie somatiche.

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Eziologia Nell’eziologia dei DSS intervengono, variamente modulati, fattori socioculturali, biologici e psicodinamici che interagiscono o promuovono la costituzione di un profilo patologico di personalità e lo sviluppo di altri disturbi psicopatologici, soprattutto di tipo depressivo e di ansia. La comparsa di eventi esistenziali stressanti o disagi rejazionali riattualizza i meccanismi primitivi della somatizzazione. Per quanto riguarda il primo fattore è riconosciuta una associazione con:

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un basso livello socioculturale; uno sviluppo infantile in famiglia con soggetti tendenti alla somatizzazione; una relazione con genitori capaci di accudimento affettivo unicamente durante gli stati di malattia; una cultura e una prassi sanitaria che tendono a privilegiare comportamenti di malattia piuttosto che l’espressione psicologica del disagio e quindi selezionano i sintomi di carattere somatico creando una sorta di somatizzazione iatrogena.

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Da un punto di vista biologico il DSS viene interpretato come neurofisiologicamente determinato da un anomalo abbassamento del livello generale di soglia ai vari stimoli. Pertanto, è questa esperienza di un’amplificazione somatosensoriale a determinare un’alterazione cognitiva dell’analisi e dell’interpretazione dei segnali corporei e una tendenza a pensare e agire attraverso sintomi somatici.

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È stata rilevata un’alta associazione tra DSS e alexitimia (a=senza; exis=parole; thymos=cuore o affettività). Questo termine descrive il fatto che il soggetto manca di parole per dare un nome ai propri stati affettivi. Secondo gli Autori americani, che hanno coniato questo termine, il fenomeno è determinato da difetti neurofisiologici di connessione tra il sistema limbico e la neocorteccia.

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Infine, da un punto di vista psicodinamico la presenza nel DSS di questa incapacità a riconoscere e a esprimere gli affetti, gli istinti e i bisogni attraverso sistemi più evoluti di simbolizzazione e comunicazione psicologica, dipende dall’assenza, nei primi anni di vita, di una relazione sufficientemente empatica con la figura materna. È la madre che nel lattante e nella prima infanzia ha la funzione di riconoscere i segnali di disagio e dolore mentale espressi attraverso il corpo. Se la relazione ha luogo con una madre empatica e capace di contenimento, il bambino apprende a differenziare le esperienze somatiche da quelle psicologiche.

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Al contrario, se sarà privato di questa esperienza, continuerà a usare confusivamente solo il canale somatico per esprimere anche affetti e sentimenti.

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DISTURBO DA ANSIA DI MALATTIA ■ Definizione Il disturbo da ansia di malattia si configura con la pervasiva convinzione e la preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia di cui non viene scoperta l’origine o l’eccessiva preoccupazione riguardo allo stato della propria salute. I sintomi somatici non sono presenti, o se presenti sono solo di lieve intensità.

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Questa convinzione e/o paura si manifestano attraverso un’interpretazione non realistica di presunti sintomi fisici, anche in completa assenza di disturbi fisici che potrebbero parzialmente rendere ragione delle preoccupazioni del paziente.

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Epidemiologia Le stime di prevalenza del disturbo da ansia di malattia (DAM) si basano su quelle del DSM-3 e DSM-IV per la diagnosi di ipocondria. Il DAM si osserva con elevata frequenza negli ambulatori di Medicina Generale, nella cui popolazione afferente raggiunge la prevalenza di circa il 10%. Non si registra alcuna differenza tra uomini e donne; l’insorgenza è più comune nel corso della terza-quarta decade di vita e nell’età anziana. È presente un certo grado di familiarità, in quanto è possibile osservare Io stesso disturbo nei gemelli e nei parenti di primo grado.

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Clinica e criteri diagnostici Come negli altri DSS, la condizione diagnostica di base è l’assenza di riscontro di patologie organiche sottese alla sintomatologia che possano giustificare appieno lo stato d’animo, le preoccupazioni e i convincimenti del paziente.

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Sintomi ipocondriaci possono accompagnare altri disturbi psichiatrici (depressione maggiore e schizofrenia, in primis), oppure essere la temporanea risposta a condizioni di stress esistenziale (preoccupazioni ipocondriache dopo incidenti, indagini diagnostiche prolungate che creano sentimenti di incertezza, attenzione eccessiva ai segnali fisici, dopo l’insorgenza di malattie in persone care o a seguito della scoperta di gravi malattie come l’AIDS),

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Il paziente con DAM presenta e lamenta sintomi fisici, i quali, anche se determinati da qualche disturbo organico, sono spesso esagerati nelle loro conseguenze, ma soprattutto sono interpretati come causati da una grave malattia che nessun medico è ancora riuscito a diagnosticare. Anche se risultano negative tutte le più complesse indagini clinico- strumentali, il paziente, irriducibile dichiara che forse non sono stati fatti gli esami più corretti o che l’origine della sua malattia è ancora sconosciuta, o anche che la tecnologia medica non è ancora in grado di scoprire le cause dei suoi disturbi.

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I sintomi riguardano tutto il corpo e tutti gli organi e sono espressi preferibilmente attraverso il dolore e lamentele in sede cardiaca o gastrointestinale. Dolori al capo fanno pensare a tumori o aneurismi cerebrali, lievi aritmie all’infarto imminente, l’astenia all’AIDS. La sintomatologia è cronica e, a ragione degli aspetti sopra considerati, il paziente con DAM si sposta nell’ambiente sanitario nella convinzione che qualche indagine sia stata tralasciata o che finalmente troverà il medico capace di guarirlo.

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Nessuna rassicurazione è efficace; anzi, il paziente si irrita e si sente non compreso e sottovalutato ("allora per Lei sono matto”). È chiaro che il lungo e complesso iter medico cui si sottopone costituisce una fonte di rischio di patologie e complicanze iatrogene (polifarmacoterapia, pericolose indagini strumentali, interventi chirurgici). La vita del paziente con DAM è scandita solo dalla preoccupazione per la sua malattia e si assiste pertanto al progressivo e cronico deterioramento degli affetti, degli interessi, della vita relazionale e del lavoro.

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Eziologia Anche in questa condizione clinica, l’espressione del sintomo somatico è espressione di un conflitto mentale. Diversamente dalle altre forme di somatizzazione il pensiero nel DAM è più pervasivo e più profondamente patologico. Infatti, non presenta aspetti di vantaggi secondari e non ha l’obiettivo di modificare l’ambiente esterno richiedendo attenzioni e cure, oppure di esprimere, mascherandoli, conflitti aggressivi verso oggetti o persone reali.

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Il teatro in cui si svolge la trama ipocondriaca è tutto il mondo interno. Già Freud considerava l’ipocondria come un disinvestimento dell’interesse e dell’energia vitale dagli oggetti del mondo esterno. La preoccupazione verso gli organi malati rappresenta l’equivalente dell’angoscia in relazione a esperienze interne fortemente aggressive e distruttive. È come se il paziente ci dicesse: "ho paura che qualcuno nel mio corpo voglia farmi del male e distruggermi”.

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Tali brevi formulazioni psicodinamiche sull’origine del DAM danno ragione della frequente comorbilità con disturbi depressivi e ansia e con la presenza di disturbi di personalità di tipo narcisistico, ossessivo-compulsivo e masochistico.

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DISTURBO DI CONVERSIONE (DISTURBO DA SINTOMI NEUROLOGICI FUNZIONALI) ■ Definizione Il disturbo di conversione, nel DSM-5 come nelle precedenti versioni, corrisponde, nelle linee generali, a quella che veniva definita nevrosi isterica, il nucleo di questo disturbo è costituito, così come viene richiamato dalla denominazione, dall’utilizzo da parte del paziente di un meccanismo di formazione di sintomi fisici consistente nel trasferimento sul corpo (conversione) di pulsioni o istinti, desideri o affetti, inaccettabili, attraverso vie nervose volontarie. In tal modo, la carica psichica sgradevole del conflitto viene rimossa.

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Ciò che rende specifico e particolare questo meccanismo è il fatto che i sintomi di conversione hanno un significato simbolico in quanto esprimono, attraverso il corpo, le rappresentazioni e/o i conflitti rimossi. Epidemiologia Il disturbo di conversione è in diminuizione rispetto all'800 o ai primi decenni del '900, Si valuta una prevalenza attuale tra 10 e 300 casi su soggetti nella popolazione generale.

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La prevalenza tra i pazienti ricoverati nell’ospedale generale è alta e varia dal 5 al 10%; nei reparti di cura psichiatrici questa percentuale si abbassa notevolmente. L’insorgenza non presenta un’età definita, in quanto il disturbo di conversione compare sia nell’adolescenza (più frequentemente) sia nella prima età adulta. È più frequente nella popolazione femminile, da 2:1 a 5:1 rispetto a quella maschile. Tuttavia, ci sono due popolazioni nelle quali è alta la prevalenza nei maschi: tra i soggetti vittime di incidenti sul lavoro e nell’ambito militare. Anche un basso livello socioculturale e fattori etnicoculturali (popolazioni latine) giocano un loro ruolo.

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Clinica e criteri diagnostici Tipicamente, i sintomi di conversione presentati dal paziente mimano malattie fisiche neurologiche, quindi, dell’area motoria e sensoriale. Le malattie rispetto alle quali in prima istanza viene posto il delicato problema di una diagnostica differenziale riguardano più comunemente paresi, afonia, epilessia, disturbi visivi, anestesie, parestesie, malattie degenerative (sclerosi multipla), movimenti volontari (acinesie, discinesie). La diagnosi è complicata dal fatto che spesso il disturbo di conversione si sovrappone a una condizione organica obiettiva.

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Questo determina due fenomeni: il primo, una difficoltà a differenziare la quota psichica presente nel disturbo; il secondo che, spesso, la presenza delle caratteristiche psicologiche teatrali e istrioniche del paziente con un disturbo di conversione può portare a una sottovalutazione di possibili eziologie organiche. La sintomatologia può avere caratteristiche subacute, con andamento successivamente cronico, o acute e drammatiche (crisi isteriche) con risoluzione dei sintomi stessi. Ci riferiamo, In quest’ultimo caso, soprattutto alle crisi epilettiche di origine isterica o a crisi famose, ma diventate attualmente molto rare, come il cercle di Charcot.

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Limitandoci ad alcuni aspetti della diagnostica relativa ai sintomi motori e sensoriali, è necessario ricordare che non è possibile riscontrare nel disturbo di conversione una corrispondenza tra una distribuzione anatomica delle vie nervose e i sintomi lamentati dal paziente: infatti, questi ultimi sono l’espressione dell’idea del disturbo che il paziente ha costruito fantasticamente o attraverso un processo di imitazione. Per esempio, le paralisi funzionali isteriche non si accompagnano ad alterazione della reflessività e del tatto, caratteristiche delle paralisi conseguenti a lesioni delle vie piramidali o dei centri motori midollari.

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Le modalità qualitative delle alterazioni e la loro topografia non obbediscono alle leggi dell'innervazione, della conduzione e della sistematizzazione delle vie della sensibilità. A conferma di ciò, ricordiamo, per esempio, che la paralisi mima usualmente il tipo flaccido. Tuttavia, all’esame obiettivo neurologico e agli esami funzionali non compaiono anomalie: l’evocazione dei riflessi è normale e così anche l’elettromiografìa non evidenzia deficit o segni di degenerazione. Le stesse considerazioni valgono per la paralisi dei muscoli laringei, che provocherebbe afonia se non accadesse che il paziente affetto da disturbo di conversione, che non riesce a parlare a un tono ben udibile, è invece capace di sussurrare.

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Nell’ambito degli organi di sensibilità, si ripetono le stesse anomalie sintomatologiche. In caso di cecità da conversione, la registrazione dell’EEG, nel corso di stimolazione luminosa, è normale; nella sordità isterica non si riscontrano deficit audiometrici. Le perdite della sensibilità presentano distribuzioni bizzarre, per esempio "a guanto” o "a calza”. Un’altra caratteristica, che in passato si pensava avere un ruolo diagnostico, ma che in effetti si osserva solo in circa metà dei pazienti, è la cosiddetta "belle indifference” di Janette: in questi casi il paziente appare poco preoccupato relativamente all’evidente drammaticità e gravità dei sintomi.

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Come indicato dai criteri diagnostici del DSM-IV-TR, ma anche nel DSM-5, un altro fattore diagnostico è l’individuazione anamnestica di un evento stressante o di un’acuta conflittualità relazionale che precede significativamente e a breve distanza la comparsa dei sintomi o delle crisi. Altrettanto importante può essere il riscontro di una correiabile situazione esistenziale di disagio oppure di conflitto che il paziente può evitare (vantaggio secondario) attraverso lo sviluppo di sintomi fisici. Tra gli eventi stressanti spesso compare una grave malattia o il decesso di una persona affettivamente importante.

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Caratteristicamente, come reazione a questi eventi, vengono sviluppati sintomi funzionali di conversione sovrapponibili a quelli tipici delle malattie della persona cara. Si riscontrano frequentemente una comorbilità con depressione, ansia e altri disturbi di somatizzazione con disturbi di personalità quali il disturbo istrionico di personalità o passivo-dipendente.

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Eziologia Sullo studio dell’Isteria Freud ha costruito le basi della teoria e della prassi della psicoanalisi, e il termine conversione è stato introdotto da Freud per spiegare il misterioso salto dallo psichico al somatico. Il sintomo espresso organicamente diventa la rappresentazione concreta di diversi tipi di pulsioni, affetti o istinti che vengono rimossi e resi inconsci, in quanto forze censorie o inibitorie (Super-io) determinano una situazione conflittuale e li rendono incompatibili con la coscienza dell’individuo. Attraverso la somatizzazione (vantaggio primario), il soggetto si libera del conflitto e della relativa angoscia e soddisfa metaforicamente attraverso una rappresentazione fisica, le pulsioni aggressive, sessuali o il conflitto rimossi (vantaggio secondario).

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una condizione di ipertono può significare che il paziente ha qualche pulsione aggressiva da sopprimere; il crampo dello scrittore o del violinista si può verificare in soggetti che vivono con conflittualità la possibilità di raggiungere un successo; il fenomeno are de cercle, precedentemente citato, può rappresentare un desiderio represso dell’atto sessuale, uno stato di rigidità tonica, una lotta tra impulsi opposti; le convulsioni isteriche possono essere l’espressione pantomimica di impulsi aggressivo- sessuali.

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Pertanto, il sintomo isterico presenta qualità simboliche in quanto esiste un legame di significazione tra contenuto latente e contenuto manifesto, cioè tra pensieri, desideri o agiti inconsci e il sintomo somatico. In alcuni pazienti il legame simbolico è espresso come in una rappresentazione teatrale, ove è facilmente intuibile la relazione tra il contenuto manifesto (il sintomo) e il contenuto rimosso (il desiderio o la pulsione); la paralisi motoria può essere una difesa contro la pulsione aggressiva; il mutismo isterico può esprimere un’ostilità o un’angoscia verso le persone in presenza delle quali si verifica il sintomo;

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Come si può osservare da questi esempi, il sintomo, oltre a essere espressione simbolica di conflitto latente, diventa anche il segno dell’inibizione dell’atto desiderato, spesso attraverso il blocco motorio-percettivo di quegli organi o apparati interessati all’attività coinvolta. Una dichiarazione del tipo "non posso vedere” ha il significato di "non voglio vedere”.

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Per quanto riguarda i motivi della scelta dell’organo, viene presa in considerazione l’ipotesi di una condizione di compiacenza somatica, determinata da esperienze traumatiche precedenti o dalla preesistenza di condizioni di inferiorità d’organo che configurano una costituzionale tendenza a esprimere, attraverso quella parte del corpo, gli stati conflittuali. Oppure la scelta d’organo può dipendere dalle situazioni nelle quali ha avuto luogo la repressione decisiva. Più facilmente sede di disturbi sono quegli organi che sono stati più attivi e sottoposti alla massima tensione nel momento in cui si è presentata la repressione decisiva. letto.

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Altre volte, la scelta dell’organo può essere determinata dall’intrinseca capacità dell’organo a esprimere le simbolizzazioni delle pulsioni inconsce. In sintesi, il carattere di compromesso dei sintomi esprime contemporaneamente la relazione dinamica tra gli istinti e le forze reprimenti. Quanto poi sia importante prendere in considerazione aspetti storici o traumatici può essere mostrato dal famoso caso clinico descritto da Freud di una donna (Anna O.) la quale soffriva di una paralisi al braccio ogni volta che inconsciamente ricordava i suoi sentimenti verso il padre.

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Al tempo della morte di quest’ultimo aveva passato lunghe ore al suo capezzale premendo il braccio contro la seggiola accanto al letto.

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FATTORI PSICOLOGICI CHE INFLUENZANO ALTRE CONDIZIONI MEDICHE ■ Definizione Sappiamo che un considerevole numero di sintomi fisici non trova spiegazione nel modello biomedico, il che ne ostacola l’inquadramento nelle branche attuali della medicina interna. Di contro, molti problemi di salute che colpiscono fortemente le funzioni psicosociali quotidiane e che influenzano in gran misura la presentazione sintomatica, non possono essere pienamente riconosciuti senza ricorrere a una prospettiva più ampia, integrata e multifattoriale, come quella rappresentata dal modello biopsicosociale, di salute e di malattia.

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In questa prospettiva, ogni malattia viene concepita come il risultato finale comune di sistemi intergrati a livello di cellule, tessuti, organismo, rapporti interpersonali e relazioni con l’ambiente. Ciascuno di questi fattori ha il proprio peso relativo nel facilitare, mantenere o modificare il decorso della patologia, il quale può variare da malattia a malattia, da un individuo all’altro, e anche da un episodio all’altro della stessa malattia nello stesso individuo.

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Le relazioni tra malattia fisica e fattori psicologici sono prese in considerazione in due capitoli del DSM-IV. Il primo capitolo riguarda i "Disturbi somatoformi”, che fanno parte del livello diagnostico principale dell’Asse I e che si basano sull’assunto che i sintomi somatici, non secondari rispetto a un altro disturbo psichiatrico, tendono a imitare i sintomi "reali” di malattie mediche senza tuttavia evidenza di patologia in atto. Questa idea è relativa al concetto di distanza eccessiva fra il problema fisico (del tutto inesistente o, se presente, considerato come spiegazione poco plausibile rispetto ai sintomi presentati) e la percezione, i pensieri e il comportamento del paziente,

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Il secondo capitolo riguarda i "Fattori psicologici che influenzano una condizione medica” in cui viene richiesta la presenza sia di una condizione medica generale che di fattori psicologici che influenzano negativamente il decorso o il trattamento della malattia, oppure che costituiscono un rischio emotivo o fisico per il paziente. 1 fattori psicologici che influenzano una condizione medica sono collocati in una sezione residuale del DSM-IV ("Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica”) e pertanto hanno il limite di essere troppo vaghi e di non disporre di criteri diagnostici specifici, ragion per cui sono poco utili e poco utilizzati nella pratica clinica.

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Clinica e criteri diagnostici Nel DSM-5 la caratteristica essenziale dei fattori psicologici che influenzano altre condizioni mediche è la presenza di uno o più fattori psicologici o comportamentali clinicamente significativi che influenzano negativamente una condizione medica, aumentando il rischio di sofferenza, morte o disabilità. I fattori psicologici possono influenzare negativamente la condizione medica sottostante modificandone il decorso e il trattamento, possono agire sulla fisio­patologia della malattia organica scatenando o aggravando i sintomi.

60 DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI
È stato dimostrato che molti fattori psicologici diversi possono influenzare in modo peggiorativo le condizioni me­diche: tra questi la depressione, l’ansia, gli stressor, lo stile di relazione, tratti di personalità e stili di coping. Sono stati studiati i fattori psicologici che influenzano numerosi disturbi endocrini come la sindrome di Cushing, la malattia di Graves, la malattia di Addison, l’iperaldosteronismo primitivo, le disfunzioni tiroidee, l’iperprolattinemia e l’iperparatiroidismo.

61 DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI
Attenzione particolare viene rivolta dai ricercatori all’associazione di alcuni sintomi di natura psicosomatica e il costrutto di carico allostatico, inteso come esposizione cronica a una risposta neuroendocrina fluttuante o aumentata a causa di condizioni ambientali, di stress ripetuto o continuativo. Le condizioni mediche influenzate possono essere quelle con una chiara fisio­patologia, sindromi funzionali o sintomi clinici idiopatici. Questa diagnosi dovrebbe essere riservata ai casi in cui l’effetto del fattore psicologico sulla condizione medica è incontrovertibile e incide significativamente sul decorso o sull’esito della condizione medica stessa.

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Eziologia Devono essere tenuti in grande considerazione le differenze sociali e culturali come elementi che possono influenzare i fattori psicologici e i loro effetti sulle condizioni mediche: la lingua e lo stile di comunicazione, i modelli esplicativi della malattia, le modalità di richiesta e assistenza sanitaria, la disponibilità e l’organizzazione dei servizi, il rapporto medico- paziente e le altre pratiche di cura, l’organizzazione familiare, i ruoli di genere e l’atteggiamento verso la sofferenza e la morte.

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DISTURBO FITTIZIO Definizione I disturbi fittizi sono caratterizzati da sintomi fisici o psichici che sono prodotti o simulati intenzionalmente al fine di assumere il ruolo di malato. Quindi, la caratteristica essenziale del disturbo fittizio è la produzione intenzionale di comportamenti o sintomi di una patologia fisica o psichica. 1l soggetto può mettere in atto lamentele soggettive, come ad esempio riferiti dolori addominali in assenza dei sintomi specifici, oppure falsificazione di segni obiettivi come la manipolazione di un termometro per creare l’illusione della febbre.

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Ancora, condizioni autoprocurate come la produzione di ascessi tramite l’iniezione di saliva nella pelle, o l’amplificazione o l’esacerbazione di condizioni mediche generali preesistenti come la simulazione di un attacco di grande male da parte di un soggetto con precedenti di epilessia. I disturbi fittizi devono essere distinti dagli atti di simulazione. Infatti, nella simulazione l’individuo produce i sintomi intenzionalmente, ma è alla ricerca di un vantaggio secondario. Per esempio, la produzione intenzionale di sintomi ha per esempio lo scopo di evitare obblighi di lavoro o di doversi sottoporre a prove, o di evitare di essere scelti per compiti o ruoli difficili o stressanti dal punto di vista fisico e psichico. Per concludere, quindi, una diagnosi di disturbo fittizio comporta sempre la presenza di psicopatologia.

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Epidemiologia Le patologie fittizie sembrano più frequenti di quanto si pensi ed è stato calcolato che più del 5% dei contatti tra medico e paziente avvengono per tali motivi. Spesso le indagini di laboratorio sono le uniche che possono chiarire la condizione: un’elevata discordanza conferma il sospetto di trovarsi di fronte a una finzione e dirime il dubbio.

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Clinica e criteri diagnostici Gli individui con disturbo fittizio possono richiedere una cura per sé o per un’altra persona, dopo aver deliberatamente procurato l’infortunio o la malattia. La diagnosi richiede la dimostrazione che l’individuo sta volontariamente contraffacendo, simulando-causando segni o sintomi di malattia o infortunio in assenza di evidenti vantaggi esterni. Il disturbo fittizio ha somiglianza con i disturbi correlati a sostanze, disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e disturbi del controllo degli impulsi, nonché con altri disturbi legati sia alla persistenza del comportamento disturbato sia agli sforzi intenzionali di nascondere con l’inganno tale comportamento.

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La diagnosi di disturbo fittizio sottolinea la scoperta oggettiva di una falsificazione di segni e sintomi di malattia, senza trarre deduzioni sull’intenzione o la possibile motivazione di fondo. Le patologie fittizie sono difficili da sospettare e diagnosticare. Vengono solitamente individuate nel tentativo di escludere la malattia che è simulata; causano spreco economico per indagini diagnostiche, visite mediche, consulenze specialistiche.

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1 pazienti sembrano resistenti a sottoporsi a visita psichiatrica, la quale, a sua volta, non dà risultati incoraggianti e non mette al riparo da un’alta frequenza di recidive. Le persone affette coinvolgono spesso i familiari, il personale sanitario e il personale sociale; talvolta la patologia fìttizia può essere provocata sul paziente da altre persone, solitamente dalla madre sul figlio (sindrome di Munchhausen per procura). La storia clinica inventata dal paziente solitamente è credibile e plausibile, anche se i dettagli sono quasi sempre vaghi e inconsistenti. Nel corso delle indagini mediche questi pazienti sono tipicamente e particolarmente pignoli, esigenti, ostili. Un aspetto comune della patologia fittizia è che i pazienti si sottopongono a esami continui, senza fine, e persino a indagini invasive e disturbanti, denotando uria sorta di autolesionismo.

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DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEI DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E DISTURBI CORRELATI ■ Definizione È necessario, in primo luogo, escludere la presenza di affezioni organiche che giustifichino la sintomatologia. La presenza di sintomi aspecifici e, talvolta, transitori può nascondere la fase iniziale di patologie organiche che possono essere sottovalutate. Per esempio, la sclerosi multipla può inizialmente presentarsi con astenia, affaticabilità e con una diplopia fluttuante simili ad alcune delle lamentele somatiche riferite da pazienti DSS o disturbo di conversione.

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Tuttavia, la sintomatologia è spesso troppo varia o incompleta, vaga o eccessivamente precisa e dettagliata, drammatizzata o vissuta con un distacco inatteso; inoltre ricalca l’idea convenzionale che si ha di essa e non le reali caratteristiche, senza rispettarne appieno gli elementi anatomici e fisiologici (da tenere soprattutto in considerazione nel caso del disturbo di conversione).

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Un secondo livello di indagine deve poter escludere l’esistenza di patologie organiche che possano dare origine e sostenere particolari condizioni psicologiche al limite del patologico (ansia, preoccupazione e deflessione dell’umore di fronte a gravi e croniche condizioni di malattia) o la presenza di fattori psicologici che influenzano negativamente il decorso di una malattia organica (fattori psicologici che influenzano una condizione medica).

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Ovviamente, la difficoltà nella discriminazione tra un’ipotesi diagnostica e l’altra è anche legata alla collaborazione del paziente. Per esempio, non è sempre agevole il giudizio sulla volontarietà della produzione del sintomo (o dei sintomi) riferito: questo è fondamentale per determinare la presenza di un DSS da una parte o di un disturbo fittizio (quando non siano identificabili vantaggi per il soggetto) o di un disturbo da simulazione (quando invece sia identificabile il vantaggio), dall’altra.

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Per quanto riguarda la diagnosi differenziale tra le diverse forme cliniche raggruppate nei DSS e disturbi correlati, oltre agli elementi utilizzati nel diagramma di flusso, direttamente derivati dai criteri diagnostici, si può ricordare in sintesi la molteplicità dei sintomi e delle algie riferiti nel DSS: la presenza di sintomi prevalentemente paraneurologici nel disturbo di conversione, un profondo distacco emotivo da parte del paziente (la "belle indifference”) e, talvolta, il significato simbolico più evidente della sintomatologia; la presenza di lamentele riferite al solo sintomo dolore nel DSS; specificatamente, il timore della malattia nel disturbo d’ansia di malattia;

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lamentele inerenti l’aspetto mutevole e spiacevole nel disturbo da dismorfismo corporeo (disturbo inserito, nel DSM-5, nella sezione DOC). Va sottolineato inoltre che, quest’ultima condizione, assume connotazione delirante, e la diagnosi, non essendo presente nessun altro sintomo psicotico, è di disturbo delirante di tipo somatico. Inoltre, la presenza di sintomi e deficit relativi alla sola sfera sessuale suggerisce la presenza ili disfunzioni sessuali.

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Relativamente alle altre patologie psichiatriche, che presentano a loro volta sintomatologia riferita al corpo, è innanzitutto importante prendere in considerazione le somatizzazioni presenti nei disturbi d’ansia. In particolare, nel disturbo d’ansia generalizzata sono presenti astenia, sintomi gastrointestinali, dolore, mal di testa, e nel disturbo da attacchi di panico vengono usualmente riferiti sintomi cardiovascolari: nel primo caso, la lamentela non è essenzialmente centrata sul disturbo fisico e investe anche condizioni che esulano dalla malattia (apprensione, ansia situazionale), mentre nel secondo caso la sintomatologia è legata a ben definite crisi d’attacco di panico.

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Nel disturbo evitante di personalità e nella fobia sociale possono presentarsi preoccupazioni relative all’aspetto reale e comportamenti connessi, ma non risultano limitanti e non compromettono il funzionamento in maniera rilevante. Il disturbo ossessivo- compulsivo non presenta ossessioni e compulsioni solo legate al l’aspetto e al timore di malattia.

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Nel corso di anoressia nervosa, le preoccupazioni legate al soma sono accompagnate da comportamenti specifici a controllare il peso (restrizione alimentare, assunzione di lassativi e diuretici, vomito), mentre nelle disfunzioni sessuali sono dirette esclusivamente ai caratteri sessuali primari e secondari. Anche nei disturbi depressivi può essere presente una sintomatologia somatica: nel disturbo depressivo, tuttavia, è strettamente legata agli episodi di deflessione dell’umore e, in questo caso, saranno anche soddisfatti i criteri per questo tipo di patologia.

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In corso di schizofrenia sono presenti lamentele fisiche e false convinzioni che ricordano i DSS. Tuttavia, spesso hanno connotazione delirante e, comunque, sono accompagnate da altri disturbi formali del pensiero, allucinazioni e compromissioni dell’esame di realtà. Altre caratteristiche distintive dei pensieri deliranti nella schizofrenia sono la loro bizzarria e la complessità (oggetti presenti nel corpo, alterazioni della struttura degli organi interni), nonché il fatto che siano stabili e non tendano a mutare nel tempo (come invece avviene nel disturbo d’ansia di malattia e nei DSS) e che non presentino assolutamente neppure un momento di critica. Infine, è spesso presente familiarità per la schizofrenia.

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DECORSO E PROGNOSI DEI DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E DISTURBI CORRELATI Le affezioni che compaiono nel gruppo dei DSS e correlati presentano un decorso tendenzialmente cronico sia che la sintomatologia fluttui nel tempo, come nei DSS, sia che presenti periodi di remissione di varia durata per poi ricomparire (disturbo d’ansia di malattia). Nel disturbo di conversione, invece, le crisi, usualmente di breve durata, cronicizzano solo nel 10% dei casi. In molti casi, infatti, il peggioramento del quadro clinico o il ricorso della sintomatologia corrispondono a eventi stressanti riconoscibili ed evidenti.

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In generale, è possibile affermare che l’insorgenza acuta è legata a una migliore prognosi, mentre l’insorgenza subdola, confusa, e un’instaurazione lenta e complessa dei vari sintomi di somatizzazione non solo predispongono a una prognosi, ma espongono i pazienti a rischi ben più gravi.

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Da una parte esiste il rischio che vengano sottovalutati i sintomi e i segni di una patologia organica iniziale o sovrapposta in tempi successivi; dall’altra, e ciò costituisce il rischio più concreto e l’evenienza più frequente, questi pazienti sono oggetto di una medicalizzazione senza fine che li espone a rischi iatrogeni (diagnostica invasiva, interventi chirurgici, politerapie), ad assunzione incongrua di terapie e ad automedicazione.

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La prognosi è chiaramente legata ai tratti personologici del paziente e al tipo di conflitto psicologico che lo caratterizza; altrettanto importante è la presenza di una patologia organica concomitante o altro disturbo psichiatrico. Strettamente legati a questo quadro di malattia sono infatti i disturbi affettivi, che non solo si associano così spesso a sintomatologia fìsica inspiegabile su piano organico, ma che possono essere indotti (depressione e distimia) dalle condizioni di vita e di salute soggettivamente vissute dai pazienti.

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TRATTAMENTO DEI DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E DISTURBI CORRELATI Il paziente con DSS fa riferimento in prima istanza al medico di famiglia, ad altri specialisti o a strutture ospedaliere. È del tutto improbabile che chieda personalmente l’intervento dello psichiatra. Ne deriva che il rischio di cronicizzazione del disturbo, di abuso di farmaci, di ricoveri ed esami strumentali e di interventi chirurgici inutili può essere sufficientemente prevenuto solo se viene gestita con cautela e attenzione la fase in cui, espletate tutte le indagini giudicate opportune, il medico giunge al riconoscimento che i sintomi fisici lamentati sono del tutto, o in grande misura, di origine mentale, e di tale fatto deve informare il paziente.

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L’assunto fondamentale al quale fare riferimento per costruire la strategia di restituzione della diagnosi di un disturbo fisico non su base organica (funzionale) è che, pur con differenti modalità e penetranza, tutti i pazienti con DSS e correlati hanno la convinzione che un disturbo fisico sia all’origine dei sintomi lamentati e quindi non hanno le capacità, improvvisamente e senza aiuto, di "desomatizzare” gli affetti e conflitti rimossi.

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È per questa ragione che il paziente non appare soddisfatto quando gli viene comunicato che "non ha niente”; anzi si irrita e pensa di non essere stato preso in sufficiente considerazione, o anche che il medico sia un incompetente quando gli consiglia di rivolgersi a uno psicologo o (più raramente, perché si teme di offendere la sua suscettibilità) a uno psichiatra.

86 DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI
“Mi hanno preso per matta”, penserà o dirà la paziente con DSS. Da qui inizieranno a rafforzarsi le difese psichiche nella somatizzazione e l’innumerevole serie di percorsi medici. Come può operare il medico per ridimensionare il convincimento, attribuire significati psicologici ai sintomi e, quindi, fare breccia nelle difese mentali del paziente, in modo da far percepire come non offensivo e non svalutativo il successivo invio a uno specialista psichiatra?

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Instaurare una relazione sincera e di pura comprensione. Nel periodo diagnostico, poiché il paziente comunica la sua sofferenza mentale attraverso il corpo, è fondamentale costruire un rapporto di fiducia sia attraverso una precisa e mirata esecuzione delle indagini cliniche (anche se esiste il dubbio che il paziente somatizzi, è importante che in questa fase egli si senta considerato come un vero malato organico) sia attraverso un atteggiamento di comprensione e di non squalificazione dei disagi esistenziali determinati dai sintomi. Raccolta di un’anamnesi esistenziale con l’obiettivo di collocare la comparsa dei sintomi fisici in relazione a eventi esistenziali e stressanti importanti (lutti, esperienze dolorose, delusioni sentimentali, conflittualità coniugali ecc.)

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Evidenziazione, quando possibile, di sintomi o disagi psicologici presenti già prima o anche in concomitanza con la comparsa dei disturbi fisici. Relativamente alle informazioni raccolte nei punti (2) e (3), se il medico individua situazioni suggestivamente associabili alla comparsa dei sintomi, non deve immediatamente comunicarli al paziente. Restituzione della diagnosi medica con ipotesi di connessioni oggettive. Questa è la fase più delicata. Non deve essere comunicato "lei non ha niente di organico”, ma, per esempio: "va tutto abbastanza bene ed è difficile spiegarci tutti i suoi disturbi con i risultati di questi esami”.

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Il paziente chiederà cosa vuole dire il medico con l’ultima frase. Il medico, dopo avere sottolineato che la sofferenza e il disagio causati dai sintomi sono veri, risponderà con alcuni esempi di comune esperienza che possano mostrare come le paure, l’ansia, la depressione e la rabbia si accompagnino sempre a esperienze fisiche. La paura fa battere il cuore e sudare; l’ansia o la preoccupazione "chiudono lo stomaco” o aumentano il bisogno di minzione; quando si è giù di umore ci si sente stanchi; la rabbia mette i muscoli in forte tensione ecc. Questi esempi sono utili alla costituzione di connessioni oggettive tra lo stato degli affetti e i fenomeni fisici.

90 DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI
Con i pazienti provvisti di un livello culturale più elevato è possibile anche ricorrere a brevi e semplici cenni di anatomia e fisiologia. Se il cuore batte forte in occasione di eventi imprevisti, questo accade perché nel cuore ci sono terminazioni nervose che partono dal cervello. La risposta che spesso verrà data sarà: "ma io non sono ansioso o depresso”. È questo il momento di passare al punto successivo.

91 DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI
Restituzione di ipotesi di connessione soggettive. Ora bisogna usare, se si è stati particolarmente pazienti e attenti, le informazioni raccolte nei momenti (2) e (3). È importante offrire al paziente queste connessioni come ipotesi, quasi a volere unicamente insinuare dei dubbi e delle riflessioni e non delle certezze. Quindi non "io credo” o "io penso”, ma "lei ha ragione, non mi sembra in questo momento ansioso o depresso, tuttavia è curioso il fatto che i disturbi siano iniziati poco dopo che è morta sua madre. Io credo che un fatto del genere sia emotivamente molto importante”.

92 DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI
È chiaro che l’intervento deve essere costruito caso per caso; è importante ricordarsi di non forzare le difese del paziente; si offrono solo delle ipotesi che la scienza medica ha verificato per poter spiegare alcuni fenomeni clinici simili a quelli lamentati dal paziente. Invio allo specialista psichiatra. In questo momento, se il medico è riuscito a conquistare la fiducia del paziente, se quest’ultimo si è sentito trattato come un vero malato, una frase del tipo "io credo che possa valer la pena tentare anche la strada psicologica” viene accolta come una possibilità da non scartare.

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Il trattamento psichiatrico. La farmacoterapia è necessaria in presenza di comorbilità con altre patologie psichiatriche come i disturbi dell’umore e dell’ansia; tuttavia, è la psicoterapia che presenta caratteri d’elezione. Tralasciando di discutere diversi orientamenti e tecniche, il suo obiettivo è quello di chiarire le dinamiche e i fatti psichici che hanno determinato il processo di somatizzazione, di costruire con il paziente delle attrezzature mentali con le quali possa affrontare i conflitti e gli eventi della vita con modalità più mature.

94 DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI
Se questa indicazione è generalmente valida per tutti i DSS e correlati, lo è in maniera particolare per i pazienti affetti da disturbo di conversione. 11 paziente che più frequentemente si oppone all’origine psicologica della sintomatologia di cui soffre è quello con ansia da malattia.

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