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IL BUSINESS PLAN IIIC. EGIC – A.A

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Presentazione sul tema: "IL BUSINESS PLAN IIIC. EGIC – A.A"— Transcript della presentazione:

1 IL BUSINESS PLAN IIIC. EGIC – A.A. 2016-17
Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti” IL BUSINESS PLAN IIIC. EGIC – A.A

2 Quali sono gli obiettivi di un Business Plan? ...... ......
..... ha esso una specifica destinazione? ..... e se ne può configurare una puntuale struttura?

3 Il Business Plan È il documento che presenta, in un’ottica prospettica, un’iniziativa imprenditoriale allo scopo di: valutarne anticipatamente la fattibilità (sia in relazione alla struttura aziendale che al contesto nel quale l’impresa andrà ad operare); 2) stimare le risorse (economico-finanziarie, umane e tecnologiche) da investire per implementare il progetto imprenditoriale, valutando anticipatamente l’impatto che tale progetto potrà produrre sul mercato e i risultati economico-finanziari che potranno derivarne.

4 Il Business Plan (segue)
In altri termini, è un Documento riassuntivo del progetto imprenditoriale che ne valuta la coerenza dei suoi aspetti principali alla luce di determinati assunti, per indagarne la fattibilità economico- finanziaria. Obiettivi: comprendere il funzionamento del business aiutare nelle scelte di finanziamento ricerca di sostegno Management by Objectives Destinatari: imprenditore investitori finanziatori

5 Il Business Plan (cont.)
I quesiti per l’imprenditore Per l’investitore ed il finanziatore come devo fare per offrire ai miei clienti una proposta valida e difendibile su quali mercati ho migliori possibilità di riuscita quale sarà la reazione delle imprese eventualmente già presenti nel settore quali potenzialità economiche ha il mio progetto di quanto capitale dovrò disporre necessario per ottenere finanziamenti agevolati deve dimostrare la bontà della formula imprenditoriale Cosa si valuta del Business Plan le caratteristiche dell’impresa e del settore il tipo di finanziamento richiesto ed il suo costo le previsioni economico-finanziarie le persone coinvolte e le relative competenze la coerenza complessiva del progetto imprenditoriale il documento nel suo complesso Il Business Plan (cont.)

6 Il Business Plan (segue)
è uno strumento di pianificazione e controllo, che definisce in maniera esplicita i contenuti strategici cui devono riferirsi i diversi attori aziendali, fornendo un’utile base di raffronto per valutare la bontà dei risultati conseguiti; rappresenta un’occasione di riflessione per l’imprenditore, che è chiamato ad analizzare criticamente (e, dunque, affinare) le proprie intuizioni relative all’opportunità imprenditoriale intravista; è uno strumento di comunicazione esterna, con cui l’imprenditore può presentare la sua idea imprenditoriale a diverse categorie di interlocutori (potenziali finanziatori, come le banche, potenziali investitori, come società di venture capital, business angel, ecc. o, ancora, potenziali partner) e persuaderli della bontà del progetto per ottenerne il coinvolgimento e le risorse.

7 Il Business Plan: la struttura del documento

8 I contenuti del Business Plan
Il piano di impresa dovrebbe prima di tutto presentare i connotati distintivi della business idea e valutarne anticipatamente la validità e la fattibilità, operativa e finanziaria. Una business idea è composta da tre elementi: il sistema di prodotto, che identifica l’offerta rivolta al mercato; il segmento di mercato, ossia la tipologia di clienti cui l’impresa si rivolge; le risorse interne attraverso le quali si confida di poter realizzare l’idea imprenditoriale. Il cuore del piano di impresa è dunque rappresentato dalle scelte strategiche assunte dalla compagine imprenditoriale.

9 I contenuti del Business Plan (segue)
Executive summary - un documento di riepilogo, in cui si presentano brevemente natura e finalità del progetto, evidenziando la mission aziendale e l’essenza della business idea. Si indicano i prodotti/servizi che si intendono offrire, sottolineando i vantaggi per la clientela ed i punti di forza rispetto ai concorrenti; le opportunità di mercato che si ritiene di poter cogliere; si valuta la dimensione del mercato, indicando le strategie da adottare, nonché i risultati economico-finanziari attesi. Andrà qui evidenziato anche il contributo richiesto al destinatario del business plan. Idea imprenditoriale e compagine aziendale Analisi dell’ambiente esterno I mercati di sbocco Prodotti/servizi da realizzare Risorse umane necessarie e modello di struttura organizzativa

10 I contenuti del Business Plan (segue)
PIANO DI MARKETING Si descrivono tutte le scelte compiute a livello di marketing, presentando il budget delle vendite (che sarà la base di partenza delle proiezioni economico-finanziarie). PIANO DI PRODUZIONE E PIANO DI APPROVV.TO Va presentata la struttura tecnico-industriale dell’impresa, indicando i macchinari e le attrezzature che, si stima, saranno necessari per la produzione e valutando anche i relativi costi e grado di produttività. Bisogna evidenziare la disponibilità di eventuali accordi a livello produttivo, di brevetti o know-how. Vanno, dunque, presentate le determinanti delle scelte di make or buy, Bisognerà inoltre stimare i costi di produzione correlati alla struttura produttiva prescelta, indicando tempi, modalità e costi connessi alla predisposizione della stessa. PIANO DEGLI INVESTIMENTI Serve a quantificare il capitale necessario per la costituzione dell’impresa e per il suo funzionamento: prevede gli investimenti da effettuare in immobilizzazioni (materiali ed immateriali) e in capitale circolante (liquidità, scorte, crediti verso clienti). PIANO ECONOMICO- FINANZIARIO Richiede la redazione di bilanci previsionali (conti economici, stati patrimoniali, preventivi finanziari) accurati e coerenti tra di loro. Le previsioni devono essere formulate su un periodo di 3-5 anni. Vanno inoltre calcolati i principali indici di bilancio, il punto di pareggio (break-even point) e il margine di sicurezza.

11 Il Business Plan: il processo di stesura
I piani sono strettamente collegati ed interdipendenti e si traducono in misure economico-finanziarie quantitative (costi, ricavi, fonti, impieghi) per l’analisi della fattibilità del progetto d’impresa. Il processo di stesura ha carattere circolare ed iterativo, si può interrompere e può determinare la ritaratura o la modifica delle ipotesi di base.

12 Il Business Plan: cautele ...
Un passaggio critico nella redazione del Business Plan è la previsione delle vendite perché da essa dipendono molte delle grandezze che saranno utilizzate per costruire il piano di produzione, il piano degli investimenti, il piano degli approvvigionamenti, il piano economico-finanziario che compongono il Business Plan stesso. L’errata formulazione della previsione dei volumi di vendita, può inficiare l’attendibilità e l’utilità del complessivo business plan. Il Business Plan risulterà coerente quando siano presi nella giusta considerazione i collegamenti fra strategie, scelte operative, ipotesi di partenza e dati economico-finanziari e venga parallelamente garantito il rispetto delle connessioni logiche (nessi di causalità o interdipendenza) che sussistono tra insiemi di scelte diverse e tra i differenti prospetti economico-finanziari.

13 Il piano di marketing Deve presentare gli obiettivi di marketing e vendite, illustrando le scelte adottate in termini di marketing-mix: politiche di podotto-servizio (gamma, packaging, marca …) politiche promozionali (media-strumenti promozionali) politiche distributive (canali distributivi, strutture, logistica) politiche di prezzo (base, differenziali, sconti, listini) Deve tradursi in un piano di vendita in volumi e valori (per categorie di prodotti, per segmenti, zone …). Deve indicare la struttura commerciale adottata (rete di vendita interna o esterna). Deve indicare le modalità con cui rilevare la customer satisfaction e gli strumenti di fidelizzazione previsti. Legami più diretti con: piano strategico (obiettivi di mercato), economico–finanziario (ricavi e costi commerciali), di produzione (volumi produttivi).

14 Le politiche di prodotto Le politiche di prezzo
Il piano deve illustrare le scelte che riguardano: le caratteristiche tecniche del prodotto il posizionamento (qualità del prodotto /servizio) il portafoglio prodotti (ampiezza e profondità della gamma) la marca il packaging i servizi di assistenza e garanzia Le politiche di prezzo la politica di prezzo adottata (penetrazione, scrematura) il posizionamento di prezzo base le tecniche di determinazione del prezzo (cost- plus pricing, valore percepito, in base ai prezzi della concorrenza) i listini e le tecniche di determinazione del prezzo la scontistica prevista le dilazioni di pagamento Le politiche promozionali il mix promozionale che si intende adottare pubbliche relazioni (sponsorizzazioni) pubblicità promozioni nei punti vendita trade marketing il piano delle campagne pubblicitarie con stima dei costi Le politiche distributive la politica distributiva (pull o push; selettiva, estensiva, esclusiva) il grado di copertura del mercato (quota numerica e quota trattanti) i canali distributivi (lungo-breve; diretto- indiretto) gli intermediari commerciali (agenti e rappresentanti) Si devono stimare i costi di distribuzione.

15 Gestione della produzione
L’evoluzione sul fronte della complessità della domande e della pressione competitiva ha sottoposto i modelli di gestione della produzione a continue verifiche di congruità strategica. Si sono prodotte “varianti” del modello fordista rispettivamente ispirate a: integrazione (orizzontale e verticale) e leadership di costo (efficiency driven); accentuazione delle specificità nella gamma di vendita (flexibility driven). La sfida competitiva sta nella ricerca del giusto equilibrio tra tempo di attesa da parte del mercato, personalizzazione del prodotto ed efficienza del sistema produttivo. Maggiore è il lead time concesso dal mercato, più agevole sarà la progettazione del processo produttivo.

16 Il piano di produzione deve presentare:
le tecnologie adottate il livello di integrazione verticale (make or buy) le scelte di localizzazione il ciclo di produzione il dimensionamento degli impianti (capacità produttiva, produttività, volumi di produzione previsti) le scelte di layout le politiche approvvigionamento materie e materiali (volumi, prezzi, condizioni pagamento) gestione scorte materie prime, trasporti e logistica

17 Il piano di produzione: il lay-out
Il modello di posizionamento degli impianti e degli uomini nello spazio produttivo può seguire differenti modelli. Il lay-out è la disposizione delle strutture edilizie, delle macchine, delle attrezzature e delle postazioni di lavoro all’interno della fabbrica, nell’ottica di contribuire ad ottimizzare le “4M” (men, materials, machines, money). Lay-out per funzione o reparto: macchine raggruppate per lavorazione svolta Lay-out per prodotto: macchine raggruppate per prodotto lavorato Lay-out a postazioni fisse: macchine spostate intorno al prodotto Lay-out a celle: macchine raggruppate per prodotti lavorati

18 Le scelte di produzione
Risultano strettamente collegate alle altre scelte aziendali, sebbene non siano subordinate alle stesse. Sovente sono orientate al lungo termine e difficilmente reversibili.

19 Il piano degli investimenti
Il piano degli investimenti ha lo scopo di mostrare tutti gli investimenti che l’impresa deve effettuare per dotarsi della struttura tecnico-produttiva per tutta la durata del piano. Presenta le stime complessive corredate da opportuni documenti (preventivi dei fornitori) relative a: investimenti tecnici (Impianti, macchinari, fabbricati, ecc., …) spese pluriennali capitalizzate Va articolato per tempi di realizzazione e di pagamento (stati d’avanzamento) e Tecnologie. Presenta Legami più diretti con: piano di marketing (eventuali investimenti pubblicitari capitalizzati), piano economico–finanziario (ammortamenti, impieghi non correnti).

20 Il piano degli investimenti (segue)
Per ogni singolo impianto si devono conoscere: il costo di acquisizione la vita utile le politiche di ammortamento da adottare le modalità ed i tempi di pagamento accordati dai fornitori Vanno considerati: la gestione delle code i tempi di approvvigionamento la capacità produttiva degli impianti Vanno preventivati : costi di avviamento (es. consulenze legali e gestionali) costi di registrazione marchi/brevetti terreno e capannone industriale investimenti in macchinari ed attrezzature arredi veicoli

21 Il piano economico Il piano racchiude in un conto economico previsionale le stime di costi e ricavi generati dall’iniziativa. È chiaramente derivato dagli altri piani (organizzativo, marketing, produzione, investimenti, finanziario). Per alcune voci (es. sp. generali) richiede delle stime a parte. In particolare, è legato a filo doppio con il Piano finanziario, per la determinazione degli oneri finanziari derivati dal livello di indebitamento. Consente di rappresentare i margini lordi, operativi e netti della gestione.

22 Stato Patrimoniale previsionale
In modo integrato rispetto al conto economico previsionale ed al Piano finanziario è possibile costruire uno Stato Patrimoniale previsionale. A lato si mostra uno schema semplificato.

23 Il Piano Finanziario Nella funzione finanziaria si comprende il complesso di decisioni e di operazioni volte a reperire e ad impiegare i fondi aziendali. Anche se in alcuni casi può essere governata in regime di maggiore autonomia e può anche rappresentare un centro di profitto a sé stante, questa funzione dell’impresa ha un ruolo strumentale alla gestione caratteristica e deve, quindi, perdere qualsiasi carattere speculativo e restringere la sua azione alla scelta delle fonti di finanziamento utilizzabili ed alla programmazione degli investimenti.

24 Obiettivi della gestione finanziaria
A livello strategico la gestione finanziaria si concretizza in azioni che incidono sul fabbisogno e sulle vie di copertura. La gestione finanziaria deve assicurare che la struttura finanziaria sia dotata delle seguenti caratteristiche: omogeneità; flessibilità; economicità; elasticità. Inoltre la gestione deve cercare anche di minimizzare: gli oneri; il rischio finanziario.

25 L’omogeneità: Nella scelta delle fonti di finanziamento l’impresa dovrebbe cercare di utilizzare capitali omogenei rispetto al tipo di fabbisogno da coprire. Sovente il principio dell’omogeneità è disatteso per l’eccessivo ricorso a fonti di finanziamento di breve durata a causa della maggior semplicità con cui vi si può accedere. Esempio: Per finanziare l’acquisto di un impianto che si pensa di utilizzare per 5 anni si deve scegliere una fonte di finanziamento a lungo termine (es. mutuo ). La flessibilità: La flessibilità è quella caratteristica della struttura finanziaria che le permette di modificarsi in rapporto all’evoluzione del fabbisogno, sia come ammontare complessivo, che come composizione delle risorse finanziarie aziendali. La flessibilità si traduce nella possibilità di migliorare il risultato finanziario liberando o attraendo fondi in funzione delle prospettive di ritorno economico. Esempio: Se aumenta l’indebitamento bancario a breve nella struttura finanziaria essa diviene più flessibile perchè questa fonte può essere modellata per seguire esattamente le necessità dell’impresa. L’elasticità: Una struttura finanziaria si dice tanto più elastica tanto maggiori sono le possibilità quali-quantitative di espanderla. I responsabili della gestione finanziaria avranno più scelte disponibili per incrementare i fondi aziendali migliorando l’ottimizzazione della scelta delle fonti. Esempio: Aumentando la dotazione di capitale proprio la struttura finanziaria diviene più elastica perchè aumentano le opportunità di accedere ad altre fonti di terzi (indebitamento). L’economicità: Gli obiettivi precedenti devono necessariamente accompagnarsi a quello dell’economicità: le scelte di copertura finanziaria devono tendere alla massimizzazione del differenziale fra rendimenti dell’investimento e costosità del capitale. In particolare, gli attributi di flessibilità ed elasticità possono generare un maggior costo che dovrà essere valutato alla luce dei vantaggi che sono in grado di apportare al complesso della struttura finanziaria. In questa valutazione si deve tenere conto anche del dinamismo presente all’interno del macro-ambiente in cui opera l’impresa.

26 La minimizzazione degli oneri finanziari
La gestione finanziaria dovrebbe essere orientata alla minimizzazione degli oneri finanziari. Tuttavia, la deducibilità degli oneri finanziari per l’impresa può invece far propendere per un incremento dell’indebitamento bancario. Anche gli effetti della “leva finanziaria”, in condizioni favorevoli di mercato finanziario e di redditività aziendale, possono far crescere ulteriormente la convenienza dell’indebitamento bancario. La minimizzazione del rischio finanziario Il rischio finanziario è rappresentato dall’incapacità di alimentare i processi di gestione caratteristica sotto il profilo finanziario. Si parla di rischio strutturale, o rischio di insolvenza, se le fonti finanziarie non sono in grado di coprire gli impieghi; mentre quello congiunturale, detto anche rischio di illiquidità, si collega ad occasionali carenze di cassa.

27 Programmazione e controllo della gestione finanziaria
La programmazione e il controllo della gestione finanziaria servono per preservare le condizioni di solvibilità e liquidità dell’impresa. Si basa sulla stesura del Piano Finanziario.


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