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PubblicatoBartolomeo Mauro Modificato 6 anni fa
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Tra ‘800 e ‘900 , in America, si registra una fase di generale benessere e sviluppo:
aumentano i salari, cresce il reddito pro-capite e si innalzano i tassi di natalità. In questo clima, per meglio far fronte alla domanda, nasce l’esigenza di razionalizzare il sistema produttivo tramite il taylorismo. La soluzione proposta da Taylor, ingegnere statunitense, consiste nella parcellizzazione del lavoro e nella realizzazione delle cosi’ dette catene di montaggio, su esempio di quanto era già stato teorizzato nel ‘700 dall’economista inglese Adam Smith. Ford fu il primo ad adottare la catena di montaggio alla sua linea di produzione automobilistica riuscendo ad ottenere un netto incremento della produzione in serie. Ma il principale e non trascurabile aspetto negativo di questa nuova logica produttiva che puntava ad ottimizzare i tempi, è la riduzione dell’uomo a un automa che si trova a ripetere, in modo estenuante e monotono, sempre le stesse azioni, con gravi ripercussioni psicologiche oltre che fisiche. Intorno al 1950 si comincia a parlare di post-fordismo giapponese, altrimenti detto Toyotismo. Con questo nuovo sistema produttivo si garantisce una maggiore flessibilità lavorativa, gerarchie meno rigide, lavoro di gruppo, cambio di mansioni a rotazione, produzione ampia e variegata di articoli sempre più rispondenti alle esigenze del singolo consumatore.
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