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L’influenza della norma nella prassi
LEGGE 22 DICEMBRE 2017, N. 219: L’influenza della norma nella prassi Andrea Menegatti – Tutor Didattico Corso di Laurea in Infermieristica AOSPFE
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Obiettivi del mio intervento
Approfondire la normativa. Individuare elementi estremamente positivi della normativa, ma anche alcuni limiti. Identificare le ricadute della legge in oggetto sulla pratica quotidiana.
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La legge sul “Biotestamento”
La legge sul “Biotestamento” ha l’obiettivo di tutelare il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione come già indicato dalla Costituzione italiana e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea E questo come avviene? Tramite il principio che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo di consenso libero e informato della persona interessata tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge (Es.Tso) Quindi non è una legge che norma altri ambiti
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La legge sul “Biotestamento”
Se vogliamo capire appieno la legge dobbiamo metterci però nella prospettiva del paziente. (prima spesso decideva qualcun’altro rispetto al paziente stesso)
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Cosa è successo negli ultimi decenni?
Negli ultimi 50 anni per i progressi scientifici è cambiata l’evoluzione delle malattie e nel contempo il modo di morire perché sempre di più si muore di malattie cronico degenerative e questo avviene dopo lunghissimi percorsi di malattia e di sofferenza. Adesso spesso la cronicità e soprattutto la terminalità hanno una durata a volte di anni e può rendere tutto questo un vero calvario inaccettabile. La cosa nuova è questa dilatazione del periodo di terminalità di malattia.
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La legge sul “Biotestamento”
E’ aumentata quindi la richiesta da parte di una fetta considerevole della popolazione di decidere realmente sulle cure che si vogliono ricevere (come giusto). Questo anche perché fino ad adesso a volte il malato veniva “tagliato fuori“ relativamente alle decisioni sui trattamenti. Chi decideva? A volte succedeva che decideva il medico insieme ai famigliari.
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La legge sul “Biotestamento”
La legge si divide in due parti: una più generale sul consenso informato sui trattamenti sanitari e una sulla compilazione delle Dat, attraverso le quali una persona potrà lasciare le sue volontà circa le cure a cui essere sottoposto o da rifiutare quando non sarà più cosciente a causa di un incidente o una malattia.
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Consenso informato La legge tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione di ogni persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata tranne che nei casi previsti dalla legge (Es. TSO)
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Consenso informato Il consenso informato è acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che lo consentano. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
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Relazione di cura e di fiducia
È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l'autonomia decisionale del paziente e la competenza, l'autonomia professionale e la responsabilità del medico.
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Relazione di cura e di fiducia
In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell'unione civile o il convivente ovvero una persona di sua fiducia. Nella relazione di cura rientrano, per le rispettive competenze, anche gli altri componenti dell'équipe sanitaria.
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Relazione di cure e fiducia
Nel comma 2 si evidenzia il senso della legge che è collegato alla relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico. Il comma 2 è un anticorpo per quanto riguarda la rinuncia ai “trattamenti salvavita” da parte del malato.
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Il medico è pronto per fare questo?
Sicuramente! Però nella storia è’ stato sempre il professionista che ha guardato la persona come un “caso clinico” non tanto come una persona nella sua globalità e quindi qualche dubbio mi rimane.
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Diritto di conoscere le proprie condizioni di salute
Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché sulle possibili alternative e sulle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi.
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Diritto di non conoscere le proprie condizioni di salute
La persona può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l'eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico. Il limite secondo i relatori della legge è che il famigliare non può rifiutare al posto del malato i trattamenti salvavita.
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Possibili stop alla nutrizione e idratazione artificiale
AL PAZIENTE E’ RICONOSCIUTO IL DIRITTO DI ABBANDONO ALLE CURE Ogni persona maggiorenne e capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi terapia o di revocare, in qualsiasi momento, il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l'interruzione del trattamento. Nutrizione e idratazione vengono equiparate a trattamenti sanitari e quindi sarà possibile chiedere lo stop alla loro somministrazione o rifiutarli.
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Cosa si ritiene alimentazione e idratazione artificiale ?
…“la somministrazione, su prescrizione medica di nutrienti mediante dispositivi medici”… Il limite in questo caso è il dispositivo e non l’oggetto cioè con cosa viene alimentata la persona. L’inizio precoce della nutrizione e idratazione artificiale dipende dalla patologia (Ca testa collo). Un altro elemento interessante è che posso essere mantenuto in vita se non ho problemi di deglutizione anche contro la mia volontà.
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Vale anche per i trattamenti salvavita in una fase precoce della malattia?
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Esonero di responsabilità del medico
Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. (limiterà il dilagare della medicina difensiva?) Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali. I limiti dati dalla legge sono l’omicidio del consenziente e l’istigazione o l’aiuto al suicidio. Quindi se viene richiesto dal malato l’eutanasia o il suicidio assistito il medico non ha obblighi professionali.
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Perché i relatori della norma parlano di “legge salvavita”
Perché i malati con ciò che è delineato nel comma 6 non debbono avere più timore a farsi curare per impossibilità di recedere. Adesso esiste una alternativa in più oltre al ricevere le cure e non riceverle. Vi è l’alternativa di ricevere le cure e in seguito cambiare idea e recedere.
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Nelle situazioni di emergenza o urgenza
Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell'équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla. La legge restringe in modo sostanziale lo “stato di necessità” che veniva addotto molte volte per pratiche mediche espressamente non autorizzate dal malato.
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Tempo di cura Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura. (solo quello del medico?)
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Strutture sanitarie Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei princìpi di cui alla presente legge, assicurando l'informazione necessaria ai pazienti e l'adeguata formazione del personale. La formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative.
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Obiezione di coscienza
Ai medici è riconosciuta l‘obiezione di coscienza. Di fronte alla richiesta di un malato di “staccare la spina”, non avranno quindi “l'obbligo professionale” di attuare le volontà del paziente. Il malato potrà comunque rivolgersi a un altro medico nell'ambito della stessa struttura sanitaria.
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Terapia del dolore e cure palliative
Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un'appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l'erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38. È sempre garantita un'appropriata terapia del dolore e l'erogazione delle cure palliative.
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Divieto di accanimento terapeutico
Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.
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Comitato Nazionale per la Bioetica
Il CNB identifica alcune condizioni indispensabili eticamente per l’attuazione della sedazione profonda: Malattia inguaribile allo stadio avanzato Imminenza di morte Presenza di sintomi refrattari o eventi acuti terminali con sofferenza fisica e psichica
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Sostegno psicologico Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, anche ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.
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Pianificazione condivisa delle cure (Dat della persona malata)
Nella relazione tra medico e paziente, rispetto all'evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta, può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico. L'équipe sanitaria deve attenersi a quanto stabilito nella pianificazione delle cure qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità. La pianificazione può essere aggiornata al progressivo evolversi della malattia su richiesta del paziente o su suggerimento del medico.
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Minori e incapaci La persona minore o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione. Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà.
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Minori e incapaci Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore. Nel caso in cui il rappresentante legale della persona minore o interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno rifiuti le cure proposte, la decisione è rimessa al giudice tutelare.
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Cosa sono le DAT? Sono delle disposizioni/indicazioni che la persona, in previsione della eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può esprimere in merito all’accettazione o rifiuto di determinati: accertamenti diagnostici scelte terapeutiche (in generale) singoli trattamenti sanitari (in particolare).
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Le novità sulle DAT Dal 31 gennaio 2018 le Dat si possono fare. Viene definitivamente sgombrato il campo dal dubbio se la nutrizione e l’idratazione artificiale possano essere rifiutate. Dalla legge (art. 1 comma 5) sono considerate una modalità di somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici e pertanto, in quanto tali, a tutti gli effetti "trattamenti sanitari".
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Chi può fare le DAT? Qualunque persona che sia: maggiorenne
capace di intendere e di volere.
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In che forma si depositano le DAT?
Atto pubblico notarile Scrittura privata autenticata dal notaio Scrittura privata semplice consegnata personalmente all'Ufficio dello Stato Civile del Comune di residenza del disponente.
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In quali situazione si applicano le DAT?
Quando una persona non riesce ad esprimere la volontà Quadri clinici di applicazione sono le gravi celebrolesioni, i traumi, gli aneurismi celebrali, il danno ipossico … Le Dat non servono se il malato è in grado di esprimere la sua volontà.
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Se il paziente non è in grado di firmare?
La legge notarile prevede la possibilità di stipulare l'atto in presenza di due testimoni. Può inoltre manifestare le Dat anche attraverso una videoregistrazione o anche altro dispositivo che consenta di comunicare o attraverso un atto.
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Serve prima consultare un medico?
Sì. La legge stabilisce che la persona acquisisca preventivamente adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte.
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Si possono modificare o revocare le DAT?
Sì, in qualunque momento, utilizzando la stessa forma con cui sono state rilasciate o, quando motivi di urgenza o altra impossibilità, non consentano di rispettare la stessa forma simmetrica, mediante dichiarazione verbale o videoregistrazione raccolta da un medico alla presenza di due testimoni.
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Sono valide le DAT rilasciate prima della legge?
Sì. Conservano validità se ed in quanto non risultino contrarie alle prescrizioni di questa legge, anche se rilasciate in un periodo di vuoto normativo.
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Dove vengono rese pubbliche le DAT?
In un registro comunale (ove già istituito). In un registro sanitario elettronico su base regionale, ove le Regioni abbiano istituito una modalità telematica di gestione della cartella clinica. In tal caso il disponente ha la scelta se far pubblicare copia della Dat ovvero lasciare solo indicazioni di chi sia il fiduciario o dove siano reperibili in copia.
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Banche dati nazionali La legge 219 prevede solo registri regionali: se la persona è ricoverata in una regione diversa da quella in cui vive si rischia di non conoscere le Dat. La legge di Bilancio per il 2018 stanzia 2 milioni di euro per un registro nazionale. Il Notariato ha quasi ultimato un registro nazionale - non accessibile al pubblico per motivi di privacy e senza costi per lo Stato - consultabile da parte di tutte le aziende sanitarie italiane.
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In quali situazione si applicano le DAT?
Quando una persona non riesce ad esprimere la volontà Quadri clinici di applicazione sono le gravi celebrolesioni, i traumi, gli aneurismi celebrali, il danno ipossico … Le Dat non servono se il malato è in grado di esprimere la sua volontà.
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Si può nominare un terzo che si interfacci con i medici?
Sì. La legge prevede la possibilità (non l'obbligo) di nominare un fiduciario che sostituisca il disponente divenuto incapace nei rapporti con i medici e la struttura sanitaria, eventualmente consentendo di disattenderle, di concerto con il medico, solo nel caso in cui: appaiano palesemente incongrue non siano corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente siano sopravvenute terapie non prevedibili alla data di redazione delle Dat.
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Cosa succede nel caso di contrasto tra fiduciario e medico?
L'art 3, comma 5, della legge prescrive che in tal caso la decisione è rimessa al Giudice Tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata, ovvero dei soggetti di cui all'art. 406 c.c. o del medico o del direttore della struttura sanitaria.
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Il disponente può modificare o revocare il fiduciario?
Sì, lo può fare. In qualsiasi momento, senza obbligo di motivazione nelle stesse forme in cui lo ha nominato.
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Alcuni spunti di riflessione …
Nello schema attuale del provvedimento, riveste una importanza notevole come detto il medico stante la sua relazione peculiare con il paziente nel momento in cui deve indicare la diagnosi, la prognosi e le possibilità terapeutiche a cui le scelte del paziente possono essere collegate.
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Alcuni spunti di riflessione …
Analizzando la legge sul “Biotestamento”l’infermiere non ha nessun potere nel raccogliere e individuare la volontà del malato. Viene relegato esclusivamente, come tutti gli altri membri dell’equipe, all’attuazione della volontà del malato che viene individuata dal medico. Questo poteva essere “normale” fino a 30 anni fa, quando le organizzazioni era medicocentriche. Nei contesti per malati cronici o in cure palliative i malati hanno bisogno di essere “presi in carico” e soprattutto di assistenza e non di cura. Il medico è uno dei tanti professionisti che ruotano attorno al malato come riconosciuto dalla legge 38/2010 e nella prassi.
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Questo cosa vuol dire? Sussiste il rischio che la volontà del malato non venga raccolta e quindi di conseguenza recepita ed è grave, anche perché coloro che vedono più frequentemente il malato sono esclusi dal poterla recepire (infermiere, psicologo, oss). Queste figure sono anche quelle con le quali il malato ha più confidenza.
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E cosa avviene nella realta’…
Che i pazienti in fase avanzata di malattia come detto hanno bisogno prevalentemente di assistenza e non di cura quindi il medico è uno degli attori ma non il principale. Ci sono figure professionali che rimangono al fianco del malato come e più del medico.
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Nella cronicità e nel fine vita
Nel fine vita e anche prima, per quanto riguarda le malattie croniche in oggetto, è fondamentale attuare una vera e propria integrazione tra i professionisti che ruotano attorno al malato e alla sua famiglia con un approccio di squadra volto a garantire una adeguata qualità di vita mediante una vera e propria presa in carico. Questo lo dico esclusivamente nell’interesse del malato.
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Nessuna professione è in grado nella complessità di rispondere da sola ai bisogni della popolazione
Nessuna professione è quindi in grado di rispondere da sola ai bisogni di salute della popolazione, soprattutto nell’ambito della cronicità e del fine vita ed è quindi fondamentale un approccio di equipe che aiuta il paziente ma anche tutta l’equipè nella gestione di un problema di grande impatto etico deontologico. E questo vale anche per quanto riguarda il raccogliere la volontà del malato.
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Il lavoro in equipè per la legge 38/2010
È fondamentale che l’équipe si costituisca su un progetto comune, preciso e identificabile, sentito e condiviso da tutti e che su questa base si pongano le condizioni di un sapere e di un agire comune. E’ utile ricordare che: non esistono professioni di serie A e B; tutti i punti di vista vanno considerati con la medesima attenzione. ciascuno deve evitare di invadere i campi e i ruoli altrui; ciascuno deve valorizzare la competenza e il sapere dell’altro; ciascuno deve far crescere la propria professionalità. Questo non emerge dalla legge sul biotestamento. 56
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La comunicazione è tempo di cura solo per il medico?
Nella normativa solo la relazione tra medico e paziente viene considerata tempo di cura. E il tempo impiegato dagli altri professionisti sanitari?
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La comunicazione è tempo di cura solo per il medico?
Di quale umanizzazione e importanza della relazione parliamo se non si considerano gli altri professionisti sanitari? La comunicazione è una funzione di cura ed ogni professione la esercita da sola e con gli altri in relazione ai bisogni dell’assistito e della sua famiglia.
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Possibili ricadute nella pratica quotidiana della normativa
Differenti ricadute: Nelle strutture dell’ambito palliativo e della cronicità Nelle strutture per acuti (ospedali)
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Ambito palliativo In tali strutture si dovrebbe privilegiare reale presa in carico, l’accompagnamento del malato e della famiglia, lo sviluppo di una alleanza terapeutica, la comunicazione e si cerca di andare incontro alle aspettative del malato e della sua famiglia. Si cerca di anticipare gli eventi con la “Pianificazione condivisa alle cure “(ad es. posizionamento di una tracheostomia) e si cerca di informare il malato e i famigliari preventivamente cercando di identificare una modalità operativa sostenuta dalla volontà del malato che vengono portate a conoscenza della famiglia. Quindi ancora prima dell’approvazione della norma si agiva in questo modo.
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Ambito palliativo In ambito palliativo a mio parere la legge è evidente che riequilibra anche il rapporto malato-famigliari perché la decisione sui trattamenti spetta in primis al malato. Spesso in passato a decidere era la famiglia al posto del malato.
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In ospedale Il paziente non è quasi mai conosciuto e bisogna che si sviluppino modalità per far si che gli operatori vengano a conoscenza delle DAT. Il medico che accoglie il malato potrebbe ricevere indicazioni sulle DAT dal malato o dai parenti. Chi accoglie il malato dovrebbe indagare se esistono delle DAT alle quali uniformarsi nell’operato. Queste DAT debbono essere socializzate con gli altri medici e con il restante personale sanitario.
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In ospedale Sarebbe auspicabile uno sviluppo di strumenti informativi (modulistica, reminder) per trasmettere adeguatamente l’informazione o ancor più di una cartella informatizzata integrata. All’interno dell’ospedale la trasmissione delle informazioni non è semplice per l’estrema frammentazione delle competenze. In ambito ospedaliero probabilmente un maggior coinvolgimento dell’infermiere da parte della normativa sarebbe stato auspicabile.
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Strumenti per favorire l’attuazione..
Sarebbe necessaria assolutamente una banca dati elettronica e i dati di essa dovrebbero aggiornare di continuo il fascicolo sanitario elettronico e la cartella clinica informatizzata.
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Quale può essere in questo quadro il ruolo dell’infermiere?
L’infermiere è sempre stato il professionista che ha cercato di soddisfare i bisogni del malato e ha avuto una visione “olistica” della persona. E’ il professionista che guarda la persona e non il caso clinico. Visti i limiti della normativa potrebbero sorgere delle problematiche nell’applicazione.
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Quale dovrebbe essere il ruolo dell’infermiere considerando il nuovo quadro normativo?
L’infermiere dovrebbe aiutare il malato a far emergere la propria volontà (per questo basta l’ascolto ed è più facile che emerga con una persona con la quale il malato ha confidenza) e “farla valere” quindi fare in modo che venga rispettata la volontà del malato. L’infermiere avrebbe in questo senso un ruolo importantissimo posto a tutela della volontà del malato come ha per tanti altri ambiti.
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Quale dovrebbe essere il ruolo dell’infermiere considerando il nuovo quadro normativo?
Un ruolo che potrebbe risultare importante vista la vicinanza dell’infermiere al paziente è quello di far capire al malato “l’opportunità di cura”. Non dobbiamo cadere in una sorta di “paternalismo tecnico” nel senso di fare in modo che il malato faccia quello che vogliamo noi. Il malato ha bisogno di essere “solo” informato e decidere in modo informato e cosciente.
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Quando potrebbe emergere una volontà del malato che è importante far rilevare?
Partendo dal presupposto che il malato deve dare sempre il consenso per i trattamenti sanitari, questo succede in 2 contesti: quando il paziente chiede la cessazione di terapie per le quali ha dato il consenso oppure quando chiede la sospensione delle DAT.
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Cosa capiamo da queste considerazioni?
Che dobbiamo puntare fortemente sulla comunicazione, sulla relazione, sull’ascolto ancor più che sul tecnicismo che rimane al centro della formazione infermieristica. La prerogativa che ci distingue da altri professionisti è che abbiamo al centro della nostra azione il malato. Questo deve essere il nostro punto di forza e deve essere sostenuto da una formazione adeguata.
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In conclusione… Applicazione difficoltosa della legge soprattutto nei nostri contesti organizzativi (non tiene in considerazione della realtà organizzativa attuale estremamente complessa). Il legislatore ha una idea di organizzazione dei servizi non più attuale. Probabilmente si va verso una maggiore burocratizzazione (necessità di ulteriori moduli) ma non vi è il coinvolgimento dei diversi operatori che sicuramente avrebbe creato grossi benefici al paziente. Se proviamo però a guardare al bene del malato a mio parere riusciamo a colmare questi limiti della normativa.
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