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RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI (D. Lgs

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Presentazione sul tema: "RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI (D. Lgs"— Transcript della presentazione:

1 RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI (D. Lgs
RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI (D.Lgs. 231/2001): SCHEMA OPERATIVO 10/7/2002

2 INDICE DEFINIZIONE DEL RISCHIO
DEFINIZIONE DEL RISCHIO: REATI-PRESUPPOSTO GESTIONE DEL RISCHIO: OBIETTIVI GESTIONE DEL RISCHIO: STRUMENTI MAPPATURA DEL RISCHIO: OBIETTIVI MAPPATURA DEL RISCHIO: STRUMENTI MODELLO DI ORGANIZZAZIONE: OBIETTIVI MODELLO DI ORGANIZZAZIONE: STRUMENTI MODELLO DI ORGANIZZAZIONE: MISURE MINIME MODELLO DI ORGANIZZAZIONE: IL CODICE DI COMPORTAMENTO SISTEMA DI CONTROLLO: OBIETTIVI DI TUTELA SISTEMA DI CONTROLLO: STRUMENTI SISTEMA DI CONTROLLO: VIGILANZA AZIENDALE; FUNZIONI SISTEMA DI CONTROLLO: VIGILANZA AZIENDALE; INDIVIDUAZIONE SISTEMA DI CONTROLLO: MISURE MINIME 10/7/2002

3 DEFINIZIONE DEL RISCHIO
Rischio di perdite derivanti dall’applicazione di sanzioni amministrative (di natura pecuniaria e interdittiva) a carico dell’ente, conseguenti alla commissione di determinati reati (v. paragrafo 2) da parte di soggetti che esercitano – anche di fatto – la gestione o il controllo, o da parte di persone sottoposte alla loro direzione/vigilanza Enti soggetti al rischio sopradescritto: - società di capitali e di persone - società cooperative - associazioni, con e senza personalità giuridica - enti pubblici economici - altri enti privati dotati di personalità giuridica 10/7/2002

4 DEFINIZIONE DEL RISCHIO: REATI-PRESUPPOSTO
I reati da cui può derivare l’applicazione a carico dell’ente di sanzioni amministrative sono, ad oggi: - indebita percezione di erogazioni pubbliche; truffa in danno dello Stato o di enti pubblici o per il conseguimento di erogazioni pubbliche (es. contributi comunitari, statali, regionali, etc.) - corruzione, concussione - corruzione di enti governativi o loro imprese, pubbliche autorità, istituzioni pubbliche, organizzazioni pubbliche internazionali o loro funzionari, o soggetti che agiscono per loro conto - falsità in monete, carte di credito e valori bollati - frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico - reati societari, come riformati dal D.Lgs. n. 61/2002 (rispetto a tali reati, peraltro, non sono previste sanzioni interdittive) 10/7/2002

5 GESTIONE DEL RISCHIO: OBIETTIVI
Riduzione della probabilità dell’evento Riduzione della perdita, dato l’evento Trasferimento della perdita a terzi (ipotesi di rivalsa nei confronti dei responsabili dei reati; fideiussioni a garanzia del pagamento di eventuali sanzioni, nei casi di cessioni di aziende, acquisizioni, altre operazioni societarie) 10/7/2002

6 GESTIONE DEL RISCHIO: STRUMENTI
Individuare le aree operative dell’ente soggette a rischio di commissione dei reati (c.d. mappatura del rischio) Istituire un modello di organizzazione e di gestione “ad hoc”, idoneo a prevenire la commissione dei reati Istituire un sistema di controllo continuo sulle aree operative a rischio e sull’efficacia del modello di organizzazione 10/7/2002

7 MAPPATURA DEL RISCHIO: OBIETTIVI
Visione sistematica di tutte le aree operative dell’ente, per individuare le aree soggette a rischio di commissione dei reati Esame delle specifiche situazioni di rischio (possibili modalità di commissione dei reati) Valutazione della concreta idoneità delle procedure aziendali esistenti a prevenire la commissione dei reati 10/7/2002

8 MAPPATURA DEL RISCHIO: STRUMENTI
Istituzione, da parte del vertice dell’ente e con le dovute formalità, di un apposito gruppo di lavoro che provveda a: - intervistare i responsabili di ogni settore operativo e, se del caso, i loro collaboratori; - raccogliere tutta la documentazione, anche contabile, necessaria per la valutazione dell’idoneità delle procedure in essere 10/7/2002

9 MODELLO DI ORGANIZZAZIONE: OBIETTIVI
Applicazione di un modello organizzativo specifico idoneo a prevenire la commissione dei reati, avuto riguardo al tipo di attività svolte dall’ente I reati non devono poter essere commessi senza eludere fraudolentemente il modello 10/7/2002

10 MODELLO DI ORGANIZZAZIONE: STRUMENTI
Adozione - da parte dei vertici dell’ente (es. CdA o Amministratore Unico) - di un documento che contempla - principi etici di comportamento (codice etico aziendale o, se presente, codice etico di categoria) - strutture organizzative operative - strutture e procedure di controllo - deleghe di funzioni e procure - organigrammi e autonomie 10/7/2002

11 MODELLO DI ORGANIZZAZIONE: MISURE MINIME
Affermazione di principi etici di comportamento (codice di comportamento) Definizione di ruoli e responsabilità di ogni soggetto operante nelle aree a rischio e dotato di poteri decisionali Definizione delle procedure di - formazione e attuazione delle decisioni - gestione delle risorse finanziarie - informazione degli organi di controllo (v. successivi paragrafi 12, 14) 10/7/2002

12 MODELLO DI ORGANIZZAZIONE: IL CODICE DI COMPORTAMENTO
Il codice di comportamento viene redatto in relazione alle specifiche caratteristiche dell’ente, con eventuale riferimento al codice elaborato dalle associazioni rappresentative di categoria Il codice di comportamento afferma principi etici cui l’ente e i suoi collaboratori devono attenersi: - rispetto di leggi e regolamenti che vigono in tutti i Paesi ove l’ente opera - legittimità, coerenza e congruità, registrazione e verificabilità di ogni operazione dell’ente - legittimità e trasparenza nei rapporti con Pubbliche Amministrazioni, enti e imprese governativi e internazionali, loro funzionari e soggetti che per essi operino - tutela dell’ente, mediante le opportune azioni, anche di carattere disciplinare 10/7/2002

13 SISTEMA DI CONTROLLO: OBIETTIVI DI TUTELA
Osservanza della normativa nazionale, comunitaria e internazionale Osservanza delle discipline aziendali Tutela del patrimonio societario Correttezza e completezza delle informazioni contabili Raggiungimento degli obiettivi aziendali prestabiliti 10/7/2002

14 SISTEMA DI CONTROLLO: STRUMENTI
Controllo direzionale e strategico (management – obiettivi aziendali) Controllo gerarchico e funzionale (responsabili di settore) Controllo operativo (singole funzioni) Vigilanza da parte dell’apposito organo aziendale (v. paragrafi 13, 14, 15) 10/7/2002

15 SISTEMA DI CONTROLLO: VIGILANZA AZIENDALE; FUNZIONI
La funzione di vigilanza aziendale ha carattere continuativo e si estrinseca nei compiti di: - vigilanza sulla concreta attuazione del modello organizzativo da parte di tutti i soggetti coinvolti - verifica della costante adeguatezza del modello organizzativo - presentazione di eventuali proposte di aggiornamento e modifica del modello organizzativo 10/7/2002

16 SISTEMA DI CONTROLLO: VIGILANZA AZIENDALE; INDIVIDUAZIONE
L’organismo aziendale attribuito della funzione di vigilanza deve poter operare in regime di imparzialità e di autonomia. La funzione di vigilanza è preferibilmente attribuita a un organo aziendale a ciò espressamente dedicato, dotato delle competenze necessarie per la corretta esecuzione dei compiti esterni Non si reputa opportuno delegare le funzioni di vigilanza al collegio sindacale né alle società di revisione, poiché entrambi difettano sia dell’appartenenza organica all’ente, sia della continuità operativa I soli enti di ridotte dimensioni, che non dispongano di soggetti cui attribuire le funzioni di vigilanza nel rispetto dei criteri suesposti, possono attribuire dette funzioni all’organo dirigenziale 10/7/2002

17 SISTEMA DI CONTROLLO: MISURE MINIME
Comunicazione del codice etico aziendale (da: richiamare nei moduli contrattuali di assunzione e sottoporre al personale già assunto; sottoporre ai collaboratori esterni) Formazione continuativa del personale Operatività effettiva delle procedure di controllo Sanzioni disciplinari e misure correttive 10/7/2002


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