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Scuola e cultura fascista.

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Presentazione sul tema: "Scuola e cultura fascista."— Transcript della presentazione:

1 Scuola e cultura fascista.

2 La Riforma Gentile (1923). La Riforma Gentile disegnò una scuola fondata sugli studi classici, con una precisa gerarchia: al vertice erano i licei, seguiti dalle altre scuole che degradavano fino agli istituti tecnici. Solo il liceo classico permetteva di accedere alle facoltà universitarie. La cultura scientifica era in subordine. L’insegnamento della religione cattolica, introdotto nelle scuole elementari, sarà inserito anche tra le discipline delle magistrali e, dopo il Concordato del 1929, fu dichiarato “fondamento e coronamento” dell’insegnamento di tutte le scuole di ogni ordine e grado.

3 La scuola fascista da Gentile a Bottai.
Dopo la riforma gentiliana, si cercò di rendere più centralizzato e controllato il contenuto dell’insegnamento. Testo unico di Stato per le scuole elementari, di cui si occupava una commissione nominata dal Ministero della Pubblica Istruzione. 1931 – Giuramento obbligatorio per i docenti universitari 1933 – Iscrizione al Pnf obbligatoria per gli impiegati statali (tra cui gli insegnanti) La cultura militare diviene materia d’insegnamento; le donne non possono insegnare materie letterarie e filosofiche e non possono svolgere la funzione di preside; persino le tasse scolastiche per le studentesse sono doppie rispetto a quelle che devono pagare i compagni maschi. Nel 1939, Giovanni Bottai, ministro dell’educazione, stilò e fece approvare dal Gran Consiglio del Fascismo la Carta della scuola, in cui si progettava una scuola meno elitaria di quella gentiliana, in quanto si proponeva la costruzione delle coscienze.

4 I manuali scolastici. I manuali scolastici, rigorosamente stampati dalla Libreria dello Stato, erano piccoli gioielli di editoria e grafica in cui si cimentavano artisti e intellettuali di spicco, tra cui la scrittrice Grazia Deledda e l’illustratore Pio Pullini. Grazia Deledda si prestò a compilare il libro della terza elementare del La parte dedicata alle letture fu organizzata in modo originale, come il racconto vero e proprio di un anno scolastico vissuto da tre giovani protagonisti, nel chiaro tentativo di coinvolgere gli allievi. Viene raccontata con fare agiografico la visita fatta da uno dei tre a Predappio alla casa del Duce.

5 Grazia Deledda La visita a Predappio

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9 Una religione della politica.
Le preghiere per il Duce. Già nelle prime esperienze scolastiche i bambini erano fortemente indottrinati dal regime. La figura di Mussolini era idolatrata, ma si poneva molta attenzione anche ai valori del Pnf. La concezione dello stato totalitario era quasi quella di una religione. Nei manuali scolastici si trovano preghiere per il Duce. Nel libro della prima classe compilato da Dina Balardinelli Buccianelli, si legge: «Bimbi italiani tutte le mattine elevate un pensiero per il Duce. Oh buon Dio, benedici il nostro Duce! Ora e sempre difendilo dal male e aiuta la sua opera ora e sempre. Per la pace d’Italia e del mondo benedici il nostro Duce!».

10 I riti. Il saluto romano. 1940, Ferrato, Educazione fisica nell'educ. giovanile fascista

11 Il passo romano. 1941 Balilla a passo romano, da M. Mazza, Disciplina della squadra balilla

12 Immagine tratta dal libro: Il libro della quinta classe elementare : letture , Roma, Libreria dello Stato, A. XIX (1941), 289 pp. Testo di Rinaldi Luigi, illustrazioni di Bepi Fabiano. Nel vasto patrimonio librario dell'Indire, i testi scolastici (manuali, sussidiari, libri di lettura) occupano un posto di rilievo. In questa banca dati essi sono presentati nella loro duplice dimensione di documento iconografico e storico.

13 Sillabare…

14 Compiti per le vacanze

15 Libro della seconda classe.
Copertina, 1930

16 Album da disegno (1937)

17 I decaloghi. In alcuni libri si trovavano i decaloghi, cioè i dieci comandamenti del fascista. Nel libro della quinta classe del 1935, testo di lettura per le alunne intitolato Amor di patria, c’è il decalogo delle piccole italiane. C’era poi un decalogo speculare per i maschietti.

18 Il Decalogo del balilla.
Da “IL CAPOSQUADRA BALILLA” e “LA CAPOSQUADRA PICCOLA-ITALIANA”, 1935, Opera Nazionale. Decalogo del balilla 1) Sappi che fascisti e militi non devono credere alla pace perpetua. 2) I giorni di prigione sono sempre meritati. 3) La Patria si serve anche facendo la guardia a un bidone di benzina. 4) Un compagno è un fratello, perché vive con te, la pensa come te. 5) Il moschetto, le giberne e altro ti sono affidate non per sciuparli ma conservarli per la guerra. 6) Non dire: paga il governo, sei tu che paghi, il governo è ciò che hai voluto e per cui indossi la divisa. 7) La disciplina è il sole degli eserciti: senza di quella non si hanno soldati, ma confusione e disfatta. 8) Mussolini ha sempre ragione! 9) Il volontario non ha attenuanti quando disubbidisce. 10) Una cosa deve esserti cara soprattutto: la vita del DUCE.

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20 Matematica e ideologia.

21 I procedimenti per l’ideologizzazione della matematica.

22 G. Gabrielli: l’uso ideologico della matematica. Fonte: unibocconi.it
Come avvenne l'uso ideologico dell'Aritmetica e della Geometria? Quali diversi meccanismi furono utilizzati a tal fine? Il procedimento più semplice era quello di interporre frasi mussoliniane o motti di regime tra le diverse parti della trattazione aritmetica. Questa scelta non implicava un mutamento di forma né di contenuto della lezione di Aritmetica ma poneva tutta la materia nel più ampio insieme della cultura di regime. Potremmo dire che l'Aritmetica veniva in questo modo semplicemente ancorata al regime fascista attraverso i "chiodi ideologici" delle frasi del Duce. Ma l'intervento non si fermò a questo aspetto "esteriore". Ciò che accadde di inedito durante il ventennio fu proprio una manipolazione che entrava nella matrice stessa delle lezioni, degli esercizi e degli esempi e, per la prima volta, non in modo accidentale bensì spesso calcolato e coordinato. L'esercizio matematico che più si prestava a farsi portatore di ideologia era ovviamente il "problema", specie nelle sue formalizzazioni elementari che già allora si caricavano di concretezza e di riferimenti alla realtà di vita del bambino. Per forzare il testo di un problema in tale direzione, il meccanismo più semplice era quello di "trasformazione del contesto". Le righe e le file cessavano di essere composte da "fanciulli" e si popolavano di "balilla" in divisa, così come i disegni geometrici si orientavano su soggetti come i fasci littori o i cannoni. Si agiva cioè forzando l'immaginario del bambino verso una costellazione di riferimenti politici o ideologici proposti come naturali. Un altro metodo di facile identificazione consisteva nell'elaborare problemi attorno a questioni di attualità politica o sociale per poi includervi frasi di approvazione per l'opera del regime. Bastava l'inciso "ottima istituzione del regime fascista", giustapposto in un problema sul "treno popolare", per caricare di valenze ideologiche un semplice calcolo di costo e risparmio. Un procedimento più sottile di accentuazione ideologica consisteva nel celare elementi semplificati di teorie politiche all'interno dei testi. Ad esempio, si chiedeva al bambino di confrontare la lunghezza delle strade di Rodi prima e dopo l'occupazione italiana. Si otteneva così un risultato che, isolato dalla complessità storica, sembrava giustificare l'oppressione coloniale come opera finalizzata a "civilizzare" territori arretrati e popolazioni barbare, mentre rimanevano occultati gli interessi economici e geopolitici sottesi al fenomeno dell'imperialismo.


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