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Lezione 28 marzo 2019 Giustificato motivo oggettivo di licenziamento

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Presentazione sul tema: "Lezione 28 marzo 2019 Giustificato motivo oggettivo di licenziamento"— Transcript della presentazione:

1 Lezione 28 marzo 2019 Giustificato motivo oggettivo di licenziamento
Evoluzione della fattispecie e della normativa Il labile confine delle casistiche economiche ed organizzative Apparato sanzionatorio passato e vigente Casi pratici: Analisi delle sentenze Esercitazione di gruppo

2 Principali cause di licenziamento
Licenziamento per giustificato motivo soggettivo: in tal caso la causa del licenziamento è dovuta ad un comportamento sanzionabile del lavoratore, anche se meno grave rispetto a quello che caratterizza il licenziamento per giusta causa. Nello specifico, si integrano gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, dal momento in cui ci si trovi davanti ad un “notevole inadempimento degli obblighi previsti da contratto”. A differenza però di quanto avviene per il licenziamento in tronco, se questo è intimato per giustificato motivo soggettivo, deve anche essere dato un congruo preavviso, in mancanza del quale, il lavoratore, potrà richiedere il pagamento di un'indennità sostitutiva del preavviso. L’elemento che permette di distinguere tra il giustificato motivo soggettivo e la giusta causa è la gravità del comportamento tenuto dal dipendente: nel primo caso abbiamo un comportamento errato che merita comunque un preavviso di licenziamento, mentre nel secondo caso il comportamento è talmente doloso e grave da non poter permettere neanche temporaneamente il prosieguo dell'attività. Licenziamento per giusta causa: è la forma più grave di licenziamento, che si concretizza prettamente nella rottura del necessario rapporto di fiducia che intercorre tra lavoratore e datore di lavoro. Parliamo di fatti o comportamenti da parte del dipendente talmente gravi da ledere la fiducia reciproca tra le parti e rendere impossibile la continuazione del rapporto di lavoro in questione; può avvenire, ad esempio, quando il lavoratore si rifiuti senza dare giustificazione di eseguire la prestazione lavorativa, quando commetta un reato, quando non si presenti sul posto di lavoro o addirittura qualora il comportamento tenuto al di fuori dell'azienda sia così deprecabile da incidere sul buon nome dell'azienda, essendo quindi necessario il licenziamento. In tal caso, il lavoratore viene licenziato per giusta causa senza diritto al preavviso (licenziamento in tronco). Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: questo tipo di licenziamento si distingue notevolmente dalle altre due poiché intimato non a seguito di un comportamento messo in atto dal lavoratore, ma per ragioni attinenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento dell'assetto e dell'attività aziendale. In sintesi, a differenza della altre due tipologie di licenziamento che attengono alla sfera personale e soggettiva del lavoratore, il giustificato motivo oggettivo attiene alla sfera aziendale e produttiva (es. licenziamento in caso di crisi economica o aziendale, soppressione di una determinata posizione lavorativa senza riuscire a ricollocare il lavoratore in una posizione lavorativa equivalente).

3 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: definizione
Tale fattispecie di licenziamento, regolata all’articolo 3 della legge 604/1966, viene intimata “per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”; si tratta quindi di una serie di motivazioni oggettive generiche e non predeterminate, che di solito spaziano dal motivo organizzativo a quello economico. A differenza del licenziamento per giusta causa e quello per giustificato motivo soggettivo, tale fattispecie si contraddistingue per essere strettamente connessa a motivi non imputabili direttamente al lavoratore o alla sua persona; questi ultimi saranno nello specifico legati all’organizzazione e alla produzione dell’impresa.

4 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: esempi
Tra le più classiche motivazioni del licenziamento per giustificato motivo oggettivo abbiamo: Ragioni economiche (es. necessità di far fronte ad una crisi economica, volontà di ridurre i costi). Ragioni organizzative (es. volontà di riorganizzare determinate funzioni aziendali, necessità di riorganizzare alcune mansioni o interi reparti). All’interno di queste due casistiche troviamo per esempio: Sopravvenuta inidoneità psicofisica allo svolgimento della prestazione. Sopravvenuta impossibilità allo svolgimento della mansione. Sopravvenuta inutilità della mansione. Far fronte ad una crisi economica. Necessità di organizzare e ristrutturare determinate funzioni. […]

5 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: elementi
Il giustificato motivo oggettivo si configura per tre aspetti principali: le ragioni oggettive che determinano la soppressione del posto di lavoro; sussistenza del nesso di causalità tra la ragione addotta e il licenziamento di quel lavoratore specifico; Rispetto dell’onere del repêchage. Tuttavia, come si evince spesso in dottrina, gli elementi distintivi necessari che devono sussistere sono molteplici: Effettività e veridicità della ragione addotta dall’impresa. Nesso causale tra motivazione oggettiva addotta e dipendente in questione. Stabilità temporale (non temporaneità) della motivazione addotta. Ragionevolezza sociale nella scelta di licenziare uno o più dipendenti. Rispetto dei principi di buona fede e correttezza.

6 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il fattore numerico
Parlando dei criteri quantitativi e qualitativi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, risulta inoltre opportuno fare riferimento all’elemento numerico e alla distinzione che intercorre con il licenziamento collettivo. Licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo Licenziamento plurimo per giustificato motivo oggettivo Licenziamento collettivo Si tratta del licenziamento di un unico lavoratore per via di ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento. Si tratta di un licenziamento per ragioni oggettive di più lavoratori che non si configura come collettivo per via dell’assenza di anche uno solo dei principi cardine della fattispecie (es. se il numero di dipendenti licenziati non è almeno 5 nell’arco temporale di 120 giorni, se l’impresa non vanta almeno 15 lavoratori, etc.). Riguarda imprese con più di quindici dipendenti e si concretizza in un licenziamento di almeno 5 dipendenti nell’arco temporale di 120 giorni per la medesima ragione di fondo. A differenza del giustificato motivo oggettivo, questo riguarda la riduzione o trasformazione di attività o di lavoro (regolamentato dalla legge 223/1991).

7 Norma aperta o clausola generale?
Il giustificato motivo oggettivo si configura da una parte come norma aperta perché: Si rivolge ad una pluralità generica di soggetti e situazioni. Il testo della legge contiene tutte le informazioni necessarie per esprimere il giudizio. Nozione autosufficiente sul piano giurisprudenziale. Mentre dall’altra come clausola generale perché: Nella valutazione si fa riferimento ad una serie di elementi estrinseci (es. sociali, economici, etici). Richiamo alla proporzionalità e alla ragionevolezza sociale nel giudizio. Richiamo al repêchage. Dunque possiamo intenderla come una fattispecie ibrida? Alcuni orientamenti tendono a ritenerla una via di mezzo tra la norma aperta e la clausola generale proprio per via di questa differenza che sussiste tra il piano teorico e quello pratico.

8 Apparato sanzionatorio e tutele per i licenziamenti illegittimi
Tutela obbligatoria [articolo 8 della Legge 604/1966] Tutela reale dello Statuto dei lavoratori [articolo 18 della Legge 300/1970] Riforma Fornero [Legge 92/2012] Jobs Act [decreto legislativo 23/2015] Decreto Dignità [legge 96/2018]

9 Tutela obbligatoria [articolo 8 della Legge 604/1966]
Inizialmente si applicava ai datori di lavoro di piccole imprese (fino a 15 dipendenti) e organizzazioni di tendenza (a prescindere delle dimensioni). Viene attuata nel caso in cui il giudice la mancata sussistenza gli estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo (oggettivo o soggettivo) intimato dal datore di lavoro, quest’ultimo è tenuto: Riassumere entro 3 giorni il dipendente OPPURE risarcire il danno da questi patito mediante un’indennità monetaria compresa tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Quest’ultima sarà inoltre stabilita in base ad indicatori secondari (es. numero dei dipendenti occupati, anzianità di servizio del lavoratore, dimensione dell’impresa, comportamento e condizioni delle parti). Sono previste inoltre delle maggiorazioni negli importi nel caso in cui il datore di lavoro occupi più di 15 lavoratori: fino a 10 mensilità per il dipendente con anzianità superiore a 10 anni. fino a 14 mensilità per il dipendente con anzianità superiore a 20 anni.

10 Tutela obbligatoria [articolo 8 della Legge 604/1966]
«Nell’ipotesi di tutela obbligatoria, quindi, la scelta tra la riassunzione o il pagamento del risarcimento del danno spetta al datore di lavoro e ciò manifesta la rilevante differenza fra la tutela obbligatoria (che fa nascere a carico del datore di lavoro l’obbligazione alternativa fra la riassunzione e la corresponsione di un’indennità risarcitoria) e la tutela prevista dal nuovo art. 18 Statuto dei Lavoratori (che, nei casi previsti, fa nascere in capo al datore di lavoro l’obbligazione di ripristinare il rapporto con il lavoratore come se il licenziamento non fosse mai avvenuto». FONTE

11 Tutela obbligatoria [articolo 8 della Legge 604/1966]
Tipologia di licenziamento Tutela prevista Licenziamento discriminatorio, comunicato in forma orale, nullo per violazione di legge Il licenziamento viene considerato nullo e pertanto si procede al ripristino del posto di lavoro con tanto di risarcimento monetario per quanto riguarda le mensilità non percepite (comunque non inferiore alle 5 mensilità). Licenziamento illegittimo e ingiustificato Riassunzione entro 3 giorni il dipendente OPPURE (a discrezione dell’impresa) Risarcimento del danno mediante un’indennità monetaria compresa tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

12 Tutela reale [articolo 18 della Legge 300/1970]
L’articolo 18 della Legge 300/1970 (meglio conosciuto come Statuto dei Lavoratori) si applica alle medie-grandi imprese che occupano più di 15 dipendenti (più di 5 nel caso di aziende agricole, più di 15 nel caso di imprese di ambito comunale) o che complessivamente ne vantino più di 60. Ad ogni modo, la tutela reale dello Statuto dei Lavoratori si applica sempre ai licenziamenti nel settore pubblico privatizzato a prescindere dai requisiti dimensionali del datore di lavoro della Pubblica Amministrazione.

13 Tutela reale [articolo 18 della Legge 300/1970]
Tipologia di licenziamento Tutela prevista Licenziamento discriminatorio, comunicato in forma orale, nullo per violazione di legge Il licenziamento viene considerato nullo e pertanto si procede al ripristino del posto di lavoro con tanto di risarcimento monetario per quanto riguarda le mensilità non percepite (comunque non inferiore alle 5 mensilità). OPPURE (a discrezione del lavoratore) Risarcimento, al posto della reintegra, mediante un’indennità monetaria di 15 mensilità dell’ultima retribuzione. Licenziamento illegittimo e ingiustificato Reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno mediante un’indennità monetaria non inferiore a 5 mensilità con tanto di contributi previdenziali/assistenziali che intercorrono tra il licenziamento e il ripristino.

14 Storia dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori
«La storia dell’articolo 18 è segnata da diverse manovre per ridimensionare l’effettiva portata della tutela reale; in particolare, tra i tentativi messi in atto per ridimensionare la portata dell’articolo 18 o addirittura cancellarlo dal nostro ordinamento, il più rilevante, in ordine di tempo, è il referendum del 21 maggio 2000, promosso per determinarne l’abrogazione, che non ha però avuto effetti per il voto contrario dei cittadini. A distanza di poco più di un anno (novembre 2001) venne presentato dal Governo il cosiddetto “Libro bianco” per la riforma del lavoro, un disegno di legge delega che comprendeva anche sostanziali modifiche all’art e la sospensione dell’applicazione di questa norma per quattro anni. Tuttavia, i sindacati si opposero tenacemente alle modifiche e chiesero che fossero stralciate dal testo della riforma. Poco dopo, fu richiesto un nuovo referendum(15 e 16 giugno 2003), questa volta non per abrogare l’articolo 18, ma per cancellare i limiti di applica-zione ed estenderlo anche alle imprese più piccole, cioè quelle impieganti meno di 15(industria e commercio) o 5 dipendenti (agricoltura). La consultazione non ebbe però alcun esito a causa del mancato raggiungimento del quorum. A distanza di dieci anni venne varata una nuova riforma del lavoro (l. 92/2012) che trasformò sostanzialmente la disciplina dei licenziamenti illegittimi prevista dall’articolo 18. Con la riforma del 2012, nota come riforma Fornero (dal nome dell’allora ministro del lavoro), nel caso di un licenziamento illegittimo non è più previsto esclusivamente il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro: nel testo dell’articolo 18 sono state inserite quattro tipologie di sanzioni in base al vizio riscontrato nel licenziamento. Tra le diverse disposizioni contenute nella legge 92/2012 le modifiche in materia di “licenziamento illegittimo” apportate all’art. 18, sono senza dubbio quelle che hanno accresciuto le incertezze dei lavoratori, in quanto sono diminuite le garanzie a favore della sicurezza del posto di lavoro..

15 Riforma Fornero [Legge 92/2012]
La riforma del mercato del lavoro operato dalla legge 92/2012 ha spezzato l’assetto del vecchio articolo 18 Stat. lav., introducendo una complessa ed articolata pluralità di diversificate sanzioni al riscontro del licenziamento illegittimo, tese a circoscrivere la reintegrazione alla (pressoché sola) fattispecie del licenziamento discriminatorio o ritorsivo e a sostituirvi, per le altre fattispecie di licenziamento illegittimo, la risoluzione del rapporto di lavoro accompagnata da una monetizzazione risarcitoria di più o meno varia entità. Per la precisione, la vecchia tutela reintegratoria, di cui all’art. 18 Stat. lav., è stata scomposta in 4 livelli o misure sanzionatorie del licenziamento illegittimo correlate, in diretta dipendenza, alle ragioni o causali del licenziamento illegittimo. Tutela reintegratoria/reale forte: "reintegrazione ad effetti risarcitori pieni" (art. 18, commi 1°, 2° e 3°); Tutela reintegratoria/reale attenuata: "reintegrazione ad effetti risarcitori limitati" a 12 mensilità per il "periodo intermedio" (art. 18, comma 4°); Tutela risarcitoria forte: "tutela obbligatoria forte" caratterizzata da un risarcimento meramente indennitario, sostitutivo del posto di lavoro, compreso tra 12 e 24 mensilità (art. 18, comma 5°); Tutela risarcitoria debole: "tutela obbligatoria debole", esclusivamente indennitaria, con risarcimento compreso tra 6 e 12 mensilità.

16 Riforma Fornero [Legge 92/2012]
Tipologia di licenziamento Tutela prevista Tutela reale piena Licenziamento discriminatorio, comunicato in forma orale, nullo per violazione di legge Il licenziamento viene considerato nullo e pertanto si procede al ripristino del posto di lavoro con tanto di risarcimento monetario per quanto riguarda le mensilità non percepite (comunque non inferiore alle 5 mensilità) al netto dell’aliunde perceptum. OPPURE (a discrezione del lavoratore) Risarcimento, al posto della reintegra, mediante un’indennità monetaria di 15 mensilità dell’ultima retribuzione. Tutela reale attenuata Licenziamento ingiustificato: disciplinare (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) nel caso in cui il fatto contestato non sussista, per giustificato motivo oggettivo nel caso di mancata sussistenza del motivo produttivo addotto o dell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, Reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno mediante un’indennità monetaria non superiore a 12 mensilità con tanto di contributi previdenziali/assistenziali che intercorrono tra il licenziamento e il ripristino al netto dell’aliunde perceptum e dell’aliunde percipiendum. Tutela risarcitoria forte Licenziamento per motivo oggettivo determinato dall’attività produttiva se le ragioni addotte non sono del tutto insussistenti, licenziamento disciplinare (per giusta causa o giustificato motivo) quando il fatto sussiste ma il giudice ritiene la sanzione eccessiva Risoluzione del rapporto e risarcimento del danno mediante un’indennità monetaria non compresa tra 12 e 24 mensilità al netto dell’aliunde perceptum e dell’aliunde percipiendum. Tutela risarcitoria attenuata Licenziamento (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) inefficace per vizi procedurali, licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione Risoluzione del rapporto e risarcimento del danno mediante un’indennità monetaria non compresa tra 6 e 12 mensilità al netto dell’aliunde perceptum e dell’aliunde percipiendum.

17 Jobs Act [Decreto legislativo 23/2015]
Con il decreto legislativo 23/2015 è stato introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che, per i neo assunti, sancisce il superamento dell’articolo 18 al fine di rendere più flessibile il rapporto di lavoro. Con questo nuovo contratto, nelle imprese con più di 15 dipendenti in caso di licenziamento illegittimo il reintegro da parte del giudice rimane soltanto per: •licenziamento nullo (es. contiguo al matrimonio, nel periodo di maternità, motivo illecito ecc.), discriminatorio, intimato in forma orale, disabilità fisica o psichica del lavoratore. Per questi casi di licenziamento il reintegro avviene anche per le imprese di piccole dimensioni, così come previsto dalla l. 92/2012; tipo per il licenziamento disciplinare (giusta causa o giustificato motivo) nel caso in cui in giudizio venga dimostrato che il fatto contestato al lavoratore è «materialmente insussistente». In tutti gli altri casi è previsto un indennizzo economico che cresce in rap-porto all’anzianità di servizio (tutele crescenti). L’indennizzo consiste in due mensilità per ogni anno di lavoro (da 4 a 24). Per le imprese con meno di 15 dipendenti l’indennizzo è dimezzato e non può superare le 6 mensilità. Anche per il licenziamento per motivo oggettivo (economico) la regola generale è l’indennizzo conseguente al cattivo andamento dell’impresa o del mercato, mentre in passato il reintegro era possibile se il giudice accertava l’insussistenza del «cattivo andamento». Tuttavia, l’articolo 18 non è stato abrogato, ma rimane applicabile soltanto ai contratti a tempo indeterminato attivi alla data di entrata in vigore del d.lgs. 23/2015 (6 marzo 2015) e manterrà la sua validità finché gli stessi non saranno completamente esauriti.

18 Jobs Act [Decreto legislativo 23/2015]
Tipologia di licenziamento Tutela prevista Tutela reale piena Licenziamento discriminatorio, comunicato in forma orale, nullo per violazione di legge o motivi di disabilità psicofisica Il licenziamento viene considerato nullo e pertanto si procede al ripristino del posto di lavoro con tanto di risarcimento monetario per quanto riguarda le mensilità non percepite (comunque non inferiore alle 5 mensilità) al netto dell’aliunde perceptum. OPPURE (a discrezione del lavoratore) Risarcimento, al posto della reintegra, mediante un’indennità monetaria di 15 mensilità dell’ultima retribuzione. Tutela reale attenuata Licenziamento ingiustificato solo per insussistenza del fatto materiale contestato (ingiustificatezza qualificata): licenziamento disciplinare (giusta causa o giustificato motivo) nel caso in cui in giudizio venga dimostrato che il fatto contestato al lavoratore è «materialmente insussistente» Reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno mediante un’indennità monetaria non superiore a 12 mensilità con tanto di contributi previdenziali/assistenziali che intercorrono tra il licenziamento e il ripristino al netto dell’aliunde perceptum e dell’aliunde percipiendum. Tutela indennitaria forte Licenziamento per giustificato motivo oggettivo/soggettivo o giusta causa ingiustificato Risoluzione del rapporto e risarcimento del danno mediante un’indennità monetaria pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio maturato (comunque compresa tra 4 e 24 mensilità). Tutela indennitaria attenuata Licenziamento (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) inefficace per vizi procedurali, licenziamento inefficace per violazione dei requisiti formali Risoluzione del rapporto e risarcimento del danno mediante un’indennità monetaria pari a 1 mensilità per ogni anno di servizio maturato (comunque compresa tra 2 e 12 mensilità).

19 Decreto Dignità [legge 96/2018]
Oltre alle modifiche apportate al tema del gioco d’azzardo e ai limiti qualitativi e quantitativi apportati al campo dei rinnovi contrattuali e del lavoro a tempo determinato, il Decreto Dignità ha apportato delle modifiche agli standard quantitativi del Jobs Act. Nello specifico, lasciando sostanzialmente inalterata quella che era la forma principale delle previsioni, la legge 96/2018 si è limitata a intervenire sull’indennità risarcitoria prevista dal Jobs Act (articolo 3 comma 1 del Dlgs. 23/2015) per i casi di mancata sussistenza degli estremi del licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o oggettivo. In queste ipotesi (per aziende con più di 15 dipendenti) interviene elevando l’importo minimo del risarcimento da 4 a 6 mensilità, mentre il tetto massimo passa da 24 a 36 (ovvero un aumento complessivo del 50%). Per le piccole imprese (fino a 15 dipendenti) il Dlgs. n. 23/2015 nella sua versione ante riforma, prevedeva l’estinzione del rapporto e il pagamento da parte del datore di un’indennità risarcitoria (non soggetta a contributi) pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, comunque non inferiore a 2 e non superiore a 6 mensilità. Il Decreto Dignità alza l’ammontare minimo a 3 mensilità, mentre lascia invariato il tetto massimo.

20 La sentenza n. 194/2018 della Corte Costituzionale
«E’ stata depositata in data 8 novembre 2018 la Sentenza della Corte Costituzionale n. 194/2018 che ha dichiarato illegittimo l’articolo 3, comma 1, del D. Lgs. n. 23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte – non modificata dal successivo D. L. n. 87/2018 convertito, con modificazioni, nella L. n. 96/2018.Non risulta irragionevole il limite delle ventiquattro (ora trentasei con il Decreto Dignità) mensilità fissato dal legislatore come importo massimo del risarcimento, bensì il criterio di definizione». Non risulta irragionevole il limite delle ventiquattro (ora trentasei con il Decreto Dignità) mensilità fissato dal legislatore come importo massimo del risarcimento, bensì il criterio di definizione. Tuttavia il fatto che venga calcolato sulla base della mera anzianità di servizio (e non più direttamente sul numero dei dipendenti occupati, sulle dimensioni dell’attività economica o su comportamento e condizioni delle parti) appare un irragionevole e inadeguato criterio di determinazione del risarcimento. Questo perché per la Corte Costituzionale il meccanismo di calcolo è incostituzionale e lede i principi di ragionevolezza e di uguaglianza. Non è possibile basare l’importo risarcitorio esclusivamente in funzione dell’anzianità di servizio perché minaccia la parità e l’uguaglianza sanciti dagli articoli della Costituzione. «Il giudice a quo precisa ancora, sempre in via preliminare, che il contrasto con la Costituzione non è da lui ravvisato in ragione dell’eliminazione della tutela reintegratoria – tranne che per i licenziamenti nulli e discriminatori e per specifiche ipotesi di licenziamento disciplinare ingiustificato – e, quindi, dell’integrale monetizzazione della garanzia assicurata al lavoratore, ma in ragione della disciplina dell’indennità risarcitoria dettata dagli articoli censurati»

21 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: evoluzione
Il giustificato motivo oggettivo si è evoluto negli anni seguendo sia l’andamento e le logiche portate avanti dai governi in carica, sia le necessità dettate dalle esigenze di mercato. In particolare possiamo notare come vi siano state: Una graduale estensione delle casistiche, un tempo limitate dal parere dei giudici alla sola ragione della crisi economica (elemento un tempo fattuale e ora non più). Un aumento dei tempi d’impugnazione da parte dei lavoratori (che passano dall’iniziale soglia di 60 giorni con la legge 604/1966, a 260 con la legge 183/2010 e infine a 180 con la legge 92/2012). Una ridefinizione dell’apparato sanzionatorio, che passa dall’essere reintegratorio a diventare prettamente risarcitorio (depotenziamento delle tutele). Inversione del trend degli orientamenti giurisprudenziali circa la fattualità delle motivazioni economiche.

22 Spunti di riflessione Cosa può comportare una limitazione o un’estensione dell’apparato sanzionatorio per i lavoratori e per le imprese? È giusto limitare la tutela ripristinatoria e accrescere quella risarcitoria in un contesto economico come il nostro? Alla luce delle varie motivazioni di licenziamento oggettivo, quali sarebbero i casi da tutelare con una previsione ripristinatoria e quali con una risarcitoria? Proposte di definizione di uno standard minimo per il concetto di perdita economica tale da legittimare il licenziamento.

23 Simulazione di casi pratici: licenziamento per giustificato motivo oggettivo

24 Caso 1: insussistenza del fatto e reintegra del dipendente
Corte di Cassazione, sentenza 13 marzo 2019, n. 7167 «La Cassazione afferma che, in presenza della manifesta insussistenza del fatto posto alla base di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il giudice non ha alcun potere di scelta rispetto al regime di tutela da applicare e deve necessariamente disporre il rimedio della reintegra previsto dall’art. 18, quarto comma, dello Statuto dei Lavoratori. » - Perché è stato ritenuto illegittimo? Come mai è giusto applicare la tutela reintegratoria in tal caso? SOLUZIONE

25 Caso 2: accoglimento del ricorso e onere della prova
Corte di Cassazione, sentenza 20 febbraio 2019, n. 4946 «Ancora sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Ribadendo che, ai fini della legittimità del licenziamento oggettivo, il datore deve provare che il motivo inerente all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro addotto a sostegno dello stesso ha determinato un diverso assetto organizzativo attraverso la soppressione di una determinata posizione di lavoro, la Corte cassa con rinvio la sentenza dei giudici di merito che avevano respinto l’impugnazione del licenziamento, senza che il datore di lavoro avesse adempiuto al relativo onere probatorio nonché a quello relativo al possibile repêchage del dipendente licenziato(viceversa erroneamente ritenuto gravare sul lavoratore)». TESTO

26 Caso 3: licenziamento per riorganizzazione futura
Corte di Cassazione, sentenza 04 aprile 2019, n. 3186 «La Cassazione afferma che deve essere considerato illegittimo un licenziamento per g.m.o. intimato per soppressione del posto di lavoro, se lo stesso si fonda su una riorganizzazione aziendale che non abbia ancora prodotto i propri effetti nella compagine aziendale, posto che le ragioni giustificative invocate dal datore devono sussistere nel momento stesso in cui viene intimato il recesso» - Perché è stato ritenuto illegittimo? È stato invertito il rapporto prius-posterius? Quale tutela si applica? SOLUZIONE

27 Caso 4: tutele nel licenziamento per inidoneità psicofisica
Corte di Cassazione, sentenza 12 dicembre 2018, n «La Cassazione afferma che ha diritto ad essere reintegrato il dipendente divenuto inabile alle mansioni fino a quel momento svolte, se il datore, nell’irrogargli il licenziamento per g.m.o., viola l'obbligo di repêchage (ex lege art. 18 legge 300/1970 come modificata dalla 92/2012)» Perché si è proceduto con la reintegra nonostante sia stato appurata solamente la violazione del ripescaggio? SOLUZIONE

28 Caso 4: tutele nel licenziamento per inidoneità psicofisica
Corte di Cassazione, sentenza 12 dicembre 2018 n In caso di licenziamento intimato per inidoneità fisica o psichica, il mancato assolvimento dell’onere del repêchage comporta, senza alcun margine discrezionale da parte del giudice, lo stesso trattamento riservato al difetto di giustificazione, vale a dire la reintegrazione del lavoratore e la corresponsione di un risarcimento monetario compreso entro le dodici mensilità in forza dell’art. 18, comma 7, della l. n. 300/1970 (come modificato dalla l. n. 92/2012).

29 Caso 5: la valenza dell’obbligo del repêchage
Corte di Cassazione, sentenza 21 gennaio 2019, n. 1499 «La Cassazione afferma che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la precedente richiesta del datore di trasformare il rapporto da full-time a part-time costituisce prova dell’avvenuto tentativo di repêchage, che se rifiutato dal lavoratore legittima il recesso». SOLUZIONE

30 Caso 6: esempi di assolvimento dell’obbligo del repêchage
Corte di Cassazione, sentenza 30 agosto 2018, n «In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ravvisato nella soppressione di un posto di lavoro in presenza di più posizioni fungibili perché occupate da lavoratori con professionalità sostanzialmente omogenee, ove non sia utilizzabile il criterio dell’impossibilità di “repêchage”, il datore di lavoro deve individuare il soggetto da licenziare secondo i principi di correttezza e buona fede». SOLUZIONE

31 Caso 7: tutela indennitaria e repêchage
Corte di Cassazione, sentenza 08 gennaio 2018, n. 181 «La Cassazione afferma che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la successiva assunzione di soggetti per posizioni compatibili con quelle dei lavoratori espulsi, comporta l’applicazione della sola tutela indennitaria, non essendo sufficiente la predetta circostanza a provare la manifesta insussistenza del fatto posto alla base del recesso». SOLUZIONE

32 Caso 8: l’importanza del repêchage
Corte di Cassazione, sentenza 05 dicembre 2018, n «La Cassazione afferma che, in caso di licenziamento per g.m.o., l’assolvimento dell’obbligo di repêchage deve essere valutato con riferimento ad un congruo arco temporale successivo al recesso, durante il quale non devono intervenire nuove assunzioni per mansioni equivalenti a quelle in precedenza svolte dal lavoratore licenziato». SOLUZIONE

33 Altri esempi in materia di licenziamenti
Altri esempi pratici di licenziamenti legittimi e illegittimi:


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